Cosa facevano gli antifascisti nel 1922? La storia di Riccardo Lombardi
di Mauro Suttora
Nel suo ultimo libro Antonio Alosco racconta il Lombardi ventunenne, figlio di un capitano dei carabinieri toscano, studente di ingegneria al Politecnico di Milano e attivista del partito popolare, negli anni della sua formazione politica attraverso posizioni che lo rendono un personaggio "amletico"
HuffPost, 2 Novembre 2022
La marcia su Roma, i fascisti, va bene. Ma cosa facevano gli antifascisti, nel 1922? Quelli che poi sarebbero diventati i capi partigiani, i padri della Repubblica?
Su uno di loro ferma l'attenzione Antonio Alosco, già docente di Storia contemporanea all'università di Napoli, col suo ultimo libro 'Riccardo Lombardi, un personaggio amletico' (ed. la Bussola).
Nelle famose foto della Liberazione a Milano, aprile 1945, Lombardi è lo spilungone che sovrasta gli altri leader antifascisti in parata: Pertini, Parri, Longo, Mattei, Solari, La Malfa.
Aveva partecipato all'ultimo drammatico incontro con Mussolini in arcivescovado per conto del suo partito d'Azione, e poi divenne prefetto di Milano.
Tutti lo ricordiamo come massimo dirigente del Psi fino alla morte, nel 1984 (soffriva ancora i postumi di un pestaggio fascista).
Ma nel 1922 il ventunenne Lombardi, figlio di un capitano dei carabinieri toscano e della figlia del notaio di Regalbuto (Enna), era studente di ingegneria al Politecnico di Milano e attivista del partito popolare. Che gli andava stretto, contrariamente al fratello Ruggero diventato poi deputato dc fino al 1968 e sottosegretario al Turismo e spettacolo nei primi centrosinistra di Moro e Fanfani.
Riccardo invece, eterno dissenziente, già allora scalpitava. Tanto da meritarsi le attenzioni poco benevole di Giovanni Gronchi, futuro presidente e allora capo del sindacato cattolico, incline a espellerlo perché troppo vicino ai socialisti.
In quella Milano ribollente Lombardi si trovò a difendere la redazione dell'Avanti! assaltata dagli squadristi dell'ex direttore Mussolini.
Non immaginava certo, il giovane Lombardi, che un giorno avrebbe diretto proprio lui il quotidiano del Psi, succedendo a un Nenni carico di livore personale dopo la sconfitta del fronte socialcomunista nel 1948 (anche per questo Alosco definisce Nenni "mediocre politico").
Lombardi difese il capo socialista Turati dai picchiatori fascisti in Galleria, e divenne un Ardito del popolo, corpo paramilitare di sinistra che sfidava le squadre di destra sul loro stesso terreno, la violenza.
Lasciò i popolari troppo accomodanti con Mussolini per un partitino di cristiani di sinistra che non ebbe fortuna.
Come dargli torto? Nel partito popolare l'unico ad accorgersi della pericolosità della legge elettorale Acerbo fu il fondatore don Sturzo, che perciò fu fatto fuori dai giovani moderati come Gronchi e, inopinatamente, De Gasperi.
Lombardi invece, dopo una sbandata per il Pci, si aggregò ai fratelli Rosselli in Giustizia e libertà. Incarcerato e torturato per un volantinaggio a Milano nel 1930, durante il ventennio mascherò la sua attività antifascista dietro a una rispettabile attività: ingegnere per una ditta tedesca di pompe idrauliche.
Ma perché Alosco lo definisce "amletico"? Perché Lombardi negli snodi fondamentali della sua vita politica esitò a scegliere. E quando scelse, ottenne a volte risultati opposti a quelli sperati.
Sciolto il partito d'Azione, per esempio, non seguì La Malfa in quello repubblicano. Né confluì nell'approdo più naturale per un laico progressista come lui: la neonata socialdemocrazia di Saragat.
Preferì il Psi allora stalinista quanto il Pci, forse influenzato dall'amatissima moglie, ex del dirigente comunista Li Causi.
Battè Nenni al congresso socialista del 1948, ma poco dopo subì la rivincita dei frontisti di Morandi. Ancora nel 1959 criticò i socialisti tedeschi per la svolta moderata di Bad Godesberg.
Si impegnò nel movimento per la pace, ma neppure lì scalfì l'egemonia Pci.
Spinse per il centrosinistra, ma dopo un anno di governo con la Dc se ne dichiarò insoddisfatto.
Appoggiò i radicali su divorzio e aborto, ma respinse l'iscrizione di Pannella al Psi.
Negli anni '60 e '70 si tenne lontano da incarichi ministeriali, facendo così conquistare alla sua corrente della sinistra Psi un'aura di estraneità al sottogoverno.
Ma nel 1976 il suo contributo fu decisivo per l'ascesa di Craxi, il quale premiò i lombardiani De Michelis e Signorile.
E quando negli anni '80 Lombardi sollevò la questione morale ("Abbiamo più socialisti in carcere ora che sotto il fascismo"), era troppo tardi.
Amareggiato anche per l'iscrizione alla loggia P2 del suo allievo più brillante, Fabrizio Cicchitto, si spense pochi mesi dopo Berlinguer.
Mauro Suttora