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Monday, January 20, 2025

Presidente Grasso, la P2 è una cartuccia bagnata



















L’ex presidente del Senato critica legittimamente la separazione delle carriere ma, quando lo fa perché la voleva Licio Gelli, usa un argomento liso e deludente

di Mauro Suttora

20 gennaio 2025 

Caro presidente Pietro Grasso, lei ci delude. Oggi sulla prima pagina de La Stampa critica la separazione delle carriere fra magistrati inquirenti e giudicanti, appena approvata dalla Camera. “Incubo di gelliana memoria”, la definisce già nelle prime righe. Non ci aspettavamo questa insinuazione da parte sua. 

Per il resto, lei ha ottimamente argomentato - come sempre - contro la riforma, spiegando perché a suo avviso è “ipocrita, costosa e inutile”. Ma proprio per questo il fugace accenno a Licio Gelli appare sovrabbondante. Ci possono essere tante ragioni per non separare pm e giudici. L’unica non potabile è quella che rimanda al capo della loggia P2. Perché il suo minuscolo aggettivo "gelliana" apre appunto scenari da incubo.

Non è detto che gli under 40 ricordino bene cosa fu lo scandalo di quel pezzo di massoneria deviata che si era impadronita di gangli vitali del Paese: capi delle forze armate, dei servizi segreti, di politica, informazione, economia. Da Silvio Berlusconi a Maurizio Costanzo, dalla Rizzoli al Sisde, dall’avvelenato Michele Sindona all’impiccato Roberto Calvi. Ringraziamo tuttora i pm Giuliano Turone e Gherardo Colombo che scoprirono il verminaio nel 1981.

Ma, appunto, sono passati 44 anni. E rivangare ancora, dopo quasi mezzo secolo, uno dei tanti punti del programma politico golpista della P2 - la separazione delle carriere - equivale a sparare con cartucce bagnate. Quando proprio non si hanno altri argomenti, allora di solito si tira fuori la P2. 

Caro presidente, la ricordiamo benevolmente divertito dieci anni fa mentre ascoltava paziente e paterno le invettive grilline, in particolare quelle della discola Paola Taverna contro Berlusconi. Ecco, non vorremmo che appena doppiati gli 80 anni (auguri in ritardo) anche a lei capiti di adottare una tantum qualche modalità della propaganda grillina.

Certo, l'archeologia sembra essere il passatempo prediletto di alcuni magistrati (inquirenti), soprattutto dalle parti di Firenze. Cosa c'è di più avvincente di una trattativa stato-mafia, seppure avvenuta 33 anni fa? Soltanto scoprire chi uccise John Kennedy, probabilmente. Non sappiamo se alcuni reati siano imprescrittibili, ma si potrebbe utilmente indagare anche su Salvatore Giuliano, o sul padre di Claretta sospettato di avere addirittura ammazzato un papa.

Insomma, ci perdoni, ma utilizzare ancora i complotti massonici nel dibattito politico ci pare degno più di un cospirazionista da social che di un impeccabile ex presidente del Senato. Anche perché il rapporto causa-effetto risulta improbabile: in fondo Hitler era vegetariano e amava i cani, ma ciò non getta disdoro sugli attuali vegani e cinofili. Il famoso rapporto teleologico, ci insegnarono a giurisprudenza. A meno di non iscrivere d'ufficio a una molto postuma P2 perfino Marco Pannella e Antonio Di Pietro, favorevoli alla separazione delle carriere.

Con immutata stima, presidente. 

Thursday, April 15, 2021

Sui vitalizi ha vinto Del Turco. La legge del contrappasso punisce M5s

RIPRISTINATO DAL SENATO PER L'EX GOVERNATORE D'ABRUZZO OGGI GRAVEMENTE MALATO. GLI ERA STATO TOLTO SEI ANNI FA

di Mauro Suttora

HuffPost, 15 aprile 2021

Ha vinto Ottaviano Del Turco. O quel che resta di lui, visto che il 76enne ex vice di Luciano Lama nella Cgil e governatore d’Abruzzo ha Parkinson, Alzheimer, un tumore, e non riconosce più neanche i familiari. Oggi, dopo una furibonda battaglia di due ore da parte degli unici contrari, i grillini, il consiglio di presidenza del Senato ha ripristinato il suo vitalizio. Gli era stato tolto sei anni fa dall’ex presidente di palazzo Madama, Pietro Grasso, dopo la condanna di Del Turco per una tangente.

Proprio questa settimana il suo unico accusatore Vincenzo Angelini, già re delle cliniche private abruzzesi, ha avuto confermati in Cassazione gli otto anni di carcere per malversazioni col servizio sanitario regionale. Con sequestro di tutto il suo patrimonio.

Il colpo di scena per Del Turco è arrivato ieri, con la sentenza dell’organo interno del Senato che ha decretato l’incostituzionalità della delibera Grasso-Boldrini del 2015: non può esistere un ‘supplemento di pena’ in base soprattutto alla legge sul reddito di cittadinanza di due anni fa. Cioè il provvedimento simbolo dei 5 stelle. Per un’incredibile nemesi, insomma, sono stati proprio i grillini a ripristinare, senza volerlo, l’odiato vitalizio per il politico più da loro odiato: Roberto Formigoni.

Anche lui condannato come Del Turco, ma non per reati di terrorismo o mafia. E poiché non è né latitante né evaso, gli si applica lo stesso trattamento dei beneficiari del reddito di cittadinanza, che possono perderlo soltanto in questi casi.

È anche curioso che il relatore della sentenza sia stato il senatore leghista Pillon: si è così spezzato l’asse populista forcaiolo Lega-M5s.

Oggi, per quel principio giuridico sconosciuto ai grillini che si chiama equivalenza per analogia (trattare egualmente situazioni simili), dopo il ripristino dei 3.400 euro mensili di vitalizio a Formigoni, è stato ridata una somma simile anche a Del Turco. 

Il quale, tiene a precisare il figlio Guido, “non si è mai impossessato di un solo euro di denaro pubblico della sanità abruzzese. Mio padre è stato assolto da tutte le venticinque originarie imputazioni per le quali fu arrestato con molti esponenti della sua giunta, poi assolti anche essi, con l’accusa di aver preso sei milioni da Angelini. Sono rimaste in piedi solo quattro ipotizzate dazioni di denaro per 850mila euro. Ma la stessa condanna riconosce che quelle pretese ‘mazzette’ da parte di Angelini, mai provate oltre le sue parole, furono del tutto estranee alle risorse della sanità pubblica”.

Mauro Suttora

Wednesday, January 20, 2021

L’Italia è una Repubblica fondata sul Var

di Mauro Suttora


HuffPost, 20 gennaio 2021

Dalle ore 22 e 14 del 19 gennaio 2021 l’Italia è una repubblica fondata sul Var. Dimenticate il primo articolo della Costituzione, che citava il lavoro: ormai ce n’è poco, è stato sostituito dal reddito di cittadinanza, è più un diritto che un dovere.

No, la nuova frontiera della democrazia è il Video Assistant Referee: arbitro assistente video, quindi maschile, sbagliato dire “la Var”. La presidente del Senato Elisabetta Casellati ieri sera ha chiesto ai suoi questori di rivedere le riprese della seduta dopo aver chiuso la votazione sulla fiducia al governo Conte. E quelli hanno stabilito che i senatori Lello Ciampolillo (ex grillino) e Riccardo Nencini (socialista) potevano votare, perché lo avevano chiesto alzando la mano pochi secondi prima del termine.

Urla di protesta, naturalmente, proprio come negli stadi. Questa volta i tifosi imbufaliti erano quelli di centrodestra, visto che i due senatori hanno votato per Conte, portando il suo esiguo bottino a quota 156.

La coppia di ‘costruttori’ (o voltagabbana, per i loro avversari) ha aspettato ben due ‘chiame’ (gli appelli in ordine alfabetico) prima di esprimere la propria scelta. “La riunione di segreteria del Psi è finita tardi”, si è giustificato Nencini. Eppure avevano avuto tutto il tempo per decidere, quindi il ritardo è sospetto. Hanno fatto i preziosi? Esibizionismo? Imbarazzo per il loro passaggio dall’opposizione alla maggioranza, denominato volgarmente ‘salto della quaglia’?

Le cronache da Bisanzio registrano che, in ogni caso, l’innovazione procedurale introdotta dalla Casellati non è stata pro domo sua, visto che lei è di centrodestra. Ma aspettiamoci d’ora in poi bisticci infiniti: i parlamentari pigri e sbadati chiederanno il Var ogni volta che si attarderanno al bar.

Non è la prima volta che la moviola entra in aula. Il povero senatore Barani (pure lui socialista) ha avuto la carriera stroncata nel 2015 quando la terribile grillina Taverna gli si scagliò contro, accusandolo di avere mimato con mano e bocca un rapporto orale a commento di un intervento della collega Lezzi.

Processo, replay, sporcaccione sospeso e non ricandidato.

Soltanto che nella foga l’incantevole Taverna commise un errore: ripeté il gestaccio per convincere l’allora presidente Grasso, più divertito che allibito, ad aprire il procedimento. Cosicché oggi, in quell’immenso Var che è la rete, si reperisce più facilmente il video della denunciante che quello del reprobo.

In realtà la moviola è la peggior nemica dei politici, perché li inchioda al loro passato. Prossimo o remoto: Veltroni che annuncia di trasferirsi in Africa, Renzi che promette di lasciare la politica se perde il referendum, il grillino che giura di ridursi lo stipendio a 2500 euro, il Salvini comunista padano, la Meloni fascista hobbit.

Prima delle videocamere c’erano fotografi che si guadagnavano da vivere appostandosi per ore e ore in tribuna stampa al solo scopo di cogliere attimi imbarazzanti: i ‘pianisti’ che votavano di nascosto per il vicino assente, il parlamentare dormiente, la Jotti col dito nel naso. Agguati poi amplificati da Striscia la Notizia, con Tapiro d’oro al malcapitato.

In realtà, nella nostra nuova repubblica fondata sul Var, non possiamo che ringraziare le videocamere. Che, è vero, ci angustiano con gli autovelox. Ma, installate a milioni su ogni strada, hanno permesso un incommensurabile balzo in avanti alle statistiche su casi risolti, criminali catturati, pirati della strada individuati. Fino agli stupratori esibizionisti come Genovese, che regalano essi stessi prove agli inquirenti con i filmatini da distribuire agli amici.

E quando useremo il Var anche fra marito e moglie, nessun Ciampolillo la farà franca: annienteremo il coniuge colpevole con un semplice rewind, facendogli risentire o rivedere la scemenza detta un’ora, un giorno, un mese prima.

Mauro Suttora