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Thursday, August 18, 2022

La tragica attualità della strage di Pola

Era il 18 agosto 1946, è stata la prima strage della Repubblica. Fu un atto di terrore. Quello che oggi accomuna Putin a Tito e rende così tragico, antico e inattuale l'ormai mezzo anno della sua guerra ucraina

di Mauro Suttora

Huffpost, 18 agosto 2022


È stata la prima strage della Repubblica. Alle due di pomeriggio del 18 agosto 1946 a Pola, sulla spiaggia di Vergarolla, 65 persone (per un terzo ragazzi sotto i 18 anni) morirono nello scoppio di una ventina di mine antinave. Come per Piazza Fontana, gli autori della strage sono rimasti sconosciuti.

Era una calda domenica d'estate, sulla spiaggia si divertivano centinaia di famiglie. Le mine giacevano inerti senza detonatore in un angolo dell'arenile, disinnescate dagli artificieri dopo la fine della guerra. Pola era sotto amministrazione britannica, ma molti temevano che sarebbe stata scambiata con Gorizia per finire sotto la Jugoslavia comunista di Tito. Il 90% dei suoi 31mila abitanti erano italiani. 

Improvvisamente, il boato. Una nuvola di fumo fu vista a chilometri di distanza. Decine di corpi rimasero polverizzati. Centinaia i feriti. Chi aveva innescato il tritolo delle mine? Qualcuno parlò di incidente, magari causato dal fornelletto di una grigliata. 

La verità si è saputa solo nel 2008, all'apertura degli archivi di Londra: "Gli ordigni furono deliberatamente fatti esplodere da persone sconosciute". Con tutta probabilità agenti dell'Ozna, la polizia segreta del dittatore Tito. Che così raggiunse il suo scopo: terrorizzati, 28mila polesani nell'anno seguente scapparono, arrivando esuli in Italia. 

Ecco, il terrore. Quello che oggi accomuna Putin a Tito e rende così tragico, antico e inattuale l'ormai mezzo anno della sua guerra ucraina. Sono tante le similitudini fra l'occupazione russa di Mariupol e Kherson, e quella jugoslava di Trieste e Istria 76 anni fa. 

Ora come allora, i dittatori seminano paura in pochi per disfarsi di tanti. Tito infoibò 6mila civili italiani per farne fuggire 300mila. Specifichiamo: infoibare significa gettare persone spesso vive in un buco profondo cento metri. Personalmente, avrei preferito morire gasato in pochi minuti invece di agonizzare per giorni crepando di sete coi vermi nelle ferite.  

A Pola, invece delle foibe, furono le mine a falciare ragazzi che nuotavano. A Bucha sono state le pistole di ragazzi russi,  arruolati alla vigliacca, a finire alla tempia prigionieri ucraini. Il risultato è lo stesso: la pulizia etnica. Il 90% degli italiani lasciarono l'Istria perdendo tutto; decine di migliaia ucraini stanno lasciando Donbass e le altre zone occupate dai soldati di Putin.

Nel 1945-47 la pulizia fu quadrupla. Non solo etnica contro gli italiani, ma anche politica contro i non comunisti, economica contro i borghesi, religiosa contro i cattolici. In Ucraina conosceremo solo fra qualche anno il profilo sociologico dei profughi o deportati in Siberia, ma la comune fede ortodossa non impedisce al patriarca putiniano Cirillo di applaudire i massacri. 

Altra analogia: Putin, come Tito, attua la politica del fatto compiuto. Il dittatore jugoslavo preferì lanciare i suoi partigiani alla conquista dell'italiana Trieste prima ancora di liberare la slovena Lubiana. Pretendeva tutta la Venezia Giulia fino all'Isonzo, inglobando Carso, Gorizia, Monfalcone. 

Anche il despota russo conosce la forza del fait accompli, come dicono i diplomatici. Sa che quasi sempre la linea di armistizio si trasforma in confine definitivo, oppure dà diritto a compensazioni territoriali. Così il 24 febbraio si è scagliato avventatamente contro Kiev e Kharkiv, che niente hanno a che fare con il Donbass rivendicato appena il giorno prima. Lì ha dovuto ritirarsi, come Tito da Trieste. Ma Kherson e tutto il retroterra della Crimea sono ancora suoi: è il fiume Dniepr la nuova esagerata frontiera sperata da Putin, il suo Isonzo. 

Oggi come nel 1947, sono americani e inglesi a difendere i popoli che si battono per la libertà e la democrazia. Allora ci riuscirono solo in parte, perché il nuovo confine fra Italia e Jugoslavia, quello attuale, fu tracciato sulla 'linea francese' per pressione di Stalin; mentre la loro linea Morgan avrebbe salvato la costa orientale dell'Istria (Parenzo, Rovigo, Pirano, Umago), veneziana e italiana da sempre.

In Ucraina, vedremo. Ma quella strage di Pola, vicino alle fantastiche isole Brioni, si affianca a nomi di altri massacri europei diventati tristemente famosi quest'anno, dopo quelli di Sarajevo e Srebrenica trent'anni fa: Bucha, Mariupol, Severodonetsk.