Saturday, April 06, 2024
I paladini dell'o-ne-stà cadono dal pulpito di Conte
Saturday, November 20, 2021
“Conte ha chiuso, i grillini esploderanno durante l’elezione del Colle”
CAOS M5S
intervista a Mauro Suttora
www.ilsussidiario.net, 20 novembre 2021
Conte non governa più M5s, le fronde interne parlano chiaro. Di Maio farà con lui come ha fatto con Di Battista. Il Pd cerca di attrezzarsi.
Renzi che dal palco della Leopolda esorta il presidente Rai Fuortes a dare a Conte almeno Rai Gulp; Spadafora (suo ex ministro) che dice di Conte “troppi errori, è un leader debole che silenzia il dissenso”. L’ex premier è in crisi e ha scoperto che guidare i 5 Stelle è più difficile che stare a palazzo Chigi.
Ma il vero buco nero dello scenario politico saranno i voti pentastellati quando si tratterà di eleggere il successore di Mattarella. Nel Pd lo hanno capito e stanno affondando il colpo: Conte ha fallito, forse Di Maio farà meglio di lui. Il commento a bruciapelo di Mauro Suttora, opinionista di HuffPost, già inviato di Europeo e Oggi.
Conte appare in difficoltà. Quanto durerà?
I grillini gli esploderanno in mano a gennaio, quando si voterà sul Quirinale. Già oggi più di cento eletti, sui 300 entrati in parlamento nel 2018, non lo seguono più. E fra due mesi quelli che obbediranno alle sue indicazioni per il successore di Mattarella saranno ancora meno.
Spadafora è stato durissimo con Conte: “Sulla Rai ha sbagliato tutto”, ha detto. Che errori ha fatto?
Non si può lottizzare per anni, incassare direttori – Carboni al Tg1, Di Mare a Rai3 – e poi lamentarsi se in una lottizzazione prendi meno posti. Soprattutto se sei un movimento nato proprio per eliminare la lottizzazione dei giornalisti Rai. È come se un rapinatore protestasse perché i complici gli danno meno della sua parte di refurtiva.
Sempre Spadafora lo ha accusato di silenziare il dissenso interno. Di chi parliamo?
Dei dimaiani e dei movimentisti, due delle tre correnti in cui sono divisi i grillini. I contiani decidono tutto da soli, anche l’annuncio del boicottaggio contro la Rai è stato dato senza discuterne prima con gli altri. Ma il vero dramma, per loro, è che stiamo commentando le parole di Spadafora: uno che fra i grillini non ha mai contato niente.
Si dice che Di Maio sulla Rai abbia fatto una trattativa personale. In ogni caso senza ottenere grandi risultati. Cosa puoi dirci in proposito?
Non lo so, ma visti i risultati il Pd ha messo nel sacco sia Conte che Di Maio.
Il ministro degli Esteri che obiettivo ha? Prendere la guida di M5s dopo avere logorato Conte?
Sì, come ha già fatto con Di Battista. Sì è creato la sua corrente, è bravo, giovane, lingua sciolta, cervello fino. Occupa da due anni la poltrona più prestigiosa del governo dopo quella del premier, ha fatto inversione a U rispetto al populismo e terzomondismo grillino. Quasi non si crede che ancora nel 2019 tifasse per i gilet gialli che mettevano a ferro e fuoco Parigi contro Macron. È stato lui a inventare Conte, proponendolo prima ministro e poi premier. Ma Conte se l’è dimenticato, non gli è riconoscente. Il potere gli ha dato alla testa.
A chi risponderanno i voti dei 5 Stelle quando si tratterà di eleggere il presidente della Repubblica?
Appunto: non rispondono a nessuno. Irresponsabili, nel vero senso della parola. Nel senso che non rischiano nulla, sanno che quasi nessuno di loro verrà rieletto. Mai, in 76 anni di Repubblica, c’era stata una massa così grossa di centinaia di peones incontrollabili.
Il Pd ha bastonato Conte sulla Rai, però i 5 Stelle a Letta servono. Non è chiaro quanto gli serva Conte, a questo punto. Meglio Di Maio?
Ormai siamo arrivati al capolinea. Letta ha sbagliato a umiliare i grillini nella spartizione Rai. Quelli si sono incattiviti, perché hanno capito che in politica nessuno regala niente a nessuno. E al Pd fa comodo ogni voto che riuscirà a strappare al M5s nelle prossime elezioni.
Anche Zanda ha apostrofato chi sta guidando i 5 Stelle. Cioè Conte.
Sì, ma per i democratici è indifferente chi guidi i grillini. Conte è ancora il politico più popolare dopo Draghi nei sondaggi, sta al 40%. Però non sarà lui il candidato premier del centrosinistra, ormai il suo momento è passato.
Nasce “Alternativa” di Pino Cabras: una sorta di ex M5s più stile gialloverde. Sono contro il governo. “Il primo passo sarà non far eleggere Draghi presidente Repubblica”, hanno dichiarato. Voteranno con il centrodestra?
Extra ecclesia nulla salus: fuori dalla chiesa M5s non c’è alcuna salvezza per i grillini. Soprattutto per i carneadi come questo Cabras. L’unico ex che può sperare di raccattare un 5% è Di Battista. Gli altri si venderanno al miglior offerente: destra, sinistra, centro, è indifferente. Uno di loro ha appena resuscitato la falce e martello comunista, un altro Potere al popolo, altri ancora si aggrappano al simbolo di Di Pietro. Spariranno tutti.
Una tua previsione sul Colle?
Draghi. O la Casellati, se riuscirà a continuare a non fare parlare di sé nelle prossime settimane. Chi si espone si brucia, come nelle volate ciclistiche.
E sulla legislatura?
Se i parlamentari non perdessero la pensione se non raggiungono i quattro anni e mezzo di mandato, non ci sarebbe alcun motivo per non votare a primavera. Questo Parlamento non è più rappresentativo, i grillini e tanti altri sono solo morti che camminano: zombies.
Federico Ferraù
Tuesday, June 29, 2021
Rottura Grillo-Conte
CAOS M5S/ “Oggi Grillo dirà no a Conte, che farà una sua Dc con il Pd”
intervista a Mauro Suttora
www.ilsussidiario.net, 29 giugno 2021
Sfida M5s. Conte vuole un partito vero, non vuole essere un “prestanome”, né gli va bene una diarchia. Oggi la replica di Grillo
“Beppe ritiene che tutto vada bene così com’è salvo alcuni aggiustamenti” dice Conte in conferenza stampa. Lui invece, l’ex premier, dice di non potersi impegnare in un progetto in cui non crede, segnato da quelle che definisce “ambiguità”. E poi un duro colpo all’indirizzo del garante: nessuna diarchia, no “a un leader ombra affiancato da un prestanome”, serve “una profonda ristrutturazione” (grazie al nuovo statuto elaborato dall’ex capo del governo), “una più chiara identità politica”.
La sfida per la leadership di M5s “è un braccio di ferro in cui ormai è difficile che uno dei due non perda la faccia” dice Mauro Suttora, giornalista e scrittore, un libro sui confini, ex inviato dei settimanali Europeo e Oggi, attento osservatore dei 5 Stelle.
Ormai è una guerra di nervi e di comunicazione. Per Suttora, entrambi cercano di evitare lo spettro di Monti: una lista, più o meno personale, intorno al 10 per cento. E dire che una soluzione l’avrebbero; ma non la vogliono, o non la vedono.
In serata era annunciata la risposta di Grillo, poi il garante rinvia e dice che risponderà oggi. Cosa succede intorno all’“elevato”?
È un braccio di ferro in cui ormai è difficile che uno dei due non perda la faccia. Conte ha mandato in confusione Grillo, che ora ha paura di compiere un passo falso.
Su cosa staranno ragionando Grillo e il suo entourage?
La pretesa di Conte di fare votare il suo statuto così com’è, senza possibilità di emendarlo né da parte di Grillo né dei parlamentari, è irricevibile. E senza Conte i grillini crollano attorno al 10%.
Se il primo comandamento politico è rimanere in partita, chi oggi assicura di più questo obiettivo al Movimento? Grillo o Conte?
Entrambi. Conte c’è da tre anni, Grillo da trenta, visto che è dall’inizio degli anni 90 che i suoi spettacoli hanno assunto un’impronta politica. Da 15 anni invece è impegnato direttamente: prima coi Meetup, poi con gli amici di Grillo, e infine, dal 2009, con il Movimento 5 Stelle. Difficile che ora lui e i grillini della prima ora rinuncino a tutto, affidandosi mani e piedi a Conte, il quale fino al 2018 manco sapeva cosa fosse il M5s, non aveva mai partecipato a una sua iniziativa, e tuttora non è iscritto.
“Non ha senso imbiancare una casa che necessita di una profonda ristrutturazione”, ha detto Conte riferendosi a Grillo. Cosa vuole realmente l’uno e cosa vuole l’altro?
È proprio questo il loro dramma: nessuno affronta problemi concreti. Il loro dissidio non è sulle soluzioni da dare, non si dividono su quello. È soltanto uno scontro di ego: comando io, comandi tu. Come quando da bambini giocavamo e litigavamo su chi era il capo.
Dunque sono le personalità ad essere inconciliabili.
Sì e no. Sono agli antipodi: Grillo è irruento tanto quanto Conte è pacato. Tanto il primo è provocatorio, tanto il secondo è mellifluo. Poi, nelle coppie tutto può capitare. Poiché gli opposti si attraggono, se sapessero fondersi sarebbero un duo perfettamente complementare.
La mitica “base” di M5s, puntualmente evocata, ammesso che ci sia ancora, con chi sta?
I registrati alla piattaforma di Casaleggio non pagano un cent per l’iscrizione, che è gratuita. E quel che non costa niente non vale niente. Molti sono stati iscritti da amici, parenti e conoscenti che hanno bisogno di voti per farsi eleggere alle primarie online. Questa strana “base” è divisa a metà fra i fedeli al sogno originario di un movimento di rottura e la popolarità di Conte, l’unico che potrebbe arginare la frana elettorale che li ha dimezzati. Idem gli elettori.
Conte, per realizzare il suo progetto, ha ribadito di pensare ad un “campo largo”. Con chi lo fa? Con Letta? O con i voti degli elettori piddini?
Sono buffi i politici quando dicono che vogliono un “campo largo”. È ovvio che tutti mirino ad avere più voti possibile. E Conte è ormai fisso nel centrosinistra, dovrà allearsi col Pd.
Si trova una sintesi tra i due o no?
Non lo so. Se sono furbi, sì. Se sono onesti, no. Conte è un democristiano moderato, i grillini invece dicevano di essere rivoluzionari. Ma le auto blu trasformano tutti, e sia Conte che Grillo hanno già fatto parecchie capriole pur di rimanere al potere.
Rivoluzionari contro democristiani. Per forza che Grillo e i suoi non possono accettare lo statuto contiano. Sarebbe la loro eutanasia.
I grillini erano nati proprio per contestare i partiti soffocati da quegli statuti, con burocrazie, sedi e dirigenti locali. La famosa Casta. Ma loro ai valori fondanti hanno già rinunciato da tempo, e l’eutanasia si può praticare solo una volta. Parafrasando Francesco Ferrucci con Maramaldo, “tu uccidi un partito morto”.
“Una diarchia non sarebbe funzionale”, dunque no “a un leader ombra affiancato da un prestanome”, ha detto ancora Conte. Assomiglia tanto a una definizione brutale di come ha funzionato M5s fino ad oggi. Che ne pensi?
Certo. Glielo ha chiesto un giornalista nella conferenza stampa, e il povero Conte ha dovuto glissare: “Mi riferisco al futuro”.
Chiedono a Conte se ha un piano B e lui risponde che non ha doppie agende, no, non ha “nessun piano B”. Secondo te?
Se rompesse coi grillini non gli converrebbe fare una lista personale. Non avrebbe abbastanza soldi, e finirebbe come la lista Monti nel 2013, sotto il 10%.
In caso di rottura, che cosa succede? Ritieni che si vada verso la pseudo-Dc grillina che avevi preventivato, con Conte leader?
Sì, ma non avrebbe niente di grillino. Sarebbe un partito moderato.
Nel frattempo Di Maio con chi sta? Fa politica o aspetta che passi ’a nuttata?
Visto che lo statuto di Conte prevede un vicepresidente del nuovo partito, magari mira a quella poltrona. Ma penso che gli basti la Farnesina, almeno fino alle prossime elezioni. Poi uno brillante come lui non avrà difficoltà a riciclarsi.
Devi ammettere però che Di Maio non è grillino doc, è più qualcos’altro.
Di Maio, come Conte, è uno di quei meridionali con lingua sciolta e cervello fino. In più è composto come uno svizzero. Berlusconi lo adora.
Grillo non può sfiduciare Draghi perché ci ha messo la faccia. E Conte?
Nessuno può sfiduciare Draghi. Men che meno i grillini, i quali sperano che la legislatura duri il più possibile. Perché quando si voterà, di loro verrà rieletto solo uno su tre.
Federico Ferraù
Tuesday, November 26, 2019
Prodi al Colle grazie a Grillo, Pd e Cina?
Monday, September 30, 2019
I grillini sfasciano i bilanci
Ecco il risultato concreto di un anno di governo grillino, al di là delle parole:
articolo del Sole 24 Ore
Monday, January 08, 2018
Eurodeputata grillina fa la guerra al suo ex
CHE COMINCIA A SPIFFERARE LE SPESE SEGRETE DEI GRILLINI. E LEI LO QUERELA
di Mauro Suttora
Libero, 7 gennaio 2018
Lui vorrebbe da lei 3.500 euro al mese come assegno di mantenimento. Lei non solo glieli rifiuta, pur guadagnandone 17.700 al mese, ma ora vuole farsene dare da lui 150mila, per diffamazione continuata e aggravata.
Fuochi d'artificio in arrivo il 15 gennaio al tribunale di Vasto (Chieti), quando verrà discussa la querela dell'eurodeputata grillina Daniela Aiuto al suo marito separato Maurizio Pozzolini.
Come nel caso di Mario Chiesa 15 anni fa, che diede il via a Tangentopoli, anche questa volta per scoprire le magagne interne dei partiti non c'è nulla di meglio delle liti fra ex.
"Mia moglie ha fatto uso improprio dei fondi dell'Europarlamento", accusa Pozzolini. Che queste cose le conosce bene, perché nei primi anni del mandato a Bruxelles sua moglie lo aveva imbarcato nell'affollata truppa 5 stelle approdata in Europa: 17 eletti nel giugno 2014, più decine fra portaborse e consulenti.
Una vera manna: ogni eurodeputato infatti non solo incassa quasi 18mila euro netti al mese fra stipendio, diaria e rimborsi vari, ma può contare su altri 21mila da distribuire ad amici e sodali politici, assunti come collaboratori.
Inoltre quel che fa impazzire di rabbia gli attivisti grillini è che i loro eurodeputati non rendicontano le spese come tutti gli altri eletti, e "restituiscono" solo mille euro mensili.
La bella Daniela non si è tirata indietro di fronte alla cuccagna.
Ha assunto ben sette portaborse, di cui quattro in Abruzzo per curare il collegio (mai come il grillino siciliano Ignazio Corrao, che aveva toccato quota 11).
Non ha assunto il marito, perché l'Europarlamento vieta di pagare parenti. Ma Pozzolini l'aveva seguita egualmente a Bruxelles, lavorando gratis per il gruppo grillino. E qui, da assistente, ha assistito agli sprechi e alle irregolarità nell'uso degli astronomici fondi da parte di alcuni 5 stelle.
Così, dopo la rottura un anno fa, si è vendicato spifferando tutto. E a marzo la povera Daniela è stata messa sotto inchiesta dall'Europarlamento per una presunta truffa su uno studio sul turismo pagato a un consulente, ma in realtà ampiamente copiato da wikipedia.
Da allora la Aiuto è sospesa dal Movimento 5 stelle.
Ma le sue disavventure sono continuate in questi mesi. L'ex ha infatti aperto un altro fronte: quello dei viaggi "allegri" a Strasburgo e Bruxelles finanziati con soldi pubblici.
Ogni eurodeputato può invitare fino a 110 suoi elettori all'anno per visitare le sedi dell'Europarlamento con aereo, hotel e pranzi pagati. Ma pare che in alcuni casi i conti presentati non collimassero con il numero dei presenti. Ed è arrivata la Guardia di Finanza.
Anche una cena nel paese di Monteodorisio (Chieti) era stata finanziata dalla Aiuto con fondi europei, ma secondo Pozzolini e Stefano Moretti, dell'Osservatorio antimafia abruzzese, il numero dei partecipanti è stato gonfiato.
Stesso discorso per rimborsi dell'auto della Aiuto, ottenuti anche per un periodo in cui l'auto risultava in riparazione in un'officina, o quando la guidava non lei, ma una sua portaborse.
Ci sarebbe poi la fattura di un ottico presentata dalla Aiuto per il rimborso (in barba ai proclami grillini di rifiutare i privilegi), ma intestata al padre.
In autunno la contesa si è inasprita. Pozzolini ha denunciato di essere stato aggredito e minacciato per strada a Vasto dal marito di un'assistente di sua moglie, mentre era in auto col figlio.
Quel che è peggio, tutte queste accuse alla ex le pubblica giornalmente sulla propria pagina facebook.
Ora Daniela Aiuto ha querelato lui e Moretti dell'Osservatorio antimafia (che ha denunciato anche il consigliere regionale grillino Pietro Smargiassi per essere stato assunto a chiamata diretta dal consorzio industriale vastese a guida forzista) e chiede la rimozione immediata dei post di accusa. Imputa all'ex marito perfino la propria mancata reintegrazione nel gruppo grillino.
I vastesi e abruzzesi, divertiti dalla telenovela coniugale, aspettano le prossime puntate.
Mauro Suttora
Friday, January 05, 2018
Thursday, June 22, 2017
Dibba diventa papà
Wednesday, October 05, 2016
Ci mancava il grillino militarista
Thursday, February 18, 2016
Cosa succede nel Movimento di Grillo e Casaleggio?
di Mauro Suttora
Formiche.net, 18 febbraio 2016
Da Serenetta a Serenella. La parabola del Grillo politico è riassumibile fra Serenetta Monti, candidata sindaca a Roma nel 2008, e Serenella Fucksia, espulsa dal Movimento 5 stelle (M5s) all’alba del 2016.
Due donne «con le palle», per usare il bellicoso linguaggio grillino. La prima scappata un anno dopo il debutto romano (3%, quattro consiglieri municipali eletti, tre che cambiano partito dopo pochi mesi, un disastro che nessuno ama ricordare), la seconda fatta fuori con l’agghiacciante ordalia che finora ha epurato online un quarto dei 162 parlamentari eletti nel 2013. Neanche Stalin purgava i compagni a questo ritmo. In mezzo, l’incredibile storia di un partito che raggiunge il 25% al suo primo voto nazionale. Caso unico al mondo: Berlusconi nel 1994 si fermò al 21, ed ereditava gli apparati Dc e Psi.
Ma, soprattutto, un fenomeno sociologico mai capitato: 162 persone digiune di politica catapultate in Parlamento da un giorno all’altro, a formare il secondo partito nazionale. È anche la prima vera forza politica popolare nella storia d’Italia. Il Pci, infatti, nonostante volesse rappresentare la classe operaia, aveva dirigenti borghesi. I grillini invece, come reddito e cultura, sono l’odierno lumpen-proletariato dei disoccupati e precari. Nozioni da Facebook, ignoranza pari all’arroganza, prevalenza del perito informatico (il diploma del loro capo, Gianroberto Casaleggio). Non hanno letto Fruttero & Lucentini, quindi a dirglielo non si offendono.
Faccio vita da grillino da nove anni. Mi sono iscritto nel settembre 2007 dopo il Vaffa-day, un giorno prima di Paola Taverna. Partecipavo ai primi meetup di Roma: riunioni al quartiere africano in una sala affittata dal dentista Dario Tamburrano (oggi eurodeputato), poi al cinodromo, o sull’Ostiense. Serenetta sconfisse Roberta Lombardi alle primarie.
Il 25 aprile 2008 raccogliemmo un’enorme quantità di firme davanti alla basilica di San Paolo per i referendum contro l’Ordine dei giornalisti. Poi buttate, perché il figlio di Casaleggio sbagliò le date della raccolta. C’era grande entusiasmo, sull’onda del libro La casta di Stella e Rizzo. Ma alle regionali del 2010, disastro: solo quattro eletti in Piemonte ed Emilia. Tutti poi espulsi tranne uno. Trasferito a Milano, frequento anche qui il meetup. Lo stesso clima da caserma-convento-asilo-circo. «Suttora, non seminare zizzagna», mi intimano sul gruppo Facebook se esprimo una critica. Nel 2013 Paola Bernetti, la più votata alle primarie per il Senato, viene fatta fuori con un trucco. I monzesi con una cordata eleggono tre senatori, Milano neanche uno.
Stessi grovigli due mesi fa, alle primarie per il sindaco: solo 300 votanti, 74 voti alla vincitrice. I risultati vengono secretati, gli altri sette candidati non sanno le loro preferenze. Dal movimento della trasparenza al partito dell’omertà. Addio streaming, forum pubblici, dibattiti online. Dopo la valanga delle espulsioni regna la paura, si comunica solo su chat Whatsapp segrete. Sette attivisti milanesi osano pubblicare un giornalino a loro spese: cacciati con lettera dell’avvocato di Casaleggio.
Il clima di paranoia avvolge anche i parlamentari. Appena uno azzarda qualche pensiero non conformista, è bollato come dissidente. Intanto, il fervore altruista scema. I parlamentari, che prendono 15mila euro mensili, due anni fa ne restituivano in media 5-6mila. Oggi la cifra si è dimezzata: tremila. Se va bene. Molti si limitano a 1.400-1.800: Morra, Lombardi, Giarrusso, Nuti, Fico, Sibilia. I rendiconti sono una farsa: solo autodichiarazioni, niente ricevute, nessun controllo.
La cuccagna è all’Europarlamento. Ben 12 eurodeputati M5s su 17 neanche rendicontano. Possono incassare fino a 40mila euro mensili (21mila solo per i portaborse), ma tutti tranne una restituiscono appena mille euro al mese. Il siciliano Ignazio Corrao (ex portaborse in regione Sicilia) aveva assunto undici portaborse. L’ho pizzicato con un articolo sul settimanale Oggi, lui mi ha insultato, ora li ha ridotti a sette. Come un’eurodeputata abruzzese: due li tiene a Bruxelles, gli altri cinque stanno nel suo collegio elettorale.
Che differenza c’è con i vecchi politici del passato? Nessuna, tranne che i grillini si vantano di non avere funzionari di partito. Invece ne hanno centinaia, stipendiati dai 1.600 eletti.
Insomma, il movimento ora è Collocamento 5 stelle, scherzano i tanti ex. I nomi dei portaborse parlamentari sono convenientemente segreti, per non scoprire altri parenti e conviventi dopo quelli già scoperti (Lezzi, Moronese). Casaleggio e suo figlio comandano a bacchetta. I parlamentari sono sorvegliati da un simpatico reduce del Grande Fratello, Rocco Casalino: decide lui chi mandare in tv. Fra gli altri addetti stampa spicca un ex camionista di Bologna. Dove sono state abolite le primarie: alle comunali di giugno lista bloccata, tutti nominati dall’alto come nel listino berlusconiano di Nicole Minetti. A Trieste un eurodeputato ha candidato sindaca la moglie: metà dei grillini locali in rivolta.
La sceneggiata napoletana di Quarto aumenterà la disciplina interna. Per paura di altri “infiltrati” della camorra, i candidati saranno nominati d’autorità. Così, quello che era nato come un movimento liberatorio si è trasformato nel suo esatto contrario. Hare Krishna, Scientology? Ma no, meglio Testimoni di Genova. Lì Grillo ha una delle sue tre ville. E il suo commercialista personale (nonché segretario del M5s) è stato nominato in una società della regione Liguria. Quelle che i grillini volevano abolire.
Wednesday, January 20, 2016
Espulsa la senatrice grillina Fucksia
«Fico e Di Maio? Ripeto loro quel che dissi già nel 2014 ai dirigenti della banca Marche in fallimento: dovete dimettervi, perché o sapevate – e allora siete complici – o non vi siete resi conto di nulla – e allora siete inadeguati e incapaci».
Wednesday, April 17, 2013
Lo stipendio del deputato
Friday, March 01, 2013
GRILLINI & POLITICA/ Abbiamo fatto il botto: e adesso che facciamo?
Governare o restarne fuori? E il dilemma che attraversa il Movimento 5 stelle dopo la vittoria elettorale. Per MAURO SUTTORA la storia insegna che c'è una via possibile
intervista a Mauro Suttora di Paolo Vites
www.ilsussidiario.net, 1 marzo 2013
Giornate febbrili, queste che succedono immediatamente al voto che ha cambiato l’Italia. Ci si chiede se il nostro Paese con il successo dei grillini è diventato ingovernabile, mentre Grillo lancia – come sua abitudine peraltro – messaggi controversi, prima dicendo che non voterà la fiducia a nessun governo, poi chiedendo che Pd e Pdl votino la fiducia a un governo Cinque stelle.
In questo quadro, la base del movimento sembra spaccarsi tra chi chiede di aprire un dibattito con le forze politiche parlamentari e chi dice invece di starne fuori.
Per Mauro Suttora, redattore di Oggi ed editorialista del New York Observer, contattato da ilsussidiario.net, grande conoscitore dell’universo grillino, “si sta aprendo una fase di dibattito che può portare a una spaccatura, proprio come successo ad altri movimenti rivoluzionari quando entrarono nello scenario parlamentare”.
Per Suttora, inoltre, non è vero che un governo di minoranza non possa formarsi e lavorare: “E’ già successo in Italia negli anni settanta, quando un governo di minoranza democristiano governò grazie alla formula della cosiddetta non sfiducia”.
Suttora, che faranno i grillini? Ci sono messaggi contraddittori che arrivano dalla base ma anche dallo stesso Grillo: fare alleanze di governo o starne del tutto fuori.
Il Movimento cinque stelle sta vivendo lo stesso dilemma che hanno sempre avuto i movimenti rivoluzionari quando sono entrati nelle istituzioni. Un secolo fa accadde ai socialisti quando il liberale Giolitti li invitò a entrare nel governo e ci fu una scissione fra riformatori e rivoluzionari. Successe di nuovo nel 1963 quando il Partito socialista entrò a far parte del primo governo di centrosinistra e ci fu una spaccatura tra quelli che entrarono con Nenni e quelli che rimasero fuori dando vita al Psiup, il Partito socialista di unità proletaria.
Dunque una spaccatura è prevedibile anche questa volta?
E’ un dilemma, un vero dilemma fra l’entrare e sporcarsi le mani e però rischiare di essere omologati e quindi anche fregati un po’ come è successo alla Lega che per vent’anni è stata in qualche modo ingaggiata e usata da Berlusconi ma non ha ottenuto niente di concreto.
E l’alternativa invece quale sarebbe?
L’altra alternativa è rimanere fuori, puliti e immacolati ma di non contare nulla e di non portare a casa alcun risultato. Ripeto: è un dilemma.
Si assiste infatti a un dibattito in Rete con gente che raccoglie firme per una parte e per l’altra.
Sì, ma non darei grande credito a queste iniziative, la Rete per sua stessa definizione, virtuale, non dà affidamento.
Ma la Rete è tutta la forza e la consistenza del Movimento cinque stelle.
In realtà come possono vedere tutti sulla Rete non esiste alcun dibattito. Sul sito di Grillo non esiste dibattito: lui posta ogni giorno qualcosa, la gente lascia centinaia di commenti, ma lui non risponde mai a nessuno. Cè un altro aspetto invece ben più interessante.
Quale?
Seguo personalmente alcuni forum di grillini, e lì sì che si può assistere a un grosso dibattito della base. Un dibattito che non vuol dire polemiche o scontri, ma si esaminano i pro e contro della situazione. Alcuni dicono che dopo il grande risultato elettorale lo scenario è cambiato, prima ci si poteva adagiare in una facile posizione di protesta e opposizione, ma adesso il 25% ottenuto alle elezioni cambia le carte perché Grillo risulta determinante e quindi diventa tutto più difficile.
Secondo lei Grillo ha in mente dei nomi di possibili ministri per il governo a cui ambisce?
No, assolutamente. Grillo vive alla giornata come sempre. E’ geniale, alcune volte la imbrocca altre no. Adesso vediamo come si strutturano i gruppi parlamentari, teniamo presente che per la prima volta al mondo c’è un partito che debutta al 25% senza che neppure i candidati si conoscano fra di loro.
Il comportamento di Bersani come lo giudica, fino ad adesso?
Bersani sta facendo benissimo a fare quello che fa, sentirsi cioè quello investito della responsabilità anche se con uno vantaggio minimo. Però quantomeno come primo incarico da Napolitano lui deve tentare di fare un governo. Ha fatto benissimo a rivolgersi prima a Grillo piuttosto che rispondere alla proposta di governissimo che ha fatto qualcuno del Pdl. Da un punto di vista dei contenuti poi sicuramente il Pd è più vicino ai grillini che a Berlusconi.
Ma secondo lei si può immaginare un governo che viva alla giornata, con i parlamentari che votano le singole leggi di volta in volta?
Sì, se lo vogliono entrambi Grillo e Bersani è possibilissimo. Dal 1976 al 1979 per tre anni l’Italia è stata governata da un governo di minoranza democristiana che però con la formula della non sfiducia stava in piedi. Era una di quelle formule intelligentissime anche se fuori di ogni logica politica inventate da Aldo Moro. Una formula per cui tutti e due i partiti che naturalmente non potevano giustificare davanti ai propri elettori una alleanza di governo, governarono insieme. Tutte le riforme importanti che vennero fatte in quegli anni furono fatte da Pci e da Dc insieme.
Lei ha frequentato profondamente i grillini, partecipando ai loro incontri. Come pensa stiano vivendo questi momenti dal loro punto di vista straordinari?
Partecipare ai loro incontri è interessantissimo dal punto di vista politico ma anche antropologico perché veramente vedi gente che non si era mai interessata di politica in vita sua e adesso lo fa. Le racconto questo episodio che è indicativo. La sera degli scrutini quando si delineava la vittoria, ho chiamato una mia amica conosciuta al tempo del primo Vaffa Day. Una semplice impiegata che adesso si ritrova senatrice. Il suo commento è stato: abbiamo fatto il botto!: E il secondo: E adesso che facciamo?