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Saturday, December 18, 2021

Dietro il Colle/ La doppia incognita Draghi-Berlusconi tra M5s e “poteri forti”

intervista a Mauro Suttora di Federico Ferraù

www.ilsussidiario.net, 18 dicembre 2021

Salvini e Meloni potrebbero usare le prime tre votazioni per fare un sondaggio “esplorativo” su Berlusconi. Per eleggere lui o puntare su Draghi 

Berlusconi farà da cavia: se il suo pacchetto di voti avrà un discreto margine, “Salvini e Meloni potrebbero essere tentati di cercare il colpaccio del 51% dopo la terza votazione”, dice Mauro Suttora, giornalista, opinionista sull’HuffPost e scrittore. Ieri, a Palermo per il processo Open Arms, Salvini ha dato ragione all’Economist: Draghi resti a palazzo Chigi. Pretattica?

Suttora scommette su Draghi al Colle (“puntata secca”), ma a patto che qualcuno lo candidi e che l’ex capo della Bce abbia garanzie sul premier (europeista) per comandare ancora.

Per poter influenzare l’elezione del capo dello Stato occorre governare i gruppi di Camera e Senato. Nel M5s chi ha l’ambizione di farlo? 

Conte, in teoria capo dei grillini. I quali però hanno già perso un terzo degli oltre 300 parlamentari eletti tre anni fa. Finiti soprattutto nel gruppo misto. Ma finora i vari dissidenti come Morra o Lezzi non sono riusciti a organizzarsi come polo alternativo ai 5 Stelle. Non hanno neppure gruppi parlamentari autonomi. Una ulteriore secessione dal partito di Conte si verificherà proprio in occasione del voto per il Quirinale, fra un mese.

Quanto anime ci sono tra gli eletti M5s?

Le correnti principali sono tre. Quella di Conte e Taverna, quella di Di Maio, e infine i movimentisti che guardano ancora a Di Battista.

È ipotizzabile un’iniziativa di Grillo, tra fine anno e gennaio, per tirare le fila del Movimento?

Grillo è il massimo dell’imprevedibilità. Neanche quelli più vicini a lui sanno cosa farà il giorno dopo. È rimasto un uomo di spettacolo, gli piace spiazzare, creare colpi di scena. Ora però è abbacchiato dalle disavventure giudiziarie del figlio, e anche sue.

Vale a dire?

Ha appena perso una causa a Napoli contro il dissidente Angelo Ferrillo, eliminato ingiustamente dalle elezioni regionali campane nonostante avesse vinto le primarie online. E Ferrillo ora gli chiederà i danni.

Conte ha ipotizzato una consultazione sul web. Fedeltà al Dna grillino o idea bislacca fuori tempo massimo?

Può darsi che la facciano. Nel 2013 le cosiddette Quirinarie furono vinte dalla giornalista Gabanelli di Report. Ma lei non accettò la candidatura, cosicché i grillini ripiegarono su Rodotà. Questa volta non hanno un candidato, quindi probabilmente si accoderanno su Draghi.

Esiste il rischio che il voto sul Colle diventi un regolamento di conti interno al Movimento?

Non è un rischio, è una certezza. Di Maio ha definito il suo rapporto con Conte come “franco”. In politichese, “franco” significa che se ne dicono di ogni.

Fabrizio D’Esposito ci diceva la settimana scorsa che i 5 Stelle non voteranno mai Berlusconi, nonostante le sue manifestazioni di stima per Conte e il Movimento. Che ne pensi?

Ha ragione. Nonostante la voglia matta di Conte, Berlusconi non è digeribile dai grillini: “Mi dà proprio un fastidio fisico”, urlava la Taverna.

Pare però che Berlusconi stia facendo una campagna acquisti nel senso vero del termine. E il primo ambito in cui pescare, oltre al centro, è proprio il calderone di M5s. Chi potrebbero essere i più sensibili?

Attenzione: Berlusconi sta pescando fra il centinaio di ex grillini che ora stanno nel gruppo misto. Può promettere loro un futuro politico oppure uno sbocco lavorativo fuori dalla politica. In ogni caso, uno stipendio. Come alle olgettine.

Basterà a Conte il patto con Letta per salvarsi politicamente?

No. Una buona metà dei parlamentari grillini non vuole andare al traino del Pd di Enrico Letta.

Strana l’intervista di Di Maio al Corriere di ieri. Secondo te quali segnali contiene?

Mi sembra avviato anche lui a votare Draghi presidente della Repubblica. In cambio di un’unica garanzia: che come premier gli succeda per un anno un governo qualsiasi, capace di evitare le elezioni anticipate e quindi il massacro dei grillini.

Su una cosa forse Di Maio ha ragione: quando dice che Berlusconi “potrebbe essere affossato dallo stesso centrodestra”.

Il centrodestra voterà Berlusconi come candidato di bandiera nei primi turni. Non verrà eletto, perché il quorum è alto. Però i voti che raccoglierà verranno attentamente contati, e se veramente la campagna acquisti si rivelasse fruttuosa, rivelando un pacchetto di almeno una ventina di voti oltre il perimetro del centrodestra, Salvini e Meloni potrebbero essere tentati di cercare il colpaccio con i quorum successivi del 51%.

Prima l’FT, poi l’Economist: ci sono pressioni molto forti perché Draghi resti al governo per eseguire il Pnrr e dare “stabilità”. Poi però lo stesso pezzo dell’Economist dice che Draghi vorrebbe andare al Colle. A tuo avviso cosa ha in mente?

Ovvio che Draghi miri al Quirinale, anche perché tutti gli altri sono a distanza siderale da lui. Ma certo non si autocandiderà. Dopodiché, sarà sempre lui a comandare. O attraverso un premier di transizione come Franco o Cartabia, oppure, in caso di elezioni, incaricando un premier europeista di sua fiducia: Giorgetti se vince il centrodestra, o Letta, Gentiloni, Sassoli se prevalesse il centrosinistra.

Qual è il tuo scenario?

Draghi, puntata secca. E anche se a Berlusconi dovesse riuscire lo scherzetto di raccattare tanti profughi ex grillini, alla fine il centrodestra ripiegherà su un nome accettabile da tutti. Per esempio Casellati, già oggi numero due della Repubblica come presidente del Senato. E, soprattutto, donna.

Federico Ferraù 

Saturday, October 23, 2021

Caos M5S/ “Asse grillini-Berlusconi per il Colle: il Cav o la Casellati”

A sorpresa, Giuseppe Conte ha nominato come sua vice Paola Taverna, pentastellata della primissima ora, e “snobbato” Di Maio. Ecco cosa potrebbe succedere nel M5s 

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 23 ottobre 2021

E’ nato il “nuovo” Movimento 5 Stelle, quello di Giuseppe Conte. Nelle scorse ore, infatti, l’ex premier ha scelto la sua squadra, nominando i suoi vice: Paola Taverna, la sola con il ruolo di vicaria, Mario Turco, Alessandra Todde, Riccardo Ricciardi, Michele Gubitosa. 
Diversi i delusi rimasti fuori, e secondo Mauro Suttora, giornalista e scrittore, blogger sull’Huffpost, già all’Europeo, Oggi, Newsweek e New York Observer, aumenta nel Movimento, soprattutto tra i più fedeli alle origini, il fastidio per Conte: “L’ex premier ha privilegiato i fedelissimi e annientato la corrente di Di Maio. Sono prevedibili nel prossimo futuro scontri e terremoti anche vistosi”. 
Quello tra Conte e M5s, ci ha detto ancora, “è solo un matrimonio di interesse, vista l’alta percentuale di popolarità di cui gode ancora Conte, ma il potere reale è ormai solo appannaggio di Grillo, dello stesso Conte e adesso anche di Paola Taverna”.
 
Conte ha scelto la sua squadra nominando i suoi vice: Paola Taverna, la sola con il ruolo di vicaria, Mario Turco, Alessandra Todde, Riccardo Ricciardi, Michele Gubitosa. Sono tutte personalità vicine all’ex premier, è così?

"La grande novità è l’ascesa solitaria di Paola Taverna a numero due del Movimento. È l’unica della vecchia guardia sopravvissuta al rinnovamento totale imposto da Conte. Taverna è grillina da 14 anni, ancor prima che nascesse il Movimento 5 Stelle nel 2009. Si candidò con gli Amici di Grillo alle comunali di Roma 2008, dove col 3% non ottennero eletti. Senatrice da otto anni, vicepresidente del Senato dal 2018, rappresenta l’anima movimentista del M5s. Molto popolare fra la base, ancor più di Di Maio, Fico e Di Battista, è stata la più votata alle ultime primarie online. Fedelissima di Grillo, ha subito legato con Conte, rinunciando alla propria leggendaria aggressività".

Molti parlamentari si dicono delusi. Cosa comporterà questa scelta nei rapporti già tesi con i vecchi Cinquestelle? Nuove scissioni? Un Movimento sempre più diviso?

Il matrimonio fra Conte e i grillini non è d’amore, ma d’interesse. Finché l’ex premier rimarrà al 40% nei sondaggi sulla popolarità individuale dei politici, i 5 Stelle si affideranno a lui. Gli altri quattro membri della presidenza sono sconosciuti, gli appetiti erano tanti, Conte ha privilegiato i fedelissimi e annientato la corrente di Di Maio. Quindi sono prevedibili grossi movimenti tellurici.

E’ stato fatto fuori Alfonso Bonafede. C’è un motivo particolare?
 
No, semplicemente c’erano solo due posti per i maschi, e Conte ha voluto valorizzare il suo Mario Turco. Bonafede non avrà problemi a essere rieletto, grazie alla fama conquistata da ministro.

Fuori anche Chiara Appendino, sembra per scelta personale. Ha chiuso con il M5s o è il M5s che ha chiuso con lei?
La Appendino ha avuto l’intelligenza di farsi da parte, invece di affrontare ciecamente il massacro come la Raggi a Roma. Non ha accettato il posto in presidenza solo perché è appena diventata mamma per la seconda volta, e quindi non può affrontare trasferte a Roma. La sua Torino è l’unica città del Nord dove i grillini hanno resistito al 9%, senza crollare all’umiliante 3% di Milano, Bologna e Trieste. 

Fuori anche Vito Crimi, che è sempre stato un super sostenitore di Conte, come mai?
Beh, la statura politica di Crimi non è paragonabile a quella di Taverna. Un fidato uomo di apparato, niente di più.

Chi comanda davvero lì dentro?
Conte, Grillo e, a questo punto, Taverna.

La Raggi che fine fa? Che ambizioni ha?
Arrivare quarta e ultima a Roma l’ha distrutta. Le sue ambizioni sono direttamente proporzionali all’incompetenza dimostrata nei cinque anni da sindaca di Roma.

Di Maio e Di Battista?
Di Maio è in realtà un democristiano moderato, come Conte. Ma questa vicinanza politica li rende ingombranti l’uno all’altro. Il fedelissimo di Di Maio, Spadafora, ha sparato a zero contro Conte all’ultima riunione con i parlamentari. Di Battista potrebbe essere recuperato da Conte in funzione anti-dimaiana. Ma il suo estremismo complottista lo avvicina più al fuoriuscito Paragone che al nuovo corso moderato di Conte.

Chi controlla chi in aula, alla Camera e al Senato?
Nessuno. È un caos totale. Dei 300 eletti nel 2018 sono rimasti solo in 200. Ma sanno che, col taglio dei parlamentari e il crollo nei sondaggi, pochi riusciranno a essere rieletti. Quindi siamo alla lotta di tutti contro tutti.

Elettoralmente i Cinquestelle sono in crisi nera, ma rappresentano ancora il 33% del Parlamento, tolti i transfughi. Quelli che restano sono più di destra o di sinistra?
Non sono né di destra né di sinistra. È l’unica promessa elettorale che hanno mantenuto, oltre al taglio dei parlamentari e al funesto reddito di cittadinanza. La loro linea politica è mantenere poltrona e stipendio il più a lungo possibile.

C’è ancora il rischio scissione? Che ne sarà della possibile alleanza con il Pd?
I fedeli a Conte non se ne andranno e accetteranno la posizione subalterna al Pd. Gli altri cercheranno ovunque un approdo che prometta loro una speranza di rielezione o di carriera nel sottobosco politico.

Come si comporteranno adesso con Draghi?

Saranno fedeli al governo e contrari all’elezione di Draghi al Quirinale, perché il cambio di premier scuoterebbe troppo il quadro politico, portando probabilmente al voto anticipato nel 2022. Non escludo che molti grillini possano essere reclutati, alias ‘comprati’, da Berlusconi per far eleggere presidente della Repubblica lui stesso o la Casellati, presidente del Senato. Sarebbe la prima donna al Quirinale, e sia il centrodestra che i grillini potrebbero gloriarsene.
Paolo Vites

Monday, September 20, 2021

Caos M5s/ “Raggi (16,5%) ostacola i piani di Conte per rifare il premier col Pd”

Mentre Virginia Raggi batte tutti alle elezioni per il Comitato dei Garanti del M5s, la sorte di Giuseppe Conte è sempre più incerta

intervista a Mauro Suttora

di Paolo Vites

www.ilsussidiario.net, 20 settembre 2021

Nonostante la sua sia stata una amministrazione tra le peggiori che la storia italiana ricordi (assessori che hanno rinunciato al mandato, litigi interni alla giunta, problema dei rifiuti mai risolto, mezzi pubblici da paese del terzo mondo, per dirne alcuni), tra i candidati alla carica di sindaco alle prossime elezioni del Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi è quella che ottiene al momento nei sondaggi il risultato migliore. 

A Milano Layla Pavone è data al 5,6%; a Bologna i 5 Stelle sono alleati del Pd e la loro lista è all’8,1%; a Torino Valentina Sganga è all’8,6%. Mentre a Roma la lista civica per Virginia Raggi raggiunge il 16,5%. Non solo: la Raggi è uscita trionfatrice anche alle elezioni per il Comitato dei garanti del Movimento, dove ha doppiato sia Fico sia Di Maio nelle preferenze dei militanti: lei 22.289 e loro 11.949 e 11.748 voti. 

Secondo Mauro Suttora, giornalista, opinionista sull’Huffington Post, “i rapporti tra la Raggi e il presidente del M5s sono molto freddi, Conte non avrebbe neanche voluto si ricandidasse. Il futuro dell’ex premier che guarda sempre di più al Pd e del Movimento sono legati ai risultati delle amministrative”.

Nel voto per il Comitato dei garanti M5S Virginia Raggi ha battuto tutti, sia Fico che Di Maio nelle preferenze dei militanti. Come si spiega? È perché Grillo è sempre stato suo sostenitore convinto?

Semplice: le due preferenze dovevano essere per un uomo e una donna. Quindi chi ha votato Fico ha aggiunto la Raggi, e così per Di Maio. Le altre due candidate donne, la deputata Ruocco e l’eurodeputata Beghin, non sono conosciute quanto la Raggi. 

Nei sondaggi sulle elezioni a sindaco, anche se la Raggi a Roma non vincerà, rispetto a città come Milano o Bologna ha un discreto risultato nonostante i problemi non risolti. Che ruolo avrà dopo la sua uscita dal Campidoglio?

Quel 16% significherebbe arrivare ultima dopo Michetti (destra), Gualtieri (sinistra) e Calenda (centro). Probabilmente la candideranno al Parlamento, anche se sarebbe il suo quarto mandato, mentre i grillini hanno sempre promesso di limitarsi a due mandati per evitare il professionismo politico.

Come sono i suoi rapporti con Conte?

Secondo HuffPost i rapporti Raggi-Conte sono freddi: lui non avrebbe voluto candidarla, per evitare la sconfitta e fare confluire i voti grillini su Gualtieri già al primo turno, come a Bologna e Napoli.

Grillo dopo il patto forzato con Conte sembra che stia mettendo all’ex premier i bastoni fra le ruote. È così?

Grillo è stato convinto da Fico e Di Maio a tenersi Conte perché è una gallina dalle uova d’oro: mentre i grillini nei sondaggi sono al 15%, lui è ancora al 50%. Quindi la scelta era obbligata, come aveva già capito la ex pasionaria ma intelligente Paola Taverna, la prima a inchinarsi a Conte nonostante la distanza politica.

A Piazza Pulita Conte ha dichiarato: “La mia formazione è il cattolicesimo democratico, il mio cuore batte a sinistra”. È già stanco dei 5 Stelle? E loro, se ne vogliono sbarazzare?

Dipende molto dalle comunali fra due settimane. Se a livello nazionale i grillini crolleranno sotto il 10%, sarà dura per Conte tenerli assieme. Lui vuole farsi candidare premier per l’alleanza M5s-Pd, ma ha bisogno del piedistallo di un suo partito, per non fare la fine di Prodi nel 1998 e nel 2008. E anche i dem lo accettano, finché i sondaggi gli sono favorevoli. Molti grillini però considerano Conte un democristiano, estraneo a loro, come ha detto anche Grillo. Quindi mal lo sopportano.

Gli ex come Di Battista che dicono?

Paragone si candida con una sua lista. Di Battista è più furbo: magari accetterà le offerte di Conte per tornare in Parlamento, in modo da coprirlo dal lato dei movimentisti. A Conte conviene valorizzare Di Battista anche in funzione anti-Di Maio. Ma i 400mila euro incassati da Conte dalla società Acqua Marcia di Caltagirone lo allontanano dagli “onesti” del Movimento.

Quelli che alla Camera e al Senato sono usciti da M5s che direzione stanno prendendo?

Ormai sono un centinaio e si sono sparpagliati in tutti i partiti. Hanno come unico obiettivo conservare lo stipendio, e quindi rinviare le elezioni al 2023. Invece Conte vorrebbe il voto politico già nel 2022 perché teme che la sua popolarità evapori nel tempo.

Rapporti col Pd: come si evolvono, e come li evolveranno le elezioni?

Anche qui, tutto dipende dal risultato del 3 ottobre. Se i grillini si ridurranno a un’appendice del Pd col 5-10% forse cercheranno altre strade, fuori dall’abbraccio mortale di questa alleanza. Solo a Napoli possono sperare in un voto di lista del 20%, che comunque è la metà di tre anni fa.

Paolo Vites

Saturday, July 10, 2021

Conte vs Draghi/ La commedia dell’ex premier nasconde la sconfitta di M5s

Dopo il Cdm che ha superato il giustizialismo di Bonafede, Conte attacca il governo, ma la sua capacità di nuocere è limitata. Conseguenze sul Pd

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 10 luglio 2021

Non si può dire che il governo sia arrivato sull’orlo della rottura, questo no. Ma Draghi ha dovuto imporsi, ha preteso l’unità e l’appoggio formale dei 5 Stelle alla riforma della giustizia penale, uno dei tasselli più importanti per avere i fondi del Recovery. I ministri grillini, e dietro di loro i gruppi parlamentari spaccati a metà, difendevano la riforma Bonafede, arrivando a ipotizzare l’astensione sulle modifiche proposte dalla ministra Cartabia, ma Draghi ha detto no. Si è così arrivati in modo molto laborioso a una nuova mediazione che ha ottenuto l’assenso di tutti. 

Problema risolto? Nemmeno per idea: a proposito della “improcedibilità” – la soluzione tecnica congegnata per superare la prescrizione – Conte ieri ha detto che “è tornata un’anomalia italiana”. Una premessa non incoraggiante per l’iter del ddl e per gli emendamenti che lo attendono in aula. 

Ma l’opposizione dei contiani, dice Mauro Suttora, giornalista e scrittore, attento osservatore della parabola grillina, “è ininfluente: il governo Draghi durerà almeno fino a gennaio, quando si eleggerà il successore di Mattarella. Conte fa solo ammuina. La vera novità è la rottura completa di Di Battista”. 

La mediazione Cartabia sulla prescrizione è una vittoria o una sconfitta per M5s?

È una sconfitta per i grillini e una vittoria per lo stato di diritto. Ma in realtà il vero problema non è la prescrizione. Alla prescrizione uno stato civile non deve neanche arrivare. Il vero nodo, quel che interessa l’Europa, è la lentezza della nostra giustizia. Proprio ieri c’è stata la prima udienza del processo al figlio di Grillo, per uno stupro di due anni fa. E c’è stato un ulteriore rinvio all’11 novembre, cioè fra quattro mesi. Assurdo. Così come non è accettabile che non sia ancora iniziato il processo per il ponte Morandi di Genova, dopo ben tre anni.

Si è saputo che sono stati i contiani a mettersi di traverso: la prescrizione era la loro linea del Piave. Se prima c’era qualche dubbio, forse ora non più: è Conte l’avversario n.1 di Draghi?

Conte continua a giurare di no, quindi probabilmente è vero. Ma è ininfluente: il governo Draghi durerà almeno fino a gennaio, quando si eleggerà il successore di Mattarella.

Il blocco contiano (parte di M5s, Fatto Quotidiano e toghe) punta davvero a far cadere il governo? Parrebbe fantascienza, ma parlano le azioni politiche.

Le azioni politiche di Conte sono la famosa “ammuina” in napoletano, “posturing” in inglese: dichiarazioni tanto roboanti quanto vuote, pronunciate a uso dei fans e dell’opinione pubblica. Una commedia.

Secondo le indiscrezioni, i parlamentari grillini erano per dire sì alla proposta Cartabia, i contiani per uscire dalla maggioranza. Questo che cosa ci dice della disfida Conte-Grillo?

È buffo che ora occorra distinguere fra grillini-grillini e grillini contiani. E ancor più comico che stiano litigando da mezzo mese su uno statuto che nessuno ha potuto leggere, neanche i parlamentari. Speriamo che non resti segreto almeno per i sette capetti grillini che dovrebbero dirimere la questione.

Dopo il Cdm, Conte è stato il più critico: sulla prescrizione, ha detto, si è “tornati a un’anomalia italiana”. Il suo partito è più vicino? Magari cominciando da una scissione dei gruppi parlamentari?

È irrilevante che i grillini si scindano. Ormai sono un moncherino di gruppo parlamentare che verrà spazzato via dal prossimo voto. Tutti i sondaggi dicono che in totale stanno al 15-17%, e che nessuna delle due fazioni supererà il 10% se si presenteranno divisi.

Secondo nostre informazioni, critiche pesanti ai ministri pentastellati vengono dai 5 Stelle presenti nella commissione Ambiente della Camera. Ad oggi, i parlamentari M5s di quella commissione non intendono votare il dl Semplificazioni bis. Come commenti?

Come sopra: sceneggiate. Al governo Draghi non c’è alternativa.

Durante la guerra fredda il Pci era escluso dal governo, adesso c’è una seconda guerra fredda e i 5 Stelle fanno parte dell’esecutivo. È un problema.

Per la verità dal 1976 al 1979 il Pci governò l’Italia assieme alla Dc, durante la solidarietà nazionale. Anche oggi c’è una solidarietà nazionale per il virus e il Recovery fund. I grillini sono inquietanti per la loro simpatia verso la Cina, Conte non ha preso le distanze dalla visita di Grillo all’ambasciatore cinese a Roma. Ma Di Maio come ministro degli Esteri sembra aver abbandonato le precedenti scivolate su Cina e Trump.

Ti faccio un nome: Di Battista. Ieri si è scagliato per la prima volta contro Di Maio e gli altri ministri grillini, definendoli “incapaci, pavidi, inadeguati”. È la rottura completa. Il travaglio di M5s quanto danneggia il Pd?

In teoria il Pd dovrebbe recuperare un po’ di voti dallo sfacelo grillino. Ma non gli è riuscita l’impresa di Salvini, che nell’anno dell’alleanza gialloverde aveva dimezzato i voti del M5s e raddoppiato i propri. Intanto, Letta nei sondaggi naviga mesto sotto il 20%. E i dirigenti Pd come Bettini e Zingaretti, che avevano incoronato Conte come nuovo leader della sinistra, si rendono conto dell’abbaglio preso.

Tuesday, June 29, 2021

Rottura Grillo-Conte

CAOS M5S/ “Oggi Grillo dirà no a Conte, che farà una sua Dc con il Pd”

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 29 giugno 2021

Sfida M5s. Conte vuole un partito vero, non vuole essere un “prestanome”, né gli va bene una diarchia. Oggi la replica di Grillo

“Beppe ritiene che tutto vada bene così com’è salvo alcuni aggiustamenti” dice Conte in conferenza stampa. Lui invece, l’ex premier, dice di non potersi impegnare in un progetto in cui non crede, segnato da quelle che definisce “ambiguità”. E poi un duro colpo all’indirizzo del garante: nessuna diarchia, no “a un leader ombra affiancato da un prestanome”, serve “una profonda ristrutturazione” (grazie al nuovo statuto elaborato dall’ex capo del governo), “una più chiara identità politica”.

La sfida per la leadership di M5s “è un braccio di ferro in cui ormai è difficile che uno dei due non perda la faccia” dice Mauro Suttora, giornalista e scrittore, un libro sui confini, ex inviato dei settimanali Europeo e Oggi, attento osservatore dei 5 Stelle. 

Ormai è una guerra di nervi e di comunicazione. Per Suttora, entrambi cercano di evitare lo spettro di Monti: una lista, più o meno personale, intorno al 10 per cento. E dire che una soluzione l’avrebbero; ma non la vogliono, o non la vedono.

In serata era annunciata la risposta di Grillo, poi il garante rinvia e dice che risponderà oggi. Cosa succede intorno all’“elevato”?

È un braccio di ferro in cui ormai è difficile che uno dei due non perda la faccia. Conte ha mandato in confusione Grillo, che ora ha paura di compiere un passo falso.

Su cosa staranno ragionando Grillo e il suo entourage?

La pretesa di Conte di fare votare il suo statuto così com’è, senza possibilità di emendarlo né da parte di Grillo né dei parlamentari, è irricevibile. E senza Conte i grillini crollano attorno al 10%.

Se il primo comandamento politico è rimanere in partita, chi oggi assicura di più questo obiettivo al Movimento? Grillo o Conte?

Entrambi. Conte c’è da tre anni, Grillo da trenta, visto che è dall’inizio degli anni 90 che i suoi spettacoli hanno assunto un’impronta politica. Da 15 anni invece è impegnato direttamente: prima coi Meetup, poi con gli amici di Grillo, e infine, dal 2009, con il Movimento 5 Stelle. Difficile che ora lui e i grillini della prima ora rinuncino a tutto, affidandosi mani e piedi a Conte, il quale fino al 2018 manco sapeva cosa fosse il M5s, non aveva mai partecipato a una sua iniziativa, e tuttora non è iscritto.

“Non ha senso imbiancare una casa che necessita di una profonda ristrutturazione”, ha detto Conte riferendosi a Grillo. Cosa vuole realmente l’uno e cosa vuole l’altro?

È proprio questo il loro dramma: nessuno affronta problemi concreti. Il loro dissidio non è sulle soluzioni da dare, non si dividono su quello. È soltanto uno scontro di ego: comando io, comandi tu. Come quando da bambini giocavamo e litigavamo su chi era il capo.

Dunque sono le personalità ad essere inconciliabili.

Sì e no. Sono agli antipodi: Grillo è irruento tanto quanto Conte è pacato. Tanto il primo è provocatorio, tanto il secondo è mellifluo. Poi, nelle coppie tutto può capitare. Poiché gli opposti si attraggono, se sapessero fondersi sarebbero un duo perfettamente complementare.

La mitica “base” di M5s, puntualmente evocata, ammesso che ci sia ancora, con chi sta?

I registrati alla piattaforma di Casaleggio non pagano un cent per l’iscrizione, che è gratuita. E quel che non costa niente non vale niente. Molti sono stati iscritti da amici, parenti e conoscenti che hanno bisogno di voti per farsi eleggere alle primarie online. Questa strana “base” è divisa a metà fra i fedeli al sogno originario di un movimento di rottura e la popolarità di Conte, l’unico che potrebbe arginare la frana elettorale che li ha dimezzati. Idem gli elettori.

Conte, per realizzare il suo progetto, ha ribadito di pensare ad un “campo largo”. Con chi lo fa? Con Letta? O con i voti degli elettori piddini?

Sono buffi i politici quando dicono che vogliono un “campo largo”. È ovvio che tutti mirino ad avere più voti possibile. E Conte è ormai fisso nel centrosinistra, dovrà allearsi col Pd.

Si trova una sintesi tra i due o no?

Non lo so. Se sono furbi, sì. Se sono onesti, no. Conte è un democristiano moderato, i grillini invece dicevano di essere rivoluzionari. Ma le auto blu trasformano tutti, e sia Conte che Grillo hanno già fatto parecchie capriole pur di rimanere al potere.

Rivoluzionari contro democristiani. Per forza che Grillo e i suoi non possono accettare lo statuto contiano. Sarebbe la loro eutanasia.

I grillini erano nati proprio per contestare i partiti soffocati da quegli statuti, con burocrazie, sedi e dirigenti locali. La famosa Casta. Ma loro ai valori fondanti hanno già rinunciato da tempo, e l’eutanasia si può praticare solo una volta. Parafrasando Francesco Ferrucci con Maramaldo, “tu uccidi un partito morto”.

“Una diarchia non sarebbe funzionale”, dunque no “a un leader ombra affiancato da un prestanome”, ha detto ancora Conte. Assomiglia tanto a una definizione brutale di come ha funzionato M5s fino ad oggi. Che ne pensi?

Certo. Glielo ha chiesto un giornalista nella conferenza stampa, e il povero Conte ha dovuto glissare: “Mi riferisco al futuro”.

Chiedono a Conte se ha un piano B e lui risponde che non ha doppie agende, no, non ha “nessun piano B”. Secondo te?

Se rompesse coi grillini non gli converrebbe fare una lista personale. Non avrebbe abbastanza soldi, e finirebbe come la lista Monti nel 2013, sotto il 10%.

In caso di rottura, che cosa succede? Ritieni che si vada verso la pseudo-Dc grillina che avevi preventivato, con Conte leader?

Sì, ma non avrebbe niente di grillino. Sarebbe un partito moderato.

Nel frattempo Di Maio con chi sta? Fa politica o aspetta che passi ’a nuttata?

Visto che lo statuto di Conte prevede un vicepresidente del nuovo partito, magari mira a quella poltrona. Ma penso che gli basti la Farnesina, almeno fino alle prossime elezioni. Poi uno brillante come lui non avrà difficoltà a riciclarsi.

Devi ammettere però che Di Maio non è grillino doc, è più qualcos’altro.

Di Maio, come Conte, è uno di quei meridionali con lingua sciolta e cervello fino. In più è composto come uno svizzero. Berlusconi lo adora.

Grillo non può sfiduciare Draghi perché ci ha messo la faccia. E Conte?

Nessuno può sfiduciare Draghi. Men che meno i grillini, i quali sperano che la legislatura duri il più possibile. Perché quando si voterà, di loro verrà rieletto solo uno su tre.

Federico Ferraù 

Thursday, June 03, 2021

Caos M5S/ Iscritti, nome, simbolo: duello Casaleggio-Conte

intervista a Mauro Suttora

ilsussidiario.net, 3 giugno 2021 

Conte si aggiudica il primo round nello scontro con Casaleggio per avere gli elenchi degli iscritti. Ma quante saranno le riprese non è dato sapere, dunque la partita rimane aperta. Senza accordo si andrà alla battaglia legale, osserva Mauro Suttora, giornalista e scrittore, osservatore dei 5 Stelle dai tempi del Vaffa. I dati dei 180mila registrati a Rousseau sono un pretesto, perché in palio ci sono il nome e il simbolo del Movimento, senza i quali la leadership di Conte è solo virtuale.

La crisi di M5s rimane profonda ed è difficile prevederne le sorti. Alcuni punti fermi – per ora – secondo Suttora: Di Maio più contiano, crollo di consensi alle comunali, niente Draghi al Colle “perché sarebbe difficile cambiare premier senza nuove elezioni. Nelle quali loro sparirebbero tutti”.

Il Garante della privacy nel suo provvedimento ha stabilito che l’Associazione Rousseau deve consegnare al Movimento i dati personali degli iscritti. Sei sorpreso?

No. Se la Casaleggio fosse una semplice società di servizi che gestisce l’elenco degli iscritti grillini, sarebbe ovvio che dovrebbe consegnare l’indirizzario al legittimo proprietario, il Movimento 5 Stelle (M5s). Ma formalmente ha ragione Davide Casaleggio quando chiede al Garante di indicargli a chi consegnare i dati.

Dunque: l’Associazione Rousseau, dice il Garante, è responsabile del trattamento e M5s è il titolare. Casaleggio non è d’accordo e ha risposto che non saprebbe a chi darli, perché non si sa chi sia il rappresentante legale di M5s. Che ne pensi?

Hanno ragione entrambi. Vito Crimi è scaduto, tanto che il tribunale di Cagliari ha nominato un rappresentante pro tempore in un’altra causa. Ma sostanzialmente ormai c’è una frattura, e quindi prima o poi il figlio di Casaleggio dovrà cedere il malloppo. Vedremo in cambio di quanti soldi: ci sono centinaia di migliaia di euro in ballo.

Tutto questo vuol dire una cosa: battaglia legale.

Certo. È risibile l’ultimatum di cinque giorni imposto dal Garante. Qualsiasi Tar lo annullerebbe. Se il M5s avesse versato a Casaleggio i 400mila euro richiesti, la questione sarebbe già risolta. Grillo spinge per un accordo. Ma Conte ha voluto attendere la pronuncia del Garante. Nominato da lui, come insinua Casaleggio.

Come andrà a finire non lo sappiamo. Tu cosa dici?

È una disputa ridicola, anche perché iscriversi al M5s non costa nulla, quindi non vale nulla. Conte potrebbe quindi lasciare i 180mila registrati a Casaleggio e ricostituirsi da zero una nuova base di iscritti in pochi giorni, tramite un appello sui social degli eletti: i grillini più popolari, come lui, Di Maio, Taverna o Fico, hanno centinaia di migliaia di seguaci che aderirebbero subito.

E perché non lo fa?

Ma perché così perderebbe simbolo e nome, che verrebbero sfruttati da Casaleggio junior con i movimentisti Di Battista, Lezzi, Morra e Paragone.

Dunque Conte, nel frattempo, si ritrova leader dimezzato. Brutta faccenda.

E Casaleggio nota giustamente che Conte non è neppure iscritto al M5s, quindi ineleggibile alla sua guida.

Veniamo al fattore Di Maio. La sua svolta garantista non è stata presa benissimo all’interno di M5s. L’ha fatta solo perché è al governo oppure ha altre ambizioni? E quali?

Di Maio, per rendersi presentabile, ora rinnega gli innumerevoli Vaffa contro gli altri politici lanciati dai grillini negli ultimi 14 anni. Ma i Vaffa sono l’unica ragione sociale del M5s, che ancor oggi si definisce MoVimento con quella V maiuscola che sta per Vaffa e Vendetta. Sarebbe come chiedere al Milan di rinunciare ai colori rosso e nero, o all’Italia di abolire il tricolore.

Con chi sta Di Maio tra Conte e Casaleggio?

Con il più forte, che in questo momento è Conte.

Conte è un raffinato professionista. È stato capo del governo. Però non ha la cazzimma e l’astuzia di Di Maio. Chi sarà il leader?

Sono entrambi democristiani, tecnicamente perfetti nella loquela scioltissima e nella gestione del potere. Ma Conte nei sondaggi ha ancora un gradimento del 50%, doppio rispetto al guaglione che tre anni fa lo scelse prima come ministro, e poi come premier. L’unico errore di Di Maio.

Grillo ha chiuso?

Direi di sì, dopo il video isterico sul figlio.

Insomma qual è la posta in gioco? Sopravvivere alle comunali? Controllare i gruppi parlamentari per condizionare la partita del Colle? Fare un nuovo partito? O cos’altro?

Distinguiamo. Per Conte l’obiettivo è sfruttare al massimo, e in qualsiasi modo, la notorietà ottenuta con due anni e mezzo di guida del governo. Per i parlamentari grillini invece è sopravvivere, conservare il più a lungo possibile i 12mila euro di stipendio mensile agguantati per miracolo. Alle comunali di ottobre sarà già tanto se almeno a Napoli o a Roma supereranno il 10%. Nelle altre città sarà un disastro.

E alle presidenziali di gennaio?

Non voteranno Draghi, perché sarebbe difficile cambiare premier senza nuove elezioni. Nelle quali loro sparirebbero tutti, tranne una trentina di big che si ricicleranno in qualche modo.

È vero che c’è una pattuglia di pentastellati che preme su Conte perché ritiri l’appoggio al governo Draghi?

C’è di tutto lì dentro, governisti, antigovernativi, dibattistiani, dimaiani, contiani…

Federico Ferraù

Saturday, May 22, 2021

Comunali e giustizia, le partite che decidono chi sale al Colle

Le elezioni comunali determineranno il peso dei partiti, che dopo avere eletto il successore di Mattarella (Draghi) non potranno evitare le urne

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 22 maggio 2021

“Fino alle presidenziali di gennaio il governo Draghi può stare tranquillo. Poi mi sembra logico che venga eletto al Quirinale e si vada a nuove elezioni”. Batterà il candidato della sinistra, secondo Mauro Suttora, giornalista, libertario per autodefinizione, un passato all’Europeo, Oggi, Newsweek e New York Observer

Elezioni? Sì, “perché non sarà più possibile tenere in vita un parlamento non rappresentativo”. Dunque gli eventi potrebbero essere molto più lineari di quello che lasciano pensare i densissimi retroscena politici sul rinnovo della presidenza della Repubblica. Chissà se è vero. È un fatto, però, che tutti i tentativi di Letta di rafforzare il peso politico del Pd al governo non stanno riuscendo. E il primo momento di verità per i partiti –  le comunali di settembre-ottobre – è ormai dietro l’angolo.

Cosa ci dice la bocciatura della proposta Letta da parte di Draghi?

Oggi l’Italia sulle grandi eredità incassa solo 0,8 miliardi annui contro i 14 della Francia, gli 8 della Germania, i 6 del Regno Unito e i 3 della Spagna. Quindi un problema di tasse di successione esiste. Ma Draghi ha già detto più volte che non si possono aumentare le imposte.

E cosa ci dice del Pd?

L’uscita di Letta è incomprensibile. Un autogol pari a quello di Grillo su suo figlio indagato per stupro. Bastava proponesse che si spostino, a parità di gettito, un po’ delle tasse che colpiscono il lavoro (diminuendo le aliquote Irpef) a quelle sulle eredità dei ricchi. 

E invece?

Invece, Letta è caduto nel solito vizio della sinistra: aumentare imposte già altissime, senza contropartita.

Chi logora chi, nel governo di unità nazionale, tra centrodestra, centrosinistra e Draghi?

I sondaggi ci dicono che soffrono il Pd – destino comune dei socialisti europei, spariti in Francia e Grecia, e bastonati in Spagna, Gran Bretagna e Germania –, e la Lega sfidata dai Fratelli d’Italia. La prova del nove avverrà alle comunali di autunno. Draghi invece non sembra logorato.

C’è ancora qualcuno che in una fase delicata come questa vorrebbe incrinare il patto di unità nazionale, mettendo in discussione un governo senza alternative?

Fino alle presidenziali di gennaio il governo Draghi può stare tranquillo. Poi mi sembra logico che Draghi venga eletto al Quirinale e si vada a nuove elezioni.

Si sussurra che Di Maio lavori ad un nuovo governo. Ti risulta? Con quali prospettive?

Mi sembra comico che Di Maio possa lavorare ad alcunché. Ai grillini non resta che tentare di riciclarsi in qualche modo, con chiunque, come ha già fatto Conte.

La Corte dei conti ha stoppato il vaccino italiano Reithera per “l’assenza di un valido e sufficiente investimento produttivo” da parte di Invitalia. D’Alema e i suoi uomini tengono il punto o sono destinati ad arretrare?

Non so quanto si possa ancora collegare Arcuri a D’Alema. Il primo, se sopravviverà, lo dovrà a Conte. D’Alema è uscito distrutto dalle ultime elezioni, assieme a Bersani: vale il 2 per cento.

D’Alema, Letta, il Pd, M5s. E Prodi. Non ti sembra un’ottima squadra per salvare un’idea dell’Italia, garantendosi il Colle?

Prodi presidente della Repubblica? Troppo vecchio. Il suo tempo è finito.

Quando si gioca la partita? Nel 2022 o nel 2023?

Il centrosinistra è terrorizzato dalle elezioni, visti i sondaggi. Ma ormai il 2022 sarà il quarto anno della legislatura, non sarà più possibile tenere in vita un parlamento non rappresentativo. Il M5s, primo partito col 33%, non esiste più da due anni, dimezzato dai sondaggi. A Montecitorio ci sono solo zombies. L’unico pericolo è che questi residuati bellici vogliano sopravvivere fino al maturare delle loro pensioni, nell’autunno 2022.

Il centrodestra può spuntarla? Come?

Moderandosi per non spaventare l’Europa e i mercati.

E Mattarella invece? Intendo Mattarella come potere uscente, capace di sostenere un suo candidato – o una sua candidata, come la ministra Cartabia. Può farcela?

Lasciamolo pensionarsi. Quanto alla Cartabia, il suo garantismo è ammirevole, ma la Guardasigilli non esprime un consenso.

Il Csm nel caos non rende facile il lavoro di Cartabia. Cosa vedi su questo fronte? Un approfondirsi della crisi o spiragli di soluzione?

La giustizia italiana non esiste più. Ormai nel mondo reale, quello dell’economia internazionale, chi fa affari in Italia si cautela dalle controversie nominando preventivamente arbitri. Entrare in un palazzo di giustizia significa regredire di un secolo, fra timbri, notifiche fatte a mano, scartoffie e tempi intollerabili.

Come valuti i referendum che intendono proporre Radicali e Lega?

Mossa intelligente da parte di entrambi. In realtà la responsabilità civile dei magistrati è già stata introdotta da un referendum radicale ben 34 anni fa, dopo il caso Tortora. Ma la casta giudiziaria l’ha annullata, azzeccando i soliti garbugli. E quanto alla separazione delle carriere fra magistrati giudicanti e dell’accusa, ottima idea. Ma a sud di Roma, dove interi territori sono controllati dalle mafie, come garantire l’indipendenza – e la sicurezza – delle procure della repubblica?

Federico Ferraù

Thursday, April 29, 2021

'Confini': il senso di una linea quando nessuno rivendica più niente

Esce oggi “Confini. Storia e segreti delle nostre frontiere” (Neri Pozza) di Mauro Suttora. Una mappa geografica e mentale che racconta chi siamo

di Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 29 aprile 2021

Perché il confine italo-svizzero sta proprio a Chiasso, e non dieci chilometri più a nord o a sud? E come mai le nostre frontiere con Francia e Slovenia sono situate a Ventimiglia e Gorizia, e non cinque chilometri più a est o a ovest?

In un’epoca di sovranismi, i confini tornano d’attualità. Erano spariti con l’Europa unita e il trattato di Schengen: dopo il Duemila niente più dogane, documenti, file d’auto ai valichi. Ma sono riapparsi con il coronavirus e i controlli sui migranti. Così abbiamo dovuto riscoprire i limiti terrestri della nostra penisola. Che coincidono con le Alpi, ci hanno insegnato. Ma non sempre.

Sono molti infatti gli spartiacque non rispettati: la pipì fatta dagli abitanti di Livigno (Sondrio), San Candido (Bolzano) o Tarvisio (Udine) finisce nel mar Nero, passando per il Danubio. E in Lombardia una valle (la val di Lei, dietro Madesimo) non appartiene al bacino del Po, ma a quello del Reno.

Anche le frontiere linguistiche, oltre a quelle geografiche, sono labili. I valdostani parlano francese, i sudtirolesi tedesco, inglobiamo centomila sloveni fra Cividale e Trieste. E oltre confine 350mila svizzeri ticinesi conservano la madrelingua italiana dopo la separazione del 1515.

Sapevate che l’attuale frontiera di Ventimiglia fu decisa da un prefetto napoleonico nel 1808? O che la sventurata Gorizia, record mondiale, ha cambiato padrone sette volte in trent’anni, dal 1916 al 1947?

Il mio libro ‘Confini. Storia e segreti delle nostre frontiere’ (ed. Neri Pozza) traccia mappe geografiche, ma anche mentali. E svela qualche segreto: il generale francese Charles De Gaulle, per esempio, nel 1945 voleva annettere l’intera Val d’Aosta Contro di lui, incredibilmente, si allearono partigiani e fascisti italiani.

Insomma, innumerevoli sono le vicissitudini dei nostri confini: dal Frejus alla Val d’Ossola, dalla Valtellina al Brennero, da Cortina al Carso. Fra storia, geografia, cultura, politica. E perfino qualche suggerimento turistico ed enogastronomico.

Per questo ho scritto il libro. Perché in realtà non conosciamo affatto i nostri confini. Li attraversiamo senza accorgercene, e sappiamo poco o nulla di loro.

Ho scoperto, per esempio, che antichi e romani e longobardi non tracciavano mai i confini in cima ai valichi, ma molto più a valle. Dove le famose “chiuse” (Bard in Val d’Aosta, Klausen o Sabiona in Alto Adige, Chiusaforte in Friuli) permettevano di controllare il transito con poche decine di soldati. Nel 1800 Napoleone fu bloccato per mezzo mese dagli austropiemontesi a Bard.

Di frontiere oggi si parla soprattutto per i migranti. L’Austria ogni tanto ripristina i controlli al Brennero, la Francia è in allerta continua a Modane e Ventimiglia, Slovenia e Italia hanno istituito pattuglie miste per sorvegliare. Ma per un figlio di profughi come me (mio padre scappò nel 1944 dall’isola di Lussino, oggi in Croazia) i confini rappresentano soprattutto un incubo, fortunatamente sparito col crollo dei due totalitarismi opposti ma specularmente simili: fascismo e comunismo.

Oggi grazie a Dio nessuno sano di mente rivendica più niente. Sono spariti i nazionalisti che per secoli hanno minacciato di invadere territori oltre confine, e lo hanno fatto. Ma fino al 1989 sulla frontiera di Gorizia (fotografata sulla copertina del libro) passava la Cortina di ferro, e per quasi mezzo secolo abbiamo rischiato la guerra atomica in Europa.

È incredibile pensare come la guerra sia diventata inimmaginabile per noi nel giro di pochi decenni. Una rivoluzione culturale unica nella storia dell’umanità. Si va dal Friuli alla Croazia così come dalle Marche all’Abruzzo, sovrappensiero, senza ricordare le centinaia di migliaia di soldati morti inutilmente da quelle parti nel secolo scorso. Ma ancor oggi ucraini e russi si ammazzano per i loro confini. E sono passati solo vent’anni dalla guerra in Kosovo: i nostri soldati sono sempre lì, a guardia di frontiere contestate e famiglie minacciate.

È importante, quindi, conoscere i nostri confini. Attraverso di essi possiamo capire l’Italia, e quindi noi stessi.

Mauro Suttora


Tuesday, April 20, 2021

Grillo scagiona il figlio

“E tutte le vittime tritate dal populismo a 5 Stelle?”

intervista a Mauro Suttora di Federico Ferraù

Ilsussidiario.net, 20 aprile 2021

“Grillo dovrebbe ricordarsi di tutti politici e personaggi tritati dal populismo a 5 Stelle negli ultimi 15 anni, da Bassolino a Bertolaso. Ora è la nemesi”

Arriva e si siede davanti alla webcam. Esplode, subito. “Mio figlio è su tutti i giornali come uno stupratore seriale”. Eccolo il motivo. È un crescendo. Grillo gesticola, urla. Se la prende con l’informazione. Ciro Grillo, il figlio del fondatore e garante del Movimento 5 Stelle, è indagato con tre amici dalla procura di Tempio Pausania con l’accusa di violenza sessuale di gruppo.

I fatti risalgono alla notte tra il 15 e il 16 luglio 2019, la vittima è una ragazza italo-svedese. “Gli stupratori vengono presi e interrogati in galera o ai domiciliari”, invece suo figlio e gli amici “sono lasciati liberi per due anni, perché?”, urla Grillo. “Perché vi siete resi conto che non è vero niente che c’è stato lo stupro. Perché una persona che viene stuprata la mattina, al pomeriggio va in kitesurf e dopo otto giorni fa la denuncia… vi è sembrato strano. Sì, è strano” grida come una furia il leader di M5s. E ancora: “C’è il video, si vede che lei è consenziente, che c’è il gruppo che ride, che sono ragazzi di 19 anni”. Lo show disperato di Grillo finisce poco dopo.

Un messaggio violento e sessista: le reazioni sono pressoché concordi nel condannare il nuovo abuso mediatico della vittima. La famiglia della ragazza, attraverso il legale Giulia Bongiorno, parla di “farsa ripugnante”. Qualcuno fa notare che dall’exploit di Grillo traspare un’ignoranza completa delle più elementari nozioni di giustizia penale, insieme ad un’immagine della giustizia come arma brutale, la stessa che il giustizialista Grillo ha sventolato per anni nelle piazze. “Io ci ho messo 6 mesi per denunciare la violenza”, dice Federica Daga, deputata M5s.

“Grillo dovrebbe ricordarsi di tutti politici e personaggi tritati dal populismo a 5 Stelle negli ultimi 15 anni, da Bassolino a Bertolaso. Ora è la nemesi” dice Mauro Suttora, giornalista, collaboratore dell’Huffington, giornalista e scrittore, da anni attento osservatore del fenomeno grillino. “In un Paese normale” commenta “il 19 aprile 2021 segnerebbe la fine del Grillo politico”.

Ciro Grillo è innocente fino al terzo grado di giudizio. Se ne parliamo è a motivo del padre, che ieri ha diffuso un messaggio immediatamente subissato di critiche. Perché è intervenuto?

Per una plateale crisi isterica, direi. Non so trovare altri motivi. Non si era mai visto un politico, un comico, un padre, o semplicemente un uomo, perdere la testa in modo così evidente e violento. E volersi mostrare in pubblico, filmandosi e offrendosi online. Se non fosse grottesco, sarebbe tragico: una specie di re Lear al pesto genovese.

Abbiamo visto lo sfogo di un Grillo iper-garantista. I conti tornano?

Guardandolo urlare mi è venuta in mente Federica Guidi, figlia di un potente industriale. Oggi probabilmente nessuno la ricorda, ma fu ministra dello Sviluppo economico dal 2014 al 2016, nel governo Renzi. Se passerà alla storia, sarà per essersi lamentata col fidanzato perché lui la trattava come una “sguattera guatemalteca”. Li intercettavano, e per la soddisfazione di Grillo quelle sue parole furono pubblicate, illegalmente perché erano umiliazioni private, senza alcun nesso con l’accusa di “traffico di influenze” per cui era indagato il fidanzato. Lei no, non era neppure indagata. Però i forcaioli grillini chiesero subito le sue dimissioni, e le ottennero. Un anno dopo il caso fu archiviato, ma alla Guidi non ridiedero la poltrona. Solo che lei ci risparmiò una sceneggiata alla Grillo, cui avrebbe avuto diritto.

Allora chi altri dovrebbe difendere, Grillo, oltre al proprio figlio?

Dovrebbe ricordarsi di tutti politici e personaggi tritati dal populismo a 5 Stelle negli ultimi 15 anni, da Bassolino a Bertolaso. Ora è la nemesi.

“Che Beppe Grillo usi il suo potere mediatico e politico per assolvere il figlio è vergognoso” ha detto la Boschi. Che cosa ci dice dal punto di vista mediatico l’iniziativa di Grillo?

Ci dice che in realtà i meno colpevoli per la disavventura del figlio siamo proprio noi giornalisti. Che abbiamo sempre trattato coi guanti i guai privati dei suoi figli. Tutti sapevamo di certe vicende di droga del passato – non di Ciro – ma nessuno le ha mai sfruttate, la privacy familiare è stata rispettata. E così in questi quasi due anni di inchiesta per il presunto stupro di Porto Cervo. Un’eternità. Quasi tutti i tg non avevano neanche dato la notizia dell’imminente incriminazione. Se il padre non avesse sbroccato, la maggioranza degli italiani l’avrebbe ignorata.

Come commenti le poche difese imbarazzate provenienti da M5s?

È questo il risvolto più grave, da un punto di vista politico. Perché i grillini sono ancora il partito più grosso in Parlamento, e accettano di essere guidati da un uomo con evidenti problemi di equilibrio. I più furbi si sono chiusi in un dignitoso silenzio, ma nessuno osa prenderne le distanze.

Lo sfogo mediatico di Grillo non dovrebbe imporre una svolta garantista?

Il garantismo non lo conoscono, i grillini. Sarebbe come pretendere che un felino diventi vegetariano. Per la legge del contrappasso, il povero Ciro è stato più danneggiato che difeso dalla piazzata paterna.

Come inciderà questa vicenda?

In un Paese normale il 19 aprile 2021 segnerebbe la fine del Grillo politico. Ma un Paese che tre anni fa gli ha dato un terzo dei voti non è normale. I grillini più accorti si sono già riciclati. Di Maio si è definito “liberale e moderato”. Di Battista almeno evita certi trasformismi alla Conte.

A proposito di Conte e non solo lui; in M5s è il caos.

Dopodomani scade l’ultimatum del rampollo Casaleggio, che pretende 450mila euro dai parlamentari grillini. Se non glieli danno, lui si terrà il prezioso indirizzario dei 190mila registrati al Movimento. Ne vedremo di tutti i colori.

Federico Ferraù

Sunday, February 07, 2021

Caos M5s: scissione inevitabile

LA FINTA SVOLTA VERDE DI GRILLO E' SOLO UN GIOCO DI POTERE

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 7 febbraio 2021

Grillo presenta a Draghi un programma a trazione ambientalista in 10 punti, ma M5s è spaccato e la scissione appare inevitabile

L’adesione al nuovo governo richiede argomenti convincenti, e pare che le grida istrioniche di Grillo si sentissero fino in strada. Ieri, prima dell’incontro con Draghi, l’Elevato ha incontrato i parlamentari M5s alla Camera regalando loro (e a Conte) un show-monologo di tre quarti d’ora. Obiettivo, ringalluzzire i suoi e tenere insieme i pezzi del Movimento. 

Grillo ha deciso di portare in dote al presidente del Consiglio incaricato un decalogo di 10 punti programmatici a trazione nettamente ambientalista. Come dire: eravamo green anche prima del Recovery. In ogni caso M5s resta in difficoltà, spiazzato dal sì della Lega e da una fetta importante di parlamentari che restano contrari.

“Se non fosse intervenuto Grillo avrebbero prevalso i movimentisti di Di Battista” dice Mauro Suttora, giornalista e scrittore, osservatore attento del fenomeno-M5s fin dagli esordi. La scissione è nelle cose, e l’iniziativa di Grillo ha un solo obiettivo".

È una svolta verde?

A me sembra solo una svolta poltronista. I grillini andrebbero al governo anche col diavolo, pur di restare al potere. L’ambientalismo grillino è una barzelletta. Si oppongono ai termovalorizzatori anche se producono riscaldamento gratis: preferiscono che la spazzatura vada in discarica? Dicono no alla Tav, ma i treni ad alta velocità inquinano meno di aerei, tir e auto.

E il tavolino di Conte in piazza Colonna? Dopo due giorni di silenzio nei quali ha incontrato Draghi e la linea del M5s era incerta, il presidente del Consiglio si è intestato una “Alleanza per lo sviluppo sostenibile”. Che cosa significa?

Che la parola “sostenibile” suona bene. La usano sempre anche i peggiori inquinatori, nelle loro pubblicità. Conte non ha mai fatto battaglie ecologiste. Però tutto il Recovery Plan europeo spinge verso l’ecologia, l’Italia dovrà adeguarsi. Ci sono anche tante isterie. Per esempio, senza i contributi pubblici – cioè le nostre tasse – le auto elettriche sarebbero fuori mercato.

Che cosa è successo davvero in M5s dopo l’incarico a Draghi? Nell’arco di un giorno sono passati dal no al sì.

Sono impazziti di rabbia, non se l’aspettavano. Crimi e Taverna hanno detto subito no a Draghi, poi hanno dovuto fare dietrofront. Del resto il soprannome di Crimi fra i grillini è sempre stato “Vito lo smentito”. Come sempre, ha deciso tutto Grillo. A Draghi è bastata una telefonata per incantarlo. Di Maio, Conte e anche il rampollo Casaleggio non contano nulla di fronte a lui.

C’è uno scontro tra Conte e Di Maio per il controllo del partito?

No, entrambi hanno capito che il M5s è morto, alle prossime elezioni non arriverà al 10%. Perché scannarsi per un cadavere? Si riposizioneranno dove conviene meglio.

Potresti essere più preciso?

Ora il Pd fa credere a Conte che sarà ancora il prossimo candidato premier di un’alleanza Pd-Leu-M5s. Più concretamente, Di Maio mira a conservare un posto da ministro anche nel governo Draghi.

Cosa ci dice il fatto che Grillo sia tornato in campo in questo momento?

Che i grillini si stavano spaccando in due: i soliti movimentisti di Di Battista contro i governisti di Di Maio. Se non fosse intervenuto Grillo, avrebbero prevalso i primi.

Secondo un retroscena di Minzolini, Conte sperava che il tentativo di Draghi fallisse per tornare in gioco. Conte lo spera ancora?

Conte e il suo Casalino, come tutti i parvenu, sono obnubilati da delirio di onnipotenza. Tre anni di potere danno alla testa.

Forse Conte non ha più bisogno del partito di cui si è parlato per mesi. Sarà lui a prendersi la leadership dei 5 Stelle?

La leadership dei 5 Stelle non è più interessante. E fra un anno, quando si dovrà trovare un altro premier perché Draghi passerà al Quirinale, anche i sondaggi che ora gonfiano Conte si saranno afflosciati, come capita a tutti i fenomeni quando perdono il potere: Monti, Renzi, perfino Prodi e Berlusconi.

Intanto in M5s c’è sempre chi di Draghi non vuole sentir parlare. Il numero dei contrari viene variamente quantificato: che cosa puoi dirci?

Senza l’intervento di Grillo, la sua base votando su Rousseau avrebbe stracciato Draghi.

I dissenzienti sono guidati da Morra e Di Battista? O le cose stanno diversamente?

Di fronte agli ordini di Grillo sono tornati tutti a cuccia, anche i movimentisti Lezzi e Morra. Dibba è isolato.

Sarà scissione?

Sì, ma con i loro elettori che non li voteranno più.

Che prospettive ha l’alleanza Pd-M5s? Si ha l’impressione che sia più indispensabile al Pd che a M5s anche se il federatore è Conte.

Entrambi i partiti non hanno più linea politica. Sono finiti nell’ammucchiata. Dopo Renzi anche Salvini, aprendo a sorpresa a Draghi, li ha gettati nel panico. Forse per fare politica in Italia oggi bisogna chiamarsi Matteo.

Secondo te come intendono condizionare la partita del Colle?

Al Colle andrà Draghi. La partita fra un anno sarà per il posto da premier. Ma a quel punto voteremo tutti, finalmente.

Federico Ferraù