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Saturday, May 20, 2023

Come Augusta, per difendere Eugenia in una partita già vinta, è passata dalla parte del torto

La contestazione alla Roccella, che non ha potuto parlare al Salone di Torino, va condannata senza appello. Ma poi la Montaruli ha cominciato ad urlare contro Nicola Lagioia, e nel racconto di quanto è successo qualcosa è cambiato...

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 20 maggio 2023

Una trentina di femministe ha impedito alla ex femminista Eugenia Roccella, oggi ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità (quante cose, povero biglietto da visita extralarge) di presentare il suo libro 'Una famiglia radicale' (ed. Rubbettino) al Salone del libro di Torino.
 E questo è quanto. Non ci sarebbe molto altro su cui discutere, soprattutto con chi non vuole discutere. La contestazione è stata violenta, perché le urla hanno reso impossibile parlare alla ministra.

Le manifestanti hanno commesso un preciso reato, violenza privata, qualche giudice valuterà se punirle. Roccella le aveva invitate al dialogo sul palco, ma loro si sono rifiutate di interloquire. Si sono limitate a leggere un comunicato al microfono. Poi si sono piazzate per terra gridando. Qualche poliziotto voleva trascinarle via. La ministra lo ha impedito, memore di quando era lei a fare i sit-in mezzo secolo fa per la legalizzazione dell'aborto. Lo stesso diritto di aborto in nome del quale oggi le femministe hanno fatto abortire il diritto di parola per Roccella.

Ho visto i video, impeccabile la minuscola Eugenia di fronte alla corpulenta avversaria che non voleva parlarle. Voleva solo sfregiarla. Poi però è arrivata Augusta. Nata cinque anni dopo il 22 maggio 1978, storico giorno di promulgazione della legge 194 sull'aborto, conquistata dopo anni di lotte (quelle sì nonviolente, non ricordo irruzioni e interruzioni di dibattiti) da Roccella e dalla sua ex famiglia radicale (il padre deputato, Marco Pannella, Emma Bonino, Adele Faccio).

Augusta Montaruli ha rovinato tutto. Troppo giovane per essere fascista, ha accusato di fascismo le antifasciste fasciste che hanno censurato la sua ministra. E fin qui tutto bene. Deputata di Fratelli d'Italia dal 2018, era diventata sottosegretaria all'università nel governo Meloni. Ha dovuto dimettersi tre mesi fa dopo la condanna definitiva a un anno e mezzo di carcere per peculato. L'ex presidente leghista del Piemonte Roberto Cota acquistò con soldi pubblici delle strabilianti mutande verdi. Montaruli invece ha fatto passare per spese necessarie al suo mandato di consigliera regionale 25mila euro per Swarovski, vestiti e borse firmati, strenne natalizie, uno studio sulla propria reputazione social.

Chissà com'è la reputazione social di Augusta in queste ore, dopo che è riuscita a passare dalla parte del torto perfino in una partita già vinta come quella di Eugenia. Infatti pure lei a un certo punto ha cominciato a urlare. Ma non contro le femministe. Contro Nicola Lagioia, direttore del Salone, reo di avere difeso troppo blandamente Roccella.


Il povero Lagioia non è ubiquo, il palco del fattaccio è subappaltato alla Regione Piemonte. Probabilmente a quell'ora stava pranzando, lo hanno chiamato, lui si è precipitato lì. Ha cercato di accomodare le cose, pure lui auspicando come Roccella dialogo e dibattito. Figurarsi. Sicuramente non è un cuor di leone, non ha risposto con aggressività all'aggressione, è stato troppo salomonico. Ma lo ha tolto dall'imbarazzo la pugnace Montaruli, anni di screzi pregressi torinesi, aggredendolo a sua volta. 
Così, come nei falli di reazione, la scia della cometa ha preso il sopravvento sulla cometa.

Ora, da ore, quelli di destra accusano di intolleranza le femministe e Lagioia. Quelli di sinistra sono felici di ribattere prendendosela con Augusta Montaruli. Come da copione vintage.


Siamo in attesa di politici di sinistra che difendano l'apostata Eugenia ("nata bene") Roccella. E di Fratelli di Augusta che tirino le orecchie pure a lei. Altrimenti al prossimo G7 Justin Trudeau dovrà preoccuparsi per la violenza verbale attorno ai libri in Italia.

Wednesday, May 30, 2012

La frana della Lega Nord

DOPO LE RIVELAZIONI DI 'OGGI', LA BATOSTA AL VOTO

di Mauro Suttora

Oggi, 21 maggio 2012

Il 9 aprile, Pasquetta, le agenzie di stampa annunciano l’intervista di Oggi ad Alessandro Marmello, autista di Renzo Bossi («Trota»): «Al figlio di Umberto passo contanti ritirati dalle casse della Lega a mio nome». Quattro video confermano l’accusa. Dopo poche ore Renzo Bossi si dimette da consigliere regionale della Lombardia.

Inizia così la frana della famiglia Bossi e della Lega Nord. Un mese dopo, arriva l’avviso di garanzia per appropriazione indebita di finanziamento pubblico a Umberto, Renzo e l’altro fratello, Riccardo. Ai quali, si scopre, il tesoriere della Lega Francesco Belsito pagava uno «stipendio» di 5 mila euro al mese, oltre ad avere acquistato lauree in Albania per Renzo e per la guardia del corpo di Rosi Mauro, tuttora vicepresidente del Senato, già fedelissima di Bossi ma ora espulsa dalla Lega. Belsito è indagato per truffa e riciclaggio: aveva investito in oro e diamanti parte dei rimborsi elettorali, finiti anche a Cipro e in Tanzania. Rapporti sospetti perfino con la ‘ndrangheta.

Il voto del 6 e 20 maggio ha punito la Lega. Unico sindaco eletto al primo turno quello di Verona, Flavio Tosi. Risultati pessimi nelle ex roccaforti: 5% a Belluno, 6 ad Alessandria, 7 a Monza, 8 a Como. Leghisti battuti perfino a Cassano Magnago (Varese), dov’è nato Umberto Bossi, e a Mozzo (Bergamo), dove vive l’ex ministro Roberto Calderoli. Il quale per ora guida il partito assieme a Manuela Dal Lago e a Roberto Maroni. Quest’ultimo sarà eletto segretario unico nel congresso alla fine di giugno.

Per la Lega sarà dura riconquistare il 12% delle regionali 2010, e il 35% in Veneto. Regione, quest’ultima, guidata dal leghista Luca Zaia, così come il Piemonte è in mano a Roberto Cota. Ma dopo la rottura con il Pdl e l’opposizione al governo Monti, tutti i giochi sono aperti.
m.s.

Wednesday, November 09, 2011

Gli eletti di Beppe Grillo

ORMAI SONO 130 IN 60 COMUNI. ARRIVANO AL 14%. BERLUSCONI LI RINGRAZIA PER LA SUA VITTORIA IN MOLISE. MA LORO AVVERTONO: PRENDIAMO VOTI ANCHE A LUI

Oggi, 2 novembre 2011

di Mauro Suttora

Lo hanno fisicamente «espulso» dal palazzo del potere: il consigliere regionale Davide Bono, medico solo apparentemente mite eletto un anno e mezzo fa per Beppe Grillo in Piemonte, ci riceve nel suo ufficio separato da tutti gli altri. Nell’edificio dei gruppi consiliari in centro a Torino non c’è posto per lui, la Regione gli ha affittato una mansarda poco più in là in via Alfieri.

Bono è famoso perché grazie al suo 4 per cento il centrodestra del leghista Roberto Cota ha sconfitto il centrosinistra. Lo stesso è capitato ora in Molise: il piccolo margine con il quale il Pdl ha vinto è stato reso possibile dal 5 per cento dei «grillini».

«Ma Berlusconi fa male a ringraziarci», sorride Bono, «perché i nostri consensi non vengono solo da sinistra. Qui in Piemonte, per esempio, ci hanno votato molti ex leghisti delusi». «E poi, chi lo dice che il Movimento 5 stelle sottrae automaticamente voti a sinistra?», aggiunge Giovanni Favia, consigliere regionale in Emilia. «I nostri elettori sono così schifati dalla casta dei politici che probabilmente, senza di noi, si asterrebbero». Sintetizza Grillo: «Pd e Pdl sono uguali». E definisce il Pd «Pdmenoelle».

Ormai hanno 130 eletti in 60 comuni

Ma, in concreto, come si comportano gli eletti 5 stelle (non amano il termine «grillini»)? Ormai sono 130 in 60 comuni, da Bolzano a Roma, e in capoluoghi come Milano, Torino, Venezia, Trieste, Bologna. Male solo al sud: appena l’1,3% alle recenti comunali di Napoli. Alcuni sono in carica già da tre anni, come David Borrelli a Treviso e i consiglieri municipali eletti a Roma nel 2008.

Le loro priorità ufficiali sono cinque, come le stelle del nome: acqua, ambiente, trasporti, connettività (internet), sviluppo. Ma è il «modo» di fare politica a cui stanno soprattutto attenti.

«Il nostro stipendio lo decide ogni sei mesi un’assemblea pubblica degli elettori, alla quale ci presentiamo dimissionari», dice Favia, che fino al 2009 era direttore della fotografia in film e documentari. Risultato: gli hanno appena aumentato il salario da 2.500 a 2.700 al mese. Stessi soldi per Bono in Piemonte. La differenza con gli 8-12mila mensili che prendono i consiglieri degli altri partiti finisce in attività politiche («Ma finanziamo altre associazioni, non noi stessi») e spese legali per le molte cause in corso.

Ci sono state lunghe discussioni nei forum online sul giusto livello di retribuzione. Alcuni proponevano 1.280 euro al mese, «lo stipendio medio italiano». Altri, più misericordiosi, concecevano che l’eletto conservasse lo stesso stipendio del lavoro precedente: «Perché per fare politica bisogna perderci?» Risposta: «Nessuno è obbligato a farla».

Eliminato il vitalizio in Emilia

I 5 stelle hanno un limite di due mandati: dieci anni al massimo di politica a tempo pieno, poi devono tornare al lavoro precedente: «Ci consideriamo dipendenti dei nostri elettori, l’attività nelle istituzioni è come il servizio di leva».

I due consiglieri emiliani sono riusciti a far abolire il vitalizio (pensione) dalla prossima legislatura, e picchiano duro sugli altri privilegi. Per esempio il rimborso di 0,8 euro a km per gli eletti di altre province: «Così uno da Piacenza incassava migliaia di euro senza controllo, e poi magari pagava solo l’abbonamento in treno». Risultato: il consiglio regionale ha abbassato le sue spese da 37 a 36 milioni di euro annui.
«Ma è nelle società partecipate e nella sanità che girano le grosse cifre», dice Andrea Defranceschi, 40 anni, collega di Favia.

I grillini non si sono presentati al voto nelle province perché ne chiedono l’abolizione («Mentre altri partiti come Sel e Idv, incoerenti, entrano pure lì»), e rifiutano il finanziamento pubblico («Un milione di rimborsi elettorali tornati allo stato»).

In Piemonte fanno opposizione dura al governo di destra, in Emilia a quello di sinistra. In Comune a Torino brilla la 26enne bocconiana (voto di laurea 110) Chiara Appendino. A Milano, nonostante la novità del sindaco Giuliano Pisapia, il consigliere comunale Mattia Calise non gli fa sconti: «Troppi portaborse assunti dalla nuova giunta», accusa il resoconto dei primi quattro mesi di lavoro.

E adesso? Pronti al grande balzo a Roma. In Parlamento sarà più difficile rispettare la «democrazia di base» delle liste civiche locali perseguita finora. Chi deciderà i candidati? «Le primarie on line», dice Bono. E chi potrà votare? «Gli aderenti al movimento». Costo della tessera? «Niente tessere, non siamo un partito». E se si iscrivono improvvisamente mille di un altro partito il giorno prima delle primarie? «Metteremo delle limitazioni...»
Mauro Suttora

Thursday, March 25, 2010

Regionali 2010

ELEZIONI: SCEGLIAMO I GOVERNATORI FINO AL 2015

La sfida cruciale è quella tra Bonino e Polverini nel Lazio. Ma i candidati curiosi sono tanti: patron di Formula Uno, igieniste dentali, celebri campioni mondiali...

di Mauro Suttora

Oggi 31/03/2010

Tutti gli occhi puntati sul Lazio: è questa la sfida decisiva delle regionali. Perché nella prima Regione d'Italia, la Lombardia, i sondaggi danno Roberto Formigoni sicuro vincitore. Mentre a Roma la gara fra Emma Bonino e Renata Polverini sarà al fotofinish. Scontate le vittorie del centrosinistra nelle Regioni rosse (Emilia, Toscana, Marche, Umbria) e del centrodestra in Veneto, sarà importante vedere chi ce la farà in Piemonte , Liguria , Campania. La Puglia è l'unica regione in cui la supremazia di Pd e Pdl sarà minacciata da un terzo incomodo. Non perché Adriana Poli Bortone (ex An, oggi Udc) possa arrivare prima, ma perché i suoi voti sottratti all'uno o all'altro schieramento determineranno il vincitore.

Anche in Calabria l'imprenditore antimafia Filippo Callipo, sostenuto da Italia dei Valori e dai Radicali, potrebbe essere una sorpresa. Nelle tre Regioni del Nord (Piemonte, Lombardia, Liguria) sarà importante vedere anche chi sarà il primo partito fra Pdl e Lega. Quest'ultima avrà due governatori, se Roberto Cota dovesse prevalere su Mercedes Bresso in Piemonte. Negli ultimi giorni di campagna elettorale il grande sforzo dei partiti è stato quello di convincere i propri elettori ad andare a votare, piuttosto che cercare di far cambiare idea a qualche avversario.

ASTENSIONI DECISIVE
La partita, infatti, verrà decisa dal grado di astensione che colpirà l'uno o l'altro campo. Nei consigli regionali non ci sono personalità di grande spicco. Lo stipendio tuttavia è ottimo: più di 10 mila euro al mese netti, considerando tutti i benefit. E senza la necessità di trasferirsi a Roma, cosa che comporta maggiori spese per i parlamentari. Per questo, nei piani intermedi della «casta» politica, la poltrona di consigliere regionale è ambita. Soprattutto quando non bisogna farsi propaganda per la preferenza. È questo il caso dei fortunati inseriti nel «listino» dei candidati governatori, eletti automaticamente in caso di vittoria.

Per loro la vera campagna elettorale c' è stata al momento della definizione delle liste. E gli avversari erano gli altri aspiranti del proprio partito al posto garantito. Alla fine ce l'ha fatta chi è nelle grazie del capo. Così in Lombardia è candidata (o meglio: già eletta) Nicole Minetti, 25enne ex ballerina e igienista dentale di Silvio Berlusconi. Il premier l'ha apprezzata come assistente del dentista che l'ha curato dopo l'aggressione subita in piazza del Duomo lo scorso dicembre.

Polemiche ha suscitato, nel campo avverso, l'imposizione da parte di Antonio Di Pietro di Maruska Piredda, 32 anni, ex hostess Alitalia anche lei nota più per la sua bellezza che per l'esperienza politica. La Piredda è stata paracadutata sia in Liguria, sia in Lombardia. Il 28 e 29 marzo non si vota solo per le Regioni. In ben 463 Comuni si elegge il sindaco. Venezia, Mantova, Lecco, Lodi, Macerata, Chieti, Andria, Matera e Vibo Valentia sono i nove capoluoghi che vanno alle urne.

Si voterà anche a Faenza (Ravenna), città di 58 mila abitanti dove scende in campo Giancarlo Minardi, 62 anni, fondatore della scuderia che per vent'anni ha gareggiato in Formula Uno, prima di lasciare il campo alla Toro Rosso che sta conseguendo buone prestazioni. Minardi sarà candidato del Pdl in una roccaforte «rossa», dove i l centrosinistra sbaraglia abitualmente gli avversari con i due terzi dei voti. Mission impossible? «I sondaggi non mi danno ancora per vinto», risponde l'imprenditore, faentino doc. E spera: «Il fatto di essere un indipendente dovrebbe garantirmi i consensi in più necessari per vincere»

Altri candidati vip affollano le liste. Vittorio Agnoletto, candidato governatore della Federa zione del la si n ist ra (Rifondazione più Comunisti italiani) in Lombardia, presenta Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia e il comico Paolo Rossi. L'astrofisica Margherita Hack (ultimo libro: Libera scienza in libero stato) corre a Roma per la stessa formazione.

FISIOTERAPISTI E GEOMETRI
Il figlio di Umberto Bossi è candidato per la Lega a Brescia, mentre quello di Antonio Gava (e nipote di Silvio) ci prova a Napoli col Pdl. In Lombardia Berlusconi schiera il fisioterapista del Milan Giorgio Puricelli, 44 anni, e il proprio geometra Francesco Magnano, 59. Il centrosinistra lombardo di Filippo Penati risponde con un grande del ciclismo: Gianni Bugno, campione del mondo nel ' 92 e ' 93. Comunque vada, il premier Berlusconi il 30 marzo tirerà un sospiro di sollievo: per tre anni, fino al 2013, non sono più previste elezioni generali importanti. Potrà governare in pace, a meno di scivoloni o catastrofi.

Mauro Suttora