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Thursday, February 29, 2024

Nobel per la pace 2024 ad un italiano?



















Secondo il Peace research institute Oslo, il 49enne Matteo Mecacci, che da tre anni dirige l'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'Osce, è uno dei cinque favoriti. Quanto è attendibile il pronostico?

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 29 febbraio 2024

Un italiano vincerà il premio Nobel per la Pace 2024? Secondo il Prio (Peace research institute Oslo) il 49enne Matteo Mecacci, che da tre anni dirige l'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'Osce, è uno dei cinque favoriti. Gli altri sono la Corte internazionale di giustizia dell'Aja, Philippe Lazzarini e la sua Unrwa (l'Agenzia Onu per i profughi palestinesi), la Campaign to Stop Killer Robots con Article 36, e l'Unesco con il Consiglio d'Europa.

Tuttavia le candidature della Corte dell'Aja e dell'Agenzia profughi sono controverse, perché legate alla sanguinosa attualità delle guerre d'Ucraina e Gaza. Invece gli osservatori Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), che monitorano le elezioni in 57 Paesi, si situano per definizione al di sopra delle parti. Sono diventati i più autorevoli al mondo in materia di elezioni, nessuno li contesta. Tranne Russia e Bielorussia, che hanno rifiutato di invitarli a controllare le loro votazioni.

"Quest'anno andrà alle urne metà della popolazione mondiale", spiega il direttore del Prio Henrik Urdal, "anche se non solo in stati democratici. Ma è dimostrato che le democrazie godono di maggior pace e stabilità degli altri regimi. E poiché alla base della democrazia ci sono le elezioni, gli osservatori giocano un ruolo fondamentale nel garantire la legittimità dei processi elettorali". 

Quanto è attendibile il pronostico del Prio? La sede dell'istituto di Urdal è a Oslo come il Comitato di cinque saggi eletti dal parlamento norvegese, che ogni anno in ottobre assegnano il Nobel della Pace (gli altri Nobel invece vengono scelti a Stoccolma). Ma il Prio, proprio per essere libero di commentare il premio, rinuncia al diritto di avanzare candidature (quest'anno sono 300) che gli spetterebbe. Quindi le sue previsioni sono un po' le semifinali del Nobel, così come i Golden Globe anticipano e indirizzano i premi Oscar nel cinema. 

Fra i vincitori azzeccati ultimamente spiccano il medico congolese Denis Mukwege nel 2018 e l'iraniana Narges Mohammadi l'anno scorso. Negli anni scorsi il Prio aveva indicato tra i favoriti Alexei Navalny: lo scudo del premio Nobel gli avrebbe probabilmente salvato la vita. Invece il dissidente russo Oleg Orlov, vincitore con il gruppo Memorial nel 2022, proprio ieri non è riuscito a evitare una condanna di due anni e mezzo di carcere comminatagli da Vladimir Putin. 

Prima di approdare a Varsavia negli uffici dell'Osce, Mecacci è stato deputato radicale (impegnandosi nell'Onu a New York per la moratoria alla pena di morte e la Corte penale internazionale) e direttore dell'International campaign for Tibet, la fondazione di Richard Gere. Sarebbe il primo italiano dopo il giornalista garibaldino Ernesto Teodoro Moneta nel 1907 ad aggiudicarsi, direttamente o alla guida di un organismo premiato, il Nobel per la Pace. 

Di recente sono stati candidati Federica Mogherini della Ue per il suo impegno nell'accordo antinucleare con l'Iran, e Filippo Grandi, da otto anni Alto commissario Onu per i rifugiati. L'agenzia di Grandi prenderebbe in carico i profughi palestinesi se l'Unrwa venisse travolta dalle accuse di vicinanza con Hamas. 

Friday, October 07, 2022

Nobel per la Pace: storia controversa del premio più controverso



Impeccabili i premi 2022. Tutto sommato, oltre al Dalai Lama (1989), finora il premiato più meritevole è stato forse Gorbaciov nel 1990: non capita tutti i giorni che un impero crolli facendo così pochi morti

di Mauro Suttora

Huffpost, 7 ottobre 2022
  
Impeccabili i tre Nobel della pace 2022: gli attivisti per i diritti umani di Russia, Bielorussia e Ucraina meritano tutta la nostra attenzione e riconoscenza. Anche l'anno scorso i giurati di Oslo avevano premiato un russo. Ma il giornalista Dimitri Muratov, direttore della Novaya Gazeta, ha avuto poco tempo per assaporare il Nobel: poche settimane dopo è piombato con tutti i compatrioti nell'incubo della guerra contro l'Ucraina. Il suo era anche un premio postumo, in memoria della redattrice del giornale Anna Politkovskaya eliminata da Putin nel 2006. Ma non è stato di buon auspicio.
 
Speriamo invece che adesso Ales Bialiatski, 60 anni, il dissidente bielorusso premiato, venga liberato: è in prigione da un anno dopo averne già scontati tre per false accuse di evasione fiscale.
Al dissidente cinese Liu Xiaobo il premio del 2010 non è servito per uscire dal carcere. Anzi, sette anni dopo è morto di cancro al fegato, sempre prigioniero. 
La birmana Aung San Suu Kyi è stata liberata solo 19 anni dopo il Nobel del 1991, nei cinque anni da ministro degli Esteri è stata accusata anche lei di maltrattare le minoranze etniche, e l'anno scorso i generali l'hanno arrestata di nuovo. A 77 anni la sventurata langue ancora in una prigione segreta. 

Ma l'assegnazione del Nobel per la pace si muove sempre in un terreno minato. Il presidente etiope Abiy Ahmed Ali dopo il premio del 2019 non gli ha fatto onore: ha scatenato un conflitto contro i guerriglieri del Tigray. 
Il rischio di scambiare guerrafondai per pacifisti viene da lontano: nel 1906 fu decorato Theodore Roosevelt, il presidente Usa passato alla storia per la sua vanteria: "Imbraccio sempre un bastone nodoso". 
Il 99enne Henry Kissinger ha ottenuto dal Nobel un elisir di lunga vita, però neanche lui è un apostolo della nonviolenza come Albert Schweitzer (premio 1952), madre Teresa di Calcutta (1979) o Nelson Mandela (1993). 
Più onesto di Kissinger fu nel 1973 il copremiato vietnamita Le Duc Tho, che declinò il riconoscimento: "In Vietnam c'è ancora la guerra". E seguendo questo stesso criterio, appare surreale il Nobel ad Arafat.
 
A volte sono premi di incoraggiamento. Come Obama nel 2009, per i bei discorsi che faceva. I giurati di Oslo li scambiarono per realtà, definendoli "sforzi straordinari volti a rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli". Ma quando gli arabi lo presero sul serio, scatenando contro i propri dittatori le loro primavere di libertà nel 2011, Obama non seppe cosa fare. Una no fly zone contro Gheddafi, nulla contro le armi chimiche del siriano Assad e del suo alleato Putin.
 
Con il Nobel si rischia la vita. Martin Luther King è stato assassinato quattro anni dopo averlo ricevuto nel 1964, l'egiziano Sadat (1978) tre anni dopo, l'israeliano Rabin (1994) è sopravvissuto solo un anno. Gandhi, che forse lo avrebbe meritato più di tutti, fu ammazzato prima che a Oslo pensassero a lui.

Qualche buontempone nel 1939 candidò Hitler, con la motivazione che se il premier inglese Chamberlain era stato proposto per gli accordi di Monaco, allora meritavano anche gli altri firmatari.

Quando a Oslo non sanno che pesci pigliare non conferiscono il Nobel (è successo 19 volte), oppure premiano un'organizzazione (24 volte), un'agenzia Onu, la Croce Rossa (tre volte). Che va benissimo, però (ong a parte) si tratta di organismi che la pace la devono promuovere per statuto. È il loro mestiere, sono stipendiati per questo.
 
Tutto sommato, oltre al Dalai Lama (1989), il premiato più meritevole è stato forse Gorbaciov nel 1990: non capita tutti i giorni che un impero crolli facendo così pochi morti. E l'artefice della dolce morte per il blocco sovietico fu in gran parte lui. Per questo Putin non è andato al suo funerale.