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Wednesday, January 06, 2021

Assalto alla democrazia, America nel caos

Trump incendia, i suoi obbediscono. Spari, lacrimogeni e devastazione al Congresso. Donald non molla

di Mauro Suttora

HuffPost, 6 gennaio 2021

Scene di guerra civile da Washington. I manifestanti trumpiani, reduci da un comizio incendiario del presidente uscente Donald Trump che li ha incitati ad andare sotto il palazzo del Congresso, alle 14.30 ora locale sono riusciti a penetrarvi superando le guardie e aprendosi una breccia attraverso porte e finestre. Sono state estratte le pistole e, secondo diverse fonti, esplosi degli spari: una donna sarebbe stata colpita al petto e sarebbe grave, riporta la Cnn, e altre persone, tra cui diversi agenti, sono rimasti feriti negli scontri. 

Sono immagini di pura follia quelle che arrivano dal Congresso: manifestanti travestiti che prendono di mira le forze dell’ordine, un trumpiano che si siede sullo scranno di Mike Pence per scattarsi un selfie, un altro alla scrivania di Nancy Pelosi, e altri manifestanti che si fotografano accanto alle statue dei padri fondatori americani. E ancora: parlamentari con le maschere a gas tirati fuori di corsa dalle aule e dagli uffici dagli uomini di polizia per essere evacuati, il fumo di gas lacrimogeni nella storica rotonda del Campidoglio.

I parlamentari, riuniti in seduta comune per ratificare l’elezione del nuovo presidente Joe Biden, hanno dovuto interrompere i lavori e sono stati segregati in una zona sicura predisposta contro gli attacchi terroristici, altri sono stati evacuati. Il sindaco di Washington ha dichiarato il coprifuoco per le 18. Il presidente uscente ha invitato con un tweet i suoi manifestanti a obbedire alla polizia. Troppo tardi, perché ormai la situazione era già sfuggita di mano.

La verità è che Trump non mollerà mai. Oggi ha arringato la folla di repubblicani convocati nella spianata fra la Casa Bianca e il Congresso proprio nei minuti in cui il Congresso si riuniva.

Tutti i ricorsi di Trump sono stati respinti dai tribunali, ma lui insisterà per il resto della sua vita a definire “truccate” le elezioni che ha perso. E ieri ha perso di nuovo. La Georgia ha eletto due senatori democratici, dando al partito di Biden la maggioranza alla Camera alta. Il margine è minimo: 51 a 50, sarà la nuova vicepresidente Kamala Harris a fare la differenza come presidente del Senato. Ma la disfatta repubblicana è totale: per la prima volta da dieci anni sono in minoranza al Senato, oltre ad aver perso la Camera bassa e la presidenza.

Naturalmente Trump ha rifiutato anche la sconfitta in Georgia: il 50 virgola qualcosa per cento dei democratici, solo 17mila voti in piu, è un invito a nozze per la sua bellicosità. “Anche ieri c’è stato un set-up, una trappola!”, ha urlato dal palco.

Il problema è che buona parte dei suoi 74 milioni di elettori gli crede. Sono convinti di essere vittime di una truffa colossale. E adesso Trump attacca anche i repubblicani che non fanno fuoco e fiamme come lui. Sono loro, più che i democratici, il suo nuovo bersaglio: i “weak republicans”, i deboli come il vicepresidente Mike Pence e gli altri senatori che accettano la sconfitta.

Lui ormai è su un altro pianeta, quello del complottismo. Quasi sicuramente diserterà la cerimonia di inaugurazione fra due settimane. Non stringerà la mano al suo successore.

È la prima volta che capita, nel quarto di millennio della storia Usa. Ed è gravissimo, perché approfondisce il fossato fra le due Americhe.

“Bisogna saper perdere”, cantavano i Rokes a Sanremo 1967. Niente da fare, per l’arrogante Donald perdere con stile è impossibile. Chi soccombe è solo un “loser”: il peggior insulto che conosca.

Aspettarsi da lui almeno il rispetto del galateo istituzionale è speranza vana. Perché lui è il Supercafone immortalato dal Piotta, e la giornata di oggi con il definitivo schiaffo in Georgia e il trionfo di Biden non è stata il ‘reality check’, il ritorno alla realtà, ma solo l’inizio della sua nuova campagna elettorale permanente. I repubblicani senzienti, come Mitt Romney, faticheranno a sbarazzarsi di questo tumore.

Mauro Suttora

Wednesday, October 01, 2008

Ultimo appello di Bush

"AGIRE, O GUAI PEGGIORI"

Dopo il no del Congresso al piano da 700 miliardi. Imbarazzo di Obama e McCain

Libero, mercoledì 1 ottobre 2008

di Mauro Suttora

Questa volta ha parlato dalla biblioteca della Casa Bianca, con uno sfondo tranquillo di libri sul caminetto. George Bush ha voluto «dare il tono di una conversazione», come ha spiegato la sua portavoce, al messaggio tv trasmesso ieri mattina a un’ora inusuale: le 8 e 45. Prima dell’apertura della Borsa a New York, per spargere fiducia dopo il crollo (meno 9%) del giorno precedente. Di solito il presidente parla dall’Ufficio ovale, soltanto nel gennaio 2007 aveva preferito la biblioteca. Fu la prima volta che ammise errori nella guerra d’Iraq, ma annunciando l’invio di rinforzi.

Ora invece l’avversario di Bush non si sa bene chi sia. I deputati repubblicani e democratici si rimpallano la responsabilità di avere bocciato il suo piano di salvataggio dei titoli immobiliari, dopo il sì del Senato. Ma il voto negativo è stato trasversale: hanno detto no sia 133 repubblicani, sia 95 democratici. Contro tutti gli accordi di vertice, ha prevalso il vecchio istinto popolare americano del «chi rompe paga». Nessuna salvezza per gli speculatori di Wall Street che si sono arricchiti provocando disastri. Nessun aiuto, soprattutto, con i soldi dei contribuenti. Non tanto per la somma: 700 miliardi di dollari, in fondo, gli Stati Uniti li spendono in un solo anno per le Forze armate. «Ma non potevamo certo prendere la decisione finanziaria più importante nella storia del nostro Paese in così poco tempo, senza spazio per un dibattito serio», si è lamentato John Yarmuth, deputato democratico del Kentucky.

Insomma, il piano di Bush è stato sconfitto più per ragioni di metodo che di merito. I repubblicani hanno infranto la disciplina di partito schifati dall’indigeribile minestra assistenziale statalista, ma anche perché la capogruppo democratica Nancy Pelosi ha fatto di tutto per provocarli: «Con questi soldi rimediamo a otto anni di disastri della presidenza Bush», ha detto prima del voto. E figurarsi se i repubblicani, imbufaliti per quest’accusa, le andavano dietro.

«La verità è che tutti sappiamo che nel giro di due-tre giorni torneremo a votare, e diremo sì dopo che Bush avrà reso più presentabile la proposta», ammette Yarmuth. Lo ha detto anche il presidente alla tv: «Voglio assicurare i cittadini di tutto il mondo che il no della Camera non è la fine del processo legislativo. Siamo in un momento critico e abbiamo bisogno che l’economia americana torni a girare». Quindi un avvertimento ai deputati riottosi: «Se continuiamo in questo modo i danni per l'economia saranno dolorosi e duraturi».
E la spiegazione di buon senso, capace di coinvolgere tutti: «Il crollo drammatico in borsa di ieri avrà un impatto diretto sui fondi pensione e sui risparmi personali di milioni di nostri concittadini».
Siamo tutti sulla stessa barca, insomma. Anche se le barche di alcuni pescecani di Wall Street continueranno a essere yacht, grazie a questo piano di assistenza.

Ormai Bush ha di fronte a sè solo tre mesi di mandato, che lui sia stato sconfitto importa a pochi. Stupisce invece l’evanescenza dei candidati, entrambi imbarazzati e paurosi di perdere voti.
Il democratico Obama propone un’assicurazione statale sui conti bancari fino a 250 mila dollari, auspica che il piano venga approvato, ma precisa subito che «dal mio primo giorno da presidente lavorerò per cambiarlo». Come, non lo dice.
Quanto al repubblicano McCain, deve sfuggire all’abbraccio mortale di Bush e vuole apparire super partes: «Non è questo il momento di incolpare qualcuno».

Come al solito, le Borse hanno capito subito l’aria che tira. Già prima del discorso di Bush quelle asiatiche avevano sì accusato perdite, ma non eccessive. Solo Tokyo giù del 4%, Hong Kong ha perso l’uno, e Seul lo 0,5. Shanghai era chiusa per una festa cinese. Poi sono arrivati i rimbalzi europei, e infine il guadagno di New York, aumentata di oltre il 3%. Perfino Mosca, che prima del discorso di Bush aveva dovuto chiudere per eccesso di perdite, ha finito la giornata con un lieve rialzo.

Mauro Suttora