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Saturday, September 24, 2022

Elogio dell'astensione. So già chi vince: io

Storia di un radicale che nella vita ha votato di tutto e stavolta non vuole votare niente, senza sensi di colpa e finalmente in maggioranza. E che propone di tagliare seggi in proporzione al numero di astensionisti 

di Mauro Suttora

Huffpost, 24 settembre 2022 

Per la prima volta dopo quasi mezzo secolo vincerò le elezioni. Il mio partito risulterà primo, supererà Meloni e Letta, si installerà ben oltre il 25%. Poi noi astenuti faremo approvare una legge per completare l'opera: il numero degli eletti si ridurrà in proporzione ai votanti. Astensione di un quarto degli elettori? Trecento deputati invece di quattrocento, 150 senatori al posto di 200. L'unico modo per contare qualcosa, per fare veramente male.

Byebye Bonino: ti ho sempre votata dal 1979, appena maggiorenne, e i radicali mi piacevano già da prima. Ora non più, inutili cespugli del pd abbonati al 2%. Beautiful losers, direbbe Leonard Cohen. Nelle amministrative, dove Pannella non si presentava, ho votato via via tutti i partiti di protesta: verdi e Dp negli anni '80, Lega e Di Pietro nei '90, anche Grillo alle comunali di Roma 2008 (preferenza Paola Taverna). Una volta ho scelto perfino An: Riccardo De Corato, il miglior vicesindaco di Milano, piantumò un sacco di alberi con la Moratti. Insomma, non ho pregiudizi. 

Inaffidabile? No, laico e pragmatico. Antipolitico? Macché, semmai anarchico, la politica mi appassiona. Qualunquista? No, come tutti ho ideali e idiosincrasie ben precise. Sceglierei Calenda, per esempio, se non fosse filonucleare e per l'aumento delle spese militari. Meloni se non fosse fascista (chissà se le tireranno lo scherzo di far nascere il suo governo il 28 ottobre, nel centenario della Marcia su Roma). Fratoianni e Rizzo se non fossero comunisti. Paragone se non avesse fatto carriera da giornalista leghista solo grazie alla politica, e da politico grillino solo grazie al giornalismo: ora è al terzo riciclo.

Novax e putiniani li escludo automaticamente, quindi niente Salvini e M5s (Conte con l'aggravante del reddito di divananza). Di Forza Italia mi dà noia soprattutto il familismo: perché candidare la Fascina, quasi moglie di Berlusconi, o la pur splendida Patrizia Marrocco, ex di suo fratello Paolo? Vado troppo sul personale? Sì, preferisco le singole persone ai partiti: voterei l'ex magistrato Nordio o l'ex ministro degli Esteri Giulio Terzi (l'unico severo con Cina e Iran) seppur proposti dai Fratelli d'Italia. 

Resta il Pd. Nel mio collegio milanese c'è Misiani, brava persona. Come Letta. Poi però vedo i pd in tv, e mi urtano i nervi: Casini catafratto di legislature, la moglie di Martelli, quella di Franceschini probabilmente responsabile della sua orrenda frangetta giovanilista. In più l'ottimo ministro della Cultura, emigrato a Napoli per farsi eleggere (nella sua Ferrara non ce la fa), era in prima fila alla liquefazione del sangue di San Gennaro, assieme ad altri miracolati come Di Maio. Una scena da terzo mondo.

Ho parlato poco di contenuti? Datemi un partito liberale e la mia crocetta sarà sua. Un La Malfa, un Ciampi, un Padoa Schioppa, un Draghi. Rigore di bilancio, legalità, garantismo, prestigio, serietà fino alla mestizia. 

Nella repubblica degli Escartons (1343-1713), a cavallo tra Francia e Piemonte, il console quando veniva eletto doveva depositare una cauzione personale di 200 scudi. Se dopo un anno il bilancio andava in rosso, li perdeva. Altrimenti li recuperava con gli interessi. Con una regola così, correrei subito in cabina elettorale. Se no, resto fra gli apoti: quelli che non se la bevono, come Prezzolini scrisse nel settembre 1922 sulla Rivoluzione liberale di Gobetti. 

Monday, September 20, 2021

Caos M5s/ “Raggi (16,5%) ostacola i piani di Conte per rifare il premier col Pd”

Mentre Virginia Raggi batte tutti alle elezioni per il Comitato dei Garanti del M5s, la sorte di Giuseppe Conte è sempre più incerta

intervista a Mauro Suttora

di Paolo Vites

www.ilsussidiario.net, 20 settembre 2021

Nonostante la sua sia stata una amministrazione tra le peggiori che la storia italiana ricordi (assessori che hanno rinunciato al mandato, litigi interni alla giunta, problema dei rifiuti mai risolto, mezzi pubblici da paese del terzo mondo, per dirne alcuni), tra i candidati alla carica di sindaco alle prossime elezioni del Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi è quella che ottiene al momento nei sondaggi il risultato migliore. 

A Milano Layla Pavone è data al 5,6%; a Bologna i 5 Stelle sono alleati del Pd e la loro lista è all’8,1%; a Torino Valentina Sganga è all’8,6%. Mentre a Roma la lista civica per Virginia Raggi raggiunge il 16,5%. Non solo: la Raggi è uscita trionfatrice anche alle elezioni per il Comitato dei garanti del Movimento, dove ha doppiato sia Fico sia Di Maio nelle preferenze dei militanti: lei 22.289 e loro 11.949 e 11.748 voti. 

Secondo Mauro Suttora, giornalista, opinionista sull’Huffington Post, “i rapporti tra la Raggi e il presidente del M5s sono molto freddi, Conte non avrebbe neanche voluto si ricandidasse. Il futuro dell’ex premier che guarda sempre di più al Pd e del Movimento sono legati ai risultati delle amministrative”.

Nel voto per il Comitato dei garanti M5S Virginia Raggi ha battuto tutti, sia Fico che Di Maio nelle preferenze dei militanti. Come si spiega? È perché Grillo è sempre stato suo sostenitore convinto?

Semplice: le due preferenze dovevano essere per un uomo e una donna. Quindi chi ha votato Fico ha aggiunto la Raggi, e così per Di Maio. Le altre due candidate donne, la deputata Ruocco e l’eurodeputata Beghin, non sono conosciute quanto la Raggi. 

Nei sondaggi sulle elezioni a sindaco, anche se la Raggi a Roma non vincerà, rispetto a città come Milano o Bologna ha un discreto risultato nonostante i problemi non risolti. Che ruolo avrà dopo la sua uscita dal Campidoglio?

Quel 16% significherebbe arrivare ultima dopo Michetti (destra), Gualtieri (sinistra) e Calenda (centro). Probabilmente la candideranno al Parlamento, anche se sarebbe il suo quarto mandato, mentre i grillini hanno sempre promesso di limitarsi a due mandati per evitare il professionismo politico.

Come sono i suoi rapporti con Conte?

Secondo HuffPost i rapporti Raggi-Conte sono freddi: lui non avrebbe voluto candidarla, per evitare la sconfitta e fare confluire i voti grillini su Gualtieri già al primo turno, come a Bologna e Napoli.

Grillo dopo il patto forzato con Conte sembra che stia mettendo all’ex premier i bastoni fra le ruote. È così?

Grillo è stato convinto da Fico e Di Maio a tenersi Conte perché è una gallina dalle uova d’oro: mentre i grillini nei sondaggi sono al 15%, lui è ancora al 50%. Quindi la scelta era obbligata, come aveva già capito la ex pasionaria ma intelligente Paola Taverna, la prima a inchinarsi a Conte nonostante la distanza politica.

A Piazza Pulita Conte ha dichiarato: “La mia formazione è il cattolicesimo democratico, il mio cuore batte a sinistra”. È già stanco dei 5 Stelle? E loro, se ne vogliono sbarazzare?

Dipende molto dalle comunali fra due settimane. Se a livello nazionale i grillini crolleranno sotto il 10%, sarà dura per Conte tenerli assieme. Lui vuole farsi candidare premier per l’alleanza M5s-Pd, ma ha bisogno del piedistallo di un suo partito, per non fare la fine di Prodi nel 1998 e nel 2008. E anche i dem lo accettano, finché i sondaggi gli sono favorevoli. Molti grillini però considerano Conte un democristiano, estraneo a loro, come ha detto anche Grillo. Quindi mal lo sopportano.

Gli ex come Di Battista che dicono?

Paragone si candida con una sua lista. Di Battista è più furbo: magari accetterà le offerte di Conte per tornare in Parlamento, in modo da coprirlo dal lato dei movimentisti. A Conte conviene valorizzare Di Battista anche in funzione anti-Di Maio. Ma i 400mila euro incassati da Conte dalla società Acqua Marcia di Caltagirone lo allontanano dagli “onesti” del Movimento.

Quelli che alla Camera e al Senato sono usciti da M5s che direzione stanno prendendo?

Ormai sono un centinaio e si sono sparpagliati in tutti i partiti. Hanno come unico obiettivo conservare lo stipendio, e quindi rinviare le elezioni al 2023. Invece Conte vorrebbe il voto politico già nel 2022 perché teme che la sua popolarità evapori nel tempo.

Rapporti col Pd: come si evolvono, e come li evolveranno le elezioni?

Anche qui, tutto dipende dal risultato del 3 ottobre. Se i grillini si ridurranno a un’appendice del Pd col 5-10% forse cercheranno altre strade, fuori dall’abbraccio mortale di questa alleanza. Solo a Napoli possono sperare in un voto di lista del 20%, che comunque è la metà di tre anni fa.

Paolo Vites

Tuesday, March 16, 2021

Caso Bonino: i più europei vittime della loro trasparenza

Tempi duri per i troppo onesti

di Mauro Suttora


Huffpost, 16 marzo 2021 

La prima foglia del carciofo si chiama Valerio Federico. È il tesoriere del partito +Europa, sfiduciato a maggioranza domenica dall’assemblea nazionale. “Vogliono farci fuori uno a uno, come foglie di carciofo”, ha detto la leader di +Europa, Emma Bonino. “Prima che venga il mio turno, me ne vado io”.

La storica senatrice radicale ha fondato +Europa nel 2017, dopo la morte di Marco Pannella. Difficile immaginare che il partito possa andare avanti senza di lei.

E infatti gli oppositori Piercamillo Falasca, Riccardo Magi (deputato), Carmelo Palma e Silvja Manzi (ex fedelissima della Bonino) non miravano a lei. Contestano la segreteria di Benedetto Della Vedova e i suoi magri risultati: quorum mancato alle politiche 2018 (2,6%) e alle europee 2019 (3,1%), percentuali deludenti nelle elezioni locali successive, 2% fisso nei sondaggi. Superati da Azione di Carlo Calenda, che occupa lo stesso loro spazio di centro liberaldemocratico. E con il quale convergeranno alle prossime elezioni, coinvolgendo anche Carlo Cottarelli e l’ex Cisl Marco Bentivogli.

“Siamo alla scissione dell’atomo”, commentano sconsolati gli iscritti a +Europa, viste le dimensioni minime e la litigiosità del partito. Già funestato da un fenomeno di ‘cammellaggio’ al primo congresso due anni fa, quando gli ex dc Bruno Tabacci e Angelo Sanza fecero iscrivere molti amici lucani per fronteggiare gli ex radicali.

(L’ottimo Sanza è un mitico ‘signore delle tessere’: fu anche lui, grazie ai delegati della sua Basilicata, a incoronare De Mita segretario della Dc quasi 40 anni fa).

Due dei quattro parlamentari di +Europa eletti nei collegi uninominali in alleanza col Pd, Tabacci e Fusacchia, hanno già lasciato il partito. E pure Magi ha votato la fiducia al governo Pd-M5s, contro le indicazioni della direzione. L’unica sempre contraria al populismo grillino è rimasta la Bonino.

L’attuale conflitto, però, non riguarda la linea politica. È di nuovo in ballo il tesseramento, con accuse di iscrizioni cumulative sospette per aumentare il peso congressuale di qualche dirigente.

“Da Palermo improvvisamente sono arrivate 700 nuove tessere”, rivela Palma, incolpando il tesoriere Federico di omesso controllo. In un partito con 2600 iscritti (a 50 euro l’uno), cifre simili possono decidere l’esito dell’imminente congresso.

Federico replica di aver controllato ben 500 iscrizioni sospette, ma di avere scoperto soltanto dodici ‘anime morte’ (tesserati inconsapevoli), annullandole.

“E comunque”, aggiunge, “i casi controversi riguardano diverse aree. Gli iscritti campani, per esempio, si sono moltiplicati per otto, da 50 a 400, ma risultano iscrizioni legittime. Inoltre i 2600 iscritti attuali, che potranno votare al congresso, vanno paragonati ai 1747 dell’anno scorso senza congresso. L’aumento di un terzo è un dato fisiologico. Nessuna iscrizione di quest’anno, quindi, può essere considerata irregolare rispetto alle valutazioni effettuate in passato e alla decisione del nostro organo di garanzia, tranne le dodici annullate. Se vogliamo limitare iscrizioni massicce in prossimità dei congressi, si introducano regole apposite. Chi ha firmato la mia sfiducia ha sottoscritto affermazioni senza fondamento”.

Ma perché tutto questo interesse per un partitino che prevedibilmente eleggerà pochi parlamentari? “Cupidigia”, taglia corto Bonino. Echeggiando la “sete di poltrone” che Zingaretti affibbia al Pd.

Così il povero tesoriere Federico, invece di gioire per l’aumento degli iscritti, ha dovuto trasformarsi in poliziotto e controllare luogo e date dei versamenti (140 a Palermo in due giorni), i nomi scritti sui bollettini, i titolari delle carte di credito usate per le iscrizioni online.

Da sempre in tutti i partiti del mondo c’è la piaga delle tessere gonfiate. L’iscrizione ai grillini, per esempio, è gratis. Così, per diventare deputati e ministri, a qualche furbo giovanotto è bastato inviare al blog di Grillo la fotocopia del documento di un centinaio di parenti e amici per vincere le primarie online. 

Ma gli altri partiti non fanno trapelare all’esterno le proprie lotte intestine. I +europei invece, per scrupolo di trasparenza finiscono periodicamente nei guai e si fanno male da soli.

Il segretario Della Vedova si è dimesso, fra tre mesi ci sarà il congresso, probabilmente lo vincerà e la Bonino tornerà. Ma il danno è stato fatto. Tempi duri per i troppo onesti.

Mauro Suttora