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Wednesday, December 05, 2012

Grillini sulla graticola

I SONDAGGI DANNO IL MOVIMENTO 5 STELLE AL 20 PER CENTO. E LUI PROMETTE UN ESAME TRASPARENTE PER TUTTI I CANDIDATI, VOTATI DAGLI ISCRITTI E "GRIGLIATI" CON LE DOMANDE DEI I CITTADINI. SIAMO ANDATI A VEDERE SE E COME FUNZIONA

dall'inviato Mauro Suttora

Oggi, 28 novembre 2012

Che fatica, la democrazia diretta. Volevo partecipare anch’io alla grande novità della politica italiana: la prima volta che un partito (pardon: movimento...) fa scegliere i propri candidati direttamente ai cittadini. Non solo i leader, come fanno gli altri con le primarie. Proprio tutti i candidati, dal primo all’ultimo.

Così, dopo anni che scrivevo articoli su Beppe Grillo (il primo su Oggi risale al 2007, quando organizzò il Vaffaday contro i politici), mi sono «registrato» sul suo portale. Un po’ per simpatia personale, un po’ per curiosità professionale, ho mandato la scansione della mia carta d’identità, qualche dato, e sono diventato un «grillino» anch’io.

In pratica, è come iscriversi. Però è gratis (cosa da non sottovalutare), perché il Movimento 5 Stelle (M5S) si definisce «non partito». Che vuole solo fare da «tramite» fra i cittadini e gli eletti («portavoce»). Niente tessere, sedi, soldi, burocrazia, finanziamento pubblico. Solo volontariato. Insomma un paradiso, in questa Italia soffocata dai politici di professione della «casta» e dal notevole numero di ladri che opera fra loro.

Da qualche mese, quindi, posso entrare nei siti internet del M5S, partecipare alle discussioni, votare on line nei referendum che organizzano quando un consigliere comunale o regionale deve votare su un argomento che non fa parte del programma.

Così ho votato a favore del testamento biologico assieme ad altri 170 «registrati» di Milano, e poi il consigliere Mattia Calise ha riversato questa nostra decisione nel dibattito al consiglio comunale.

In luglio sono stato invitato a una riunione semestrale per giudicare l’operato di Calise. Non c’era tanta gente, il consigliere è stato «promosso». Ho anche aiutato il consigliere della mia zona a organizzare un banchetto di propaganda nel quartiere di Santa Giulia, devastato dalla speculazione edilizia.

Orgia di internet, tutto online

Poi sono cominciati i problemi. Infatti Grillo e i suoi sono un po’ fissati con la Rete, pensano che quasi tutti i problemi si possano risolvere grazie a internet. Risultato: se voglio essere informato, devo passare ore di fronte al computer. Per star dietro a tutte le notizie e i dibattiti, infatti, bisogna seguire ben sei siti diversi: il portale nazionale, Facebook, Google-Wiki, i MeetUp (gruppi cittadini o regionali), Pbworks e Liquid Feedback.

Con tutti questi nomi, chi non è appassionato di elettronica si perde. E anche la mia compagna, che mi vede smanettare  la sera col portatile sul divano invece di guardare un film in tv con lei, sospira e mi prende per matto.

Ora sono arrivate le elezioni. E dobbiamo mettere in pratica quel che predichiamo: democrazia diretta. Veramente è più in voga la parola «democrazia liquida», che però a me non piace perché mi ricorda l’Inno al corpo sciolto di Roberto Benigni.
Vado a Saronno a un’assemblea regionale. Pochi giovani e donne, molti maschi 40-50enni. Ci riuniamo nel sotterraneo di un albergo, divisi in commissioni: sanità, trasporti, energia, ecc.

Visto che sono giornalista, vado nella commissione Informazione. Non l’avessi mai fatto. Scopro che il M5S odia tutti i giornalisti. Pensavo che ce l’avessero (giustamente) solo con i giornali pagati con soldi pubblici e con i talk show tv, dove Grillo vieta ai suoi di andare. Invece l’odio è generalizzato: siamo tutti paragonati ai politici corrotti. Infatti i grillini non leggono i giornali, al massimo danno uno sguardo veloce ai siti online.

A un certo punto entra uno e annuncia: «C’è di là un giornalista del Fatto quotidiano che vorrebbe entrare, ha chiamato ieri per accreditarsi». Niente da fare: gli danno solo il permesso di stare nella hall. E pensare che il Fatto di Marco Travaglio è il giornale più vicino a Grillo.

300 candidati per 80 posti

Due giorni dopo, assemblea pubblica a Cernusco sul Naviglio (Milano): si sottopongono a «graticola» (interrogatorio pubblico) i candidati alle regionali. Sono ben 300 per 80 posti: evidentemente uno stipendio fa gola a molti, anche se il M5S lo limita a 2.500 euro al mese rispetto agli 11.000 intascati dagli eletti degli altri partiti.

Forse per paura di essere travolti da questa valanga di speranzosi, gli organizzatori non permettono però al pubblico di rivolgere domande ai candidati. Dicono che il tempo è troppo poco, e li sottopongono a un interrogatorio pre-confezionato con domande un po’ scontate, tipo: «Cosa farai se non verrai eletto?» Naturalmente nessuno ha risposto: «Sparirò, perché mi interessano solo i soldi». Eppure è proprio quel che è successo negli anni scorsi: dopo il voto molti sono scomparsi, e a tirare la carretta sono rimasti pochi volontari. Insomma: che difficile la democrazia, anche se è diretta...
Mauro Suttora


MA GRILLO HA GIA' ESPULSO LA META' DEI SUOI CONSIGLIERI REGIONALI

Il Movimento 5 stelle aveva eletto quattro consiglieri regionali nel 2010: due in Emilia e due in Piemonte. Ma Beppe Grillo ne ha già espulsi la metà. L’emiliano Giuseppe Favia è inciampato in un fuorionda tv in cui accusava Grillo e il suo consulente Gianroberto Casaleggio di metodi poco democratici.

Poi Grillo ha «licenziato» anche il piemontese Fabrizio Biolé (con lui nella foto) tramite lettera di un avvocato (sotto) che gli imputa di avere già fatto il consigliere comunale due volte nel suo paesino di 500 abitanti in provincia di Cuneo. I grillini, infatti, possono essere eletti al massimo per due mandati. Biolé obietta che tutti lo sapevano, ma che gli chiesero di soprassedere perché i candidati M5S nel 2010 erano pochi.


Monday, October 22, 2012

Grillo in Sicilia

I SONDAGGI DANNO IL SUO MOVIMENTO AL SECONDO POSTO IN ITALIA DOPO IL PD

dal nostro inviato Mauro Suttora

Messina, 11 ottobre 2012

«La propaganda elettorale a questo punto potremmo anche non farla. Ce la stanno regalando gli altri partiti, ogni giorno». Isola di Lipari, bar Quinta Luna. I quattro ragazzi che hanno fondato il Movimento 5 stelle nelle Eolie aspettano l'aliscafo con cui sta arrivando Beppe Grillo da Milazzo. Oggi farà tre comizi: uno qui alle tre, poi tornerà in terraferma a Brolo (Messina) alle sei, infine nella piazza di Barcellona Pozzo di Gotto alle nove.

Tre appuntamenti al giorno per 17 giorni, fino al voto per le regionali del 28 ottobre: cinquanta comizi in totale. Nessun altro politico nazionale batte la Sicilia così capillarmente come il «non-politico» Grillo. In camper anche lui, come Matteo Renzi.

Eccolo che scende sul molo. I ventenni della sua corte allegra e variopinta vanno ad accoglierlo e poi lo seguono in fila, come un pifferaio magico. Arriva al bar, dove la proprietaria offre a tutti vassoi colmi di arancini di riso, pizzette, olive, uva. Lui è sempre allegro, lancia battute a raffica. Sale sul balcone, imita Mussolini: «Liparesi! O liparoti?»

Lo portano in giro su un risciò, la gente si affaccia, scende per strada, va a parlargli. I turisti tedeschi ed estoni chiedono chi è. Un giornalista locale gli chiede se si ricorda di quando arrivò alle Eolie in barca con Gino Paoli. Nei sondaggi Grillo ha il 17 per cento e guida il secondo partito italiano dopo il Pd, ormai alla pari col Pdl. Ma non ha scorta: solo tre carabinieri di Lipari lo seguono a discreta distanza.

«In Sicilia speriamo di prendere il dieci per cento», mi dice Giancarlo Cancelleri, 37 anni, geometra in una ditta metalmeccanica di Caltanissetta, candidato governatore. È stato eletto capolista in agosto da un'assemblea con i delegati di tutte le liste di tutte le province: il massimo di democrazia possibile. Ma anche lui sa che a queste latitudini il voto è condizionato da mafia, clientele, legami di parentela, amicizia, convenienza. È poco libero, insomma. Per cui il risultato sarà più basso che nel resto d'Italia fra cinque mesi, alle politiche.

Gli ultimi giorni, però, hanno regalato a Grillo argomenti a raffica. La stessa sera in cui è arrivato a Reggio Calabria per attraversare lo stretto di Messina a nuoto (missione compiuta), il consiglio comunale della città è stato sciolto: era controllato dalla 'ndrangheta. «Ma per noi è importante anche che siano stati arrestati i capi delle municipalizzate di acqua e spazzatura», dicono i 5 stelle, «perché da anni denunciamo che il vero potere si è trasferito dai comuni a queste società semiprivate che gestiscono affari da miliardi».

Non era mai capitato nella storia d'Italia che il consiglio di un capoluogo regionale venisse chiuso per mafia. O che un assessore della Lombardia comprasse i voti della 'ndrangheta a 50 euro l'uno. O che i capi dei partiti sia di governo sia d'opposizione nel Lazio (Franco Fiorito del Pdl e Vincenzo Maruccio dell'Idv) trasferissero centinaia di migliaia di euro sui propri conti personali. Ogni giorno una conferma alla visione apocalittica che Grillo ripete ogni tre ore nei suoi comizi: «Il sistema è totalmente marcio, gli unici non corrotti siamo noi».

Poca meraviglia, quindi, che una formazione politica al suo debutto nazionale balzi subito al secondo o terzo posto. Anche questa è una primizia nella storia patria: neanche i fascisti ci riuscirono, 90 anni fa. Ma su questo punto delicato Grillo ci tiene a precisare: «Per fortuna siamo noi a raccogliere la protesta, invece dei neonazisti come in Grecia».

Lui continua a fare il comico. Alla partenza della sua nuotata dalla Calabria il primo temporale dopo l'estate porta a mare una fiumara di acqua di fogna. Grillo, già pronto con muta e pinne, deve spostarsi di cento metri per non finirci dentro. Altri miasmi all'arrivo a capo Peloro: tombini scoppiati dopo l'acquazzone. Ma lui ci scherza su: «Visto come vi hanno ridotto i politici che vi governano? Mandiamoli tutti a casa».

L'exploit natatorio (2.800 metri in 77 minuti) voleva «dimostrare l'inutilità del ponte di Messina». Altra coincidenza: proprio ora viene ufficializzato il no alla costruzione, otto miliardi risparmiati ma 300 milioni di penale da pagare. Poi Grillo ha «imitato Forrest Gump»: è arrivato a Misterbianco (Catania) di corsa, incitando i suoi ragazzi: «Belin, io ho 64 anni, ma alcuni di voi sono messi peggio di me».

Al comizio davanti al duomo di Messina riempie la piazza, 4 mila persone. Domandiamo se anche gli altri partiti ci riescono: «Quasi nessuno ormai si arrischia a fare comizi», ci risponde un giornalista del settimanale 109 (come il numero dei comuni nell’immensa provincia messinese).

Beppe, ma chi te la fa fare?, gli domandiamo. Lui non dà interviste a giornalisti di testate nazionali. Solo ai locali e agli esteri, gli altri li considera venduti. Però parla con tutti, quindi risponde: «È da vent’anni che m’interesso di problemi pubblici, ecologia, raccolta differenziata, energie alternative. Mi sono documentato, prima facevo spettacoli a pagamento nei palasport, ora aiuto questi ragazzi a cambiare la politica. Ma la vera domanda è: chi ce la fa fare a continuare a votare per questi delinquenti?»

Nei comizi parla (urla) di onestà, pulizia, politici non di carriera (massimo due mandati a 2.500 euro al mese), partiti senza soldi pubblici. Scivola sull’Ilva («l’acciaio non lo vuole più nessuno», s’inventa) e sul disastro finanziario della regione Sicilia (1.800 dirigenti contro i 280 della Lombardia), che secondo lui vanterebbe invece crediti verso lo stato. Ma i simpatizzanti accorrono per divertirsi e farsi galvanizzare, non per approfondire troppo.

Sulla spiaggia calabra di Villa San Giovanni incrociamo Gianroberto Casaleggio, il suo principale consulente. Timido, introverso, non ama parlare in pubblico. Perciò si è fatto la fama di Richelieu, guru misterioso di Grillo. Anche qui si tiene lontano dalla folla degli aficionados. Parliamo delle polemiche sulla reale democrazia nel movimento che lo hanno investito dopo le accuse di Giovanni Favia, consigliere grillino in Emilia. Ma alla fine è lui, quasi incredulo del successo di Grillo, a domandarmi: «Secondo lei, come andrà a finire?»
Mauro Suttora


"FORMIGONI PASSA, I DIRIGENTI RESTANO"

È guerra aperta a Milano fra il Movimento 5 Stelle e i ciellini di Roberto Formigoni. Il consigliere comunale Mattia Calise, il dirigente regionale Vito Crimi e l’ex direttore del centro Emoderivati Enrico De Alessandri hanno presentato un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale di ben 13 milioni di euro causato, a loro avviso, dal segretario generale della regione Lombardia.

•«Nicola Maria Sanese», denunciano, «nel 2007 ha assunto 31 dirigenti, molti dei quali legati a Comunione e Liberazione, dopo un concorso annullato per omessa pubblicazione nella Gazzetta ufficiale».

•L’annullamento è stato confermato da Tar, Consiglio di Stato e Cassazione, con sentenza definitiva del 2010. «Ma ancor più scandaloso è stato il consiglio regionale che, invece di far ripetere il concorso, ha emesso una legge apposita chiamata “parentopoli” per sanare l’illegalità, stabilendo che in regione Lombardia i concorsi non devono essere pubblicati sulla Gazzetta ufficiale».

•La cifra di 13 milioni è la somma degli stipendi incassati finora dai 31 dirigenti, da 74 mila a 220 mila euro annui l’uno. «È stato un vero e proprio “assalto alla dirigenza”», afferma Calise, «che non cessa con la caduta della giunta Formigoni, perché i politici passano, ma i dirigenti restano».


VOLETE ATTRAVERSARE ANCHE VOI A NUOTO LO STRETTO DI MESSINA? ECCO COME

• La prima domenica di agosto, ogni anno, si svolge la “Traversata dello Stretto”. È una delle più importanti gare mondiali di nuoto di fondo. «Le domande d’iscrizione sono centinaia», dice Giuseppe Vetere, un organizzatore, «ma purtroppo vige il numero chiuso di cento per non bloccare il traffico navale».

• La manifestazione è nata nel 1954. Negli anni ’90 si era trasformata in gara di nuoto pinnato, ma dal 2006 si nuota di nuovo a piedi nudi (foto).

• I tempi di percorrenza variano, a seconda delle correnti: lo stesso nuotatore può impiegare 40 minuti o un’ora e venti a percorrere i tre km. Simone Ercoli, 33 anni, ha vinto nel 2012 per la terza volta.

• Il mitico percorso da Scilla a Cariddi celebrato già da Omero è uno dei più difficili al mondo. L’ora giornaliera di tregua fra le due fortissime correnti (nord e sud) si sposta infatti con le fasi lunari, quindi non sempre è possibile approfittarne.

Monday, April 30, 2012

Parla il Grillo furioso

67 COMIZI IN 25 GIORNI: IL COMICO GENOVESE E' L'UNICO LEADER NAZIONALE CHE STA FACENDO CAMPAGNA ELETTORALE PER IL VOTO DEL 6 MAGGIO. ECCO COSA DICE

dal nostro inviato a Palazzolo (Brescia) Mauro Suttora - foto di Maki Galimberti



Oggi, 24 aprile 2012

«Sì, toccatemi! Così vi tolgo un po’ del debito che avete addosso…»

Arriva Beppe Grillo per un comizio a Palazzolo sull’Oglio, paese al confine fra Bergamo e Brescia. È il terzo di oggi: prima è stato ad Arese (Milano) dagli operai dell’ex Alfa Romeo smantellata, poi andrà a Desenzano sul Garda.
Entusiasmo fra i 300 che lo circondano sul prato del parco comunale.

Grillo è l’unico leader politico italiano che sta facendo campagna elettorale con comizi in tutti i paesi e città dove si vota il 6 maggio. Il suo tour in camper dura 25 giorni con 67 tappe, dal Piemonte alla Sicilia.

L’esordio comico è da applauso garantito: «Cittadini di Palazzolo, voi avete regalato natali illustri al Paese, avete partorito soggetti importanti: Maurizio Belpietro, Luisa Corna, che pare sia responsabile di qualcosa…»

Non ha paura che succeda a lei qualcosa? È senza scorta, ai suoi comizi non c’è polizia, solo qualche vigile urbano.

«Gli agenti sono già troppo occupati, li costringono a scortare i magnaccia della politica. Qualcosa faranno, certo qualcosa inventeranno. Magari con qualche trucco rimanderanno le elezioni politiche. Io sono sotto processo per diffamazione. E i giornalisti continuano ad accusarmi: sono un miliardario, avevo una Ferrari vent’anni fa…

La settimana scorsa ero a Fabriano, l’Ansa è uscita con un comunicato: clamoroso, Grillo ha parcheggiato il suo camper contromano! Ma è una notizia? Cosa scriveranno adesso, che sul camper ho scoreggiato?»

Per i sondaggi ora siete il terzo partito.

«Non è vero che siamo il terzo partito, siamo il primo movimento. Hanno scoperto che abbiamo il sette per cento, l’otto, forse il dieci? Ma a me non interessa, so solo che gli altri partiti sono già scomparsi: il 92 per cento li manda aff…. Noi su Facebook siamo 800 mila, e ognuno di questi ha 50 amici: siamo quattro milioni».

Facile attaccare i partiti, adesso.

«Sì, dicono che sono un demagogo, imbonitore, populista… Ma il male se lo fanno da soli, io non invento nulla. Basta leggere i giornali ogni mattina. Ora Rigor Montis, o Mortis, fa politica col the: invita i segretari di partito a prendere i pasticcini. Alfano: con quegli occhi non sai dove guardarlo, ti viene la labirintite… Casini, l’Anthony Perkins delle vecchie mignotte: quando il suo Cuffaro presidente della Sicilia era processato disse: “Se lo condannano, dò le dimissioni”. Quello ora è in carcere, lui è ancora lì. Bersani: meglio fare le punte a un riccio. Vuole fare gestire l’acqua alle multinazionali. No, no, tutta questa gente è finita. Scaroni, il capo dell’Eni, che decide la nostra politica energetica è uno che ha patteggiato un anno e quattro mesi per le tangenti che aveva dato al Psi».

Sul finanziamento pubblico le stanno facendo un regalo grosso così.

«Ora qualcuno propone che i partiti rinuncino almeno alla fetta di 180 milioni di luglio. Ma è saltato subito su il tesoriere del Pd che ha detto: “Siete pazzi? Quei soldi ce li siamo già mangiati”. Perché quelli ancora prima di prendere i soldi se li fanno scontare in banca. Provate voi ad andare in banca a farvi scontare qualcosa».

Un politico che salva? Vendola?

«Ma se parla male di me tutti i giorni! Eppure in Puglia l’avevo aiutato. Poi, appena eletto, va a dare 140 milioni di euro a don Verzè, vuole privatizzare l’acquedotto pugliese e fa cinque inceneritori. No, è il sistema che è tutto marcio. Tanto vale fare come in Belgio: sono rimasti due anni senza governo, è andata benissimo.

L’Islanda era andata in bancarotta? Ha chiuso le banche, non hanno pagato gli arretrati alle banche straniere. Facciamo anche noi così. Le banche francesi hanno 300 miliardi dei nostri debiti? Non ve li paghiamo più, peggio per voi. Come succede a tutti noi quando perdiamo in Borsa: nessuno ci ridà i soldi se le azioni vanno giù».

È vero che mira ai voti della Lega?

«Il tour elettorale lo faccio in tutta Italia, non solo al Nord. I capi leghisti sembrano quelli dell’ultima scena del film Le Iene di Tarantino, quando si sparano fra loro. Vorrei avere io un tesoriere come Belsito, quello aveva già capito tutto: l’euro va a puttane, quindi investo in oro, diamanti e Tanzania…»

Ma quando critica le tasse o la cittadinanza automatica per i figli degli immigrati, non strizza l’occhio agli elettori leghisti?

«Lo dico chiaro: pagare le tasse è la cosa più giusta del mondo, bisogna farlo. Il problema è che i nostri politici, i responsabili del nostro debito, quelli che lo hanno creato, si giustificano dicendo: i conti vanno male perché ci sono gli evasori. Ma anche se pagassimo il doppio, loro ruberebbero il doppio.

Quindi: le tasse vanno pagate, ma stabilendo prima la destinazione d’uso. Lo devono dire prima, se con i nostri soldi vogliono comprare aerei da guerra o fare Tav che costano il triplo che in Francia e Spagna. Da anni chiediamo i “bilanci partecipativi” nei comuni e nelle regioni. Altrimenti avremo sempre il costo del lavoro più alto d’Europa, ma gli stipendi più bassi».

Quindi nessun appello contro le tasse?

«I disastri li combinano da soli, ogni giorno ne inventano una nuova. L’Imu, per esempio. Il mio commercialista è dovuto andare in analisi: si paga in due rate, no in tre, però non si sa ancora quanto, poi magari ci sarà un conguaglio… Ho visto la dichiarazione dei redditi di un operaio in Danimarca: due paginette, se la compila da solo, non deve dare soldi al patronato per farsi aiutare».

Come finanziare la politica?
«Come noi: niente soldi pubblici, niente sedi, niente funzionari da pagare. Tutto in rete. Tutti volontari, con sottoscrizioni. Dopo le regionali del 2010 avevamo diritto a un milione e 700 mila euro di rimborso elettorale. Non l’abbiamo preso, è tornato allo stato. Ai nostri quattro consiglieri regionali eletti in Piemonte ed Emilia ho fatto un corso di economia genovese. Si sono autoridotti lo stipendio, invece di prendere 12 mila al mese vivono benissimo con 2.500.

Andiamo avanti con l’entusiasmo, io faccio queste serate e non paga nessuno. È la forza delle nostre idee, altro che le “ideone” che non vengono al ministro Passera. Siamo come il partito dei Pirati in Germania, ragazzi di vent’anni che sono arrivati al dieci per cento. Il nostro consigliere comunale appena eletto a Milano, Mattia Calise, ha 21 anni. È troppo giovane, è inesperto? Certo, non sa ancora come rubare e truccare i bilanci…»

Ha una ricetta contro la crisi?

«Intanto c’è un dato da toccarsi i co…: 170 mila imprese hanno chiuso negli ultimi mesi. Questi pensano al rialzo dello spread, ma e il tasso di suicidio che aumenta. Dobbiamo essere veloci, perché se continua così in un anno falliscono 600 mila aziende. Ma ci sono, 600 mila aziende in Italia? Altro che Grecia.

Questi politici hanno rovinato due generazioni, che dovranno ripagare il debito. Non si accorgono che sta arrivando uno tsunami di disperazione».

Quindi?

«Noi diciamo: cambiare totalmente la classe politica. E poi buona amministrazione, risparmio, efficienza energetica, raccolta differenziata dei rifiuti. Perché, per esempio, Palazzolo è al 40 per cento della differenziata, mentre i paesi vicini sono al 70? Perché perfino le aziende della nettezza urbana e le municipalizzate le hanno ridotte a poltronifici?»

Il vostro sarà il classico voto di protesta. Un tempo gli scontenti, se non si astenevano, votavano radicale o Lega. Ma che garanzie danno i vostri candidati?

«Sono cittadini incensurati, il che in Italia per chi fa politica è già molto. E non sono professionisti della politica: fanno due mandati, poi a casa. Non come Formigoni, che è al quarto mandato mentre per legge non dovrebbe superarne due. E il Pd che non può dire niente, perché anche il suo Errani in Emilia è al terzo.

Noi invece a Desenzano candidiamo sindaco una bibliotecaria, e nelle liste abbiamo gente che lavora: cuochi, elettricisti, tecnici informatici. In ogni caso, meglio un salto nel buio con il movimento Cinque stelle che il suicidio assistito con gli altri».

Mauro Suttora
















Wednesday, November 09, 2011

Gli eletti di Beppe Grillo

ORMAI SONO 130 IN 60 COMUNI. ARRIVANO AL 14%. BERLUSCONI LI RINGRAZIA PER LA SUA VITTORIA IN MOLISE. MA LORO AVVERTONO: PRENDIAMO VOTI ANCHE A LUI

Oggi, 2 novembre 2011

di Mauro Suttora

Lo hanno fisicamente «espulso» dal palazzo del potere: il consigliere regionale Davide Bono, medico solo apparentemente mite eletto un anno e mezzo fa per Beppe Grillo in Piemonte, ci riceve nel suo ufficio separato da tutti gli altri. Nell’edificio dei gruppi consiliari in centro a Torino non c’è posto per lui, la Regione gli ha affittato una mansarda poco più in là in via Alfieri.

Bono è famoso perché grazie al suo 4 per cento il centrodestra del leghista Roberto Cota ha sconfitto il centrosinistra. Lo stesso è capitato ora in Molise: il piccolo margine con il quale il Pdl ha vinto è stato reso possibile dal 5 per cento dei «grillini».

«Ma Berlusconi fa male a ringraziarci», sorride Bono, «perché i nostri consensi non vengono solo da sinistra. Qui in Piemonte, per esempio, ci hanno votato molti ex leghisti delusi». «E poi, chi lo dice che il Movimento 5 stelle sottrae automaticamente voti a sinistra?», aggiunge Giovanni Favia, consigliere regionale in Emilia. «I nostri elettori sono così schifati dalla casta dei politici che probabilmente, senza di noi, si asterrebbero». Sintetizza Grillo: «Pd e Pdl sono uguali». E definisce il Pd «Pdmenoelle».

Ormai hanno 130 eletti in 60 comuni

Ma, in concreto, come si comportano gli eletti 5 stelle (non amano il termine «grillini»)? Ormai sono 130 in 60 comuni, da Bolzano a Roma, e in capoluoghi come Milano, Torino, Venezia, Trieste, Bologna. Male solo al sud: appena l’1,3% alle recenti comunali di Napoli. Alcuni sono in carica già da tre anni, come David Borrelli a Treviso e i consiglieri municipali eletti a Roma nel 2008.

Le loro priorità ufficiali sono cinque, come le stelle del nome: acqua, ambiente, trasporti, connettività (internet), sviluppo. Ma è il «modo» di fare politica a cui stanno soprattutto attenti.

«Il nostro stipendio lo decide ogni sei mesi un’assemblea pubblica degli elettori, alla quale ci presentiamo dimissionari», dice Favia, che fino al 2009 era direttore della fotografia in film e documentari. Risultato: gli hanno appena aumentato il salario da 2.500 a 2.700 al mese. Stessi soldi per Bono in Piemonte. La differenza con gli 8-12mila mensili che prendono i consiglieri degli altri partiti finisce in attività politiche («Ma finanziamo altre associazioni, non noi stessi») e spese legali per le molte cause in corso.

Ci sono state lunghe discussioni nei forum online sul giusto livello di retribuzione. Alcuni proponevano 1.280 euro al mese, «lo stipendio medio italiano». Altri, più misericordiosi, concecevano che l’eletto conservasse lo stesso stipendio del lavoro precedente: «Perché per fare politica bisogna perderci?» Risposta: «Nessuno è obbligato a farla».

Eliminato il vitalizio in Emilia

I 5 stelle hanno un limite di due mandati: dieci anni al massimo di politica a tempo pieno, poi devono tornare al lavoro precedente: «Ci consideriamo dipendenti dei nostri elettori, l’attività nelle istituzioni è come il servizio di leva».

I due consiglieri emiliani sono riusciti a far abolire il vitalizio (pensione) dalla prossima legislatura, e picchiano duro sugli altri privilegi. Per esempio il rimborso di 0,8 euro a km per gli eletti di altre province: «Così uno da Piacenza incassava migliaia di euro senza controllo, e poi magari pagava solo l’abbonamento in treno». Risultato: il consiglio regionale ha abbassato le sue spese da 37 a 36 milioni di euro annui.
«Ma è nelle società partecipate e nella sanità che girano le grosse cifre», dice Andrea Defranceschi, 40 anni, collega di Favia.

I grillini non si sono presentati al voto nelle province perché ne chiedono l’abolizione («Mentre altri partiti come Sel e Idv, incoerenti, entrano pure lì»), e rifiutano il finanziamento pubblico («Un milione di rimborsi elettorali tornati allo stato»).

In Piemonte fanno opposizione dura al governo di destra, in Emilia a quello di sinistra. In Comune a Torino brilla la 26enne bocconiana (voto di laurea 110) Chiara Appendino. A Milano, nonostante la novità del sindaco Giuliano Pisapia, il consigliere comunale Mattia Calise non gli fa sconti: «Troppi portaborse assunti dalla nuova giunta», accusa il resoconto dei primi quattro mesi di lavoro.

E adesso? Pronti al grande balzo a Roma. In Parlamento sarà più difficile rispettare la «democrazia di base» delle liste civiche locali perseguita finora. Chi deciderà i candidati? «Le primarie on line», dice Bono. E chi potrà votare? «Gli aderenti al movimento». Costo della tessera? «Niente tessere, non siamo un partito». E se si iscrivono improvvisamente mille di un altro partito il giorno prima delle primarie? «Metteremo delle limitazioni...»
Mauro Suttora