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Wednesday, August 17, 2022

Quando Berlusconi fa il garantista, un garantista muore



Ogni volta che apre bocca in tema di giustizia il buon Silvio precipita in conflitto d'interessi. Il suo garantismo risulta sempre un po' peloso. E anche noioso, perché è da trent'anni che la faccenda va avanti, fra lodi Alfano e leggi Cirielli. Ci prenderà per stanchezza

di Mauro Suttora

Huffpost, 17 Agosto 2022  

Tutte le volte che Berlusconi fa il garantista, per noi garantisti è dilaniante. Questa mattina ha scritto su Facebook: "Quando governeremo noi, le sentenze di assoluzione non saranno appellabili".

Suona ragionevole. L'abolizione degli appelli eviterebbe accanimenti delle procure e taglierebbe i tempi della giustizia. Come dice Berlusconi, "il processo è già una pena, che colpisce l'imputato ma anche la sua famiglia, i suoi amici, il suo lavoro".

Gli abolizionisti degli appelli citano l'esempio degli Usa, dove vige il principio latino ne bis in idem: non si può essere giudicati due volte per lo stesso reato. Dimenticano però che lì sono inappellabili tutte le sentenze, anche quelle di condanna (tranne che per rari errori di procedura). E questo non sarebbe stato certo conveniente per i processi del Cavaliere. Il quale proprio grazie agli appelli ha ridotto la cifra da risarcire a De Benedetti da 750 a 500 milioni di euro (lodo Mondadori), ma soprattutto se l'è cavata parecchie volte con la prescrizione. 

Insomma, come si usa dire: il garantismo del buon Silvio risulta sempre un po' peloso. E anche noioso, perché è da trent'anni che la faccenda va avanti, fra lodi Alfano e leggi Cirielli. Ci prenderà per stanchezza. 

Lui ha tutto il diritto di concionare pro domo sua, noi giornalisti tutto il dovere di evidenziare che ogni volta che apre bocca in tema di giustizia precipita in conflitto d'interessi. 

Non c'è bisogno di essere Travaglio o Barbacetto, ad esempio, per replicare a un'altra sua affermazione odierna, apparentemente indiscutibile: "In Italia migliaia di persone ogni anno vengono arrestate e processate pur essendo innocenti". Migliaia magari no, facciamo centinaia. Ma è egualmente grave. Tuttavia, in un Paese devastato da mafia, camorra e 'ndrangheta, è vero anche il contrario: "Centinaia di persone NON vengono arrestate e processate, pur essendo colpevoli".

Perché Davigo e Gratteri sono quello che sono, ma i referendum sui magistrati risultano ahinoi miserevolmente naufragati poche settimane fa: nell'80% di astenuti l'odore del garantismo capzioso ha prevalso sul profumo del garantismo disinteressato. Lo sanno bene Salvini e Meloni, i cui elettori sono per metà forcaioli quanto i grillini. E quindi difficilmente aboliranno gli appelli solo per gli assolti. Non lo sanno invece gli aficionados di Silvio, che si apprestano a regalargli ancora un consenso non indifferente: può darsi che attorno al 10% Forza Italia batta Conte, e probabilmente supererà Calenda.  

Per loro Berlusconi resta un perseguitato, e lo sarà per sempre. Se verrà condannato nei processi ancora aperti per subornazione di testimoni, perfino peggio: ecco l'ennesima prova della persecuzione giudiziaria che lo colpisce da un terzo di secolo. Eternamente vittima, eternamente pittima. Come il suo collega populista Trump, d'altronde: più ne fa, più strilla. 

Wednesday, January 30, 2013

Liste pulite

VIA GLI INQUISITI, CONDANNATI E RICICLATI DA TUTTI I PARTITI

di Mauro Suttora

Oggi, 23 gennaio 2013

Il primo a dover rinunciare alla candidatura è stato Alessio De Giorgi, messo in lista da Mario Monti in quanto gay: aveva dei siti internet imbarazzanti.
Poi Oscar Giannino ha ringraziato Il Fatto Quotidiano per avergli segnalato che il suo candidato Giosafat Di Trapani, della Confindustria siciliana, era stato condannato (poi prescritto) per favoreggiamento al sindaco mafioso Vito Ciancimino: fuori anche lui. Infine, pulizia nel Pd: via Mirello Crisafulli di Enna, un altro candidato siciliano e uno campano, sempre per guai con la giustizia.
L’unico a salvarsi è stato Antonio Endrizzi, ex assessore berlusconiano di Como riciclatosi in poche settimane nel Movimento 5 Stelle: i grillini lo hanno difeso dagli articoli di Gianni Barbacetto sul Fatto.
La resistenza più accanita è stata quella di Nicola Cosentino, ex sottosegretario Pdl di Casal di Principe (Caserta) accusato di rapporti con la camorra. Solo la Camera lo ha salvato dall’arresto chiesto dai magistrati che indagano sul clan dei casalesi. Se perde l’immunità parlamentare, finisce dritto in carcere. Per questo si è scontrato fino all’ultimo con Silvio Berlusconi in persona per tenere il posto in lista. Al quale invece ha rinunciato Marco Milanese, deputato Pdl già braccio destro del ministro Giulio Tremonti, indagato per tangenti. Anche Denis Verdini è indagato, ma lui invece svetta come capolista nella sua Toscana.