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Monday, October 17, 2022

Sorpresa: un libico giudica la Libia fascista



Per i cent'anni della marcia su Roma è stato pubblicato un libro prezioso: "L'esilio dorato. Luci e ombre dell'operato di Italo Balbo in Libia" (ed. Franco Angeli), di Mustafa Rajab Younis. Sul fascista più famoso, in Italia e nel mondo, dopo il duce

di Mauro Suttora

HuffPost, 17 ottobre 2022  

Nel profluvio di rievocazioni per i cent'anni della marcia su Roma è stato pubblicato un libro prezioso: "L'esilio dorato. Luci e ombre dell'operato di Italo Balbo in Libia" (Franco Angeli). Prezioso per due ragioni. L'argomento: Balbo è il più famoso dei quadrumviri della marcia del 28 ottobre 1922. Alla quale, ricordiamolo, Mussolini non partecipò: si nascose nella casa di campagna della sua amante Margherita Sarfatti a Cavallasca (Como), pronto a scappare in Svizzera se le cose si fossero messe male. 

Balbo, appena 26enne ma già ras dell'Emilia-Romagna, fu quindi il vero capo della marcia. E intervenne con decisione negli scontri del quartiere romano di San Lorenzo, dove la colonna fascista di Giuseppe Bottai era stata attaccata. Fondatore dell'Aeronautica, ministro dell'Aviazione, all'inizio degli anni '30 Balbo divenne il fascista più famoso dopo il duce, in Italia e nel mondo, grazie alle sue trasvolate oceaniche. 

Anche per questo Mussolini, geloso, nel 1934 lo tolse da ministro e lo esiliò in Africa, come governatore della Libia. E qui inizia il libro, prezioso anche per il suo autore: Mustafa Rajab Younis, docente libico di storia contemporanea all'università di Tripoli. Il quale affronta con equilibrio un argomento controverso, senza lasciarsi trasportare da una condanna pregiudiziale della sciagurata avventura coloniale, che ha pervaso la storiografia italiana più recente (Rochat, Del Boca).

Il professor Younis descrive meticolosamente i sei anni e mezzo di 'regno' di Balbo in Libia, che quando arrivò era ancora divisa fra Tripolitania e Cirenaica, com'è tornata a essere di fatto oggi. Un'avventura che termina tragicamente il 28 giugno 1940, quando Balbo viene ucciso in volo per sbaglio dalla nostra contraerea nei primi giorni della Seconda guerra mondiale. Younis non crede ai sospetti di un abbattimento voluto: "Fu un incidente casuale".

Di nemici comunque in Italia Balbo ne aveva parecchi. Anche perché la sua fama era ulteriormente aumentata in Libia, dove si comportava da vicerè invitando giornalisti da tutto il mondo a feste da mille e una notte nelle sue sfarzose residenze. Il suo governo della Quarta sponda fu facilitato dalla fine delle ribellioni senussita e di Al Mukhtar, che avevano funestato i primi due decenni della colonia conquistata nel 1911 (guerra avversata dall'allora pacifista Mussolini, tanto da finire addirittura in carcere con Nenni). 

"Younis valuta con obiettività le realizzazioni dell'epoca di Balbo in Libia", scrive il professor Andrea Baravelli nell'introduzione al libro, che viene presentato il 18 ottobre alle 17.30 nella biblioteca Cabral di Bologna. "Abitazioni, strade, acquedotti, scuole, consultori medici: un insieme sbalorditivo di opere che avrebbe consentito la realizzazione del vecchio sogno di popolamento su larga scala della Libia, stravolgendo equilibri secolari e sancendo la definitiva dipendenza delle genti arabe".

Nonostante la sua strada litoranea Balbia di 1800 chilometri il gerarca di Ferrara non fu un illuminato difensore dei diritti civili, anche se si oppose alle leggi razziali e voleva dare la cittadinanza ai libici, secondo le usanze dell'impero romano: era semplicemente un bravo organizzatore e ottimo propagandista. 

Come scrive Younis, oltre a favorire l'insediamento di 20mila contadini italiani, Balbo sviluppò il turismo, costruendo grandiosi alberghi per i visitatori di Leptis Magna. Mancò di poco la scoperta del petrolio, e si sentiva in concorrenza con i colonizzatori francesi in Tunisia e gli inglesi in Egitto. Finite le tirate nazionaliste di Gheddafi, ora anche gli storici libici esaminano con equanimità luci e ombre dell'occupazione italiana della loro terra.