Oggi, 31 luglio 2013
di Mauro Suttora
di Mauro Suttora
Ma esiste ancora il Partito democratico? Ogni testa una corrente,
non sono mai uniti su nulla. Passano il tempo a litigare.
«Ci siamo, ci siamo,
anche se un po' a pezzi e in difficoltà», assicura a Oggi Alessandra Moretti,
deputata di Vicenza. Volto nuovo del Pd, lanciata come portavoce lo scorso
autunno dal segretario Pier Luigi Bersani. «Ci sono soprattutto i milioni di
cittadini che ci hanno votato: chiedono una rigenerazione del partito,
un'autocritica serena e severa. E poi dobbiamo parlare di contenuti, di
progetti».
«Confusione molta, certezze poche», ammette Debora Serracchiani, da
tre mesi presidente della regione Friuli-Venezia Giulia dopo quattro anni da
eurodeputata.
Le discussioni ruotano sempre, ormai da un anno, attorno al nome di
Matteo Renzi. Prima delle elezioni di febbraio voleva la candidatura a premier,
e prese il 40 per cento alle primarie. Ora, forte di una popolarità al 60% (a
quei livelli solo Enrico Letta, Giorgio Napolitano ed Emma Bonino, nei sondaggi)
mira invece alla guida del Pd, lasciata da Bersani a Guglielmo Epifani fino al
congresso di fine anno.
Il problema è che i dirigenti democratici non riescono a mettersi
d'accordo neppure sulle regole del congresso che eleggerà il nuovo segretario.
Epifani, Bersani e Dario Franceschini vogliono seguire le regole classiche di
ogni associazione: votano solo gli iscritti. In questo caso, però, Renzi
rischia di non farcela. Perché il sindaco di Firenze è apprezzato più fuori che
dentro il suo partito.
«La nostra gente vuole primarie aperte», dice la
Moretti, «in un momento di disaffezione come questo dobbiamo spalancare porte e
finestre». Gli iscritti infatti sono un tasto dolente: appena 600 mila,
rispetto al milione di Pds e Margherita prima della fusione nel 2008. E agli
800 mila del 2009.
Ma voi e gli altri che propongono di far votare anche i
simpatizzanti, lo fate per favorire Renzi? Moretti: «Non so se deciderà di
candidarsi. So che il Pd deve dimostrare di essere una forza che attrae non
solo i militanti e gli iscritti, ma anche il popolo dei delusi: quel 40 per
cento che alla politica non crede più». Serracchiani: «Il primo articolo dello
statuto Pd dice che votano gli iscritti, ma anche gli elettori. Sia per il
premier che per il segretario».
Quindi, onorevole Moretti, per lei un'altra rottura con Bersani dopo
il suo no a Franco Marini da lui proposto al Quirinale? «Con Bersani mantengo
un rapporto di stima e lealtà autentica. Che significa anche saper manifestare
il proprio dissenso. E non è sempre una scelta facile. La candidatura di Marini
non era sbagliata in sè: era sbagliato il metodo con cui si è arrivati a quel
nome, che ha determinato la rottura della coalizione di centrosinistra».
Le danno dell'ingrata, però. «A tradire Bersani sono stati quelli
che lo hanno mal consigliato, non certo io. Un vero leader evita di circondarsi
di yes men, che per fedeltà non osano mai contraddire il capo. Con altri quaranta
deputati, soprattutto giovani e neoeletti, ora sono una dei "non
allineati", fuori dalle correnti interessate solo alla spartizione di
incarichi e poltrone».
Letta ha definito «fighetti» i “giovani” pd emergenti che prendono
sempre le distanze per farsi notare dai media: Pippo Civati, Matteo Orfini, voi
due… «Ma per carità, io non ho mai criticato tanto per criticare né il partito,
né il governo Letta», si difende Moretti. «Al contrario, lo sostengo e apprezzo
la capacitá del premier di ascoltare e rispettare anche posizioni differenti».
Serracchiani: «Non mi sento tirata in causa: alle europee e alle regionali si
viene eletti con le preferenze. Quindi i voti ho dovuto cercarli, e me li sono
guadagnati uno a uno».
Allora, Letta premier e Renzi segretario? Moretti: «Letta sta
procedendo bene in condizioni difficilissime. All'inizio avevo creduto nel
tentativo di Bersani di coinvolgere i 5 Stelle. Ma Grillo ha dimostrato di
voler fare solo battaglie mediatiche di scontro: niente proposte costruttive,
tanta demagogia».
Serracchiani: «I 5 Stelle non vogliono prendersi responsabilità.
Per esempio, hanno detto di condividere il 90 per cento del mio programma in
Friuli, ma sono rimasti all’opposizione».
Ma se Renzi conquista il partito, quanto durerà Letta? Prodi nel
2008 cadde, dopo che Veltroni divenne segretario Pd. Serracchiani: «Possono
tranquillamente convivere. Magari Renzi come premier, visto che ha già
governato un comune e una provincia: ha esperienza amministrativa. Sono
complementari, perché dovrebbero farsi la guerra? Il Pd è un grande partito,
c’è spazio per tutti e tanti. Però ci vuole un profondo ricambio».
Moretti: «Le
manovre di potere ci porterebbero al suicidio, sono vecchia politica. Oggi in
Italia la prioritá è il lavoro, per creare occupazione bisogna abbassare le
tasse su chi il lavoro lo produce». E l'Imu? «Trovo iniquo toglierla a
tutti: io, per esempio, è giusto che la paghi. E lo faccio volentieri se quelle
risorse vanno ai Comuni che garantiscono i servizi essenziali alle persone.
Questi sono i problemi concreti. Tutto il resto è chiacchiera».
Mauro Suttora
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