Negli Usa la diga proibizionista è crollata, ora anche New York. Perché i benefici sono innumerevoli
di Mauro Suttora
HuffPost, 29 marzo 2021
Ha ragione la nonna dei fiori Erica Jong, 79 anni: senza il brivido del proibito, che fascino avrebbero gli spinelli? Anche per questo la sua New York, dove lei furoreggiò con 'sex & drugs', ha deciso di legalizzare marijuana e hashish. È il 14esimo stato Usa a farlo: la diga è crollata. Cinque mesi fa altri tre stati hanno liberalizzato le canne con un referendum, assieme al voto presidenziale. Ormai la maggioranza assoluta degli statunitensi è antiproibizionista, visti i risultati positivi ottenuti negli ultimi vent'anni in California, sempre pioniera.
I benefici sono innumerevoli: le droghe leggere portano soldi non più alle mafie, ma alle casse pubbliche (New York prevede 350 milioni di entrate tassandole al 9%); si risparmiano i costi della repressione poliziesca; i tribunali si disintasano; si spezza il legame con le droghe pesanti; si decriminalizzano le minoranze nere e ispaniche, i cui giovani vengono arrestati per spaccio.
Ma soprattutto, è caduta la grande paura dei proibizionisti: la libertà di fumare non ha provocato un aumento del consumo. Neanche una diminuzione, ma almeno ora gli spinelli sono diventati come alcol e tabacco: chi vuole smettere ha soltanto un problema psicologico e medico, da curare come gli alcolisti anonimi, senza carceri e poliziotti a rovinarti la vita.
È stato un brutto incubo, durato mezzo secolo. Fu nel 1970, infatti, che il presidente Nixon dichiarò "guerra alla droga". Guerra fallita, come già il primo proibizionismo Usa anti-liquori degli anni '20, il cui unico risultato fu quello di arricchire gli Al Capone. Basta vedere il film 'C'era una volta in America': "E ora che facciamo?", si chiesero smarriti i mafiosi nel 1933, quando il saggio Roosevelt pose fine all'illusione punitiva.
Quanto all'Italia, tutti noi sappiamo che metà dei nostri compagni a scuola si facevano le canne. La notizia non è che i giovani continuano a fumare, ma che ora ne approfittano anche i 'buoni': il disastro dei carabinieri spacciatori di Piacenza dimostra che è urgente depenalizzare anche da noi almeno le droghe leggere, prima che il cancro della corruzione si diffonda a livelli messicani.
Ricordo l'arresto di Walter Chiari e Lelio Luttazzi 50 anni fa: al bambino che ero parve incredibile che il presentatore del suo programma radio preferito, Hit Parade, finisse dentro. Che fosse un 'cattivo', un drogato. All'adolescente che ero nel 1975 sembrò ragionevole che Marco Pannella si facesse arrestare per uno spinello, allo scopo di far cambiare la legge. Avevo studiato Antigone e Gandhi, mi entusiasmai. Grande delusione nel 1988, quando Craxi da progressista divenne reazionario e sposò la repressione. Nè ho mai capito i capi delle comunità antidroga che volevano il carcere per i loro malati: infermieri o aguzzini?
Preistoria. Oggi confesso che noi boomer antiproibizionisti siamo esausti. Ci accontentiamo di 'piccoli passi' come le depenalizzazioni per consumo personale, modica quantità, uso terapeutico. E l'Italia non è diversa dall'Europa: tranne Spagna e Olanda, le droghe leggere rimangono 'illegali' dappertutto, perfino nell'illuminata Scandinavia. Quindi diffusissime. "Il male non si combatte proibendolo", ripetono inascoltati i radicali.
Personalmente, dopo il primo spinello che mi fece solo tossire non ho riprovato. Men che meno quando vivevo a New York: vent'anni fa mi avrebbero arrestato, come se avessi osato fumare tabacco nel tavolino all'aperto di un bar o avessi bevuto vino sul marciapiede davanti allo stesso bar (i benpensanti fascistoidi così preoccupati per la nostra salute emettono leggi ridicole, cosicché gli adepti di bacco e tabacco per farla franca in simultanea si sedevano al confine fra i due opposti divieti: bicchiere in una mano e sigaretta nell'altra, dentro agli spazi leciti).
In realtà c'è poco da scherzare: ogni estate la polizia italiana sbatte in galera centinaia di giovani coltivatori diretti di marijuana, dalla Sardegna alla Calabria. Leggo le cronache di complesse operazioni alla James Bond: elicotteri per scovare i campi nascosti, appostamenti, pedinamenti, indagini. Intanto mezza Albania è coltivata a canapa indiana, i migranti vengono arruolati nel racket dello spaccio, miliardi regalati alla 'ndrangheta. E metà dei nostri detenuti scontano pene per reati legati alla droga. Sorge spontanea la domanda: di cosa potrebbero occuparsi più utilmente poliziotti e magistrati, depenalizzando come a New York? Quanti carcerati in meno?
Fuor di provocazione, propongo costruttivo: ok, come volete voi, ancora cinque anni di proibizionismo. Ma se non funziona, se il consumo di stupefacenti non si riduce, questa volta cambiamo. Proviamo qualcosa di diverso. Senza slogan diabolici come 'Sesso, droga e rock'n'roll'. Pragmaticamente.
Mauro Suttora