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Saturday, November 30, 2024

Il 2 per mille è la fotografia dell'antipolitica. Cari politici, tenetevelo stretto così

di Mauro Suttora

Consiglio di non cercare di aumentarlo. Il finanziamento pubblico ai partiti fu abolito nel 1993 con il 90% dal referendum di Marco Pannella. Visto il numero di chi oggi non versa soldi ai partiti (96%), siamo ancora a quei livelli plebiscitari di antipatia

www.huffingtonpost.it, 30 novembre 2024

Primo partito, il Pd con l'1,28%. Secondo, Fratelli d'Italia con lo 0,84%. Terzo M5s, con lo 0,42%. Poi Lega (0,31%), Verdi (0,19%), Sinistra Italiana (0,17%), Italia Viva (0,14%), Più Europa (0,13%), Articolo Uno (0,10%), Azione (0,09%). Soltanto dodicesima Forza Italia (0,08%), superata perfino da Sud chiama Nord col 0,09%.

Sono questi i livelli di microscopico consenso dei nostri partiti, stando alle scelte effettuate con il 2 per mille nel 2023. In numeri reali, 531mila contribuenti hanno 'votato' Pd, 347mila Fratelli d'Italia, 174mila i Cinque stelle, 130mila la Lega. Tutti gli altri sotto le centomila preferenze, su un totale di 41 milioni e mezzo di contribuenti.

Naturalmente non si può paragonare la scelta del 730 con quella delle urne, perché chi dichiara i redditi sa che non sta votando alle elezioni. Ma in un certo senso i 'voti' dei cittadini contribuenti potrebbero essere considerati perfino più sinceri di quelli di quando sono elettori. Perché il misero 4,2% di noi che ha indirizzato le proprie tasse al proprio partito preferito lo ha fatto per sicura convinzione, e non rassegnandosi al criterio del meno peggio.

Ma in concreto, quanto hanno incassato le formazioni politiche nel 2023 col 2xmille? Cifre rispettabili: 8,1 milioni Elly Schlein, 4,8 Giorgia Meloni, quasi due milioni Giuseppe Conte, un milione e mezzo Matteo Salvini (la sua Lega è divisa in due, nei moduli 730 appare ancora quella "per l'indipendenza della Padania"). 

All'altro Matteo, Renzi, sono andati ben 1,1 milioni, e a Carlo Calenda un milione, nonostante entrambi abbiano goduto di meno scelte individuali rispetto ad Angelo Bonelli, fermo a 869mila euro, e agli 816mila di Nicola Fratoianni. Questo perché i simpatizzanti di Italia Viva e Azione sono mediamente più ricchi di quelli dei Verdi e di Sinistra Italiana: quindi i loro 2xmille valgono di più. Il povero Antonio Tajani invece si deve accontentare di 618mila euro: evidentemente gli elettori di Forza Italia sperano ancora sui rampolli Berlusconi per il finanziamento del loro partito.

Sono troppi o troppo pochi, questi soldi che destiniamo alla politica? In totale 24 milioni annui, compresi i partiti defunti: Articolo Uno con 519mila euro, Udc 32mila, Italia dei Valori 47mila (arriveranno ad Antonio Di Pietro?), addirittura Possibile di Pippo Civati incassa un quarto di milione. 

I grillini hanno dimostrato che per fare politica, vincere col 32% e governare non c'è bisogno di finanziamento pubblico: le sedi di partito sono una cosa tristissima, oggi basta l'online. I funzionari di partito da stipendiare sono perniciosi, perché prima o poi vogliono essere eletti pure loro. E per le riunioni fisiche si può affittare la sala della parrocchia. Certo, se poi si vogliono organizzare congressi faraonici i soldi non basteranno mai.

Il finanziamento pubblico ai partiti fu abolito nel 1993 con il 90% dal referendum di Marco Pannella. Visto il numero di chi oggi non versa soldi ai partiti (96%), siamo ancora a quei livelli plebiscitari di antipatia. Quindi, cari politici, tenetevi caro il vostro attuale due per mille, e non cercate di aumentarlo.

Wednesday, May 27, 2015

Pippo Civati ed ex grillini contro Renzi

Pippo Civati, uscito dai democratici due settimane fa, è  pronto a tornare in campo contro l’ex amico Renzi. E vuole fargli perdere le elezioni in Liguria

di Mauro Suttora

Oggi, 20 maggio 2015

Cinque anni fa erano grandi amici e alla prima riunione della Leopolda sognavano di rottamare i vecchi dirigenti del Pd. Un anno e mezzo fa, alle primarie democratiche, erano avversari. Matteo Renzi vinse con il 68% contro il 14 di Pippo Civati e divenne segretario (il restante 18% andò all’ortodosso Gianni Cuperlo).

Due settimane fa Civati, dopo mesi di critiche a Renzi, ha lasciato il partito ed è tornato a Verona, dove vive con la  compagna veronese Giulia Siviero e la figlia Nina.

Vale i 400mila voti avuti alle primarie del 2013

Ma il relax è durato poco. Perché, forte dei 400mila voti delle primarie, ora Civati è pronto a nuove avventure. Formerà un gruppo parlamentare con ex grillini (6-7 senatori: Campanella, Bocchino, Casaletto, Orellana, De Pin, Molinari, Pepe) e, forse, qualcuno di Sel (partito per cui vota la compagna). E in vista delle regionali del 31 maggio fa campagna elettorale in Liguria, dove il suo candidato Luca Pastorino potrebbe far perdere Raffaella Paita (Pd) contro Giovanni Toti (Forza Italia).

Pastorino infatti nei sondaggi è al 10%: tutti voti di sinistra, tolti a Renzi. Che perciò lo accusa di attirare un voto «non utile». «Ma come, il potente premier che ci definiva perdenti e inutili ora dice che senza di noi non vince?», risponde Civati, beffardo.
Mauro Suttora

Wednesday, December 11, 2013

Candidati primarie Pd


IDENTIKIT

di Mauro Suttora
Oggi, 4 dicembre 2013

MATTEO RENZI: IL FAVORITO

età e luogo di nascita: 38, Firenze.
formazione: liceo classico, laurea in Legge, scout.
carriera: presidente della Provincia di Firenze dal 2004 al 2009, poi sindaco di Firenze.
famiglia: moglie Agnese, tre figli: Francesco, Emanuele, Ester.
promesse difficili: «Taglierò di un miliardo i costi della politica, a partire dal Senato».
bugia: «Non ho dietro geni del marketing».
peggior avversario: il comico Maurizio Crozza. La sua imitazione su La 7 ogni venerdì sera è devastante.
merkel all’alba: lo scorso luglio la Cancelliera lo ha sì ricevuto, ma dandogli appuntamento alle sei e mezzo del mattino.
simpatizzanti imbarazzanti: «Se Flavio Briatore la prossima volta vota Pd invece che Berlusconi, sono contento». 
sogni per il futuro: «Spero di avere una vita anche dopo la politica. Mi piacerebbe diventare conduttore televisivo».
incubo: che il governo di Enrico Letta duri troppo a lungo (fino al 2015), impedendogli di candidarsi a premier.
auto, camper e jet: ha una monovolume Volkswagen. Massimo D’Alema lo ha accusato di girare l’Italia  su un aereo privato, salendo sul camper solo all’ultimo minuto. Lui ha ammesso di averlo preso, ma solo una volta: «Per andare al funerale di Pier Luigi Vigna. E me lo sono pagato io, non con strani giochetti».



GIANNI CUPERLO: L'EX COMUNISTA

età e luogo di nascita: 52, Trieste.
laurea: Dams di Bologna, 1985. Tesi in Sociologia della comunicazione.
famiglia: sposato con Ines Loddo, come lui ex dirigente dei giovani comunisti. Si sono fidanzati, pare, durante un viaggio in Corea del Nord. Una figlia (Sara), un cane (Floyd).
carriera: ultimo segretario dei giovani comunisti  (1988-92). Deputato dal 2006.
“musicista”: scelse La Canzone popolare di Ivano Fossati come inno dell’Ulivo vincente di Romano Prodi nel ’96. Scelse anche Il cielo è sempre più blu come inno Ds per la segreteria Fassino (2001-07).
citazione: «Il futuro entra in noi molto prima che accada» (Rilke). Lo scelse come slogan nel congresso Pds del 1996.
lavoro: sempre nel partito a Roma dal 1987. Ha insegnato Comunicazione politica all’Università di Teramo.
auto e moto: Mercedes Classe A del 1998 e Vespa 300.
umiliazioni: scriveva i discorsi per D’Alema segretario Pds. Lui li apprezzava molto, ma non li leggeva mai.
ha detto sua figlia dopo il confronto con Renzi e Civati: «La politica si è ridotta a un minuto e mezzo di esposizione e 30 secondi di replica».


PIPPO CIVATI: LA SORPRESA

età e luogo di nascita: 38, Monza. (All’anagrafe Giuseppe).
formazione: Laurea e master in filosofia.
primo comizio: a 17 anni nell’aula magna del liceo classico Zucchi di Monza.
carriera: consigliere comunale Ds a 22 anni, regionale in Lombardia dal 2005 al 2013. Deputato Pd da febbraio.
lavoro: ha insegnato filosofia a Milano, Firenze e Barcellona.
passioni: nel 2002 diploma in «Civiltà dell’umanesimo» all’Istituto Studi sul Rinascimento di Firenze.
auto: Audi A4
svolta: nel 2010 organizza con Renzi il primo «raduno dei rottamatori» alla Leopolda.
tradimento: nel 2011 rompe con Renzi e si allea con Debora Serracchiani.
insulti: «Occhi da cerbiatto», «Cane da riporto»: Grillo lo accusa di voler comprare i suoi parlamentari.
barba: se l’è fatta crescere quest’estate per sembrare più uomo, imitando Franceschini.
famiglia: padre di una bimba di un anno avuta dalla compagna Giulia.
indagato: per 3 mila euro di rimborsi da consigliere regionale della Lombardia.
servizio civile: nell’Arci.
dicono di lui: «È la parte migliore di Renzi» (i perfidi).
dice lui: «Sono un rinnovatore, non un rottamatore. E non punto al “recuperlo”». «Prossimo presidente? Prodi o Rodotà».
blog: dal 2004 www.ciwati.it (pronuncia: «ci voti»).

Wednesday, August 07, 2013

Pd: parlano Moretti e Serracchiani


Oggi, 31 luglio 2013

di Mauro Suttora

Ma esiste ancora il Partito democratico? Ogni testa una corrente, non sono mai uniti su nulla. Passano il tempo a litigare. 
«Ci siamo, ci siamo, anche se un po' a pezzi e in difficoltà», assicura a Oggi Alessandra Moretti, deputata di Vicenza. Volto nuovo del Pd, lanciata come portavoce lo scorso autunno dal segretario Pier Luigi Bersani. «Ci sono soprattutto i milioni di cittadini che ci hanno votato: chiedono una rigenerazione del partito, un'autocritica serena e severa. E poi dobbiamo parlare di contenuti, di progetti».

«Confusione molta, certezze poche», ammette Debora Serracchiani, da tre mesi presidente della regione Friuli-Venezia Giulia dopo quattro anni da eurodeputata.

Le discussioni ruotano sempre, ormai da un anno, attorno al nome di Matteo Renzi. Prima delle elezioni di febbraio voleva la candidatura a premier, e prese il 40 per cento alle primarie. Ora, forte di una popolarità al 60% (a quei livelli solo Enrico Letta, Giorgio Napolitano ed Emma Bonino, nei sondaggi) mira invece alla guida del Pd, lasciata da Bersani a Guglielmo Epifani fino al congresso di fine anno.

Il problema è che i dirigenti democratici non riescono a mettersi d'accordo neppure sulle regole del congresso che eleggerà il nuovo segretario. Epifani, Bersani e Dario Franceschini vogliono seguire le regole classiche di ogni associazione: votano solo gli iscritti. In questo caso, però, Renzi rischia di non farcela. Perché il sindaco di Firenze è apprezzato più fuori che dentro il suo partito. 
«La nostra gente vuole primarie aperte», dice la Moretti, «in un momento di disaffezione come questo dobbiamo spalancare porte e finestre». Gli iscritti infatti sono un tasto dolente: appena 600 mila, rispetto al milione di Pds e Margherita prima della fusione nel 2008. E agli 800 mila del 2009.

Ma voi e gli altri che propongono di far votare anche i simpatizzanti, lo fate per favorire Renzi? Moretti: «Non so se deciderà di candidarsi. So che il Pd deve dimostrare di essere una forza che attrae non solo i militanti e gli iscritti, ma anche il popolo dei delusi: quel 40 per cento che alla politica non crede più». Serracchiani: «Il primo articolo dello statuto Pd dice che votano gli iscritti, ma anche gli elettori. Sia per il premier che per il segretario».

Quindi, onorevole Moretti, per lei un'altra rottura con Bersani dopo il suo no a Franco Marini da lui proposto al Quirinale? «Con Bersani mantengo un rapporto di stima e lealtà autentica. Che significa anche saper manifestare il proprio dissenso. E non è sempre una scelta facile. La candidatura di Marini non era sbagliata in sè: era sbagliato il metodo con cui si è arrivati a quel nome, che ha determinato la rottura della coalizione di centrosinistra».
  
Le danno dell'ingrata, però. «A tradire Bersani sono stati quelli che lo hanno mal consigliato, non certo io. Un vero leader evita di circondarsi di yes men, che per fedeltà non osano mai contraddire il capo. Con altri quaranta deputati, soprattutto giovani e neoeletti, ora sono una dei "non allineati", fuori dalle correnti interessate solo alla spartizione di incarichi e poltrone».

Letta ha definito «fighetti» i “giovani” pd emergenti che prendono sempre le distanze per farsi notare dai media: Pippo Civati, Matteo Orfini, voi due… «Ma per carità, io non ho mai criticato tanto per criticare né il partito, né il governo Letta», si difende Moretti. «Al contrario, lo sostengo e apprezzo la capacitá del premier di ascoltare e rispettare anche posizioni differenti». 
Serracchiani: «Non mi sento tirata in causa: alle europee e alle regionali si viene eletti con le preferenze. Quindi i voti ho dovuto cercarli, e me li sono guadagnati uno a uno».

Allora, Letta premier e Renzi segretario? Moretti: «Letta sta procedendo bene in condizioni difficilissime. All'inizio avevo creduto nel tentativo di Bersani di coinvolgere i 5 Stelle. Ma Grillo ha dimostrato di voler fare solo battaglie mediatiche di scontro: niente proposte costruttive, tanta demagogia». 
Serracchiani: «I 5 Stelle non vogliono prendersi responsabilità. Per esempio, hanno detto di condividere il 90 per cento del mio programma in Friuli, ma sono rimasti all’opposizione».

Ma se Renzi conquista il partito, quanto durerà Letta? Prodi nel 2008 cadde, dopo che Veltroni divenne segretario Pd. Serracchiani: «Possono tranquillamente convivere. Magari Renzi come premier, visto che ha già governato un comune e una provincia: ha esperienza amministrativa. Sono complementari, perché dovrebbero farsi la guerra? Il Pd è un grande partito, c’è spazio per tutti e tanti. Però ci vuole un profondo ricambio». 

Moretti: «Le manovre di potere ci porterebbero al suicidio, sono vecchia politica. Oggi in Italia la prioritá è il lavoro, per creare occupazione bisogna abbassare le tasse su chi il lavoro lo produce». E l'Imu? «Trovo iniquo toglierla a tutti: io, per esempio, è giusto che la paghi. E lo faccio volentieri se quelle risorse vanno ai Comuni che garantiscono i servizi essenziali alle persone. Questi sono i problemi concreti. Tutto il resto è chiacchiera».
Mauro Suttora

Wednesday, September 19, 2012

Matteo Renzi

RITRATTO SENZA INCENSO DEL SINDACO DI FIRENZE

Sfida il segretario Bersani alle primarie del pd. Però sta più simpatico ai berlusconiani che alla sinistra. Il suo motto è «largo ai giovani», ma litiga anche con i coetanei. Ecco i suoi vizi e virtù

di Mauro Suttora

Oggi, 12 settembre 2012

Ha fatto la tesi sul suo predecessore sindaco di Firenze Giorgio La Pira. Ma su una pira molti suoi compagni del partito democratico ora vorrebbero metterci lui. Perché Matteo Renzi è il contrario di Massimo D’Alema: così piacione da risultare antipatico. «Litiga con tutti», lo ha staffilato Supermax.

Prima l’attuale sindaco ha fatto fuori il deputato pd (ex democristiano come lui) Lapo Pistelli, di cui era portaborse. Poi ha conquistato fama nazionale dichiarando di voler «rottamare» tutti i dirigenti del suo partito. Per questo ha ottenuto molti applausi. Che però vengono soprattutto dagli avversari, i berlusconiani. I quali nel 2009 sono andati in massa a votarlo facendogli vincere per soli 150 voti le primarie comunali contro il candidato ufficiale Pistelli. E oggi contribuiscono a renderlo il secondo politico più popolare d’Italia, per i sondaggi: 42 per cento, dopo Mario Monti.

Disinvolto come Berlusconi

I berlusconiani sono andati in visibilio quando Matteo è salito a trovare Silvio Berlusconi ad Arcore, con la scusa dei tagli ai Comuni. Si sono scoperti uguali: lingua svelta, sorriso malandrino, disinvoltura e ambizione alle stelle: «Renzi è capace di aspirare anche al soglio pontificio», ha detto Giuseppe Marnili, già capo della Dc toscana. Accentratori: il sindaco l’hanno soprannominato «Ghe Renzi mi», come il «ghe pensi mi» brianzolo dell’ex premier incapace di delegare.

L’Italia è l’unico Paese al mondo in cui alle primarie di un partito possono partecipare anche gli iscritti ai partiti avversi. Come se per eleggere l’amministratore di un condominio votasse qualunque passante. È un’incomprensibile follia, ma verrà replicata entro dicembre dal Pd: questa volta per designare il candidato premier.

Figurarsi se Renzi si lasciava sfuggire l’occasione per rompere di nuovo le scatole. Il segretario pd Pier Luigi Bersani è preoccupato, perché il sindaco potrebbe insidiarlo. Infatti i candidati ufficiali del Pd perdono spesso le primarie contro gli outsider: dopo Renzi a Firenze, Nichi Vendola in Puglia, Giuliano Pisapia a Milano, Marco Doria a Genova.

Ha rotto col rottamatore

Nel frattempo però Renzi ha rotto perfino con il suo unico alleato: Pippo Civati, consigliere regionale lombardo. Era l’altro «giovane rottamatore» della Leopolda, il centro congressi dove si sono riuniti un anno fa. Anche Civati adesso vuole correre alle primarie. E ruberà voti a Matteo.

«Barack Obama dieci anni fa ci portava le valigie», si lamentò Bill Clinton con Ted Kennedy nel 2008, quando l'attuale presidente Usa battè sua moglie Hillary alle primarie. Ci ha messo molto meno, Renzi, a far fuori i proprietari delle borse che portava lui. Il suo trampolino di lancio è stato La Ruota della fortuna. Sul serio: al programma tv berlusconiano vince 48 milioni di lire nel ’94, a 19 anni. Poi diventa segretario provinciale del Ppi: gli ex dc erano rimasti pochi, si faceva carriera in un attimo.

Trombato alle elezioni del ’99, a Renzi tocca lavorare nella ditta del padre, dirigente dc periferico: coordina gli strilloni che vendono per strada il quotidiano di Firenze La Nazione. Nei curriculum scriverà che era «dirigente di una società di marketing». Un ulteriore vanto era definirsi «capo scout». Ma dopo che un altro ex capo scout della Margherita, il tesoriere Luigi Lusi, si è appropriato della cassa con trenta milioni, meglio sorvolare.

Nel 2004 i diessini fiorentini al 40% commettono l’errore di regalare a lui, boss della Margherita al 9%, la presidenza della Provincia. Pensano così di placare il 29enne rampante. Illusi. Lui, con la scusa di turismo, cultura e sport (fra le poche competenze di quell’ente inutile che è la Provincia), è sempre in tv a farsi réclame personale.

«Un bimbo che mangia i comunisti»

Lo accusano addirittura di aver creato con soldi pubblici un’emittente apposita, Florence Tv. Risultato: «Una volta dicevano che i comunisti mangiano i bambini. Ora un bimbo sta mangiando i comunisti», brontolano i diessini confluiti nel Pd.

«Renzi è tanto coraggioso quanto presuntuoso», dice a Oggi Massimo Lensi, consigliere provinciale Pdl, «il tipico fiorentino spaccone». Sposato con l’insegnante precaria Agnese, tre figli, ora si fa consigliare da Giorgio Gori, marito di Cristina Parodi, ex dirigente tv berlusconiano messosi in proprio.

«Renzi è un politico senza pensiero»: parola di Nicola Zingaretti, fratello dell’attore di Montalbano, presidente pd della Provincia di Roma. In effetti il suo programma politico nazionale è riassumibile in un solo punto principale: eliminare i vecchi. Come dicevano gli hippy anni 60, il cui motto però era: «Non fidatevi di nessuno sopra i 30 anni». Renzi è già fuori di sette.
Mauro Suttora