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Tuesday, January 04, 2022

Berlusconi torna al primo amore: il cemento

Il comune di Olbia gli ha dato il permesso di costruire un hotel a Porto Rotondo 

di 
Mauro Suttora

HuffPost, 4 gennaio 2022


Silvio Berlusconi è candidato presidente della Repubblica, ma intanto è tornato al suo primo amore: il cemento. Il comune di Olbia gli ha dato il permesso di costruire un hotel con 133 posti letto nel centro di Porto Rotondo.

Una variante del nuovo Puc (Piano urbanistico comunale) ha infatti trasformato tredici ettari dei suoi terreni da bosco e macchia mediterranea in edificabili: sono previsti 20mila metri cubi per “insediamenti turistico-alberghieri”. La Siamed (Società iniziative alberghiere Mediterraneo), società con sede a Cagliari, possiede un lotto di 31mila metri quadri. Gli altri appartengono all’immobiliare Idra di Segrate (Milano), cui è intestata l’intera, immensa proprietà berlusconiana di villa Certosa. Da punta Lada i terreni dove ora è possibile costruire si spingono a nordest fino al borgo di Porto Rotondo, inventato negli anni ’60 dai conti Donà delle Rose.

Amministrativamente, l’esclusiva località sarda è solo una frazione di Olbia. Così come la gemella Porto Cervo, all’estremo opposto della Costa Smeralda, fa parte del comune di Arzachena. Entrambe sono amministrate da consorzi, ai quali i facoltosi proprietari di ville e case affidano la gestione di molti servizi. Ma la pianificazione urbanistica resta prerogativa dei comuni. E a Olbia la giunta di centrodestra guidata da Settimo Nizzi, ex parlamentare di Forza Italia appena rieletto sindaco per la quarta volta, ha fatto questo bel regalo a Silvio per i suoi 85 anni.

Assieme alla variante berlusconiana ne sono state approvate altre sei fra Porto Rotondo e l’adiacente golfo di Marinella, per un totale di mezzo milione di metri quadri con costruzioni di centomila metri cubi e una previsione di 600 posti letto.

Una colata di cemento di cui beneficerà anche Sergio Zuncheddu, amicissimo di Berlusconi, proprietario dell’albergo di lusso Abi d’Oru oltre che del principale giornale dell’isola, l’Unione Sarda, e della tv Videolina.

L’espansione preoccupa i consorziati di Porto Rotondo, che già oggi ogni agosto va in collasso. Le spiagge della zona non sono tante, e con questo aumento della capacità recettiva saranno ancora più affollate.

A mordersi le dita resta l’Aga Khan, il principe fondatore di Porto Cervo. A lui il comune di Arzachena e la regione Sardegna hanno sempre bloccato ogni espansione. Il no trentennale al suo masterplan lo ha spinto a vendere sia gli alberghi agli americani, sia la ex Alisarda (poi Meridiana e Air Italy) al Qatar. E proprio in questi giorni gli ultimi 1.300 dipendenti della compagnia aerea sono stati licenziati.

Mauro Suttora 

Wednesday, November 24, 2021

Ennio Doris, l'unico che ha abbattuto le due grandi idiosincrasie dell'amico Berlusconi

Ricordo dell'uomo che per quarant’anni ha gestito il futuro (i risparmi) di milioni di italiani 

di Mauro Suttora

HuffPost, 24 novembre 2021

Lui vedeva i tramonti, Berlusconi le albe. La villa di Ennio Doris a Porto Rotondo, appartenuta a Shirley Bassey, sta a punta Volpe e dà a ovest. La Certosa dell’ex premier, a punta Lada, guarda invece a est. E quando Silvio andava a trovare Ennio all’ora dell’aperitivo gli diceva sempre che per questo lo invidiava.

Doris è stato l’unico ad abbattere due grandi idiosincrasie di Berlusconi: quella contro le persone alte (era 1,90), e quella per il controllo totale delle sue società. Mediolanum, infatti, è l’unica joint venture in cui il Cavaliere ha accettato di stare in minoranza. È stato un bene per entrambi. A Doris, amicissimo ma a distanza di sicurezza, ha evitato i guai di Mani Pulite. E Berlusconi ha guadagnato miliardi senza impegno: un investimento d’oro. Oggi sia l’uno che l’altro sono fra i cinque uomini più ricchi d’Italia.

Si sono fatti da soli, ma Doris di più: mentre l’ex premier ha prosperato nel campo delle concessioni (edilizia, tv), e quindi ha sempre avuto bisogno di entrature politiche prima di mettersi in proprio con Forza Italia, il fondatore di Mediolanum negli anni ’60 vendeva polizze porta a porta girando in auto per il suo Veneto. Non è stato mai aiutato da nessuno, tranne una volta. 

Narra la leggenda che nel 1981 lesse le seguenti parole di Berlusconi in un’intervista: “Se qualcuno ha un’idea e vuole diventare imprenditore, mi venga a trovare. Non vada da Agnelli o De Benedetti, non lo riceveranno. Io sì, e se l’idea è buona la realizzeremo insieme”.

Doris va a trovarlo a Portofino, ed è fatta. Mediolanum ha un enorme successo, nel ’96 si quota in Borsa, e Doris ricambia il favore: fa entrare Berlusconi nel salotto buono di Mediobanca che lo snobbava.

Doris diventa famoso con lo spot in cui traccia per terra un cerchio con il bastone, pronunciando lo slogan “Una banca intorno a te”. Ma è l’unica eccezione fatta alla sua totale riservatezza, agli antipodi dall’esuberanza berlusconiana.

Una delle sue rare interviste me la diede nel luglio 2020, per i suoi 80 anni.
Era appena arrivato in Sardegna dopo il lockdown assieme ai nipotini nella montagna veneta. Aveva fatto installare una postazione per le riunioni con Zoom al primo piano della villa.

Nel salone solo la moglie Lina con un’amica. Nessuna corte glamour, come nell’altra villa. Una ventata di energia ottimista: “Grazie al virus abbiamo accelerato cambiamenti come lo smart working, che altrimenti avremmo messo anni per attuare”.

Cattolicissimo, per mezza intervista mi raccontò le gesta di Chiara Amirante e della sua comunità Nuovi Orizzonti, che beneficiava generosamente. Quest’estate gli ho proposto un replay dell’intervista, ma era già malato.
Il figlio 53enne Massimo, che guida Mediolanum da una decina d’anni, ha appena fatto realizzare dal regista Fernan Ozpetek un filmato aziendale: ‘L’uomo che inventò il futuro’. Per quarant’anni Ennio Doris ha gestito il futuro (i risparmi) di milioni di italiani.

Mauro Suttora 

Friday, July 03, 2020

intervista a Ennio Doris

"Altro che Covid, il problema d'Italia è il fisco". Parla il fondatore di Banca Mediolanum: “Abbiamo le tasse più alte d’Europa. Per molti le imposte sono un mezzo per ridistribuire la ricchezza, ma è un concetto superato, novecentesco. La leva fiscale è fondamentale per favorire gli investimenti"

Mauro Suttora
3 luglio 2020, Huffington Post

“Questo virus ci ha cambiato la vita, non lascerà niente come prima. È una rivoluzione. Dobbiamo immaginare un’organizzazione nuova per le nostre aziende, ma anche per tutta la società. Bisogna cambiare mentalità”. 
Il 3 luglio Ennio Doris compie 80 anni. Quasi 40 anni fa ha fondato quella che oggi è Banca Mediolanum, 4 miliardi di fatturato, mezzo miliardo di utili. Lo incontriamo nella sua casa di Porto Rotondo (Olbia), dove è arrivato pochi giorni fa. I tre mesi di lockdown li ha passati in montagna: si trovava lì coi nipoti in settimana bianca all’inizio dell’epidemia.
 
“Fortunatamente noi eravamo preparati all’emergenza, perché siamo una banca senza sportelli. I nostri principali investimenti sono stati in laptop, visto che l′86% dei nostri 2.400 dipendenti ha lavorato da casa. Nella sede di Basiglio (Milano) sono rimasti in 300”.

Il trionfo dello smart working.
“Non lo chiamerei smart working, è diverso. Si può stare a casa, ma lavorare anche in sede, a seconda del lavoro e dei ruoli. Magari tre giorni a casa e due in ufficio. Quindi basta postazioni fisse e computer da tavolo, non spostabili”.

Ci saranno meno contatti personali.
“Al contrario, in questi tre mesi per noi incontri e riunioni si sono moltiplicati. Abbiamo parlato con 400mila clienti, vedendoci in faccia sugli schermi dei nostri telefonini e computer. Molti hanno scoperto programmi e app per le conversazioni che neanche sapevano di avere, sui propri cellulari. Siamo tutti collegati, meglio di prima, perché le distanze sono annullate: non occorre più che ci spostiamo. Eliminati gli sprechi di tempo in auto. La nostra struttura commerciale di 5mila persone in Italia, Germania e Spagna ora lavora tutta in remoto. Al ritorno della normalità prevediamo che almeno il 60% continui a farlo”.

È successo tutto molto in fretta.
“C’è stata un’enorme accelerazione. Aziende come la nostra hanno impiegato tre settimane a effettuare cambiamenti dell’organizzazione del lavoro per i quali normalmente ci sarebbero voluti tre anni. La spinta è venuta dai consumatori, che chiusi in casa avevano come unico mezzo la tecnologia, le videochiamate, zoom, facetime. È stato il mercato, spontaneamente, a provocare questa esplosione del digitale. Ormai noi lavoriamo al 95% così, solo il 5% è su carta. Abbiamo riorganizzato tutti gli spazi interni nei nostri uffici. Esperti e medici ci hanno consigliato non solo su come rispettare le distanze fra le scrivanie, ma soprattutto come ripensare i luoghi di passaggio. Ora con i sensi unici neanche ci sfioriamo”.

Quindi, paradossalmente, il virus ha avuto effetti positivi. 
“Per carità, questa pandemia ha provocato danni pazzeschi, morte, lutti. Anche noi abbiamo perso due dirigenti, di 50 e 60 anni. Uno stava guarendo, ma è morto per un’infezione contratta in ospedale. C’è stata una grande solidarietà dei colleghi per le famiglie, abbiamo assunto due loro figli”.

Però sulle prospettive economiche lei è ottimista.
“Per noi il lavoro è aumentato. All’inizio i clienti erano tutti spaventati, il mercato era crollato del 35%, c’era paura per i risparmi. Tv e giornali davano previsioni catastrofiche. Quando i clienti ci hanno contattato li abbiamo rassicurati, in alcuni casi abbiamo rovesciato il loro stato d’animo. Abbiamo spiegato che, così come si può tenere il virus fuori dalla porta, anche gli investimenti si possono proteggere. I nostri consulenti hanno fatto un lavoro straordinario, abbiamo organizzato tavole rotonde online con esperti. Il risultato è che, come raccolta totale, abbiamo già raggiunto i risultati dell’anno”.

Non va così bene a tutti. Crolleranno gli spazi per uffici e le attività connesse.
“Sì, ma aumenteranno i servizi a casa. Anche chi lavora dal proprio appartamento ha bisogno di assistenza logistica, e non solo per i computer. Nasceranno altri lavori, o si modificheranno. Il ristorante sotto la nostra sede si è convertito alle consegne a domicilio, al catering. Ma il vero problema è culturale”.

In che senso?
“Da sempre le crisi producono sferzate. Il problema dell’Italia è il fisco. Abbiamo le tasse più alte d’Europa sul lavoro e sulle imprese. Molti vedono ancora il fisco come un mezzo per ridistribuire la ricchezza. Ma è un concetto vecchio, superato, novecentesco: tassa e spendi, tassa la massa”.

E invece?
“Invece il fisco è lo strumento più efficace per la politica economica. È indispensabile per pagare i servizi, ma è fondamentale anche per indirizzare l’economia. Vuoi stimolarla? Abbassa le tasse sulle imprese. Vuoi aumentare i consumi? Abbassa l’Iva. Molti politici non si rendono conto di quanto è importante la leva fiscale per favorire gli investimenti a breve e medio termine”.

Il virus ha resuscitato lo statalismo. Tutti a chiedere sussidi, bonus e redditi di cittadinanza.
“Lo slogan ‘Nessuno deve restare indietro’ è giusto. Ma l’unico modo per farlo è creare lavoro. La gente vuole lavorare, non vivere di elemosina. E il lavoro lo creano le imprese”.

Invece i populisti amano lo stato che aiuta tutti. E hanno la maggioranza assoluta in Parlamento: grillini, leghisti, Fratelli d’Italia.
″È da sessant’anni che lavoro, ho visto l’Italia del boom, e la gente non è cambiata. Abbiamo sempre tanta voglia di fare. Non mi preoccuperei per le maggioranze parlamentari. In fondo, quando il Psi era filosovietico quanto il Pci e dall’altra parte c’era il Msi, le forze antisistema sfioravano il 50% anche allora. I partiti di governo hanno avuto sempre il problema di allargare la base democratica. Il Psi conservò una visione primitiva anti-imprese anche nel centrosinistra degli anni ’60. Il risultato fu che crollarono gli investimenti in Borsa”.

Non si sono mai granché ripresi, in Italia.
“Le imprese Usa si finanziano soltanto per il 30% con le banche, le italiane per il 90%. Non abbiamo mercato finanziario, siamo bancocentrici. Gli imprenditori americani quando investono fanno aumenti di capitale, agli italiani invece tocca andare a chiedere soldi in banca con le garanzie”.

Detto da un banchiere come lei...
“Le banche possono fare tante cose, oltre che prestar soldi alle imprese: collocare aumenti di capitale, gestire il risparmio. La principale banca Usa vale quanto le dieci più grandi banche europee”.

Il governo ha accusato le banche di essere lente nell’erogare i fondi previsti dai decreti.
“Per i finanziamenti da 25mila euro ci volevano cinque documenti. Se le aziende richiedenti ce li facevano avere in regola, noi ci mettevamo tre ore a evadere la pratica. Che poi però andava alla commissione governativa del Fondo di garanzia. La quale all’inizio si riuniva una volta al mese. E se c’era una virgola che non andava, la pratica tornava indietro. Poi la commissione si è riunita due volte al mese. Ora due volte a settimana, otto al mese. E le cose procedono”.

Lei è l’unico veneto favorevole al Ponte sullo Stretto.
“Il problema del Sud lo si risolve avvicinandolo al Nord. È assurdo che arrivando in Sicilia ci si metta ore per attraversare un piccolo braccio di mare. Il ponte può essere costruito con fondi privati, come il Tunnel sotto la Manica”.

Squilla il telefono. È don Davide Banzato, il prete presentatore tv vicino alla comunità Nuovi Orizzonti di Chiara Amirante. “Don Davide, posso richiamarti fra un quarto d’ora?”, gli dice Doris. E conclude l’intervista raccontandomi la vita di Chiara Amirante, che non conoscevo. Ma questa è un’altra storia.
Mauro Suttora

Thursday, July 27, 2017

Breve storia polemica della Costa Smeralda



Una riserva per miliardari? Una passerella per esibizionisti? Lo specchio dell’Italia facoltosa? Come sta cambiando uno dei luoghi più belli del mondo

di Mauro Suttora

Sette (Corriere della Sera), 27 luglio 2017

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Clamoroso a Porto Rotondo: il conte Luigi Donà dalle Rose, 78 anni, fondatore del borgo turistico nel 1964, caccia il consiglio d’amministrazione, vince col figlio le elezioni del Consorzio e riprende in mano la sua creatura.
Stanco delle baruffe sui parcheggi a 3 euro all’ora, dei consorziati morosi e degli abusi edilizi, dichiara: «Da noi era un paradiso, c’erano solo ville. Poi è arrivata la mafia che ha costruito palazzi interi, e anche il magico progetto di Porto Rotondo si è in parte dissolto».

Il principe Karim Aga Khan IV, 80 anni, inventore nel 1962 di Porto Cervo, prima capitale della Costa Smeralda, si guarda bene, invece, dal rientrare in gioco. Da tempo cerca di sbolognare il 49 per cento della compagnia aerea Meridiana (700 milioni di perdite in otto anni, peggio di Alitalia in proporzione) all’emiro del Qatar. Ma controlla ancora il prestigioso Yacht Club, con sede invernale a Virgin Gorda (Caraibi) e organizza regate internazionali: gli avveniristici Rc 44 dalle vele nere al carbonio, i mondiali dei Farr 40 e J/70.

Il principe e il conte hanno segnato le prime due epoche della Costa Smeralda: l’Età Aristocratica (anni 60 e 70) e l’Età Opulenta (anni 80 e 90). È seguita, nei primi quindici anni di questo secolo, l’Età B&B (Berlusconi e Briatore): politica e affari, calciatori e veline, ricchi russi e poveri noi. Sono stati gli anni in cui la Costa Smeralda è diventata un ologramma turistico, ed è (idealmente) uscita dalla Sardegna. Un’immensa piscina-con-giardino. Incantevole, ma avrebbe potuto essere ovunque.

Sopra: l'Aga Khan e Gianni Agnelli nel 1983. Sotto: l'arrivo di Ringo Starr  e famiglia a Olbia nell'agosto 1968. Aveva litigato con gli altri Beatles durante le registrazioni dell'Album Bianco, e compose Octopus's Garden sullo yacht del suo amico attore Peter Sellers, ormeggiato a Porto Cervo. La canzone poi finì nel disco Abbey Road (1969). 


Dopo un paio d’anni di transizione – meno russi, meno calciatori, meno tacchi a spillo in piscina, meno Cavaliere in versione mondana – in questo 2017 s’intravede la quarta epoca della Costa Smeralda. Bisogna trovarle un nome. Proponiamo l’Età Neoclassica: chi può permetterselo (industriali, finanzieri, artisti arricchiti, giovani ricchi digitali) torna. E torna per la bellezza dei luoghi, del clima, del servizio. Non per farsi notare. Il nuovo periodo s’annuncia niente male.

Inizio estate da record, per la Sardegna, quest’anno: se continua così si supereranno gli 11 milioni di turisti. Sei milioni solo in Gallura, di cui la Costa Smeralda rappresenta l’idilliaca parte sud-orientale, protetta dal vento di maestrale. Qui i turisti erano 5,3 milioni, l’anno scorso. Crescita a due cifre, superata la lunga crisi iniziata nel 2008? È presto per dirlo, ma il segnale è chiaro: sta succedendo qualcosa.

I costacei, in attesa di agosto, stanno con le antenne ritte. Di sicuro appare archiviato, come dicevano, il ventennio briatoresco di esibizioni, attricette e calciatori. Unico avvistato, in queste settimane, l’ex juventino Alvaro Morata con la neomogliettina veneta. Così sembravano simpatici residuati bellici, l’8 luglio a Poltu Quatu, Simona Ventura e le sue ospiti, Anna Falchi, Claudi  Melissa Satta, a dire il vero, ma lei in Sardegna è a casa.



La Costa Smeralda – si ha l’impressione – sta tornando all’anonimato miliardario degli anni Sessanta e Settanta, e aumenta la varietà degli ospiti. I primi segnali già l’anno scorso. A Ferragosto 2016 qualcuno ha stimato il valore totale degli yacht ormeggiati a Porto Cervo: tre miliardi. Patrimonio personale complessivo degli ospiti, sull’acqua e a terra, quel giorno: intorno ai cento miliardi. Fra gli altri gli svizzeri Ernesto Bertarelli (Alinghi, farmaceutica) e Sergio Mantegazza (su un panfilo con Beppe Grillo), Leonardo Del Vecchio di Luxottica, Al Fayed padre di Dodi.

Il boom è continuato all’inizio di questa stagione turistica: +46 per cento gli arrivi internazionali all’aeroporto di Olbia nel mese di giugno. Nei fine-settimana, su 600 movimenti aerei, 200 riguardano jet privati.  Anche gli ospiti italiani sono in crescita e puntano su Olbia: +10 per cento i passeggeri dei traghetti, nonostante i prezzi stabiliti dall’oligopolio Moby e Tirrenia (stessa proprietà). Una famiglia media, con auto al seguito, spende sui mille euro in agosto, e il concorrente Corsica Ferries non serve Genova.

Passi avanti anche sulla strada dell’agognata “destagionalizzazione”: il sogno di ville e alberghi pieni da maggio a ottobre, come a Portofino e Capri, Positano e Taormina, e in altre località del Mediterraneo. «Investiremo cento milioni per attirare clienti in primavera e autunno», promette Mario Ferraro, plenipotenziario dei qatarioti, che cinque anni fa hanno comprato il Cala di Volpe e gli altri hotel di lusso (Romazzino, Pitrizza, Cervo) dall’americano Tom Barrack, ora orbitante nell’area di Donald Trump. Un personaggio che nessuno si stupirebbe di trovare in Costa, un giorno: in Florida ci sarà Mar-a-Lago, ma in Gallura c’è il mare vero.



È vero però che, Trump a parte, un certo tipo di ospiti pretende un certo tipo di servizi. E non ce ne sono abbastanza, pare. «Finché il golf del Pevero rimarrà l’unico della Costa, inutile illudersi», ci spiega Donà dalle Rose. «Ho cercato per decenni di aprirne almeno un altro a Porto Rotondo. Niente da fare. Un presidente della Regione Sardegna mi disse: “C’è già un campo vicino a quello di Porto Cervo. Qui a Cagliari”. A 300 chilometri. Buonanotte. Attorno a Marbella i campi di golf sono dieci».

La nuova epoca della Costa Smeralda è anche conseguenza di fenomeni imprevedibili. Il terrorismo, inutile negarlo, ha convinto molti turisti a cambiare destinazione. «Dopo la strage di Nizza l’anno scorso sono arrivati un sacco di francesi, e stanno tornando quest’anno», constata Max Romano, dell’agenzia portorotondina Molo7 Real Estate. La paura ha danneggiato anche le stagioni turistiche di Egitto, Tunisia e Turchia. I nababbi di varie nazionalità che, in vacanza, spendono 30 mila euro al giorno – gli idoli di Flavio Briatore – in Gallura aumentano a vista d’occhio.

Così perfino Golfo Aranci, al confine della Costa Smeralda, cerca di approfittarne e si infighetta: il sindaco berlusconiano piazza sul lungomare dei box con incongrui negozi simil-lusso, imitando Porto Cervo. I ristoratori invece si scatenano con i nomi: Gambero ghiotto, Scorfano allegro, Ostrica ubriaca. Fa niente che Golfo Aranci sia soprattutto un porto per traghetti dal continente, complementare a Olbia: geograficamente è vicino a Porto Rotondo, Porto Cervo, Cala di Volpe e compagnia. Un cugino meno facoltoso, diciamo.



Anche l’arte aiuta. Sono pieni di soldi pubblici (la nuova legge sui film raddoppia i finanziamenti) gli organizzatori di festival del cinema. Non c’è solo quello storico sull’isola di Tavolara, con il pubblico e gli ospiti portati romanticamente in barca per le proiezioni, e lasciati a battersi con le zanzare. Ora molte altre località hanno, o pretendono, il loro piccolo festival. E offrono vacanze pagate ad attrici mature (Anna Galiena) e acerbe (Tea Falco), piazzandole in giuria.

Difficile che le proiezioni serali di rarefatti film d’autore attraggano i paperoni sugli yacht, però. Oggi sono soprattutto russi e arabi: il primato è dello sceicco saudita Ibn al Talal, segue il Dilbar del russo Alisher Usmanov, 156 metri. Un altro russo, Andrei Melnichenko, quest’anno ha battuto il record per i velieri: è arrivato a Porto Cervo con il suo nuovo tre alberi A, disegnato da Philippe Starck. Lungo 120 metri, gli è costato solo il 3 per cento del suo salvadanaio personale da 13 miliardi: 400 milioni.

Un’altra novità è questa. La presenza munifica del Qatar, che in Costa Smeralda ha investito molto, costringe i sardi a occuparsi di geopolitica e a preoccuparsi del disaccordo fra Qatar e Arabia Saudita. Perfino l’ospedale di Olbia è dell’emiro qatariota e l’ambasciatore è venuto per rassicurare che gli investimenti non siano a rischio.

Rischiano invece gli hotel e i ristoranti che con gli stage insegnavano un mestiere agli studenti degli istituti alberghieri. La preside di quello di Sassari li proibisce: «Troppo pochi 400 euro al mese», più assicurazione e contributi. Risultato: i ragazzi sardi rimpiazzati da stagisti di tutta Italia, e perfino svizzeri.

È invece finita, come dicevamo, l’epoca nottambula di Lele Mora, e anche quella epica e disordinata di Silvio Berlusconi. L’andirivieni di paparazzi intorno a Villa Certosa, tra il 2001 e il 2011, era pari solo a quello delle ragazze e degli ospiti politici: la foto con bandana di fianco a Tony Blair (2004) resta l’icona di un periodo finito. Ma Berlusconi, come Zelig, continua a trasformarsi e riapparire. Qualcosa in Sardegna farà, non è ancora chiaro cosa.



Sviluppi immobiliari? In fondo pure Berlusconi condivide, con il conte Donà e l’Aga Khan, il privilegio di avere fondato nuove città. Dopo Milano 2 e Milano 3, voleva creare Olbia 2: Costa Turchese, 250mila metri cubi di ville su centinaia di ettari. Ma le autorità locali gliela bloccano da più di trent’anni. La legge che vieta di costruire fino a 300 metri dal mare non ha fermato solo Costa Turchese, ma anche il raddoppio di Porto Cervo. Però diciamolo: complessivamente, ha salvato la Sardegna da varie schifezze.

Silvio immobiliare no, quindi. Mondano, forse. Berlusconi è appena riapparso a sorpresa all’inaugurazione del Country di Porto Rotondo, con la fidanzata Francesca Pascale e l’immancabile cantante Mariano Apicella. Era dal 2011 – l’anno delle olgettine e delle dimissioni – che non si avventurava nella vita notturna smeraldina, tranne una puntata da Umberto Smaila due anni fa. I ragazzi in fila per entrare, increduli, hanno accolto festosamente il giovanotto classe 1936, chiedendogli il selfie.

Altre novità? Due settimane fa Rustam Tariko, re della vodka e degli spumanti Gancia, nuovo proprietario di Villa Minerva, già favolosa residenza di Veronica Berlusconi, ha vinto la sua battaglia: la dependance da 150 metri quadri non è abusiva. Nessuno è abusivo, qui in Costa Smeralda. Basta pagare.

Anche la già citata Villa Certosa è in vendita: Silvio Berlusconi chiede 400 milioni. L’arcirivale Carlo De Benedetti si è già privato della sua residenza al Romazzino per 100 milioni, nel 2012. Si sono guatati per un terzo di secolo, l’Ingegnere e il Cavaliere: uno a Porto Cervo, l’altro a Porto Rotondo. Su quel tratto (splendido) di mare è passato un pezzo di storia d’Italia (meno splendida?).

Ma ora che il primo ha traslocato e il secondo s’è calmato, il protagonista potrebbe diventare un altro ospite affezionato e celebre, con villa accanto al campo di golf: Beppe Grillo, detto “il povero del Pevero”. C’è sempre un nuovo capitolo, nella storia polemica e politica della Costa Smeralda.
Mauro Suttora

Friday, August 19, 2016

La Pascale riaccolta dai Berlusconi

di Mauro Suttora

Porto Rotondo (Olbia Tempio), 19 agosto 2016

Sembrava finita. Prima l’operazione a cuore aperto per Silvio Berlusconi, e le accuse non tanto velate della famiglia e degli amici più stretti alla giovane fidanzata Francesca Pascale di non averlo salvaguardato dallo stress in campagna elettorale.

Poi i commenti sarcastici sulla foto di lei che piangeva da un balcone dell’ospedale San Raffaele nel giorno dell’operazione.
Infine, la quasi reclusione di Francesca a dieci chilometri da Arcore (Monza), dov’era tornato Silvio in convalescenza dopo un mese di ricovero. Berlusconi le aveva regalato la lussuosa villa Giambelli di Casatenovo un anno fa: vicini ma lontani, assieme ma non più in casa.

Tutto superato. Oggi aveva già documentato con foto che in realtà già in luglio i due si erano rivisti a cena a villa San Martino di Arcore.
E ora Francesca, che sta assieme a Berlusconi da quattro anni, è stata accolta da tutta la famigliona riunita per le vacanze a villa Certosa di Porto Rotondo.

Mancava solo la primogenita Marina, che il 10 agosto aveva festeggiato in Sardegna il suo cinquantesimo compleanno. Ma, per il resto, i rapporti di Francesca Pascale con gli altri figli sembrano tornati ottimi.
Silvio, che fra un mese compie 80 anni, è felice per la salute ritrovata, per la quiete famigliare, e anche per la doppia gravidanza delle sue figlie più giovani.

Femminuccia in arrivo

Barbara, triste per la vendita del suo Milan ai cinesi, avrà un terzo figlio dal compagno Lorenzo Guerrieri (5 anni più giovane di lei) dopo quelli con l’ex Giorgio Valaguzza. Ed Eleonora sta per regalare una nipotina al nonno, sempre con il compagno inglese, l’ex modello Guy Binns. 

Friday, August 24, 2012

50 anni di Costa Smeralda

di Mauro Suttora

Sette (Corriere della Sera), 17 agosto 2012

Il 22 agosto 1968 Ringo Starr litigò con Paul McCartney e lasciò i Beatles, mentre registravano l'Album bianco nella piovosa Londra. Prese un aereo con la moglie Maureen e fuggì per una settimana dall'amico Peter Sellers in Costa Smeralda. Lì un pescatore gli raccontò che i polpi costruiscono giardini sottomarini con sassi luccicanti. Nacque la canzone Octopus's Garden.

Succedeva così, negli anni '60: il jet set saliva sul jet privato e arrivava a Porto Cervo e Porto Rotondo, appena costruite. "Succede ancora così, in realtà", ci dice il conte Luigi Donà dalle Rose, fondatore di Porto Rotondo: "In queste settimane, come ogni estate, all'aeroporto di Olbia atterrano centinaia di aerei privati".

Sono quelli dei miliardari di tutto il mondo (ora molti russi e arabi) ignari della fine dell'era Berlusconi-Briatore, che continuano a comprare, affittare e affollare ville e yacht in Sardegna. Lontani da clamori e gossip: Carlo De Benedetti ha appena venduto la sua magione di 400 mq per cento milioni di euro (250 mila euro a mq, record mondiale, neanche agli Hamptons) ma non si conosce il nome del compratore.

La Costa Smeralda compie 50 anni. Il principe Karim Aga Khan la inaugurò nel 1962. Due anni dopo nasce Porto Rotondo, che tecnicamente non fa parte della Costa, ma da sempre è considerata gemella e rivale di Porto Cervo.

"All'inizio ci diffidarono legalmente dall'usare il nome 'Costa Smeralda'", ricorda il conte Donà, allora 24enne, "ma i rapporti con l'Aga Khan sono sempre stati ottimi. La nostra fortuna è stata la scarsa conoscenza delle lingue straniere da parte degli italiani. Andavano alle feste a Porto Cervo e si sentivano tagliati fuori, non parlavano abbastanza bene inglese e francese. E allora compravano casa a Porto Rotondo".

Allora come oggi, i portorotondini veneto-romani d'inverno era facile trovarli a Cortina, mentre Sankt Moritz è più per i portocervini. Ma si sta sempre parlando di ambienti più rarefatti di quelli del Billionaire: miliardari veri, ai quali risulta kitsch frequentare un locale chiamato come loro.

L'idea geniale da parte di Donà fu quella di regalare un appartamento a Monica Vitti e un lotto per villa a Ira Fürstenberg. Vip chiama vip, e presto ecco arrivare a Porto Rotondo Shirley Bassey, Claudia Cardinale, e poi Tognazzi, Morandi, Leroy, Rosi, Krizia...

E adesso? Si sente il cambio di stagione, dopo il ventennio Berlusconi-Briatore sporcato dalle escort? "Non mi faccia parlar male di Berlusconi", si ritrae il conte Donà, "abbiamo bisogno di lui per completare tante cose a Porto Rotondo, dal teatro alla scuola di vela, sub e pittura per 400 bambini..."

In realtà il vero passaggio di era per la Costa Smeralda arrivò vent'anni fa con Tangentopoli: non pochi imprenditori suoi ospiti trascorsero l'estate al fresco (non quello dell'aria condizionata). Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, scelse la villa sarda per i suoi arresti domiciliari.

"Il mio grande rimpianto è non essere riuscito a costruire il campo da golf con hotel annesso", dice il conte Donà. E senza golf niente turismo di lusso in autunno e primavera. La mitica "destagionalizzazione" sognata ma mai realizzata in Costa Smeralda: pieno in luglio-agosto, poi il deserto, contrariamente a Capri, Marbella, Saint Tropez o Portofino.

L'Aga Khan è scappato quando anche a lui hanno vietato il raddoppio del golf del Pevero, e ora hanno rinunciato dopo un decennio pure gli investitori statunitensi. I grandi alberghi e la Marina di Porto Cervo sono stati comprati quattro mesi fa dall'emiro del Qatar.

Ma nonostante Lele Mora, calciatori e veline le spiagge della Costa continuano a essere fra le più belle al mondo, l'acqua è veramente smeralda e pulita, e perfino l'architettura dei Porti Cervo e Rotondo, criticata ai tempi come "finta", dopo mezzo secolo ha acquistato un certo fascino agé.

Peccato i prezzi di aerei e traghetti: "Stanno uccidendo la Sardegna", denuncia il conte Donà, "i voli non dovrebbero costare più di 50 euro". Ma come, i vip non hanno i jet privati? "Negli anni '70 l'aereo per Olbia costava 15mila lire, come una cena. Ora non si può più venire solo per il weekend, il costo è troppo alto anche per un professionista con famiglia, e le ville restano vuote". Le compreranno tutte russi e arabi?
Mauro Suttora

Tuesday, December 18, 2001

L'unico paese contro l'articolo 18

CALANGIANESI CONTRO L’ART.18: LO SVILUPPO NON TEME LA FLESSIBILITA’

di Mauro Suttora
Il Foglio, 18 dicembre 2001

Calangianus (Sassari). «Assumere qualcuno in Italia è peggio che sposarsi: abbiamo paura che quando ci mettiamo un dipendente in casa, poi dobbiamo tenercelo per tutta la vita...» 
Parola di Edoardo Tusacciu, 43 anni, che con la sua Plastwood ha fatturato tre miliardi nel Duemila, 18 quest’anno e ne prevede 60 per il 2002. Lui sta facendo fortuna con Geomag, il gioco made in Sardegna che spopola in ogni continente. 

Ma Calangianus (4.700 abitanti) brilla per un altro motivo: é la capitale mondiale del sughero e dei tappi, con un distretto industriale forte di 130 imprese e un fatturato complessivo che supera i 400 miliardi. Export in tutta Europa, anche gli champagne francesi più prestigiosi (da Mumm in giù) preferiscono i tappi di questi sugherifici. 

Disoccupazione: zero. «Anzi, ho difficoltà a trovare il personale laureato che mi serve», rivela Tusacciu.
Nessuna meraviglia, quindi, che Calangianus sia l’unico paese italiano a volere la libertà di licenziamento: nel referendum radicale del maggio 2001 i favorevoli all’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (quello che impone il reintegro coatto del dipendente licenziato senza giusta causa) furono la maggioranza. La consultazione venne poi annullata assieme a tutte le altre, perché i votanti non arrivarono al 50 per cento. 

Se il quorum fosse stato raggiunto, questo sarebbe stato l’unico referendum bocciato. Dappertutto in Italia, tranne che in Gallura. Anche altri comuni della futura provincia Olbia-Tempio votarono contro l’articolo 18: Santa Teresa, Trinità d’Agultu e Buddusò (centro di un secondo distretto dei miracoli, quello delle cave di granito).

Ma il risultato di Calangianus pesa di più, perché alle ultime politiche qui hanno vinto Ulivo e Rifondazione, perché l’unico senatore Ds (Nino Murineddu) è di Calangianus, e perché hanno votato sì alla libertà di licenziare anche molti dei 1.500 lavoratori dipendenti: «Certo, non bastano i sì di artigiani e datori di lavoro per arrivare alla maggioranza», ammette Stefano Cugini, dirigente dei Ds locali, «da noi gli operai si sentono vicini alle esigenze degli imprenditori, in un clima di paternalismo. Anzi, alcuni datori di lavoro sono addirittura più consapevoli sulle garanzie dei loro stessi dipendenti».

Nei sugherifici più grandi (Molinas, Italsugheri, Tusacciu) i sindacati non attecchiscono: «Per me gli operai fanno parte della famiglia», dice Tusacciu, «ovviamente rispetto i minimi contrattuali, ma poi premio il merito. Ai migliori dò 15mila nette all’ora, cioè quasi due milioni e mezzo al mese. I miei dipendenti sanno che se vanno via di qui ci mettono solo una settimana per trovarsi un altro posto, e comunque tutti sperano di mettersi in proprio prima o poi. La mentalità è questa, dall’una e dall’altra parte, non certo quella di chi tira a campare».

Egidio Pirodda, 28 anni, di Tempio Pausania, è andato a Milano per laurearsi in Bocconi. Ora è tornato, alla Plastwood segue tutto (finanza, produzione, acquisti, personale) e guadagna tre milioni al mese. 

«Ma i primi cinque mesi ho lavorato gratis, con uno stage di prova. E per i nuovi assunti preferiamo pagare di più con un contratto temporaneo, rinunciando agli sgravi fiscali, piuttosto che farci imbrigliare: se non va, dopo tre mesi liberi noi e liberi loro. Poi assumiamo regolarmente, ma siamo flessibili su orari e permessi. Per esempio, se un ragazzo vuole fare un corso di computer ma è di turno il pomeriggio, non ho problemi a farlo uscire due ore prima. Sembrano fesserie, e invece sono particolari importanti: se i dipendenti vengono trattati bene si motivano, lavorano meglio».

E votano per la flessibilità in uscita, anche perché quella in entrata è garantita. Isola felice, la Gallura, dentro all’isola Sardegna piagata dalla disoccupazione come il resto del sud: al suo poker storico di risorse (sughero, marmo, pecorino e turismo) si sta aggiungendo un’agricoltura a discreto valore aggiunto. 

Cosicché sulle tavole vip in Costa Smeralda, nelle sere d’estate, ormai non sono più soltanti i turaccioli di Calangianus a venire stappati dalle bottiglie di champagne: si fanno strada vini locali di qualità come il vermentino Capichera o il Tuvaoes. 

E i calangianesi fratelli Molinas, re del sughero, scendono a Porto Rotondo per comprarsi lo storico Hotel Sporting, ex Ciga, il massimo del lusso, strappandolo agli americani della Starwood-Sheraton. Tramontano il principe Aga Khan e il conte Donà delle Rose, si fa strada Calangianus.
Mauro Suttora

Monday, December 17, 2001

Il Geomag di Edoardo Tusacciu

Corriere della Sera, 17 dicembre 2001

Con una barretta ti conquisterò

Inventato in Sardegna, il Geomag oggi fattura 18 miliardi

Il gioco di costruzioni che piace a mezza Italia è prodotto a Calangianus, capitale mondiale del sughero, da un ex produttore di turaccioli. Oggi è esportato in trenta Paesi, compresi gli Usa «Due anni fa nessuno mi prendeva sul serio, né mi facevano credito - dice Tusacciu -. Oggi non riusciamo a star dietro a tutti gli ordini»

di Mauro Suttora

«Abbiamo un solo problema: non riusciamo più a star dietro agli ordini. Le nostre quattro macchine producono duecentomila barrette al giorno, per un valore di 120 milioni, e funzionano sempre, senza fermarsi mai. Abbiamo assunto 50 persone, ma non bastano».

Edoardo Tusacciu, 43 anni, fino all' anno scorso era un tranquillo produttore di turaccioli in sughero. Uno dei maggiori a Calangianus (Sassari), paese di cinquemila abitanti che dei tappi per bottiglia è la capitale mondiale: fra i clienti, anche i nomi più raffinati dello champagne francese. Ma oggi Tusacciu si è trasformato in industriale del giocattolo: dentro a un capannone del suo sugherificio nasce Geomag, gioco di costruzioni esploso dai tre miliardi di fatturato del 2000 ai 18 di quest' anno, fino ai 60 previsti per il 2002.

La scintilla è scoccata nella testa di un consulente aziendale, Claudio Vicentelli: inventore a tempo perso, ha messo a punto un sistema di barrette e sfere magnetizzate che creano complicate strutture geodetiche. A metà strada fra il Lego e il cubo di Rubik, Geomag può comporre le figure suggerite nelle istruzioni, ma anche quelle scaturite dalla fantasia dei giocatori: forme architettoniche, ingegneristiche, cristalline.

«Vendiamo perfino alle università, usano Geomag per riprodurre geometrie molecolari - si vanta Tusacciu - e abbiamo raggiunto i primi cinque posti nella classifica dei giochi di costruzione prodotti in Italia». Confermano alla Toycenter, la più grande catena italiana di giocattoli: «Sì, Geomag vende bene, in vari negozi ra esaurito ben prima di Natale».

Ormai i giganti dei giochi italiani (Preziosi, Clementoni, Editrice Giochi) e stranieri (Mattel, Hasbro) importano gran parte dei loro prodotti dall' Estremo oriente. Ma Plastwood, la società che produce Geomag, resta a Calangianus. «Il costo della manodopera per noi non è un problema - spiega Tusacciu - fanno tutto le macchine e la produttività è alta: basta un operaio per ogni miliardo di fatturato. All'inizio mi prendevano per pazzo, le banche non mi hanno neppure anticipato i soldi per un nuovo capannone. Così ho dovuto piazzare la prima macchina in un angolo del sugherificio. Ora invece esportiamo in trenta Paesi».

Sfondare nello sterminato mercato statunitense è fondamentale: gli americani comprano da soli più giocattoli di tutto il resto del mondo, spendendo 20 miliardi di dollari all' anno. Per questo gli Stati Uniti sono l' unico Paese, oltre alla Germania, dove Plastwood ha messo in piedi una filiale. Finito il rush di Natale, partirà l' attacco al succulento mercato dei giochi da tavolo con un nuovo prodotto: il «Catchmag», che verrà presentato alla Fiera del giocattolo di Milano dal 18 al 21 gennaio: «Puntiamo a un milione di copie», spera Tusacciu.

Calangianus è un' isola felice in Sardegna. Il distretto del sughero garantisce la piena occupazione, le sue 130 imprese fatturano oltre 400 miliardi. Un operaio può guadagnare due milioni e mezzo al mese. Non è un caso che Calangianus sia l' unico paese italiano ad avere votato contro l' articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (quello che impone il reintegro per i licenziati senza giusta causa), nel referendum radicale del maggio 2000 poi annullato dalla mancanza del quorum. «Qui tutti i lavoratori dipendenti aspirano a mettersi in proprio», spiega Tusacciu.

I principali industriali del sughero diversificano: i fratelli Molinas hanno acquistato dalla Ciga il favoloso Hotel Sporting di Porto Rotondo, e si sono lanciati anche nel settore dei porti turistici. Ora Tusacciu ha messo in piedi il miracolo Geomag, e il suo principale nemico sono diventati i falsari: a Napoli sono state sequestrate settemila scatole imitate perfettamente. Lui agli americani riesce a venderli a mezzo dollaro ciascuno, quei magici bastoncini magnetizzati: ovvio che l'idea faccia gola a molti.

Mauro Suttora

Sunday, July 01, 2001

Costa Smeralda capitale d'Italia

di Mauro Suttora

mensile Capital, luglio 2001

Costa Smeralda di nuovo capitale politica - oltre che mondana - dell’Italia, come nel 1994. E quindi processioni di politici nella villa del nuovamente presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a Porto Rotondo, con annesse tavolate nei ristoranti e comparsate nei locali.

Ma cosa sale e cosa scende sulla Costa, quest’anno? Fra i ristoranti, immutabile l’appeal del Gallura di Olbia. A Porto Cervo debutta l’elegantissimo Vecchio Stazzo (con ottima musica live), aggiungendosi agli altri «classici» di Liscia di Vacca: Piccolo Ciucheba, Briciola e Rosemary (quest’ultimo preferito dai miliardari inglesi). 

In centro, resiste Su Marineri sotto l’hotel Cervo. Un po’ di stanchezza per Pedrinelli e la Mola, nonostante la clientela affezionata, anche perché all’uscita in agosto il traffico è spesso bloccato dagli aficionados dei locali notturni: in testa, per il terzo anno consecutivo, il Billionaire. A seguire il Sottovento, mentre arrancano Pepero e Sopravento.

La moda dell’estate 2001 è il letto in discoteca, lanciato dal Mama Orsa di Poltu Quatu. Out il Peyote e lo Smaila’s, infestati dai ragazzotti. A Porto Rotondo fra i ristoranti resistono Portico, Giovannino e Clipper, mentre fra i locali si celebra il gran ritorno del Tartarughino, spostato in centro dopo che la precedente location è stata trasformata in villona. Anche il Country si è rinnovato. 

Ma il sogno proibito rimane, anche per l’eccelso Cala di Volpe (gala l’11 agosto con Amii Stewart e il 21 con gli Imagination), la presenza della first lady Veronica Berlusconi. Finora negata a tutti.