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Sunday, August 04, 2024

Mondadori, Adelphi, Berlusconi: replay della guerra di Segrate?



di Mauro Suttora

Due quote e due nemici

Huffingtonpost.it, 4 agosto 2024

Ci risiamo, 36 anni dopo. La Mondadori di Marina Berlusconi acquisisce un'opzione per il 10% della casa editrice Adelphi. Gliela cede una figlia del fondatore Roberto Calasso. Soltanto due mesi fa però Feltrinelli, acerrima concorrente di sinistra della Mondadori, aveva acquistato anch'essa un 10% di Adelphi da un altro ramo di eredi. Due galli con la zampa  in un solo pollaio. 

Replay della guerra di Segrate? Nel 1988, dopo la prematura scomparsa di Mario Formenton, Leonardo Mondadori vendette a Silvio Berlusconi la sua quota della società di famiglia. "Traditore!", gli urlarono i parenti. Salvo, pochi mesi dopo, cedere anch'essi alle lusinghe del Cavaliere e consegnarli la maggioranza della Mondadori. La quale nel frattempo era diventata un gigante, perché Eugenio Scalfari aveva venduto la sua quota del gruppo Repubblica-Espresso a  Carlo De Benedetti, l'altro grande azionista di Mondadori.

Inizia così un duello all'ultimo lodo fra Berlusconi e De Benedetti. In palio il più grande editore italiano: libri, il principale quotidiano nazionale, decine di periodici. Il quasi monopolio dei settimanali, allora influenti politicamente e ricchi di pubblicità: Panorama ed Espresso, solo il rizzoliano Europeo restava fuori dal giro. 

Un lodo estromette De Benedetti dalla maxi-Mondadori, poi una spartizione ideata dall'andreottian-fascista Giuseppe Ciarrapico restituisce Repubblica ed Espresso all'Ingegnere. Il quale una ventina d'anni dopo, alla fine di tutti i processi, riuscirà anche a farsi dare da Berlusconi mezzo migliaio di milioni di euro, perché il famoso lodo era viziato da tangenti berlusconiane a uno dei tre giudici.

Oggi Adelphi è soltanto un editore medio-piccolo, il cui grande prestigio è inversamente proporzionale al conto economico. Ma egualmente sono in ballo i Berlusconi, la Mondadori sempre dominante nei libri, un concorrente di sinistra e tradimenti familiari. Auguriamo a tutti meno traversie giudiziarie, e soprattutto niente lodi. 

Wednesday, August 17, 2022

Quando Berlusconi fa il garantista, un garantista muore



Ogni volta che apre bocca in tema di giustizia il buon Silvio precipita in conflitto d'interessi. Il suo garantismo risulta sempre un po' peloso. E anche noioso, perché è da trent'anni che la faccenda va avanti, fra lodi Alfano e leggi Cirielli. Ci prenderà per stanchezza

di Mauro Suttora

Huffpost, 17 Agosto 2022  

Tutte le volte che Berlusconi fa il garantista, per noi garantisti è dilaniante. Questa mattina ha scritto su Facebook: "Quando governeremo noi, le sentenze di assoluzione non saranno appellabili".

Suona ragionevole. L'abolizione degli appelli eviterebbe accanimenti delle procure e taglierebbe i tempi della giustizia. Come dice Berlusconi, "il processo è già una pena, che colpisce l'imputato ma anche la sua famiglia, i suoi amici, il suo lavoro".

Gli abolizionisti degli appelli citano l'esempio degli Usa, dove vige il principio latino ne bis in idem: non si può essere giudicati due volte per lo stesso reato. Dimenticano però che lì sono inappellabili tutte le sentenze, anche quelle di condanna (tranne che per rari errori di procedura). E questo non sarebbe stato certo conveniente per i processi del Cavaliere. Il quale proprio grazie agli appelli ha ridotto la cifra da risarcire a De Benedetti da 750 a 500 milioni di euro (lodo Mondadori), ma soprattutto se l'è cavata parecchie volte con la prescrizione. 

Insomma, come si usa dire: il garantismo del buon Silvio risulta sempre un po' peloso. E anche noioso, perché è da trent'anni che la faccenda va avanti, fra lodi Alfano e leggi Cirielli. Ci prenderà per stanchezza. 

Lui ha tutto il diritto di concionare pro domo sua, noi giornalisti tutto il dovere di evidenziare che ogni volta che apre bocca in tema di giustizia precipita in conflitto d'interessi. 

Non c'è bisogno di essere Travaglio o Barbacetto, ad esempio, per replicare a un'altra sua affermazione odierna, apparentemente indiscutibile: "In Italia migliaia di persone ogni anno vengono arrestate e processate pur essendo innocenti". Migliaia magari no, facciamo centinaia. Ma è egualmente grave. Tuttavia, in un Paese devastato da mafia, camorra e 'ndrangheta, è vero anche il contrario: "Centinaia di persone NON vengono arrestate e processate, pur essendo colpevoli".

Perché Davigo e Gratteri sono quello che sono, ma i referendum sui magistrati risultano ahinoi miserevolmente naufragati poche settimane fa: nell'80% di astenuti l'odore del garantismo capzioso ha prevalso sul profumo del garantismo disinteressato. Lo sanno bene Salvini e Meloni, i cui elettori sono per metà forcaioli quanto i grillini. E quindi difficilmente aboliranno gli appelli solo per gli assolti. Non lo sanno invece gli aficionados di Silvio, che si apprestano a regalargli ancora un consenso non indifferente: può darsi che attorno al 10% Forza Italia batta Conte, e probabilmente supererà Calenda.  

Per loro Berlusconi resta un perseguitato, e lo sarà per sempre. Se verrà condannato nei processi ancora aperti per subornazione di testimoni, perfino peggio: ecco l'ennesima prova della persecuzione giudiziaria che lo colpisce da un terzo di secolo. Eternamente vittima, eternamente pittima. Come il suo collega populista Trump, d'altronde: più ne fa, più strilla. 

Friday, August 24, 2012

50 anni di Costa Smeralda

di Mauro Suttora

Sette (Corriere della Sera), 17 agosto 2012

Il 22 agosto 1968 Ringo Starr litigò con Paul McCartney e lasciò i Beatles, mentre registravano l'Album bianco nella piovosa Londra. Prese un aereo con la moglie Maureen e fuggì per una settimana dall'amico Peter Sellers in Costa Smeralda. Lì un pescatore gli raccontò che i polpi costruiscono giardini sottomarini con sassi luccicanti. Nacque la canzone Octopus's Garden.

Succedeva così, negli anni '60: il jet set saliva sul jet privato e arrivava a Porto Cervo e Porto Rotondo, appena costruite. "Succede ancora così, in realtà", ci dice il conte Luigi Donà dalle Rose, fondatore di Porto Rotondo: "In queste settimane, come ogni estate, all'aeroporto di Olbia atterrano centinaia di aerei privati".

Sono quelli dei miliardari di tutto il mondo (ora molti russi e arabi) ignari della fine dell'era Berlusconi-Briatore, che continuano a comprare, affittare e affollare ville e yacht in Sardegna. Lontani da clamori e gossip: Carlo De Benedetti ha appena venduto la sua magione di 400 mq per cento milioni di euro (250 mila euro a mq, record mondiale, neanche agli Hamptons) ma non si conosce il nome del compratore.

La Costa Smeralda compie 50 anni. Il principe Karim Aga Khan la inaugurò nel 1962. Due anni dopo nasce Porto Rotondo, che tecnicamente non fa parte della Costa, ma da sempre è considerata gemella e rivale di Porto Cervo.

"All'inizio ci diffidarono legalmente dall'usare il nome 'Costa Smeralda'", ricorda il conte Donà, allora 24enne, "ma i rapporti con l'Aga Khan sono sempre stati ottimi. La nostra fortuna è stata la scarsa conoscenza delle lingue straniere da parte degli italiani. Andavano alle feste a Porto Cervo e si sentivano tagliati fuori, non parlavano abbastanza bene inglese e francese. E allora compravano casa a Porto Rotondo".

Allora come oggi, i portorotondini veneto-romani d'inverno era facile trovarli a Cortina, mentre Sankt Moritz è più per i portocervini. Ma si sta sempre parlando di ambienti più rarefatti di quelli del Billionaire: miliardari veri, ai quali risulta kitsch frequentare un locale chiamato come loro.

L'idea geniale da parte di Donà fu quella di regalare un appartamento a Monica Vitti e un lotto per villa a Ira Fürstenberg. Vip chiama vip, e presto ecco arrivare a Porto Rotondo Shirley Bassey, Claudia Cardinale, e poi Tognazzi, Morandi, Leroy, Rosi, Krizia...

E adesso? Si sente il cambio di stagione, dopo il ventennio Berlusconi-Briatore sporcato dalle escort? "Non mi faccia parlar male di Berlusconi", si ritrae il conte Donà, "abbiamo bisogno di lui per completare tante cose a Porto Rotondo, dal teatro alla scuola di vela, sub e pittura per 400 bambini..."

In realtà il vero passaggio di era per la Costa Smeralda arrivò vent'anni fa con Tangentopoli: non pochi imprenditori suoi ospiti trascorsero l'estate al fresco (non quello dell'aria condizionata). Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, scelse la villa sarda per i suoi arresti domiciliari.

"Il mio grande rimpianto è non essere riuscito a costruire il campo da golf con hotel annesso", dice il conte Donà. E senza golf niente turismo di lusso in autunno e primavera. La mitica "destagionalizzazione" sognata ma mai realizzata in Costa Smeralda: pieno in luglio-agosto, poi il deserto, contrariamente a Capri, Marbella, Saint Tropez o Portofino.

L'Aga Khan è scappato quando anche a lui hanno vietato il raddoppio del golf del Pevero, e ora hanno rinunciato dopo un decennio pure gli investitori statunitensi. I grandi alberghi e la Marina di Porto Cervo sono stati comprati quattro mesi fa dall'emiro del Qatar.

Ma nonostante Lele Mora, calciatori e veline le spiagge della Costa continuano a essere fra le più belle al mondo, l'acqua è veramente smeralda e pulita, e perfino l'architettura dei Porti Cervo e Rotondo, criticata ai tempi come "finta", dopo mezzo secolo ha acquistato un certo fascino agé.

Peccato i prezzi di aerei e traghetti: "Stanno uccidendo la Sardegna", denuncia il conte Donà, "i voli non dovrebbero costare più di 50 euro". Ma come, i vip non hanno i jet privati? "Negli anni '70 l'aereo per Olbia costava 15mila lire, come una cena. Ora non si può più venire solo per il weekend, il costo è troppo alto anche per un professionista con famiglia, e le ville restano vuote". Le compreranno tutte russi e arabi?
Mauro Suttora

Wednesday, January 11, 2012

Chi è Corrado Passera

IL CATTOLICO COMASCO CHE PIACE A TUTTI

Oggi, 4 gennaio 2012

di Mauro Suttora

«Passerà», lo avevano soprannominato velenosi i giornalisti Mondadori vent’anni fa. Invece non è passato. E oggi l’ex assistente di Carlo De Benedetti è il ministro più potente del governo Monti.

L’Ingegnere aveva affidato al suo pupillo Corrado Passera la casa editrice di Segrate ai tempi della guerra contro Silvio Berlusconi. Poi arrivò la spartizione: Mondadori al Cavaliere, Espresso-Repubblica a De Benedetti. Così Passera dovette abbandonare la poltrona. Durante quel conflitto durato anni, però, si era fatto apprezzare da Berlusconi. Con i suoi modi suadenti da cattolico comasco, era uno dei pochissimi debenedettiani che riusciva a parlare con Silvio. E, particolare decisivo, l’unico uomo alto 1 e 90 che Berlusconi sopporti. Così, pare che il Cavaliere gli avesse proposto di rimanere direttore generale Mondadori, tradendo De Benedetti. Offerta declinata. Ma molto gentilmente.

Discrezione e savoir-faire sono doti di famiglia. I Passera hanno due dei più begli alberghi di Como, il Villa Flori e il Terminus. Sono anche piccoli azionisti del Villa d’Este di Cernobbio, nella top ten mondiale.

Lui, dopo il liceo classico Volta a Como, si laurea nel 1977 alla Bocconi. Poi un anno di master a Filadelfia. Quindi, l’entrata nella McKinsey, principale società mondiale di consulenze. Intanto si sposa con una compagna di scuola, Cecilia Canepa, figlia di industriali tessili. Due figli: Sofia, 25 anni, che si sta specializzando in pediatria alla Cattolica di Roma, e Luigi, 24.

Nell’85 l’incontro con il primo dei due uomini decisivi per la carriera di Passera: De Benedetti. Ne è l’ombra per sedici anni, direttore generale Cir, poi mandato a cercare di salvare la Olivetti.

Nel ’96 lo chiama a sè il grande vecchio della finanza cattolica italiana, il bresciano Giovanni Bazoli, che gli affida il Banco Ambroveneto. Due anni dopo il premier Romano Prodi e il ministro Carlo Azeglio Ciampi lo mettono a capo delle Poste.

Passera fa un buon lavoro, il gigante inefficiente dimagrisce di 30 mila dipendenti, la posta prioritaria arriva entro 48 ore, gli uffici si tingono di giallo e blu, i conti raggiungono il pareggio.

Venderà le azioni della sua banca

Nel 2002 Bazoli lo richiama in Banca Intesa, che poi si fonde con San Paolo: Passera diventa il banchiere più importante (e pagato) d’Italia assieme ad Alessandro Profumo di Unicredit. Accumula decine di milioni di euro in azioni che ora, nominato ministro di Sviluppo e Infrastrutture da Mario Monti, ha promesso di vendere per evitare un conflitto d’interessi. Viste le attuali quotazioni, sarà un salasso.

Nel 2008 architetta per conto del governo Berlusconi il salvataggio di Alitalia e Air One. Addetta stampa di quest’ultima società era Giovanna Salza, che già aveva lavorato alle Poste. Fra i due scoppia l’amore, l’anno scorso si sposano con una cerimonia cui partecipano molti personaggi dell’economia fra cui Monti e l’attuale ministro del Lavoro Elsa Fornero, e nasce la figlia Luce. Ora l’esuberante Giovanna è incinta di un maschio.

Sicuramente Passera non abbandonerà la politica quando finirà il governo dei «tecnici». Sia la sinistra che la destra lo avevano corteggiato negli ultimi dieci anni per un posto da ministro. Dovrà passare attraverso la prova delle urne, ma per il dopo-Monti è uno dei candidati più accreditati. Sentiremo parlare ancora molto di lui.

Mauro Suttora

Wednesday, November 25, 2009

Le auto di De Benedetti prigioniere

Nel parcheggio sotterraneo Cir-Cofide di via Ciovasso a Milano

di Mauro Suttora

Libero, 25 novembre 2009

Un piccolo grande dramma sta angustiando da tre settimane le vite di Carlo De Benedetti, di suo figlio Rodolfo e di altri top manager di Cir e Cofide, le società capogruppo dell’impero con undicimila dipendenti . Da inizio novembre in tredici sono rimasti senza le loro automobili, prigioniere del garage sotto la sede centrale di via Ciovasso, in pieno centro a Milano, fra Duomo e Brera.

Cos’è successo? Il parcheggio sotterraneo automatico si è bloccato, e non c’è verso di recuperare le auto (molte di lusso) lasciate in custodia per l’orario d’ufficio. Nel palazzo accanto c’è anche l'appartamento privato dell'Ingegnere. Ma lui pare se la sia cavata: la sua vettura personale non era in rimessa al momento del blocco. D’altra parte, l’auto gli serve soprattutto per farsi trasportare all’aeroporto privato di Linate, o all’eliporto. Come sabato scorso, quando è andato nelle Langhe per festeggiare, assieme a un’ottantina di parenti e amici intimi, il suo settantacinquesimo compleanno.

Suo figlio Rodolfo invece non sarebbe stato così fortunato. La sua vettura personale giace nel silos inaccessibile di via Ciovasso. Che è uno di quei parcheggi totalmente meccanizzati in cui le auto vengono trasportate su e giù con un ascensore. All’inizio di novembre si è spezzato un albero di trasmissione, un pianale è crollato improvvisamente, un'auto si è sfasciata piombando giù. Una tragedia. Per fortuna non c’è stato alcun danno alle persone, anche perché il parcheggio non ha addetti. Si preme un bottone, e l’auto arriva.

Purtroppo la società di gestione, Interpark, prevede ancora tempi lunghi per il recupero: «Non prima del ponte di Sant’Ambrogio. Si è rotto l’elevatore, i pezzi di ricambio vengono dall’estero», dicono dalla sede di Lomagna (Lecco). In questi quaranta giorni senz’auto quasi tutti hanno sostituito il mezzo con auto a noleggio. Ma quel che sembrava un’emergenza di pochi giorni si è pian piano trasformata in una quarantena.

Un brutto colpo anche per la Interpark, che gestisce ben settemila posti auto in Italia e all’estero: Olanda, Germania, Corea, Atene, Mosca, Lisbona, Buenos Aires. I più grandi nel nostro Paese sono a Milano in via Santa Sofia, via Perugino, corso Garibaldi e viale Serra. L’anno prossimo ne aprirà uno in via Crocefisso 19. I più grossi a Roma sono in via Guidubaldo del Monte e via Marsala, a Torino in via Bellezia, a Verona in piazza Arditi. «Massima sicurezza, nessuno può entrare», promette Interpark. Appunto. Ma neanche uscire, in caso di incidente.

Wednesday, October 21, 2009

Berlusconi dopo il no al lodo Alfano

È davvero iniziato l' autunno del premier?

LA POLITICA E LA CRISI

Oggi, 21 ottobre 2009

Dopo la bocciatura del lodo Alfano, la politica si surriscalda. Il presidente del Consiglio accusa i critici con toni sempre più accesi. Perché si sente forte, o per non dare segni di debolezza?

di Mauro Suttora

Lo «sputtanamento»: parola non elegante, quella usata da Silvio Berlusconi in un comizio a Benevento. Finora era nota soprattutto come titolo di una canzone del 1978 di Cochi e Renato. Adesso, invece, secondo il presidente del Consiglio, è ciò che i suoi avversari provocano quando lo criticano: «Pensano di attaccare me, ma in realtà rovinano l' immagine dell' Italia intera».

Berlusconi è fuori di sé per la bocciatura del cosiddetto lodo Alfano da parte della Corte costituzionale. Questo significa che tornerà a essere processabile. E i magistrati si apprestano a ricominciare i quattro procedimenti nei quali era coinvolto prima della sospensione garantita, appunto, dal lodo. Ma il timore dei berlusconiani è che qualsiasi pubblico ministero, adesso, ne approfitterà per inviare ulteriori avvisi di garanzia a palazzo Grazioli. Una specie di tiro al bersaglio.

DIFFICILE ESSERE NEUTRALI

Insomma, la temperatura politica è alta. Giornali e opinione pubblica sono sempre più divisi: pro o contro Berlusconi? Si riduce lo spazio per i neutrali, come denuncia il direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli: «Nostro compito è raccontare i fatti, senza metterli al servizio delle opinioni ». Invece i giornali delle sponde opposte (Repubblica a sinistra, il Giornale a destra) organizzano raccolte di firme contro gli editori dell' avversario di carta (da una parte il finanziere Carlo De Benedetti, che ha appena ottenuto un risarcimento da 750 milioni di euro da Berlusconi; dall'altra la famiglia del premier).

Per orientarci, abbiamo posto nove domande ad alcuni fra i migliori commentatori del nostro Paese. Alcuni neutrali, altri schieratissimi (Giuliano Ferrara, Marco Travaglio). Come sempre, i lettori di Oggi si faranno una propria opinione da soli. Ben sapendo, però, che i veri problemi del l'Italia (crisi economica, disoccupazione, servizi pubblici, tasse) sono purtroppo ben altri.

Wednesday, June 19, 2002

Manovre sulla Costa Smeralda

dal nostro inviato Mauro Suttora

settimanale Oggi

Porto Cervo (Sassari), 19 giugno 2002

Sarà un’estate da record. Dopo l’11 settembre, i ricchi europei e quelli americani non hanno molta voglia di avventurarsi in Paesi esotici o islamici. Quindi ripiegheranno sulle mete classiche del jet set mediterraneo: Marbella, Costa Azzurra e Costa Smeralda. Così la Sardegna supererà ancora una volta le presenze record raggiunte l’anno scorso, grazie al suo mare impareggiabile. E Porto Cervo e Porto Rotondo ridiventeranno caput mundi: da Naomi Campbell allo yacht di Valentino, da quelli degli sceicchi alla nave rompighiaccio di Carlo De Benedetti e alle ville di Silvio Berlusconi.

Le quotazioni sono già al rialzo: «Ville che nel 2001 abbiamo affittato per 30 milioni di vecchie lire in agosto, quest’anno sono andate via per 50 in luglio», rivela un agente immobiliare di Olbia. E per i ricchi & famosi è pronto anche il nuovo aeroporto Costa Smeralda, ingrandito e impreziosito, che il frenetico andirivieni di velivoli privati trasforma in agosto nel terzo scalo d’Italia. Anche gli alberghi cinque stelle lusso, i mitici Cala di Volpe e Pitrizza, Cervo e Romazzino, saranno affollati, con le camere da mille euro a notte e le suites da 14 mila euro prenotate un anno per l’altro.

La crisi di Manhattan ha però colpito i padroni di questi alberghi: il gruppo statunitense Starwood, che ha chiuso il 2001 con un indebitamento di 5 milioni di dollari (su un patrimonio di 16) e un utile netto in calo del 25 per cento. Dopo la strage delle Torri Gemelle, l’occupazione media delle sue camere era scesa al 19 per cento, e il titolo era precipitato in Borsa da 40 a 18 dollari. Ora le cose vanno meglio, la quotazione è risalita, ma per la Starwood resta la necessità di alleggerirsi di qualcuno dei suoi 750 hotel sparsi nel mondo.

In prima fila, nel pacchetto in vendita, brillano i 25 gioielli ex Ciga (Compagnia italiana grandi alberghi), la catena fondata un secolo fa dal veneziano Giuseppe Volpi, poi nominato da Mussolini governatore della Libia, ministro delle Finanze e conte di Misurata. Dopo essere passata per le ambigue mani dei finanzieri Michele Sindona e Orazio Bagnasco, la Ciga aveva trovato una nuova vita grazie al principe Aga Khan. L’inventore (40 anni fa) di Porto Cervo aveva fatto disegnare i nuovi hotel dai migliori architetti: Luigi Vietti il Cervo e il Pitrizza, Jacques Couelle il Cala di Volpe, Michele Busiri Vici il Romazzino.

Per trent’anni la Costa Smeralda è rimasta il rifugio del jet set più esclusivo del mondo: cantanti come i Beatles, reali come la principessa Margaret d’Inghilterra, attrici come Florinda Bolkan, miliardari come i Guinness della birra, sceicchi come Yamani, banchieri del Nord-Europa, industriali italiani come Merloni (lavatrici Ariston) o Mentasti (acque minerali San Pellegrino).

Poi, negli Anni Novanta, la Costa si è un po’ «imbastardita»: sono arrivati calciatori, soubrettes, pin-up, arricchiti russi, Umberto Smaila, Flavio Briatore. Lo chic si è affievolito, però il glamour è rimasto intatto. Anzi, presso le grandi masse è aumentato. Ma l’Aga Khan, irritato perché la regione Sardegna gli aveva bloccato nuovi piani di costruzione, otto anni fa ha venduto tutti gli alberghi più 2.400 ettari di terreni, la Marina di Porto Cervo e il Golf del Pevero alla multinazionale statunitense Sheraton. Questa ha poi passato la mano alla Star- wood. Al principe ismailita è rimasto soltanto lo Yacht Club di Porto Cervo e l’80 per cento della compagnia aerea Meridiana, che esercita il quasi monopolio sui voli da Olbia.

Così, adesso tutto questo bendidio è di nuovo in vendita. Gli americani conserveranno soltanto la gestione in affitto ultradecennale degli alberghi. Il prezzo dell’intero pacchetto è valutato due miliardi di euro (4 mila miliardi di vecchie lire). Oltre alle proprietà sarde, ci sono dentro i 25 alberghi di lusso della catena ex Ciga, dal St. Regis di Roma ai Danieli e Gritti di Venezia, dai milanesi Principe di Savoia e Diana al fiorentino Grand Hotel. Ma il cuore più appetitoso dell’offerta sono, evidentemente, i cinquanta chilometri della Costa Smeralda.

I pretendenti sono molti. In prima fila due quasi coetanei: il miliardario libanese-americano Thomas Barrack, 53 anni, e il nostro Marco Tronchetti Provera, 54, padrone di Pirelli e Telecom, nonchè marito di Afef. Barrack è un californiano di genitori libanesi e religione cristiano-maronita. Due mesi fa è volato in Sardegna sul suo jet executive Falcon 900 e ha incontrato il presidente della Regione Mauro Pili, di Forza Italia. Finora le autorità regionali hanno proibito di costruire nell’ultima parte intatta della Costa Smeralda, la zona sud, fra Portisco e Cala di Volpe: quel Master Plan che, a seconda dei punti di vista, «valorizzerebbe» o «coprirebbe di cemento» l’area ancora vergine di Razza di Juncu. Il progetto prevede cinque nuovi hotel di lusso, due campi da golf e trenta ville. Barrack vorrebbe aggiungerci addirittura un autodromo e un ippodromo.

I piani degli speculatori si sono finora infranti davanti alla legge regionale che impedisce di costruire a meno di trecento metri dalla spiaggia: solo grazie a questo vincolo le coste della Sardegna si sono parzialmente salvate. Ma è anche vero che fino a oggi la Costa Smeralda, grazie al buongusto dell’Aga Khan, non è stata sfregiata da obbrobri urbanistici come nelle vicine Palau, Cugnana o Poltu Quatu: i miliardari possono anche permettersi di non eccedere in cubature, e di circondare le proprie ville di verde.

Nella speranza di vederlo approvato, la Starwood ha già ridimensionato il Master Plan: i metri cubi sono diminuiti da 2,5 a 1,7 milioni, e gli alberghi ne rappresentano ora il 40 per cento invece dell’originario 20 per cento. Le autorità sarde, infatti, vedono con più favore gli alberghi rispetto alle seconde case e ai residence, perché con i primi si crea più occupazione. Ma finora l’OK non è arrivato, e quindi il valore di quesi 2.400 ettari è assai incerto: quasi zero se l’area rimane inedificabile, platino se arrivano le ruspe.

L’americano Barrack ha un patrimonio personale di otto miliardi di dollari, con catene di alberghi e casinò in Canada, Stati Uniti e Francia. Cinque anni fa aveva comprato per quattro miliardi e mezzo di lire un terreno di 32 ettari a Porto Rotondo, per costruirci due hotel lusso e un golf. Ma il vicino di casa si chiama Silvio Berlusconi, e l’idea di un’invasione di turisti e golfisti lo ha fatto orripilare. Così il premier, qualche mese fa, ha sborsato sei miliardi a Barrack per quel terreno.

Se i buoni rapporti con Berlusconi favoriscono lo statunitense Barrack, gli altri pretendenti alla Costa Smeralda non sono da meno. Tronchetti Provera, infatti, è diventato negli ultimi anni anche un grosso proprietario immobiliare, e proprio in questi giorni sta quotando in Borsa la sua società Pirelli Real Estate, che possiede, fra gli altri, i prestigiosi palazzi del Corriere della Sera in via Solferino e della Rizzoli a Milano (dove c’è la redazione di Oggi). In Sardegna la Pirelli ha già comprato da Paolo Berlusconi la Costa Turchese, progetto di villaggio a sud di Olbia. Tronchetti, però, non vuole lasciare completamente la gestione degli alberghi alla Starwood.

Anche se le trattative sono segrete e gli interessati non fanno trapelare alcunché, pare siano coinvolti anche Diego Della Valle (l’industriale delle scarpe Tod’s), il costruttore-editore sardo Sergio Zuncheddu (proprietario del principale quotidiano dell’isola, L’Unione Sarda), i fratelli Molinas (re dei tappi di sughero e acquirenti di altri due gioielli della Costa, gli alberghi Sporting di Porto Rotondo e Petra Bianca), i Fratini di Firenze (jeans Rifle) e il veneto Leonardo Del Vecchio (occhiali Luxottica e Rayban).

Chi riuscirà, allora, a comprarsi la Costa Smeralda, il più bel gioiello del Mediterraneo? E, soprattutto, riuscirà il compratore a costruire nuovi alberghi e case senza ridurre questo Eden a un’altra Ibiza sudata e affollata?

«In agosto qui è già adesso il caos», avverte Bruno Mentasti, uno dei pionieri della Costa, «ci sono code interminabili di auto sulle strade e di motoscafi in mare». I locali notturni, tutti concentrati nella stessa zona (Sottovento, Sopravento, Billionaire, Pepero, Peyote), bloccano il traffico fra il centro di Porto Cervo e le ville esclusive nelle aree di Romazzino, Pevero e Cala di Volpe. Gli yacht devono ormeggiarsi in terza e quarta fila nelle baie delle isole di Mortorio, Caprera e Maddalena. Quanto alle spiagge, quelle del Principe, di Liscia Ruja, Long beach e Celvia diventano un carnaio fin dalle prime ore del mattino.

Così, il paradiso rischia di trasformarsi in un inferno. Ormai i miliardari più avveduti del Nord-Europa frequentano la Costa Smeralda soltanto in giugno, luglio e settembre: via dalla pazza folla! Italiani e arabi, invece, preferiscono ancora concentrarsi nelle prime tre settimane di agosto. Ma il futuro sta in una parola complicata: «destagionalizzare». Cioè abituare i ricchi & famosi ad andare in Sardegna da aprile a ottobre, allungando la stagione da Pasqua a Ognissanti. È questa la vera scommessa, chiunque vinca la partita in corso sulla Costa Smeralda.

Mauro Suttora

Friday, June 04, 1999

Pendenze penali dei fratelli Berlusconi

BERLUSCONI BROS.

di Mauro Suttora

Settimanale Erba, 4 giugno 1999

Do you remember Berlusconi? C’è un signore che secondo i sondaggi dopo le europee del 13 giugno 1999 guiderà il primo partito italiano, ma che è già stato condannato a più di cinque anni di carcere con sentenze di primo grado. Le quali, se diventeranno definitive, lo porteranno dritto in prigione. A meno che l’immunità parlamentare non salvi anche lui, dopo il suo compare Marcello Dell’Utri.

Tranne rare eccezioni (L’Espresso, il manifesto), i media ritengono démodé insistere sui guai giudiziari del capo di Forza Italia. Ci sembra ormai normale che una persona sola controlli tre catene tv (caso unico al mondo), e ci siamo abituati perfino alla sua pretesa di governare l’Italia. 

«Conflitto d’interessi»: chi pronuncia più queste parole? Tutti fanno finta di dimenticare che Berlusconi era iscritto alla P2, come Maurizio Costanzo (che per questo fu cacciato dalla Rizzoli Corriere della Sera ma oggi è direttore di Canale 5), o come Massimo Donelli, condirettore di Panorama, settimanale berlusconiano. Ma il processo Dell’Utri promette di far luce sugli inizi dell’impero del Biscione. Basati, oltre che sulla complicità di Craxi, anche su capitali di misteriosa provenienza: Sicilia, fondi di evasori rientrati dalla Svizzera?

In questo clima di assuefazione al peronismo brianzolo, ci sembra utile regalare agli smemorati l’elenco aggiornato delle sterminate pendenze penali di Silvio Berlusconi. E di suo fratello Paolo, usato come prestanome (per la proprietà di «Giornale» ed Edilnord) e come parafulmine nei processi. Il povero «Berluschino» ha già accumulato condanne definitive per un anno e un mese: ancora undici mesi, e addio condizionale.

1) TANGENTI ALLA GUARDIA DI FINANZA. Luglio ‘98: Silvio Berlusconi condannato a due anni e nove mesi in primo grado per 380 milioni di mazzette versate ai finanzieri che controllavano Fininvest, Videotime, Mediolanum, Mondadori e Telepiù dall’89 al ‘94. Assolto il fratello Paolo che si era preso ogni responsabilità. Massimo Maria Berruti, ex finanziere e poi consulente Fininvest, oggi è deputato di Forza Italia: condannato a dieci mesi, ma ha l’immunità parlamentare.

2) ALL IBERIAN. Condanna a due anni e quattro mesi in primo grado per venti miliardi di tangenti a Bettino Craxi.

3) ALL IBERIAN BIS. Processo in corso (falso in bilancio) per i fondi neri esteri della Fininvest. La cosiddetta «vittoria» sbandierata  nel marzo ‘99 consiste in realtà soltanto in un rinvio al gip per indeterminatezza dell’accusa.

4) MEDUSA. Condanna a un anno e quattro mesi in primo grado (condonati) per falso in bilancio nell’acquisto della casa cinematografica.

5) TOGHE SPORCHE. Richiesta di rinvio a giudizio con Previti, Squillante e Pacifico per la corruzione di magistrati romani svelata da Stefania Ariosto.

6) MONDADORI. Indagato per presunta corruzione di giudici allo scopo di far bocciare il «lodo» Mondadori nel ‘91, durante la guerra per il possesso della casa editrice contro il suo rivale Carlo De Benedetti.

7) SME. Indagato per presunta corruzione di giudici allo scopo di evitare, nel 1985, l’acquisto della Sme (Cirio, Bertolli, Autogrill) da parte di De Benedetti.

8) LENTINI. Fra un mese comincerà il processo per falso in bilancio sull’acquisto del calciatore del Milan.

9) TELECINCO. Indagato in Spagna per la tv privata che controlla al 25 per cento (limite massimo lì consentito).


«BERLUSCHINO»:

10) DISCARICA E SUCIDIO. Ottobre ‘98: raggiro da 70 miliardi ai danni della regione Lombardia per l’impianto di Cerro Maggiore (Milano) dal ‘91 al ‘96. Il contitolare Paolo Berlusconi sotto inchiesta per falso in bilancio, appropriazione indebita e truffa aggravata. Sequestrati venti miliardi in depositi bancari e titoli intestati a dipendenti Edilnord e congiunti, ma riconducibili a Paolo Berlusconi, che sarebbero stati accumulati con le operazioni incriminate. Alcuni prestanome sono accusati anche di ricettazione e riciclaggio. 

L’episodio più grave (vendita fittizia di un terreno acquistato a 30 miliardi e rivenduto sei mesi dopo a due) avviene nel ‘94, durante il governo Berlusconi. Una coda inquietante: nel febbraio ‘97 Luigi Ciapparelli, direttore della discarica e coimputato di Berlusconi, si uccide. Viene aperto un fascicolo per istigazione al suicidio.

11) 150 MILIONI ALLA DC. Condanna definitiva (patteggiamento in appello) a un mese con la condizionale per un finanziamento illecito ai dc Prada e Frigerio da parte di Paolo Berlusconi. Oggi Frigerio è l’eminenza grigia di Forza Italia in Lombardia.

12) GOLF A TOLCINASCO. Maggio ‘98: la Cassazione rende definitiva la condanna a un anno per corruzione di Paolo Berlusconi: tangenti di 1.300 milioni per costruire alloggi nel golf club di Tolcinasco (caso sollevato dai verdi).

13) TANGENTI CARIPLO. Ottobre ‘98: Paolo Berlusconi assolto per le mazzette Cariplo, che nel ‘94 lo avevano portato in prigione.

14) FALSO IN BILANCIO. Novembre ‘98: rinvio a giudizio chiesto contro Paolo Berlusconi per falso in bilancio, appropriazione indebita e reati fiscali per i fondi neri della Pbf (Paolo Berlusconi finanziaria).