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Saturday, October 23, 2021

Caos M5S/ “Asse grillini-Berlusconi per il Colle: il Cav o la Casellati”

A sorpresa, Giuseppe Conte ha nominato come sua vice Paola Taverna, pentastellata della primissima ora, e “snobbato” Di Maio. Ecco cosa potrebbe succedere nel M5s 

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 23 ottobre 2021

E’ nato il “nuovo” Movimento 5 Stelle, quello di Giuseppe Conte. Nelle scorse ore, infatti, l’ex premier ha scelto la sua squadra, nominando i suoi vice: Paola Taverna, la sola con il ruolo di vicaria, Mario Turco, Alessandra Todde, Riccardo Ricciardi, Michele Gubitosa. 
Diversi i delusi rimasti fuori, e secondo Mauro Suttora, giornalista e scrittore, blogger sull’Huffpost, già all’Europeo, Oggi, Newsweek e New York Observer, aumenta nel Movimento, soprattutto tra i più fedeli alle origini, il fastidio per Conte: “L’ex premier ha privilegiato i fedelissimi e annientato la corrente di Di Maio. Sono prevedibili nel prossimo futuro scontri e terremoti anche vistosi”. 
Quello tra Conte e M5s, ci ha detto ancora, “è solo un matrimonio di interesse, vista l’alta percentuale di popolarità di cui gode ancora Conte, ma il potere reale è ormai solo appannaggio di Grillo, dello stesso Conte e adesso anche di Paola Taverna”.
 
Conte ha scelto la sua squadra nominando i suoi vice: Paola Taverna, la sola con il ruolo di vicaria, Mario Turco, Alessandra Todde, Riccardo Ricciardi, Michele Gubitosa. Sono tutte personalità vicine all’ex premier, è così?

"La grande novità è l’ascesa solitaria di Paola Taverna a numero due del Movimento. È l’unica della vecchia guardia sopravvissuta al rinnovamento totale imposto da Conte. Taverna è grillina da 14 anni, ancor prima che nascesse il Movimento 5 Stelle nel 2009. Si candidò con gli Amici di Grillo alle comunali di Roma 2008, dove col 3% non ottennero eletti. Senatrice da otto anni, vicepresidente del Senato dal 2018, rappresenta l’anima movimentista del M5s. Molto popolare fra la base, ancor più di Di Maio, Fico e Di Battista, è stata la più votata alle ultime primarie online. Fedelissima di Grillo, ha subito legato con Conte, rinunciando alla propria leggendaria aggressività".

Molti parlamentari si dicono delusi. Cosa comporterà questa scelta nei rapporti già tesi con i vecchi Cinquestelle? Nuove scissioni? Un Movimento sempre più diviso?

Il matrimonio fra Conte e i grillini non è d’amore, ma d’interesse. Finché l’ex premier rimarrà al 40% nei sondaggi sulla popolarità individuale dei politici, i 5 Stelle si affideranno a lui. Gli altri quattro membri della presidenza sono sconosciuti, gli appetiti erano tanti, Conte ha privilegiato i fedelissimi e annientato la corrente di Di Maio. Quindi sono prevedibili grossi movimenti tellurici.

E’ stato fatto fuori Alfonso Bonafede. C’è un motivo particolare?
 
No, semplicemente c’erano solo due posti per i maschi, e Conte ha voluto valorizzare il suo Mario Turco. Bonafede non avrà problemi a essere rieletto, grazie alla fama conquistata da ministro.

Fuori anche Chiara Appendino, sembra per scelta personale. Ha chiuso con il M5s o è il M5s che ha chiuso con lei?
La Appendino ha avuto l’intelligenza di farsi da parte, invece di affrontare ciecamente il massacro come la Raggi a Roma. Non ha accettato il posto in presidenza solo perché è appena diventata mamma per la seconda volta, e quindi non può affrontare trasferte a Roma. La sua Torino è l’unica città del Nord dove i grillini hanno resistito al 9%, senza crollare all’umiliante 3% di Milano, Bologna e Trieste. 

Fuori anche Vito Crimi, che è sempre stato un super sostenitore di Conte, come mai?
Beh, la statura politica di Crimi non è paragonabile a quella di Taverna. Un fidato uomo di apparato, niente di più.

Chi comanda davvero lì dentro?
Conte, Grillo e, a questo punto, Taverna.

La Raggi che fine fa? Che ambizioni ha?
Arrivare quarta e ultima a Roma l’ha distrutta. Le sue ambizioni sono direttamente proporzionali all’incompetenza dimostrata nei cinque anni da sindaca di Roma.

Di Maio e Di Battista?
Di Maio è in realtà un democristiano moderato, come Conte. Ma questa vicinanza politica li rende ingombranti l’uno all’altro. Il fedelissimo di Di Maio, Spadafora, ha sparato a zero contro Conte all’ultima riunione con i parlamentari. Di Battista potrebbe essere recuperato da Conte in funzione anti-dimaiana. Ma il suo estremismo complottista lo avvicina più al fuoriuscito Paragone che al nuovo corso moderato di Conte.

Chi controlla chi in aula, alla Camera e al Senato?
Nessuno. È un caos totale. Dei 300 eletti nel 2018 sono rimasti solo in 200. Ma sanno che, col taglio dei parlamentari e il crollo nei sondaggi, pochi riusciranno a essere rieletti. Quindi siamo alla lotta di tutti contro tutti.

Elettoralmente i Cinquestelle sono in crisi nera, ma rappresentano ancora il 33% del Parlamento, tolti i transfughi. Quelli che restano sono più di destra o di sinistra?
Non sono né di destra né di sinistra. È l’unica promessa elettorale che hanno mantenuto, oltre al taglio dei parlamentari e al funesto reddito di cittadinanza. La loro linea politica è mantenere poltrona e stipendio il più a lungo possibile.

C’è ancora il rischio scissione? Che ne sarà della possibile alleanza con il Pd?
I fedeli a Conte non se ne andranno e accetteranno la posizione subalterna al Pd. Gli altri cercheranno ovunque un approdo che prometta loro una speranza di rielezione o di carriera nel sottobosco politico.

Come si comporteranno adesso con Draghi?

Saranno fedeli al governo e contrari all’elezione di Draghi al Quirinale, perché il cambio di premier scuoterebbe troppo il quadro politico, portando probabilmente al voto anticipato nel 2022. Non escludo che molti grillini possano essere reclutati, alias ‘comprati’, da Berlusconi per far eleggere presidente della Repubblica lui stesso o la Casellati, presidente del Senato. Sarebbe la prima donna al Quirinale, e sia il centrodestra che i grillini potrebbero gloriarsene.
Paolo Vites

Saturday, September 19, 2020

Il comizio di Dibba in Puglia

 “Non saranno le regionali a far cadere Conte, ma lo spread. Se però cade la Toscana, tutto cambia”

intervista a Mauro Suttora

 Il Sussidiario, 19 settembre 2020

di Federico Ferraù

Di Battista e i dissidenti M5s faranno perdere Emiliano ma non faranno cadere Conte. Se però il Pd perde la Toscana, tutto cambia.

Ora Dibba sostiene Laricchia, la candidata grillina alla presidenza della Puglia che ha detto no a qualsiasi tipo di accordo con Emiliano. Quando Alessandro Di Battista, anima inquieta di un M5s sempre più diviso, ha detto che sarebbe sceso in piazza per la chiusura della campagna elettorale, ci è voluto poco a tirare le somme e a dire che era un’operazione contro il governo. Cioè contro Conte. 

Cosa accadrebbe se il governatore uscente, Michele Emiliano, piddino di tessera ma pentastellato su molti temi di lotta e di governo, fosse sconfitto, regalando la regione del premier Conte a Raffaele Fitto (FdI)? 

In un colpo solo, Di Battista prova così a sfilare al Pd i voti che gli servono per vincere, e a prenotare – se si faranno gli stati generali – la leadership del Movimento agonizzante. Poco importa se i “governisti”, nel frattempo, saranno finiti da un’altra parte, magari nel futuribile partito di Conte. 

Mauro Suttora, giornalista prima all’Europeo poi a Oggi, già corrispondente dall’estero per varie testate, è da sempre attento osservatore dei 5 Stelle. 

“Alessandro Di Battista si dimostra molto furbo, ma non gli basterà” dice al Sussidiario

Quanto all’esito del voto e alle sorti del governo, “è meglio aspettare lunedì. Dopo, chissà. Potremmo scoprire improvvisamente che la realtà abita da un’altra parte”.

Alessandro Di Battista potrebbe davvero mettere a rischio Emiliano e la sopravvivenza del governo?

Di Battista ha scritto su Facebook, presentando il comizio di ieri sera: 'Non chiedetemi di chinare la testa, abbiate il coraggio di tagliarmela'. Ecco, un politico che dice una cosa così, la testa l’ha già persa. Se questo è tutto quello che riescono a dire i movimentisti M5s contro i governisti, siamo a posto.

Ma la Puglia?

Emiliano sulla carta poteva anche vincere, soltanto che con i grillini che fanno una lista per proprio conto (quella di Antonella Laricchia, ndr) e i renziani che fanno lo stesso con Scalfarotto, perderà. Ringrazi entrambi.

Le ripercussioni di una sconfitta in Puglia potrebbero essere così drammatiche per il governo?

Secondo me nel Pd stanno già metabolizzando la perdita della Puglia. Potremmo assistere a un 4-2 per il centrodestra. In questo caso al governo non succederà nulla e Zingaretti potrà sempre dire di avere mantenuto la Toscana e la Campania. Se invece il Pd perdesse in Toscana, il disastro sarebbe totale e tutti gli scenari sarebbero aperti.

I Cinquestelle al governo temono o no un’iniziativa come quella di Di Battista?

Certo che la temono. Siamo al redde rationem. È evidente che nello stesso partito non può esserci un “Che Guevara” come Di Battista e due perfetti democristiani come Di Maio e Conte. Diciamo che Di Battista è stato molto furbo a fare questa uscita prima della botta che prevedibilmente arriverà lunedì.

Perché?

Perché così non può essere accusato di speculare sul disastro. E nemmeno di non aver fatto campagna elettorale. Con una sola uscita, la più importante, avrà dato l’impressione di aver messo in moto un po’ di cose. 

Con quali prospettive?

Che Emiliano vinca o perda, a lui non importa nulla: continuerà con la Lezzi e la Laricchia a fare i duri e puri, quelli che “Emiliano e Fitto sono la stessa cosa”. Però, nel complesso Di Battista e chi la pensa come lui si è molto indebolito.

Grazie a Di Maio? 

Anche. Di Maio ha sfilato loro la Taverna, stella femminile del Movimento barricadiero che poteva contrapporsi a Chiara Appendino. Fino a 5-6 mesi fa, se non fosse arrivato il Covid e se avessero fatto gli stati generali, Di Battista si sarebbe candidato come capo unico e avrebbe stravinto. 

Nonostante Casaleggio muova a suo piacimento i voti di Rousseau?

Casaleggio oggi è molto più debole. Dopo la lettera che ha mandato ai morosi, è quella la vera frattura: tutti i parlamentari, sia movimentisti che governisti, contro l’esoso Casaleggio.

Quale sarà il programma di Di Battista e di chi la pensa come lui?

No euro, no Tav, no Mes, no tutto.

E come tener buona quella base ormai scontenta di chi si è insediato nel palazzo?

Di Maio vanterà lo storico risultato del taglio dei parlamentari: abbiamo vinto il referendum, abbiamo ridotto i costi della politica, avanti, miei prodi… Così finiscono tutti i movimenti, a cominciare da quello di Mussolini, no? Faranno con Di Battista come hanno fatto con Fico e Taverna, imbalsamandoli in cariche istituzionali.

Basterà il Sì al referendum per salvare M5s?

No. Lo spartiacque, lunedì sera, sarà il 10%. Al Nord i 5 Stelle non ci arriveranno. A quel punto bisognerà vedere come vanno in Campania e Puglia, dove vengono dal 40% delle politiche e dal 30% delle europee. Ora sono al 20%. La media potrebbe compensare le perdite al Nord, consentendo loro di restare a due cifre e dire che hanno tenuto, eccetera.

Non potrebbe essere Conte a salvarli? Dopotutto i 5 Stelle sono il suo partito.

Conte si è dimostrato campione mondiale di trasformismo, passando in due giorni da Salvini a Zingaretti. Bisognerà vedere se il M5s gli serve ancora oppure no. In quest'ultimo caso, non sarà mai stato grillino. Anche il Pd vota sì al taglio dei parlamentari…

Le tue previsioni per lunedì sera? 

Non non sono in grado di farne, è il bello della politica. È come andare al casinò. Per il Pd lo spartiacque è il 20%. Però se ottiene il 21% e perde la Toscana, va male lo stesso. La Toscana è decisiva.

Secondo te è realmente contendibile?

Sì, perché la Ceccardi è più sveglia della Borgonzoni e soprattutto il candidato Pd (Giani, ndr) è solo un’ombra di Bonaccini.

Quali sono le sorti del governo Conte 2?

Dipende dal mondo reale, che non è quello di cui abbiamo parlato finora. Basta che lo spread salga di 100 punti e per Conte tutto si complica. A quel punto c’è solo Draghi.

Federico Ferraù 

Tuesday, November 20, 2018

Grillini nel caos per la Tav


È caos in M5s: il ritorno di Di Battista rischia di portare alla spaccatura interna mentre a Torino il sindaco Appendino non sa da che parte stare

20 novembre 2018intervista a Mauro Suttora per Il Sussidiario
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Chiara Appendino, sindaco di Torino (LaPresse)
Può una manifestazione spontanea di piazza di qualche decina di migliaia di persone ribaltare la linea politica di un comune come quello di Torino? Se il sindaco è Chiara Appendino sì. Dopo aver fatto votare Torino città No Tav alla giunta comunale, ha fatto un immediato dietrofront dichiarando che non ci sarà lo stemma del comune alla contromanifestazione No Tav in programma sempre a Torino
“Appendino fa parte di quel mondo di madamine, come sono state definite, che ha portato in piazza i Sì Tav, la borghesia torinese. Ma deve sottostare agli ordini del figlio di Casaleggio, che non vuol perdere le decine di migliaia di voti NoTav", ci ha detto Mauro Suttora.
 Il caos nel M5S è grande, anche grazie al prossimo ritorno di Di Battista.
La Appendino nega lo stemma del comune alla prossima contromanifestazione No Tav. E’ il sintomo di una difficoltà? E’ rimasta scottata dalla piazza del 10 novembre dei Sì Tav?
Certamente, lei fa parte di quel mondo lì, le cosiddette madamine, in senso positivo: è una di loro. E’ un tipico esponente della borghesia torinese.
Ma ora, come tutte persone che si erano intruppate con i 5 Stelle e No Tav, è in estremo imbarazzo.
Perché allora ha fatto votare alla giunta 'Torino città No Tav'?
Perché lei deve rispondere e ubbidire agli ordini del figlio di Casaleggio, più che a Di Maio. La Casaleggio & Associati non può permettersi di avere un disastro Raggi anche in Piemonte, visto che fra qualche mese ci saranno le elezioni regionali. Fino a qualche mese fa i sondaggi dicevano che i 5 Stelle avevano buone possibilità di prendere il Piemonte, adesso invece sono crollati.
Fino a che punto?
E’ già tanto se arrivano al 15%, anche perché hanno scelto con i loro metodi semi-mafiosi un candidato irrilevante. Rischiano di arrivare terzi dietro al centrosinistra e al centrodestra, e d’altro canto non possono neanche rischiare di  stare troppo con l’establishment, contro i movimentisti.
Ma Casaleggio non “la sgrida” per questi ondeggiamenti?
Il figlio di Casaleggio come appartenenza naturale sarebbe anche lui dalla parte dei Sì Tav perché anche lui fa parte della borghesia, dell’establishment. Però hanno preso decine di migliaia di voti in Val Susa schierandosi con i No Tav, e non possono rischiare di perderli. E’ come successe al Pci negli anni 70 quando sostenne il governo di solidarietà nazionale: perse le successive elezioni.
Salvini cerca lo scontro con Di Maio sulla questione rifiuti? Lo fa per mandare in tilt il M5s?
Certo, i grillini sono indifendibili sui termovalorizzatori. Già usare questa parola da parte di Salvini, invece del negativo 'inceneritori', la dice lunga.
 I termovalorizzatori sono presenti in città come Milano, permettono di risparmiare sui riscaldamenti e danno l’elettricità a 130mila famiglie.
Come andrà finire? I 5 Stelle molleranno lo scontro?
No, hanno aizzato per dieci anni la gente contro gli inceneritori. A Napoli e a Roma mandano migliaia di camion e treni verso la Germania a far incenerire i rifiuti, mentre stiamo pagando 120mila euro al girono di multa della Ue perché non riusciamo a completare il ciclo dei rifiuti.
 E’ un vicolo cieco ed è inutile che ciancino: un 50% dei rifiuti viene differenziato, ma l’altro 50% finisce o in discarica, o nei termovalorizzatori, o portato all’estero. Nessuno, neanche a casa sua, riesce a differenziare il 100% dei rifiuti.
Quanto tornerà Di Battista che farà? L’agit-prop? La spina nel fianco del governo? C’è un ruolo pronto per lui?
Ho rinunciato ad andare a teatro da quando c’è lui perché è troppo divertente. Come gli ha detto l’Annunziata, guarda che ci sono giornalisti seri che fanno il loro lavoro rischiando la pelle in Centro America, tu fai speculazione politica pagato decine di migliaia di euro dal Fatto Quotidiano. Il cui comitato di redazione è pure furioso per tutti questi soldi sborsati…
Seriamente, che succederà al suo ritorno?
Coprirà il ruolo dell’anti-Di Maio, il capo dei movimentisti contro il capo dei realisti. Ci sarà scompiglio, alla lunga si spaccheranno. Gli altri movimentisti, la Taverna e Fico, sono stati imbalsamati in cariche istituzionali. Fico riesce a dire ancora qualcosa dato il ruolo che copre, la Taverna è stata zittita.
Che cos’hanno in testa Casaleggio e Grillo?
Grillo si sta sganciando ormai da tempo, fa teatro, ha bisogno di guadagnare. Farà qualche intervento come ha fatto al Circo Massimo, qualche post qua e là.
E Casaleggio?
Casaleggio si è legato mani e piedi a Di Maio, cerca altri personaggi da imporre, ma non riescono a tirare dentro uno che sia normale. Non ci resta che sperare in Salvini a questo punto. E’ l’unico con un po' di senno. 
Quando i No Tav dicono cose come “la linea attuale è vecchia di 150 anni ma va ancora bene perché non è satura”, dici: certo che non lo è, non la usa nessuno visto che non puoi superare i 70 chilometri all'ora. Manca ogni percezione della realtà…
Paolo Vites

Wednesday, October 05, 2016

Ci mancava il grillino militarista

Massimo Colomban, grillino felice sugli aerei da guerra Usa

Oggi, 5 ottobre 2016

di Mauro Suttora



Chissà cosa penseranno gli attivisti grillini, pacifisti e contrari agli aerei militari F35, di queste foto che ritraggono Massimo Colomban, 67 anni, felice alla guida di un velivolo della base nucleare Usa di Aviano (Pordenone) nel 2014.

Il nuovo assessore 5 stelle a Roma non fa mistero della propria passione militarista, tanto da farsi nominare “Comandante onorario” della base e di andare fino a Ramstein (la base Usa in Germania) per volare con i piloti statunitensi. Hobby legittimo, ma agli antipodi del credo antimilitarista e nonviolento dei 5 stelle. O stellette?



Nessuno avrebbe immaginato quattro mesi più disastrosi per il debutto dei grillini al governo di Roma. Tanto più imbarazzante, la performance di Virginia Raggi, se paragonata a quella di Chiara Appendino, sindaca 5 stelle a Torino. 

Una ventina di dirigenti dimessi o fatti dimettere, fra assessori e capi di gabinetto. Bugie di Raggi e Luigi Di Maio per un mese sull’assessore Paola Muraro indagata. Tutte le parlamentari M5s romane (Lombardi, Taverna, Ruocco) contro la sindaca. Risultato: paralisi e deficit di un miliardo.

Unica decisione presa: no alle Olimpiadi 2024. Che però potrebbero risorgere se la giunta Raggi cadesse entro la fine dell’anno. Ipotesi non più improbabile. Anche i Fratelli musulmani in Egitto nel 2012 furono cacciati a furor di popolo dopo soli sei mesi, per incompetenza.

La bella sindaca è sempre più magra e sull’orlo di una crisi di nervi. Insulta i giornalisti, si fa imporre assessori improbabili dal figlio di Gianroberto Casaleggio, succeduto al padre alla guida della società che da Milano gestisce il M5s. I suoi l’hanno già abbandonata: «Decide lei, le nostre sono ormai strade parallele». 
Più decisa Paola Taverna: «Prima cade meglio è».
Beppe Grillo ha vietato ai suoi parlamentari di commentare il disastro Roma. Ma la censura non diminuisce l’imbarazzo.
Mauro Suttora

Wednesday, November 09, 2011

Gli eletti di Beppe Grillo

ORMAI SONO 130 IN 60 COMUNI. ARRIVANO AL 14%. BERLUSCONI LI RINGRAZIA PER LA SUA VITTORIA IN MOLISE. MA LORO AVVERTONO: PRENDIAMO VOTI ANCHE A LUI

Oggi, 2 novembre 2011

di Mauro Suttora

Lo hanno fisicamente «espulso» dal palazzo del potere: il consigliere regionale Davide Bono, medico solo apparentemente mite eletto un anno e mezzo fa per Beppe Grillo in Piemonte, ci riceve nel suo ufficio separato da tutti gli altri. Nell’edificio dei gruppi consiliari in centro a Torino non c’è posto per lui, la Regione gli ha affittato una mansarda poco più in là in via Alfieri.

Bono è famoso perché grazie al suo 4 per cento il centrodestra del leghista Roberto Cota ha sconfitto il centrosinistra. Lo stesso è capitato ora in Molise: il piccolo margine con il quale il Pdl ha vinto è stato reso possibile dal 5 per cento dei «grillini».

«Ma Berlusconi fa male a ringraziarci», sorride Bono, «perché i nostri consensi non vengono solo da sinistra. Qui in Piemonte, per esempio, ci hanno votato molti ex leghisti delusi». «E poi, chi lo dice che il Movimento 5 stelle sottrae automaticamente voti a sinistra?», aggiunge Giovanni Favia, consigliere regionale in Emilia. «I nostri elettori sono così schifati dalla casta dei politici che probabilmente, senza di noi, si asterrebbero». Sintetizza Grillo: «Pd e Pdl sono uguali». E definisce il Pd «Pdmenoelle».

Ormai hanno 130 eletti in 60 comuni

Ma, in concreto, come si comportano gli eletti 5 stelle (non amano il termine «grillini»)? Ormai sono 130 in 60 comuni, da Bolzano a Roma, e in capoluoghi come Milano, Torino, Venezia, Trieste, Bologna. Male solo al sud: appena l’1,3% alle recenti comunali di Napoli. Alcuni sono in carica già da tre anni, come David Borrelli a Treviso e i consiglieri municipali eletti a Roma nel 2008.

Le loro priorità ufficiali sono cinque, come le stelle del nome: acqua, ambiente, trasporti, connettività (internet), sviluppo. Ma è il «modo» di fare politica a cui stanno soprattutto attenti.

«Il nostro stipendio lo decide ogni sei mesi un’assemblea pubblica degli elettori, alla quale ci presentiamo dimissionari», dice Favia, che fino al 2009 era direttore della fotografia in film e documentari. Risultato: gli hanno appena aumentato il salario da 2.500 a 2.700 al mese. Stessi soldi per Bono in Piemonte. La differenza con gli 8-12mila mensili che prendono i consiglieri degli altri partiti finisce in attività politiche («Ma finanziamo altre associazioni, non noi stessi») e spese legali per le molte cause in corso.

Ci sono state lunghe discussioni nei forum online sul giusto livello di retribuzione. Alcuni proponevano 1.280 euro al mese, «lo stipendio medio italiano». Altri, più misericordiosi, concecevano che l’eletto conservasse lo stesso stipendio del lavoro precedente: «Perché per fare politica bisogna perderci?» Risposta: «Nessuno è obbligato a farla».

Eliminato il vitalizio in Emilia

I 5 stelle hanno un limite di due mandati: dieci anni al massimo di politica a tempo pieno, poi devono tornare al lavoro precedente: «Ci consideriamo dipendenti dei nostri elettori, l’attività nelle istituzioni è come il servizio di leva».

I due consiglieri emiliani sono riusciti a far abolire il vitalizio (pensione) dalla prossima legislatura, e picchiano duro sugli altri privilegi. Per esempio il rimborso di 0,8 euro a km per gli eletti di altre province: «Così uno da Piacenza incassava migliaia di euro senza controllo, e poi magari pagava solo l’abbonamento in treno». Risultato: il consiglio regionale ha abbassato le sue spese da 37 a 36 milioni di euro annui.
«Ma è nelle società partecipate e nella sanità che girano le grosse cifre», dice Andrea Defranceschi, 40 anni, collega di Favia.

I grillini non si sono presentati al voto nelle province perché ne chiedono l’abolizione («Mentre altri partiti come Sel e Idv, incoerenti, entrano pure lì»), e rifiutano il finanziamento pubblico («Un milione di rimborsi elettorali tornati allo stato»).

In Piemonte fanno opposizione dura al governo di destra, in Emilia a quello di sinistra. In Comune a Torino brilla la 26enne bocconiana (voto di laurea 110) Chiara Appendino. A Milano, nonostante la novità del sindaco Giuliano Pisapia, il consigliere comunale Mattia Calise non gli fa sconti: «Troppi portaborse assunti dalla nuova giunta», accusa il resoconto dei primi quattro mesi di lavoro.

E adesso? Pronti al grande balzo a Roma. In Parlamento sarà più difficile rispettare la «democrazia di base» delle liste civiche locali perseguita finora. Chi deciderà i candidati? «Le primarie on line», dice Bono. E chi potrà votare? «Gli aderenti al movimento». Costo della tessera? «Niente tessere, non siamo un partito». E se si iscrivono improvvisamente mille di un altro partito il giorno prima delle primarie? «Metteremo delle limitazioni...»
Mauro Suttora