I SONDAGGI LO DANNO ADDIRITTURA AL 30 PER CENTO. POTREBBE GOVERNARE? ECCO CHE COSA FAREBBE
di Mauro Suttora
Oggi, 30 maggio 2012
Potrebbe arrivare al 30 per cento, il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. È questo il clamoroso risultato dell'ultimo sondaggio di Renato Mannheimer. Anche se gli altri sondaggiati (63 su cento) non pensano che il movimento sarà capace di governare. In ogni caso, a pochi mesi dal voto politico 2013, è Grillo la grande novità della politica italiana. Nell'attesa di un terremoto elettorale come quello di vent'anni fa dopo Tangentopoli, ogni sua mossa viene analizzata, ogni parola soppesata.
Lui non va ai talk show, non si fa intervistare da giornalisti italiani, soltanto la tv Euronews è riuscita a farlo dopo la vittoria di Parma del 20 maggio (60 per cento al suo sindaco Federico Pizzarotti).
Ma cosa succederebbe, in concreto, se il movimento di Grillo governasse? Ecco le sue principali proposte.
STATO LEGGERO. «L’organizzazione attuale dello Stato è burocratica, sovradimensionata, costosa, inefficiente»: così inizia il programma di Grillo. Che quindi potrebbe sostenere i tagli agli sprechi appena annunciati dal ministro Piero Giarda: cento miliardi di spesa pubblica subito, 300 sul medio periodo. Senza nuove tasse, che per i 5 Stelle «strangolano l'economia». E introducendo invece «nuove tecnologie per consentire al cittadino l’accesso alle informazioni e ai servizi senza intermediari».
SALARIO MINIMO GARANTITO. Sul lato della spesa, una proposta di sinistra: sussidio per ogni disoccupato, e non solo per i cassintegrati. Non è specificata l'entità: 500 o 1000 euro al mese? In ogni caso, si passerebbe a quel welfare «universale» garantito solo nei ricchi Paesi nordeuropei, promesso dalla ministra Elsa Fornero ma non attuato per mancanza di fondi.
LIBERALIZZAZIONI. Memore delle sue battaglie contro Telecom di dieci anni fa, Grillo chiede «l'abolizione dei monopoli: Telecom, Autostrade, Eni, Enel, Mediaset, Ferrovie». Sintonia quindi con Luca Montezemolo e il suo nuovo treno privato Italo? Le altre misure fanno venire l'orticaria ai «poteri forti» dell'economia privata: class action, no a scatole cinesi in Borsa, cariche multiple per i consiglieri d'amministrazione, incroci azionari banche-industrie, stock option per i manager. Tetto agli stipendi dei dirigenti, aumento poteri dei piccoli azionisti, banche responsabili per le perdite dei risparmiatori.
NO A PRECARIATO E DELOCALIZZAZIONE. I 5 Stelle sono drastici: «Abolire la legge Biagi». Vogliono anche «impedire lo smantellamento delle industrie alimentari e manifatturiere con prevalente mercato interno». Come vietare i trasferimenti all'estero degli impianti? Non è specificato. Ma certo la Parmalat finita ai francesi tornerà nel mirino di Grillo, se non userà i propri capitali per investimenti in Italia.
ADDIO RAI. «Vendita ad azionariato diffuso, con proprietà massima del 10%, di due canali televisivi pubblici». Ne rimarrebbe «uno solo, senza pubblicità, informativo e culturale, indipendente dai partiti».
ADDIO MEDIASET. Anche le tv di Berlusconi scomparirebbero: «nessuna tv nazionale può essere posseduta a maggioranza da privati, l’azionariato deve essere diffuso con limite del 10%». E le frequenze tv che imbarazzano il ministro Corrado Passera? «Assegnate con asta pubblica ogni cinque anni».
GIORNALI. «L’informazione è uno dei fondamenti della democrazia. È alla base di qualunque altra area di interesse sociale. Se è controllata da pochi, si manifestano derive antidemocratiche. Il cittadino disinformato non può decidere, assume un ruolo di consumatore e di elettore passivo». Le proposte: internet gratis per tutti, niente contributi statali ai giornali, nessun quotidiano nazionale posseduto a maggioranza da privati, azionariato diffuso sotto il 10%, niente banche ed enti pubblici nelle società editoriali.
TAGLI ALLA POLITICA. Abolizione province e comuni sotto i 5 mila abitanti, limite di due mandati per ogni carica pubblica, diminuzione stipendi. Referendum anche propositivi senza quorum.
ECOLOGIA. Risparmi sui consumi, fonti rinnovabili, raccolta differenziata della spazzatura, no agli inceneritori, piste ciclabili, potenziare mezzi pubblici, no Tav. Le municipalizzate devono restare pubbliche, rispettando i referendum sull'acqua dell'anno scorso.
POLITICA ESTERA. No alle basi Usa in Italia.
Mauro Suttora
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Wednesday, June 06, 2012
Wednesday, January 11, 2012
Chi è Corrado Passera
IL CATTOLICO COMASCO CHE PIACE A TUTTI
Oggi, 4 gennaio 2012
di Mauro Suttora
«Passerà», lo avevano soprannominato velenosi i giornalisti Mondadori vent’anni fa. Invece non è passato. E oggi l’ex assistente di Carlo De Benedetti è il ministro più potente del governo Monti.
L’Ingegnere aveva affidato al suo pupillo Corrado Passera la casa editrice di Segrate ai tempi della guerra contro Silvio Berlusconi. Poi arrivò la spartizione: Mondadori al Cavaliere, Espresso-Repubblica a De Benedetti. Così Passera dovette abbandonare la poltrona. Durante quel conflitto durato anni, però, si era fatto apprezzare da Berlusconi. Con i suoi modi suadenti da cattolico comasco, era uno dei pochissimi debenedettiani che riusciva a parlare con Silvio. E, particolare decisivo, l’unico uomo alto 1 e 90 che Berlusconi sopporti. Così, pare che il Cavaliere gli avesse proposto di rimanere direttore generale Mondadori, tradendo De Benedetti. Offerta declinata. Ma molto gentilmente.
Discrezione e savoir-faire sono doti di famiglia. I Passera hanno due dei più begli alberghi di Como, il Villa Flori e il Terminus. Sono anche piccoli azionisti del Villa d’Este di Cernobbio, nella top ten mondiale.
Lui, dopo il liceo classico Volta a Como, si laurea nel 1977 alla Bocconi. Poi un anno di master a Filadelfia. Quindi, l’entrata nella McKinsey, principale società mondiale di consulenze. Intanto si sposa con una compagna di scuola, Cecilia Canepa, figlia di industriali tessili. Due figli: Sofia, 25 anni, che si sta specializzando in pediatria alla Cattolica di Roma, e Luigi, 24.
Nell’85 l’incontro con il primo dei due uomini decisivi per la carriera di Passera: De Benedetti. Ne è l’ombra per sedici anni, direttore generale Cir, poi mandato a cercare di salvare la Olivetti.
Nel ’96 lo chiama a sè il grande vecchio della finanza cattolica italiana, il bresciano Giovanni Bazoli, che gli affida il Banco Ambroveneto. Due anni dopo il premier Romano Prodi e il ministro Carlo Azeglio Ciampi lo mettono a capo delle Poste.
Passera fa un buon lavoro, il gigante inefficiente dimagrisce di 30 mila dipendenti, la posta prioritaria arriva entro 48 ore, gli uffici si tingono di giallo e blu, i conti raggiungono il pareggio.
Venderà le azioni della sua banca
Nel 2002 Bazoli lo richiama in Banca Intesa, che poi si fonde con San Paolo: Passera diventa il banchiere più importante (e pagato) d’Italia assieme ad Alessandro Profumo di Unicredit. Accumula decine di milioni di euro in azioni che ora, nominato ministro di Sviluppo e Infrastrutture da Mario Monti, ha promesso di vendere per evitare un conflitto d’interessi. Viste le attuali quotazioni, sarà un salasso.
Nel 2008 architetta per conto del governo Berlusconi il salvataggio di Alitalia e Air One. Addetta stampa di quest’ultima società era Giovanna Salza, che già aveva lavorato alle Poste. Fra i due scoppia l’amore, l’anno scorso si sposano con una cerimonia cui partecipano molti personaggi dell’economia fra cui Monti e l’attuale ministro del Lavoro Elsa Fornero, e nasce la figlia Luce. Ora l’esuberante Giovanna è incinta di un maschio.
Sicuramente Passera non abbandonerà la politica quando finirà il governo dei «tecnici». Sia la sinistra che la destra lo avevano corteggiato negli ultimi dieci anni per un posto da ministro. Dovrà passare attraverso la prova delle urne, ma per il dopo-Monti è uno dei candidati più accreditati. Sentiremo parlare ancora molto di lui.
Mauro Suttora
Oggi, 4 gennaio 2012
di Mauro Suttora
«Passerà», lo avevano soprannominato velenosi i giornalisti Mondadori vent’anni fa. Invece non è passato. E oggi l’ex assistente di Carlo De Benedetti è il ministro più potente del governo Monti.
L’Ingegnere aveva affidato al suo pupillo Corrado Passera la casa editrice di Segrate ai tempi della guerra contro Silvio Berlusconi. Poi arrivò la spartizione: Mondadori al Cavaliere, Espresso-Repubblica a De Benedetti. Così Passera dovette abbandonare la poltrona. Durante quel conflitto durato anni, però, si era fatto apprezzare da Berlusconi. Con i suoi modi suadenti da cattolico comasco, era uno dei pochissimi debenedettiani che riusciva a parlare con Silvio. E, particolare decisivo, l’unico uomo alto 1 e 90 che Berlusconi sopporti. Così, pare che il Cavaliere gli avesse proposto di rimanere direttore generale Mondadori, tradendo De Benedetti. Offerta declinata. Ma molto gentilmente.
Discrezione e savoir-faire sono doti di famiglia. I Passera hanno due dei più begli alberghi di Como, il Villa Flori e il Terminus. Sono anche piccoli azionisti del Villa d’Este di Cernobbio, nella top ten mondiale.
Lui, dopo il liceo classico Volta a Como, si laurea nel 1977 alla Bocconi. Poi un anno di master a Filadelfia. Quindi, l’entrata nella McKinsey, principale società mondiale di consulenze. Intanto si sposa con una compagna di scuola, Cecilia Canepa, figlia di industriali tessili. Due figli: Sofia, 25 anni, che si sta specializzando in pediatria alla Cattolica di Roma, e Luigi, 24.
Nell’85 l’incontro con il primo dei due uomini decisivi per la carriera di Passera: De Benedetti. Ne è l’ombra per sedici anni, direttore generale Cir, poi mandato a cercare di salvare la Olivetti.
Nel ’96 lo chiama a sè il grande vecchio della finanza cattolica italiana, il bresciano Giovanni Bazoli, che gli affida il Banco Ambroveneto. Due anni dopo il premier Romano Prodi e il ministro Carlo Azeglio Ciampi lo mettono a capo delle Poste.
Passera fa un buon lavoro, il gigante inefficiente dimagrisce di 30 mila dipendenti, la posta prioritaria arriva entro 48 ore, gli uffici si tingono di giallo e blu, i conti raggiungono il pareggio.
Venderà le azioni della sua banca
Nel 2002 Bazoli lo richiama in Banca Intesa, che poi si fonde con San Paolo: Passera diventa il banchiere più importante (e pagato) d’Italia assieme ad Alessandro Profumo di Unicredit. Accumula decine di milioni di euro in azioni che ora, nominato ministro di Sviluppo e Infrastrutture da Mario Monti, ha promesso di vendere per evitare un conflitto d’interessi. Viste le attuali quotazioni, sarà un salasso.
Nel 2008 architetta per conto del governo Berlusconi il salvataggio di Alitalia e Air One. Addetta stampa di quest’ultima società era Giovanna Salza, che già aveva lavorato alle Poste. Fra i due scoppia l’amore, l’anno scorso si sposano con una cerimonia cui partecipano molti personaggi dell’economia fra cui Monti e l’attuale ministro del Lavoro Elsa Fornero, e nasce la figlia Luce. Ora l’esuberante Giovanna è incinta di un maschio.
Sicuramente Passera non abbandonerà la politica quando finirà il governo dei «tecnici». Sia la sinistra che la destra lo avevano corteggiato negli ultimi dieci anni per un posto da ministro. Dovrà passare attraverso la prova delle urne, ma per il dopo-Monti è uno dei candidati più accreditati. Sentiremo parlare ancora molto di lui.
Mauro Suttora
Wednesday, January 04, 2012
Elsa Fornero, superministra
CHI E' LA DONNA CHE FA ARRABBIARE SINDACATI E SINISTRA SULL'ARTICOLO 18
Oggi, 28 dicembre 2011
di Mauro Suttora
«Sono cieca, sorda e stupida». L’ha detto lei, per sfuggire alla selva di telecamere e fotografi che la assedia ogni volta che esce dal ministero. Citazione colta: sono le parole che usò ironicamente il filosofo Karl Popper per sottrarsi ai giornalisti.
Da un mese la professoressa Elsa Fornero è nel mirino. Di quotidiani e tv che vogliono intervistarla, ma anche dei milioni di italiani direttamente colpiti dalle sue stangate per ridurre il debito.
Le è bastata una settimana
Era da quarant’anni che i governi cercavano di abolire le pensioni d’anzianità (o meglio: di «giovinezza»), inopinato regalo tutto italico che permetteva a cinquantenni e anche pimpanti quarantenni di smettere di lavorare con sostanziosi vitalizi.
Poi è arrivata lei, la nuova superministra di Lavoro e Welfare (usiamo l’italiano: assistenza), e nel giro di una settimana ha decretato che non ci si pensiona più senza aver lavorato almeno 42 anni.
Natale rovinato per chi si apprestava a mettersi in quiescenza nel giro di pochi mesi. Ma, intimiditi da nuove parole come «spread» e agenzie di «rating», abbiamo ingoiato tutto. Anche la diminuzione del 6% per le pensioni superiori a 1.400 al mese, non più protette dall’inflazione per due anni.
Lacrime in mondovisione
Ci era diventata simpatica, però, quando l’abbiamo vista per la prima volta in tv. Perché ha singhiozzato e pianto quando ha dovuto pronunciare la parola «sacrifici».
«Quella sua foto in lacrime è finita in prima pagina su tutti i giornali americani», ci dice Annamaria Lusardi, docente alla George Washington University (Stati Uniti) e membro del comitato scientifico del Cerp (Centro ricerche pensioni), il think tank messo in piedi dalla Fornero all’università di Torino. «Rappresenta il travaglio di una persona che ha dovuto tradurre in pratica nel giro di soli sette giorni il lavoro di tutta una vita: quarant’anni di studi che l’hanno fatta diventare una dei massimi esperti di sistemi pensionistici a livello mondiale. Non so se gli italiani se ne rendono conto».
Poi però la Fornero ha affrontato un altro problema scottante del dibattito politico italiano: l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Quello che in pratica rende non licenziabili i lavoratori delle aziende con più di 15 dipendenti. «Non è un totem», si era limitata a rispondere a una domanda del Corriere della Sera che la intervistava. Ma è bastato questo accenno a scatenarle contro i sindacati e i partiti di sinistra: «Respingiamo quest’attacco ai diritti dei lavoratori», le hanno subito risposto in coro. «Frignero», l’ha ribattezzata il sito Dagospia. «Non controlla i nervi, è un po’ oligofrenica», l’hanno insultata. «È anche paranoica», dopo che lei ha detto di essere rimasta vittima «di una trappola» del giornalista che la intervistava sull’articolo 18.
Insomma, la luna di miele si è prematuramente spezzata. Quella che sembrava l’Angela Merkel italiana, una zia severa che ci fa deglutire lo sciroppo amaro per il nostro bene, si è improvvisamente trasformata in una crudele Margaret Thatcher. E lei non ha migliorato la situazione andando a un convegno dei giornalisti solo per dir loro in faccia che sono privilegiati perché «vicini al potere» («Ruffiani», ha tradotto il manifesto).
A sinistra in politica
Ma chi è veramente Elsa Fornero? Molti dimenticano che l’unica esperienza politica della sua vita l’ha fatta a sinistra: consigliere comunale a Torino negli anni Novanta con il sindaco Valentino Castellani. «E, andando nel merito delle pensioni, ha riformato un sistema che privilegiava i ricchi, offrendo trattamenti d’oro ingiustificati», dice la professoressa Lusardi.
Da professoressa, la Fornero è convinta che basti «spiegare» le cose per farle capire e accettare. «Sono ingenua», ha ammesso. Ma la politica è diversa dall’accademia: tutto diventa opinabile, e non è detto che logica, onestà o buona fede alla fine prevalgano. «La Fornero difende gli interessi delle nuove generazioni rispetto ai privilegi delle vecchie», dice la professoressa Lusardi.
Soffre per le incomprensioni
Però i giovani, proprio in quanto giovani, poco s’interessano alle pensioni. E se vedono tagliare quella del nonno protestano comunque. Quanto all’articolo 18, difficile convincere che licenziamenti facili producano più assunti.
Lei, la determinata ma sensibile Elsa, soffre per queste incomprensioni. La attaccano perché la figlia 37enne Silvia Deaglio è docente alla facoltà di Medicina dell’università di Torino: la stessa della madre e del padre, l’insigne economista Mario Deaglio (fratello di Enrico, fondatore di Lotta Continua) già direttore del Sole 24 Ore e oggi editorialista de La Stampa. La criticano perché le ricerche di genetica della figlia sono finanziate dalla Compagnia di San Paolo di cui lei era vicepresidente, e che l’ha designata vicepresidente di Banca Intesa (guidata dall’attuale ministro Corrado Passera).
Ma dimenticano che Elsa è figlia di un operaio del deposito militare e di una casalinga, che si alzava all’alba per andare dal suo paese San Carlo Canavese a studiare ragioneria e poi economia in città grazie a borse di studio. All’istituto commerciale Einaudi era compagna di banco di Cesare Damiano, poi Pci-Ds-Pd, suo predecessore al ministero del Lavoro (2006-8) ma oggi suo avversario sulle riforme di pensioni e welfare, anche se deve votare sì per disciplina di partito.
Fosse per Elsa, tutto si risolverebbe davanti ai fornelli di casa sua, dove volentieri invita a cena i colleghi che diventano automaticamente amici. Da Mario Monti (che insegnò a Torino dal 1971 all’85) alla Lusardi, tante lodi ai suoi risotti. E lei parla di economia anche a tavola, e spiega, spiega, spiega...
Mauro Suttora
Oggi, 28 dicembre 2011
di Mauro Suttora
«Sono cieca, sorda e stupida». L’ha detto lei, per sfuggire alla selva di telecamere e fotografi che la assedia ogni volta che esce dal ministero. Citazione colta: sono le parole che usò ironicamente il filosofo Karl Popper per sottrarsi ai giornalisti.
Da un mese la professoressa Elsa Fornero è nel mirino. Di quotidiani e tv che vogliono intervistarla, ma anche dei milioni di italiani direttamente colpiti dalle sue stangate per ridurre il debito.
Le è bastata una settimana
Era da quarant’anni che i governi cercavano di abolire le pensioni d’anzianità (o meglio: di «giovinezza»), inopinato regalo tutto italico che permetteva a cinquantenni e anche pimpanti quarantenni di smettere di lavorare con sostanziosi vitalizi.
Poi è arrivata lei, la nuova superministra di Lavoro e Welfare (usiamo l’italiano: assistenza), e nel giro di una settimana ha decretato che non ci si pensiona più senza aver lavorato almeno 42 anni.
Natale rovinato per chi si apprestava a mettersi in quiescenza nel giro di pochi mesi. Ma, intimiditi da nuove parole come «spread» e agenzie di «rating», abbiamo ingoiato tutto. Anche la diminuzione del 6% per le pensioni superiori a 1.400 al mese, non più protette dall’inflazione per due anni.
Lacrime in mondovisione
Ci era diventata simpatica, però, quando l’abbiamo vista per la prima volta in tv. Perché ha singhiozzato e pianto quando ha dovuto pronunciare la parola «sacrifici».
«Quella sua foto in lacrime è finita in prima pagina su tutti i giornali americani», ci dice Annamaria Lusardi, docente alla George Washington University (Stati Uniti) e membro del comitato scientifico del Cerp (Centro ricerche pensioni), il think tank messo in piedi dalla Fornero all’università di Torino. «Rappresenta il travaglio di una persona che ha dovuto tradurre in pratica nel giro di soli sette giorni il lavoro di tutta una vita: quarant’anni di studi che l’hanno fatta diventare una dei massimi esperti di sistemi pensionistici a livello mondiale. Non so se gli italiani se ne rendono conto».
Poi però la Fornero ha affrontato un altro problema scottante del dibattito politico italiano: l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Quello che in pratica rende non licenziabili i lavoratori delle aziende con più di 15 dipendenti. «Non è un totem», si era limitata a rispondere a una domanda del Corriere della Sera che la intervistava. Ma è bastato questo accenno a scatenarle contro i sindacati e i partiti di sinistra: «Respingiamo quest’attacco ai diritti dei lavoratori», le hanno subito risposto in coro. «Frignero», l’ha ribattezzata il sito Dagospia. «Non controlla i nervi, è un po’ oligofrenica», l’hanno insultata. «È anche paranoica», dopo che lei ha detto di essere rimasta vittima «di una trappola» del giornalista che la intervistava sull’articolo 18.
Insomma, la luna di miele si è prematuramente spezzata. Quella che sembrava l’Angela Merkel italiana, una zia severa che ci fa deglutire lo sciroppo amaro per il nostro bene, si è improvvisamente trasformata in una crudele Margaret Thatcher. E lei non ha migliorato la situazione andando a un convegno dei giornalisti solo per dir loro in faccia che sono privilegiati perché «vicini al potere» («Ruffiani», ha tradotto il manifesto).
A sinistra in politica
Ma chi è veramente Elsa Fornero? Molti dimenticano che l’unica esperienza politica della sua vita l’ha fatta a sinistra: consigliere comunale a Torino negli anni Novanta con il sindaco Valentino Castellani. «E, andando nel merito delle pensioni, ha riformato un sistema che privilegiava i ricchi, offrendo trattamenti d’oro ingiustificati», dice la professoressa Lusardi.
Da professoressa, la Fornero è convinta che basti «spiegare» le cose per farle capire e accettare. «Sono ingenua», ha ammesso. Ma la politica è diversa dall’accademia: tutto diventa opinabile, e non è detto che logica, onestà o buona fede alla fine prevalgano. «La Fornero difende gli interessi delle nuove generazioni rispetto ai privilegi delle vecchie», dice la professoressa Lusardi.
Soffre per le incomprensioni
Però i giovani, proprio in quanto giovani, poco s’interessano alle pensioni. E se vedono tagliare quella del nonno protestano comunque. Quanto all’articolo 18, difficile convincere che licenziamenti facili producano più assunti.
Lei, la determinata ma sensibile Elsa, soffre per queste incomprensioni. La attaccano perché la figlia 37enne Silvia Deaglio è docente alla facoltà di Medicina dell’università di Torino: la stessa della madre e del padre, l’insigne economista Mario Deaglio (fratello di Enrico, fondatore di Lotta Continua) già direttore del Sole 24 Ore e oggi editorialista de La Stampa. La criticano perché le ricerche di genetica della figlia sono finanziate dalla Compagnia di San Paolo di cui lei era vicepresidente, e che l’ha designata vicepresidente di Banca Intesa (guidata dall’attuale ministro Corrado Passera).
Ma dimenticano che Elsa è figlia di un operaio del deposito militare e di una casalinga, che si alzava all’alba per andare dal suo paese San Carlo Canavese a studiare ragioneria e poi economia in città grazie a borse di studio. All’istituto commerciale Einaudi era compagna di banco di Cesare Damiano, poi Pci-Ds-Pd, suo predecessore al ministero del Lavoro (2006-8) ma oggi suo avversario sulle riforme di pensioni e welfare, anche se deve votare sì per disciplina di partito.
Fosse per Elsa, tutto si risolverebbe davanti ai fornelli di casa sua, dove volentieri invita a cena i colleghi che diventano automaticamente amici. Da Mario Monti (che insegnò a Torino dal 1971 all’85) alla Lusardi, tante lodi ai suoi risotti. E lei parla di economia anche a tavola, e spiega, spiega, spiega...
Mauro Suttora
Wednesday, December 14, 2011
Perché piange la Fornero
di Mauro Suttora
Oggi, 5 dicembre 2011
Non era mai capitato che un ministro scoppiasse a piangere in diretta tv mentre annuncia un provvedimento. Pochi mesi fa la premier australiana si è commossa ricordando i morti di un’alluvione; un ministro kenyiota si è bloccato mentre rievocava una strage; un ministro indiano ha pianto quando l’hanno arrestato.
Ma Elsa Fornero si è emozionata solo perché doveva pronunciare la parola «sacrifici» per i pensionati. Una nota di umanità che le fa onore. La sua capacità di immedesimarsi nelle difficoltà degli anziani (che per due anni non saranno protetti dall’inflazione) deriva forse dalla sua storia personale.
Figlia di un operaio, la giovane Elsa si svegliava alle 5 per andare a studiare a Torino dal suo paesino, San Carlo Canavese. Con borse di studio ha frequentato ragioneria e poi la facoltà di Economia. Si è diplomata nel 1967. C’erano i Beatles e le minigonne, ma lei confessa di non avere mai frequentato «locali per giovani». Solo studio, sacrifici e impegno.
Suo compagno di classe all’istituto tecnico commerciale era Cesare Damiano, che l’ha preceduta (2006-8) come ministro (Ds) del Lavoro. Una coincidenza, che forse pesa nello stress di questi giorni. Damiano infatti è oggi uno dei principali oppositori della riforma pensionistica della Fornero. Una lunga distanza da quando, entrambi giovani idealisti, «discutevamo di noi, del futuro, del mondo».
Elsa ha incontrato suo marito, l’economista Mario Deaglio, all’università. Colleghi e amici di Mario Monti, lo invitavano nella loro casa torinese. Ma Elsa lo faceva mangiare in cucina, e gli parlava di economia mentre mescolava il risotto. Non ha mai perso la sua spontaneità. Neanche domenica sera, quando è scoppiata a piangere davanti all’Italia intera.
Oggi, 5 dicembre 2011
Non era mai capitato che un ministro scoppiasse a piangere in diretta tv mentre annuncia un provvedimento. Pochi mesi fa la premier australiana si è commossa ricordando i morti di un’alluvione; un ministro kenyiota si è bloccato mentre rievocava una strage; un ministro indiano ha pianto quando l’hanno arrestato.
Ma Elsa Fornero si è emozionata solo perché doveva pronunciare la parola «sacrifici» per i pensionati. Una nota di umanità che le fa onore. La sua capacità di immedesimarsi nelle difficoltà degli anziani (che per due anni non saranno protetti dall’inflazione) deriva forse dalla sua storia personale.
Figlia di un operaio, la giovane Elsa si svegliava alle 5 per andare a studiare a Torino dal suo paesino, San Carlo Canavese. Con borse di studio ha frequentato ragioneria e poi la facoltà di Economia. Si è diplomata nel 1967. C’erano i Beatles e le minigonne, ma lei confessa di non avere mai frequentato «locali per giovani». Solo studio, sacrifici e impegno.
Suo compagno di classe all’istituto tecnico commerciale era Cesare Damiano, che l’ha preceduta (2006-8) come ministro (Ds) del Lavoro. Una coincidenza, che forse pesa nello stress di questi giorni. Damiano infatti è oggi uno dei principali oppositori della riforma pensionistica della Fornero. Una lunga distanza da quando, entrambi giovani idealisti, «discutevamo di noi, del futuro, del mondo».
Elsa ha incontrato suo marito, l’economista Mario Deaglio, all’università. Colleghi e amici di Mario Monti, lo invitavano nella loro casa torinese. Ma Elsa lo faceva mangiare in cucina, e gli parlava di economia mentre mescolava il risotto. Non ha mai perso la sua spontaneità. Neanche domenica sera, quando è scoppiata a piangere davanti all’Italia intera.
Wednesday, November 30, 2011
Indiscreto: i nuovi ministri
RITRATTI PRIVATI DEL GOVERNO DI MARIO MONTI
Oggi, 23 novembre 2011
di Mauro Suttora
«Bambini non urlate, arriva il marchese». Giulio Terzi di Sant’Agata, nuovo ministro degli Esteri, veniva a casa mia 40 anni fa a Bergamo per prendere lezioni private di francese da mia madre. Lo parlava già bene, ma voleva perfezionarlo con un po’ di conversazione in vista del concorso per entrare in diplomazia. Poi una gran carriera: Parigi, Canada, Bruxelles, Onu, ambasciatore in Israele e, da due anni, a Washington.
Qui, una piccola seccatura: l’ex moglie Gianna Gori manda una lettera a tutti (presidente della Repubblica, del Consiglio, ministro degli Esteri) per protestare contro la nuova compagna di Terzi, Antonella Cinque, che a volte si presentava come «moglie» nelle occasioni ufficiali. E il povero marchese costretto a denunciarla per diffamazione, calunnia e ingiuria, precisando che non stanno più insieme dal 2004 e che la nuova compagna «è la mamma dei miei figli nati nel 2008».
È al secondo matrimonio anche Corrado Passera, ministro di Sviluppo, Infrastrutture e Trasporti. Ha conosciuto la deliziosa Giovanna Salza, 37 anni, dieci anni fa quando guidava le Poste e lei era all’ufficio stampa. Si sono incontrati di nuovo nel 2008: lui capo di Banca Intesa che si occupava di Alitalia ed Air One, lei addetta stampa di quest’ultima. È scoccata la scintilla, l’anno scorso è nata la figlia Luce (lui ne ha già due), e lo scorso maggio il matrimonio. Non in uno dei begli alberghi della famiglia Passera a Como, ma nel vicino Villa d’Este di Cernobbio.
Alle nozze c’erano Mario Monti ed Elsa Fornero, vicepresidente di Banca Intesa, oggi pure lei ministro. E la bella Giovanna, di nuovo incinta, svolazzava felice al giuramento del governo nel salone del Quirinale.
L’unica altra donna vestita di bianco durante la cerimonia (che differenza rispetto al debutto del governo Berlusconi nel 2008, con le ministre Carfagna, Prestigiacomo e Gelmini) era la professoressa Fornero, ministro del Lavoro. Allieva di Onorato Castellino, preside della facoltà di Economia dell’università di Torino (dove per ben 15 anni, fino all’85, ha insegnato Mario Monti) scomparso quattro anni fa. Ma anche moglie di un altro illustre economista: Mario Deaglio, direttore del Sole 24 Ore nel 1980-83 e fratello del giornalista Enrico fondatore di Lotta Continua. E qui il cerchio si chiude, perché uno dei migliori libri di introduzione all’economia, su cui hanno studiato generazioni di universitari, nel 1978 lo scrisse la Fornero con Castellino, Deaglio e Monti (più il liberista Sergio Ricossa). Né la Fornero è digiuna di politica: è stata consigliere comunale a Torino nel 1993-98 in una lista civica d’appoggio al sindaco di sinistra Valentino Castellani.
La lista dei prof torinesi non si esaurisce qui. Nuovo ministro dell’Istruzione è Francesco Profumo, rettore del Politecnico di Torino fino a pochi mesi fa, quando la Gelmini lo ha nominato presidente del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche). Ha mandato i suoi studenti a fare stages in Cina, ed è stato sia lodato che criticato per lo stretto rapporto con le aziende private. La sinistra voleva candidarlo sindaco di Torino lo scorso giugno, prima del sì di Piero Fassino.
Piemontese e docente universitario (diritto costituzionale) è anche Renato Balduzzi, che torna al ministero della Salute da ministro dopo averne diretto l’ufficio legislativo fino al 2000 fa sotto Rosy Bindi. Lì aveva preparato un disegno di legge per riconoscere le coppie di fatto (Dico, diritti di convivenza anche per i gay), poi affossato dai cattolici di destra.
Fabrizio Barca, ministro della «Coesione territoriale» (ex Affari regionali), discende da quell’aristocrazia del vecchio Pci che ha mandato i figli a studiare economia in Inghilterra e Stati Uniti con eccellenti risultati (per esempio Lucrezia Reichlin, figlia di Alfredo e Luciana Castellina). Suo padre Luciano, oggi 91enne, fu direttore dell’Unità e alto dirigente del partito a fianco di Enrico Berlinguer e Napolitano. Lui ha un curriculum accademico impressionante (Cambridge, Mit, Stanford), più vent’anni all’ufficio studi della Banca d’Italia e gli ultimi 13 al ministero del tesoro. Ha tre figli dalla moglie americana Clarissa.
L’altro «giovane» del governo, Enzo Moavero, è sposato con tre figli. Si è fatto apprezzare da Monti come suo capo di gabinetto a Bruxelles dal ’95 al 2005, dopo esserlo stato del dc Filippo Maria Pandolfi.
È curioso che l’unico allievo di Gianfranco Miglio, primo ideologo della Lega Nord, sia entrato proprio in un governo che ha la Lega come unica opposizione. Lorenzo Ornaghi, rettore dell’università Cattolica, ministro dei Beni Culturali, non ha simpatie leghiste. Però si è laureato con Miglio nel '72, e poi ne è stato l’«erede» sulla cattedra di Scienza della politica. Monti gli aveva offerto l’Istruzione, ma il Pd si è opposto per la sua vicinanza ritenuta eccessiva al Vaticano: Ornaghi infatti ha partecipato un mese fa al convegno di Todi che ha segnato la «riscossa» dei cattolici in politica.
A Todi c’erano anche Passera e Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio. Per quest’ultimo è stato cucito su misura un nuovo ministero, Cooperazione (tolta agli Esteri) e Integrazione (tolta agli Interni), che gli pemetterà di agire sia all’estero (Sant’Egidio media nei conflitti africani e centroamericani) sia per gli immigrati in Italia.
Corrado Clini, ministro dell’Ambiente, e Mario Catania (Agricoltura) non hanno bisogno di trasferirsi: da molti decenni sono dirigenti dei loro ministeri.
Anche il ministro della Difesa, ammiraglio Giampaolo Di Paola, è un «interno»: capo di stato maggiore, capo di gabinetto di ministri sia di centrodestra (Carlo Scognamiglio), sia di centrosinistra (Sergio Mattarella). Quando Monti gli ha annunciato la nomina era in missione segreta in Afghanistan. Appassionato di storia dell’arte, non si offende se lo definiscono «un intellettuale prestato alle forze armate».
Anna Maria Cancellieri, ministro dell’Interno, è stata per ben 23 anni addetta stampa della prefettura a Milano. Poi prefetto a Catania, Brescia, Bergamo, Vicenza, Genova, quindi commissario a Bologna e Parma (da un mese): quando i sindaci cadono lei li rimpiazza. E lei è così brava che a Bologna la volevano eleggere sindaco. Nata in Libia, ha un marito ex farmacista, due figli e quattro nipoti.
Una nota dolorosa, infine. Tutta Italia ha notato il braccio destro mancante di Paola Severino, 63 anni, ministro della Giustizia, napoletana (unica meridionale oltre a Di Paola): era malato, sempre più inabile, e recentemente si è resa necessaria l’amputazione. Questo non ha impedito alla ricchissima avvocatessa (sei milioni nel 2007) di regalare alla cerimonia del giuramento una delle poche note di colore: la presenza dei suoi due biondi nipotini. Suo marito Paolo Di Benedetto fu nominato da Passera gestore dei fondi delle Poste, poi è stato commissario Consob fino all’anno scorso.
Mauro Suttora
Oggi, 23 novembre 2011
di Mauro Suttora
«Bambini non urlate, arriva il marchese». Giulio Terzi di Sant’Agata, nuovo ministro degli Esteri, veniva a casa mia 40 anni fa a Bergamo per prendere lezioni private di francese da mia madre. Lo parlava già bene, ma voleva perfezionarlo con un po’ di conversazione in vista del concorso per entrare in diplomazia. Poi una gran carriera: Parigi, Canada, Bruxelles, Onu, ambasciatore in Israele e, da due anni, a Washington.
Qui, una piccola seccatura: l’ex moglie Gianna Gori manda una lettera a tutti (presidente della Repubblica, del Consiglio, ministro degli Esteri) per protestare contro la nuova compagna di Terzi, Antonella Cinque, che a volte si presentava come «moglie» nelle occasioni ufficiali. E il povero marchese costretto a denunciarla per diffamazione, calunnia e ingiuria, precisando che non stanno più insieme dal 2004 e che la nuova compagna «è la mamma dei miei figli nati nel 2008».
È al secondo matrimonio anche Corrado Passera, ministro di Sviluppo, Infrastrutture e Trasporti. Ha conosciuto la deliziosa Giovanna Salza, 37 anni, dieci anni fa quando guidava le Poste e lei era all’ufficio stampa. Si sono incontrati di nuovo nel 2008: lui capo di Banca Intesa che si occupava di Alitalia ed Air One, lei addetta stampa di quest’ultima. È scoccata la scintilla, l’anno scorso è nata la figlia Luce (lui ne ha già due), e lo scorso maggio il matrimonio. Non in uno dei begli alberghi della famiglia Passera a Como, ma nel vicino Villa d’Este di Cernobbio.
Alle nozze c’erano Mario Monti ed Elsa Fornero, vicepresidente di Banca Intesa, oggi pure lei ministro. E la bella Giovanna, di nuovo incinta, svolazzava felice al giuramento del governo nel salone del Quirinale.
L’unica altra donna vestita di bianco durante la cerimonia (che differenza rispetto al debutto del governo Berlusconi nel 2008, con le ministre Carfagna, Prestigiacomo e Gelmini) era la professoressa Fornero, ministro del Lavoro. Allieva di Onorato Castellino, preside della facoltà di Economia dell’università di Torino (dove per ben 15 anni, fino all’85, ha insegnato Mario Monti) scomparso quattro anni fa. Ma anche moglie di un altro illustre economista: Mario Deaglio, direttore del Sole 24 Ore nel 1980-83 e fratello del giornalista Enrico fondatore di Lotta Continua. E qui il cerchio si chiude, perché uno dei migliori libri di introduzione all’economia, su cui hanno studiato generazioni di universitari, nel 1978 lo scrisse la Fornero con Castellino, Deaglio e Monti (più il liberista Sergio Ricossa). Né la Fornero è digiuna di politica: è stata consigliere comunale a Torino nel 1993-98 in una lista civica d’appoggio al sindaco di sinistra Valentino Castellani.
La lista dei prof torinesi non si esaurisce qui. Nuovo ministro dell’Istruzione è Francesco Profumo, rettore del Politecnico di Torino fino a pochi mesi fa, quando la Gelmini lo ha nominato presidente del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche). Ha mandato i suoi studenti a fare stages in Cina, ed è stato sia lodato che criticato per lo stretto rapporto con le aziende private. La sinistra voleva candidarlo sindaco di Torino lo scorso giugno, prima del sì di Piero Fassino.
Piemontese e docente universitario (diritto costituzionale) è anche Renato Balduzzi, che torna al ministero della Salute da ministro dopo averne diretto l’ufficio legislativo fino al 2000 fa sotto Rosy Bindi. Lì aveva preparato un disegno di legge per riconoscere le coppie di fatto (Dico, diritti di convivenza anche per i gay), poi affossato dai cattolici di destra.
Fabrizio Barca, ministro della «Coesione territoriale» (ex Affari regionali), discende da quell’aristocrazia del vecchio Pci che ha mandato i figli a studiare economia in Inghilterra e Stati Uniti con eccellenti risultati (per esempio Lucrezia Reichlin, figlia di Alfredo e Luciana Castellina). Suo padre Luciano, oggi 91enne, fu direttore dell’Unità e alto dirigente del partito a fianco di Enrico Berlinguer e Napolitano. Lui ha un curriculum accademico impressionante (Cambridge, Mit, Stanford), più vent’anni all’ufficio studi della Banca d’Italia e gli ultimi 13 al ministero del tesoro. Ha tre figli dalla moglie americana Clarissa.
L’altro «giovane» del governo, Enzo Moavero, è sposato con tre figli. Si è fatto apprezzare da Monti come suo capo di gabinetto a Bruxelles dal ’95 al 2005, dopo esserlo stato del dc Filippo Maria Pandolfi.
È curioso che l’unico allievo di Gianfranco Miglio, primo ideologo della Lega Nord, sia entrato proprio in un governo che ha la Lega come unica opposizione. Lorenzo Ornaghi, rettore dell’università Cattolica, ministro dei Beni Culturali, non ha simpatie leghiste. Però si è laureato con Miglio nel '72, e poi ne è stato l’«erede» sulla cattedra di Scienza della politica. Monti gli aveva offerto l’Istruzione, ma il Pd si è opposto per la sua vicinanza ritenuta eccessiva al Vaticano: Ornaghi infatti ha partecipato un mese fa al convegno di Todi che ha segnato la «riscossa» dei cattolici in politica.
A Todi c’erano anche Passera e Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio. Per quest’ultimo è stato cucito su misura un nuovo ministero, Cooperazione (tolta agli Esteri) e Integrazione (tolta agli Interni), che gli pemetterà di agire sia all’estero (Sant’Egidio media nei conflitti africani e centroamericani) sia per gli immigrati in Italia.
Corrado Clini, ministro dell’Ambiente, e Mario Catania (Agricoltura) non hanno bisogno di trasferirsi: da molti decenni sono dirigenti dei loro ministeri.
Anche il ministro della Difesa, ammiraglio Giampaolo Di Paola, è un «interno»: capo di stato maggiore, capo di gabinetto di ministri sia di centrodestra (Carlo Scognamiglio), sia di centrosinistra (Sergio Mattarella). Quando Monti gli ha annunciato la nomina era in missione segreta in Afghanistan. Appassionato di storia dell’arte, non si offende se lo definiscono «un intellettuale prestato alle forze armate».
Anna Maria Cancellieri, ministro dell’Interno, è stata per ben 23 anni addetta stampa della prefettura a Milano. Poi prefetto a Catania, Brescia, Bergamo, Vicenza, Genova, quindi commissario a Bologna e Parma (da un mese): quando i sindaci cadono lei li rimpiazza. E lei è così brava che a Bologna la volevano eleggere sindaco. Nata in Libia, ha un marito ex farmacista, due figli e quattro nipoti.
Una nota dolorosa, infine. Tutta Italia ha notato il braccio destro mancante di Paola Severino, 63 anni, ministro della Giustizia, napoletana (unica meridionale oltre a Di Paola): era malato, sempre più inabile, e recentemente si è resa necessaria l’amputazione. Questo non ha impedito alla ricchissima avvocatessa (sei milioni nel 2007) di regalare alla cerimonia del giuramento una delle poche note di colore: la presenza dei suoi due biondi nipotini. Suo marito Paolo Di Benedetto fu nominato da Passera gestore dei fondi delle Poste, poi è stato commissario Consob fino all’anno scorso.
Mauro Suttora
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