Nel 1970 moriva Angelo Rizzoli, il nostro fondatore. Noi lo ricordiamo così
Orfano di un ciabattino analfabeta, lui stesso poco colto, creò un impero editoriale e cinematografico. Ecco come lo descrivono i suoi giornalisti, dalla Fallaci a Montanelli, da Enzo Biagi a Occhipinti
di Mauro Suttora
Oggi, 4 ottobre 2010
«Non gli ho mai sentito dire una parolaccia, mai visto fare un verso sconcio, e anche quando dava un ordine era delicato: “Abbia l’amabilità di farmi questa cosa”, “Lei dovrebbe essere così gentile da farmi questo”».
Con queste parole, quarant’anni fa, Oriana Fallaci ricordava sull’Europeo il suo editore Angelo Rizzoli appena scomparso a 81 anni.
Così la scrittrice proseguiva la descrizione del fondatore della casa editrice omonima che pubblica anche Oggi e che ora, inglobato il Corriere della Sera, si chiama Rcs: «Quando gli piaceva una donna, le lodava gli occhi. Non diceva “belle gambe” o “bel corpo”, diceva “begli occhi”. Quando si dedicava a lei, la trattava col rispetto e la cautela che si deve a un fiore».
«Nell’atrio del suo moderno stabilimento di via Civitavecchia [oggi via Rizzoli, ndr] viene ancora ostentata come cimelio e blasone la sua prima linotype [del 1909], comprata coi risparmi del salario d’operaio tipografo, mestiere che gli avevano insegnato all’orfanatrofio».
Altri ricordi sono contenuti nel libro celebrativo Angelo Rizzoli 1889-1970: «Raccontava quasi con civetteria della povertà che aveva sofferto da piccolo», ricorda Paolo Occhipinti, direttore storico di Oggi, assunto da Rizzoli nel ’58, e tuttora direttore editoriale del nostro giornale.
«Diceva: “Vivevamo in miseria in una zona molto ricca di Milano. È la cosa peggiore che ci sia, quella di essere poveri in mezzo ai ricchi. A scuola mi trovavo sempre da solo, isolato all’ultimo banco, perché nessuno voleva stare accanto a me. Il giorno più bello della mia vita di bambino fu il 10 febbraio 1895, quando entrai nell’orfanatrofio. Lì finalmente fui felice, perché ero un povero fra i poveri, uguale a tutti gli altri”». «La mamma gli tagliava i capelli e la maestra, supponendo che in quella chioma buffa potessero alloggiare anche animaletti fastidiosi, lo isolava nell’ultimo banco», rivelò poi Enzo Biagi.
Film di Manfredi e Fellini
Rizzoli, figlio di un ciabattino analfabeta morto prima che lui nascesse, non leggeva i libri che pubblicava. «Però aveva per i loro autori un rispetto reverenziale», precisò Montanelli. «L’ultima volta che l’ho visto, a Lacco Ameno d’Ischia, era contento del film che aveva messo in lavorazione con Nino Manfredi regista e interprete [Per grazia ricevuta, del 1971, ndr] e cercò di raccontarmi la trama. La parola non era mai stata il suo forte. Fece un tale garbuglio che alla fine se ne accorse anche lui, e in tono mortificato interpolò: “Scusami sai, io ho fatto la quinta elementare alle serali”. Molti si domandano come abbia fatto quest’uomo incolto a diventare uno dei più grandi impresari di cultura. Della prosa che mandava sotto i torchi non sapeva nulla. Ma sugli uomini che venivano a offrirgliela non prendeva abbagli».
Conferma Occhipinti: «La sua grande qualità era saper scegliere gli uomini. Per intuito aveva detto sì a quel matto di Fellini che gli proponeva La dolce vita, a Edilio Rusconi che gli suggeriva di fare uscire Oggi, settimanale per la famiglia, e agli inventori della Bur, la Biblioteca universale Rizzoli».
«Dicono che prima della Seconda guerra mondiale possedesse già un miliardo di lire», ha scritto Biagi, «e che alla sua morte nel 1970 gli eredi ne hanno trovato in cassa cento. Ma diceva che i quattrini bisogna farseli perdonare. Non fu entusiasta quando il figlio Andrea decise di comperare un aereo: gli pareva troppo. Quando entrava nei casinò, perché gli piaceva giocare, aveva di solito dietro un codazzo. Regalava alla compagnia fiches di centomila lire; i più furbi le infilavano in tasca. Se gli andava male si vergognava: “Ho perso quello che la mia segretaria guadagna in cinque anni”».
«Nel 1954 incontrai Rizzoli a San Felice Circeo», ricorda Giulio Andreotti, «e lui si lamentava della poca comprensibilità del linguaggio politico. Mi offrì la direzione di un giornale divulgativo: nacque così il quindicinale Concretezza, che pubblicò per 22 anni. La sua amicizia con Nenni [capo del Psi,ndr] era nota, ma aveva apprezzato anche me».
Mauro Suttora
Wednesday, October 13, 2010
Silvio, sono tutti figli tuoi
A 74 anni, Berlusconi è il capo occidentale più anziano. E se ne vanta. Ma sono anche altri i record di durata che conquista, Per esempio, nessun premier in Italia (tranne i governi tecnici di Fanfani) è mai stato più vecchio di lui. Craxi quando lasciò Palazzo Chigi aveva solo 53 anni, Spadolini 57, Moro 60.
di Mauro Suttora
"Sono il più anziano ed esperto fra i leader dei Paesi occidentali"
(Silvio Berlusconi, 30 settembre 2010, al Senato)
BERLUSCONI anni 74
MERKEL (Germania) 56
SARKOZY (Francia) 55
ANSIP (Estonia) 54
SOCRATES (Portogallo) 53
KUBILIUS (Lituania) 53
HARPER (Canada) 51
STOLTENBERG (Norvegia) 51
ZAPATERO (Spagna) 50
FAYMANN (Austria) 50
LETERME (Belgio) 50
OBAMA (Usa) 49
GILLARD (Australia) 49
CALDERON (Messico) 48
LEUTHARD (Svizzera) 47
ORBAN (Ungheria) 47
PAHOR (Slovenia) 46
RASMUSSEN (Danimarca) 46
MEDVEDEV (Russia) 45
REINFELDT (Svezia) 45
NECAS (Rep. Ceca) 45
CAMERON (G.Bretagna) 44
BOC (Romania) 44
RUTTE (Olanda) 43
KIVINIEMI (Finlandia) 42
FILAT (Moldavia) 41
DOMBROVSKIS (Lettonia) 39
Oggi, 4 ottobre 2010
Quanto durerà? Sceso in politica 17 anni fa, Silvio Berlusconi ha ormai dato il suo nome a un'epoca. Qualunque opinione si possa avere su di lui, l'ultimo ventennio passerà alla storia come l'era Berlusconi. Il quale, il 29 settembre, ha compiuto 74 anni, superando così anche Giulio Andreotti come presidente del Consiglio più anziano nella storia della Repubblica.
Guardate la classifica che pubblichiamo nell' altra pagina. Mostriamo l'età che avevano i principali premier dal 1945 a oggi, al termine dei loro mandati. Perfino Alcide De Gasperi era più giovane di Berlusconi quando dovette lasciare la carica nel '53. Non parliamo poi dei due premier laici, Bettino Craxi e Giovanni Spadolini. Il primo aveva soltanto 53 anni all'uscita da palazzo Chigi nell'87: praticamente un bambino, in confronto a Berlusconi. E Spadolini era appena 57enne. Nella classifica abbiamo inserito anche Arnaldo Forlani, che fu premier per pochi mesi nell'80-81, a 55 anni. Poi però fino al '92 fu potente segretario della Dc, carica di fatto importante quanto quella del premier di allora, Andreotti. Non per niente il triennio 1989-92 fu definito come quello del «Caf», dalle iniziali di Craxi, Andreotti e Forlani.
FANFANI IL "TECNICO"
L' unico ad avere superato in anzianità Berlusconi è stato Amintore Fanfani, che nell'82 e nell'87 fu chiamato ultrasettantenne a presiedere per pochi mesi, in quanto presidente del Senato, i governi «elettorali» che seguirono le dimissioni di Spadolini e Craxi. La Dc infatti non voleva far gestire il voto a compagni a guida laica. Ma, come spieghiamo nella nota alla tabella, si trattò di governi «tecnici». L'ultimo suo vero governo dotato di pieni poteri politici Fanfani lo lasciò nel '63, quando aveva appena 55 anni. Ed è sorprendente pure l'età di Aldo Moro all' epoca del suo ultimo incarico. Il governo «tecnico» rappresenta anche oggi una minaccia per Berlusconi. Come nel ' 95, quando dovette cedere la poltrona a Lamberto Dini dopo aver ricevuto l' avviso di garanzia che lo estromise per la prima volta da palazzo Chigi.
Il Partito democratico adesso chiede un governo «tecnico» per cambiare le regole elettorali prima di un altro voto anticipato. «È l' unico modo in cui chi ha perso le elezioni potrebbe andare al potere», protesta Berlusconi. Il quale a gennaio potrà festeggiare i 3mila giorni di governo (tabella qui a fianco). Ha già battuto il record di De Gasperi, che per soli quattro giorni non arrivò ai 2.500. Lontani, anche se superano i 2mila giorni, Andreotti e Moro. Romano Prodi per soli otto giorni non è arrivato a 1.500 con i suoi due governi (1996-98 e 2006-08). Tutti gli altri, indietro.
In ogni caso, Berlusconi non si sente per niente vecchio. Ha scherzato anche sull'arrivo dei 74 anni: «Mi avete fatto passare un compleanno proprio di m...», ha detto all' avversario politico Massimo Donadi (dipietrista) a Montecitorio il 29 settembre, durante l'estenuante ultimo dibattito sulla fiducia. Alla propria età ha accennato di nuovo nel discorso di replica al Senato il 30 settembre, quando ha detto al senatore Luigi Zanda (Pd): «Proprio perché sono il leader più anziano fra tutti quelli dei Paesi occidentali, la mia esperienza è preziosa per far contare di più l'Italia sulla scena internazionale».
Il confronto dell'età di Berlusconi con quella degli altri leader mondiali e europei, in effetti, è impressionante ( tabella nella pagina precedente ). La più anziana, la tedesca Angela Merkel, ha 18 anni meno di Silvio: potrebbe essere sua figlia. Addirittura 32 anni lo separano dalla nuova premier finlandese 42enne Mari Kiviniemi, eletta tre mesi fa. E dalla classifica abbiamo tenuto fuori, per ragioni di spazio e di importanza del suo piccolo paese, il premier lettone Valdis Dombrovskis: 39 anni.
I GERONTOCRATI ITALIANI
Negli ultimi anni tutti i Paesi occidentali hanno eletto premier e presidenti 40-50enni, dall'americano Barack Obama all' inglese David Cameron. Il nuovo segretario laburista britannico Ed Miliband ha soltanto 40 anni. Il confronto con l'Italia è impressionante: il nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con i suoi 85 anni potrebbe essere il nonno di molti leader europei. E i politici che noi consideriamo «giovani» (D'Alema, Bersani, Fini, Rutelli) stanno attorno ai 60 anni. L'unico premier mondiale più vecchio di Berlusconi è l'indiano Manmohan Singh, 78 anni. Ma non è un «occidentale», così come i leader sessantenni di Cina e Giappone.
Non è un mistero che Berlusconi punti a governare fino alla scadenza di questa legislatura, nel 2013, per poi farsi eleggere presidente della Repubblica. Alla fine del settennato al Quirinale, nel 2020, avrebbe 84 anni. Meno di tutti i presidenti della storia recente: Napolitano, Carlo Azeglio Ciampi, Oscar Luigi Scalfaro. E lui, c'è da scommetterlo, si sentirebbe ancora un ragazzino.
Mauro Suttora
di Mauro Suttora
"Sono il più anziano ed esperto fra i leader dei Paesi occidentali"
(Silvio Berlusconi, 30 settembre 2010, al Senato)
BERLUSCONI anni 74
MERKEL (Germania) 56
SARKOZY (Francia) 55
ANSIP (Estonia) 54
SOCRATES (Portogallo) 53
KUBILIUS (Lituania) 53
HARPER (Canada) 51
STOLTENBERG (Norvegia) 51
ZAPATERO (Spagna) 50
FAYMANN (Austria) 50
LETERME (Belgio) 50
OBAMA (Usa) 49
GILLARD (Australia) 49
CALDERON (Messico) 48
LEUTHARD (Svizzera) 47
ORBAN (Ungheria) 47
PAHOR (Slovenia) 46
RASMUSSEN (Danimarca) 46
MEDVEDEV (Russia) 45
REINFELDT (Svezia) 45
NECAS (Rep. Ceca) 45
CAMERON (G.Bretagna) 44
BOC (Romania) 44
RUTTE (Olanda) 43
KIVINIEMI (Finlandia) 42
FILAT (Moldavia) 41
DOMBROVSKIS (Lettonia) 39
Oggi, 4 ottobre 2010
Quanto durerà? Sceso in politica 17 anni fa, Silvio Berlusconi ha ormai dato il suo nome a un'epoca. Qualunque opinione si possa avere su di lui, l'ultimo ventennio passerà alla storia come l'era Berlusconi. Il quale, il 29 settembre, ha compiuto 74 anni, superando così anche Giulio Andreotti come presidente del Consiglio più anziano nella storia della Repubblica.
Guardate la classifica che pubblichiamo nell' altra pagina. Mostriamo l'età che avevano i principali premier dal 1945 a oggi, al termine dei loro mandati. Perfino Alcide De Gasperi era più giovane di Berlusconi quando dovette lasciare la carica nel '53. Non parliamo poi dei due premier laici, Bettino Craxi e Giovanni Spadolini. Il primo aveva soltanto 53 anni all'uscita da palazzo Chigi nell'87: praticamente un bambino, in confronto a Berlusconi. E Spadolini era appena 57enne. Nella classifica abbiamo inserito anche Arnaldo Forlani, che fu premier per pochi mesi nell'80-81, a 55 anni. Poi però fino al '92 fu potente segretario della Dc, carica di fatto importante quanto quella del premier di allora, Andreotti. Non per niente il triennio 1989-92 fu definito come quello del «Caf», dalle iniziali di Craxi, Andreotti e Forlani.
FANFANI IL "TECNICO"
L' unico ad avere superato in anzianità Berlusconi è stato Amintore Fanfani, che nell'82 e nell'87 fu chiamato ultrasettantenne a presiedere per pochi mesi, in quanto presidente del Senato, i governi «elettorali» che seguirono le dimissioni di Spadolini e Craxi. La Dc infatti non voleva far gestire il voto a compagni a guida laica. Ma, come spieghiamo nella nota alla tabella, si trattò di governi «tecnici». L'ultimo suo vero governo dotato di pieni poteri politici Fanfani lo lasciò nel '63, quando aveva appena 55 anni. Ed è sorprendente pure l'età di Aldo Moro all' epoca del suo ultimo incarico. Il governo «tecnico» rappresenta anche oggi una minaccia per Berlusconi. Come nel ' 95, quando dovette cedere la poltrona a Lamberto Dini dopo aver ricevuto l' avviso di garanzia che lo estromise per la prima volta da palazzo Chigi.
Il Partito democratico adesso chiede un governo «tecnico» per cambiare le regole elettorali prima di un altro voto anticipato. «È l' unico modo in cui chi ha perso le elezioni potrebbe andare al potere», protesta Berlusconi. Il quale a gennaio potrà festeggiare i 3mila giorni di governo (tabella qui a fianco). Ha già battuto il record di De Gasperi, che per soli quattro giorni non arrivò ai 2.500. Lontani, anche se superano i 2mila giorni, Andreotti e Moro. Romano Prodi per soli otto giorni non è arrivato a 1.500 con i suoi due governi (1996-98 e 2006-08). Tutti gli altri, indietro.
In ogni caso, Berlusconi non si sente per niente vecchio. Ha scherzato anche sull'arrivo dei 74 anni: «Mi avete fatto passare un compleanno proprio di m...», ha detto all' avversario politico Massimo Donadi (dipietrista) a Montecitorio il 29 settembre, durante l'estenuante ultimo dibattito sulla fiducia. Alla propria età ha accennato di nuovo nel discorso di replica al Senato il 30 settembre, quando ha detto al senatore Luigi Zanda (Pd): «Proprio perché sono il leader più anziano fra tutti quelli dei Paesi occidentali, la mia esperienza è preziosa per far contare di più l'Italia sulla scena internazionale».
Il confronto dell'età di Berlusconi con quella degli altri leader mondiali e europei, in effetti, è impressionante ( tabella nella pagina precedente ). La più anziana, la tedesca Angela Merkel, ha 18 anni meno di Silvio: potrebbe essere sua figlia. Addirittura 32 anni lo separano dalla nuova premier finlandese 42enne Mari Kiviniemi, eletta tre mesi fa. E dalla classifica abbiamo tenuto fuori, per ragioni di spazio e di importanza del suo piccolo paese, il premier lettone Valdis Dombrovskis: 39 anni.
I GERONTOCRATI ITALIANI
Negli ultimi anni tutti i Paesi occidentali hanno eletto premier e presidenti 40-50enni, dall'americano Barack Obama all' inglese David Cameron. Il nuovo segretario laburista britannico Ed Miliband ha soltanto 40 anni. Il confronto con l'Italia è impressionante: il nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con i suoi 85 anni potrebbe essere il nonno di molti leader europei. E i politici che noi consideriamo «giovani» (D'Alema, Bersani, Fini, Rutelli) stanno attorno ai 60 anni. L'unico premier mondiale più vecchio di Berlusconi è l'indiano Manmohan Singh, 78 anni. Ma non è un «occidentale», così come i leader sessantenni di Cina e Giappone.
Non è un mistero che Berlusconi punti a governare fino alla scadenza di questa legislatura, nel 2013, per poi farsi eleggere presidente della Repubblica. Alla fine del settennato al Quirinale, nel 2020, avrebbe 84 anni. Meno di tutti i presidenti della storia recente: Napolitano, Carlo Azeglio Ciampi, Oscar Luigi Scalfaro. E lui, c'è da scommetterlo, si sentirebbe ancora un ragazzino.
Mauro Suttora
Quanto dura il governo
CRONACHE DA BISANZIO: I GIOCHI DI PALAZZO SUL GOVERNO BERLUSCONI
di Mauro Suttora
Oggi, 4 ottobre 2010
Come sedici anni fa? Nel dicembre 1994 Silvio Berlusconi fu detronizzato dal suo primo governo dopo un avviso di garanzia e il ritiro dei ministri della Lega nord.
Il 14 dicembre 2010 la Corte costituzionale giudicherà la legge sul «legittimo impedimento», che ha permesso finora a Berlusconi di evitare i processi. Se la Corte la boccerà, come ha già fatto con il «lodo Alfano», il premier sarà di nuovo esposto alle sentenze dell’ «associazione per delinquere», com’egli ormai definisce i magistrati. E allora, sarà ancora la Lega nord a staccare la spina al governo?
«Lo avremmo già fatto, ma Berlusconi ha voluto testare la maggioranza», ha detto il ministro Roberto Maroni. «Però se nelle prossime tre settimane la maggioranza non tiene, meglio votare».
Cosa succederà di così importante nei prossimi venti giorni? Verranno nominati i nuovi presidenti delle commissioni parlamentari. Quella cruciale della Giustizia alla Camera, per esempio, è guidata dall’avvocatessa Giulia Buongiorno, ora invisa a Berlusconi perché passata con Gianfranco Fini. Ma è difficile che i finiani ci rinuncino.
«Berlusconi si deve rassegnare», dice il finiano Benedetto Della Vedova: «Così come in Gran Bretagna i conservatori sono stati costretti ad allearsi con i liberali perché da soli non hanno la maggioranza, il Popolo delle libertà deve rimanere alleato con noi».
Il problema, per i finiani, è che i liberali inglesi hanno il 20 per cento, mentre loro nei sondaggi sono al quattro. «E neanche adesso sono decisivi», calcola il ministro Ignazio La Russa, «perché alla Camera in caso di voto sul filo di lana molti non se la sentirebbero di far cadere il governo. E al Senato, abbiamo la maggioranza anche senza di loro».
I finiani, però, non sono disposti ad approvare entro dicembre altre leggi d’immunità per Berlusconi, come quella sul «processo breve» o il nuovo «lodo Alfano» con rango di legge costituzionale: «Non erano nel programma Pdl votato dagli elettori». Conclusione: la maggior parte degli osservatori ritiene probabile un voto a marzo.
L’opposizione (Pd, Di Pietro, Udc) vorrebbe prima riformare la legge elettorale, che ora non permette di scegliere i singoli deputati e dà la maggioranza assoluta alla coalizione che raggiunga il 38%. «Così Berlusconi verrà eletto presidente della Repubblica fra tre anni», avverte Massimo D’Alema. Ma il Pdl, che gode ancora di sondaggi favorevoli rispetto al Pd, non intende rinunciare al premio maggioritario.
Con la crisi economica che morde e un debito pubblico di 1.800 miliardi in aumento al ritmo di 80 miliardi l’anno (150 mila euro al minuto), tutte queste possono apparire come «cronache da Bisanzio» agli elettori. «Infatti l’84 per cento prova disgusto, rabbia, diffidenza, indifferenza o noia per la politica», dice il sondaggista Renato Mannheimer, «solo sei su cento esprimono “interesse”, e appena 2,4 passione».
Mauro Suttora
Monday, October 04, 2010
'Mussolini segreto' tradotto in spagnolo
esce il 14 ottobre 2010:
Mussolini secreto
Claretta Petacci, la amante de Benito Mussolini, transcribía cada día en su diario las conversaciones que mantenía con el Duce, en que éste le contaba sus intimidades, recordaba su vida o la ponía al corriente de los acontecimientos políticos: la guerra de España (y su indignación contra “el idiota de Franco”), la persecución de los judíos, el pacto de Munich...
El comprometedor contenido político de estos diarios explica que el gobierno italiano los mantenga todavía en secreto y que sólo haya autorizado la publicación de esta primera parte.
Pero lo que los hace excepcionales es su calidad de documento humano en que un dictador se muestra sin disfraz alguno, con sus frustraciones, sus miserias, sus aspiraciones de grandeza y hasta con sus obsesiones sexuales, en unas confidencias que fueron hechas sin pensar que algún día podrían llegar a ver la luz pública.
Esta mezcla de experiencias vividas y sueños imperiales nos ayuda a entender mejor lo que fue realmente el tinglado de retórica y cartón piedra del fascismo italiano.
'Mussolini segreto' tradotto in Polonia
Claretta Petacci (red. Mauro Suttora)
Tajne dzienniki kochanki Mussoliniego 1932–1938
Tłum. Anna Wójcicka
presentazione dal catalogo dell'editore Bellona:
Claretta Petacci była najbardziej znaną kochanką Benito Mussoliniego i wraz z nim została stracona w 1945 r. podczas egzekucji na Piazza Loreto w Mediolanie.
Jej wspomnienia obejmują okres 1932–1938, począwszy od pierwszych dni znajomości, a skończywszy na okresie pełnego rozkwitu ich związku. Zawierają dokładny opis codziennych zajęć i przyzwyczajeń Mussoliniego, jego stosunku i poglądów na temat wydarzeń i nastrojów w faszystowskich Włoszech i w Europie.
Poza tym również widzimy Duce prywatnie:
Mussolini skarży się na obcierające go buty, nieustannie zapewnia Clarettę o swej miłości, i tłumaczy się jej z licznych zdrad z kochankami, a nawet z... własną żoną.
Tłem ich związku są wydarzenia Europy lat 30. XX w.: powstanie osi Włochy – Niemcy, wydanie ustaw rasistowskich i Anschluss Austrii.
Do pamiętników załączone są niektóre listy Claretty do swojego kochanka; są to pochodzące z lat 1933–1937 zapiski pełne miłosnych uniesień – ilustrują one perspektywę autorki, kobiety niezwykle emocjonalnej, zazdrosnej
i żyjącej jedynie dla swojego kochanka, gotowej ponieść tragiczną śmierć w imię miłości.
Tajne dzienniki kochanki Mussoliniego 1932–1938
Tłum. Anna Wójcicka
presentazione dal catalogo dell'editore Bellona:
Claretta Petacci była najbardziej znaną kochanką Benito Mussoliniego i wraz z nim została stracona w 1945 r. podczas egzekucji na Piazza Loreto w Mediolanie.
Jej wspomnienia obejmują okres 1932–1938, począwszy od pierwszych dni znajomości, a skończywszy na okresie pełnego rozkwitu ich związku. Zawierają dokładny opis codziennych zajęć i przyzwyczajeń Mussoliniego, jego stosunku i poglądów na temat wydarzeń i nastrojów w faszystowskich Włoszech i w Europie.
Poza tym również widzimy Duce prywatnie:
Mussolini skarży się na obcierające go buty, nieustannie zapewnia Clarettę o swej miłości, i tłumaczy się jej z licznych zdrad z kochankami, a nawet z... własną żoną.
Tłem ich związku są wydarzenia Europy lat 30. XX w.: powstanie osi Włochy – Niemcy, wydanie ustaw rasistowskich i Anschluss Austrii.
Do pamiętników załączone są niektóre listy Claretty do swojego kochanka; są to pochodzące z lat 1933–1937 zapiski pełne miłosnych uniesień – ilustrują one perspektywę autorki, kobiety niezwykle emocjonalnej, zazdrosnej
i żyjącej jedynie dla swojego kochanka, gotowej ponieść tragiczną śmierć w imię miłości.
Wednesday, September 29, 2010
Gruppo vacanze Parlamento
MISSIONI BIPARTISAN: GITA IN RUSSIA DEGLI ONOREVOLI
Guidati da monsignor Fisichella, 70 deputati e senatori (con famiglie) vanno a Mosca. Uniti dalla fede. E dall'allegria
di Mauro Suttora
Oggi, 22 settembre 2010
«La gente nel metrò di Mosca ci guardava esterrefatta. Uno ha chiesto: “State girando un film?”». Scene da un viaggio in Russia di 70 parlamentari italiani. Monsignor Rino Fisichella, «cappellano» di Montecitorio, era in ritardo per l’udienza con il patriarca di Mosca. Il traffico bloccava il suo torpedone. Unica soluzione: scendere in metrò per far prima, con il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi. Stupendo gli ignari passanti russi con i suoi paramenti da cerimonia, i
Dal 2004, parlamentari di ogni schieramento partecipano a un pellegrinaggio di una settimana. Quest’anno sono andati per una settimana con i familiari (più di 200, in totale) a Mosca e San Pietroburgo. «Ottima occasione per familiarizzare anche con colleghi del campo avverso», dice Eugenio Mazzarella (Pd), preside della facoltà di Lettere e Filosofia all’università di Napoli: «A me, per esempio, il leghista Polledri non stava simpatico quando parlava in commissione Cultura e Istruzione. Conoscendolo, invece, ho scoperto una persona cordiale e interessante».
Unico denominatore comune: la fede cattolica. Per il resto, tutti i giorni a Roma, scintille. Comè capitato a Barbara Saltamartini (Pdl), coinvolta addirittura in una rissa fisica con un dipietrista. E invece con Ignazio Messina (Idv) nessun problema in Russia.
Clima amichevole fra Cremlino ed Hermitage per il sottosegretario Carlo Giovanardi, l’ex governatore siciliano Totò Cuffaro, le supercattoliche Paola Binetti e Dorina Bianchi, la matricola di Montecitorio Annagrazia Calabria. E poi il ciellino Renato Farina, l’Udc Enzo Carra, il Pd Matteo Colaninno, l’ex cognata di Berlusconi Mariella Bocciardo. Uniti dalla curiosità bipartisan per i reperti dell’Armata Rossa, dai giorni passati nei cinque pullman fra monumenti e visite a fosse comuni, serate a cantare attorno al pianoforte suonato dal deputato barese Francesco Paolo Sisto (Pdl), e sveglie di buon’ora per la messa quotidiana alle otto di monsignor Fisichella. Il quale saluta tutti: dal primo ottobre lascia la cura spirituale dei deputati, perché il papa lo ha nominato presidente del nuovo dicastero della curia per la rievangelizzazione dell'Occidente.
Mauro Suttora
Guidati da monsignor Fisichella, 70 deputati e senatori (con famiglie) vanno a Mosca. Uniti dalla fede. E dall'allegria
di Mauro Suttora
Oggi, 22 settembre 2010
«La gente nel metrò di Mosca ci guardava esterrefatta. Uno ha chiesto: “State girando un film?”». Scene da un viaggio in Russia di 70 parlamentari italiani. Monsignor Rino Fisichella, «cappellano» di Montecitorio, era in ritardo per l’udienza con il patriarca di Mosca. Il traffico bloccava il suo torpedone. Unica soluzione: scendere in metrò per far prima, con il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi. Stupendo gli ignari passanti russi con i suoi paramenti da cerimonia, i
Dal 2004, parlamentari di ogni schieramento partecipano a un pellegrinaggio di una settimana. Quest’anno sono andati per una settimana con i familiari (più di 200, in totale) a Mosca e San Pietroburgo. «Ottima occasione per familiarizzare anche con colleghi del campo avverso», dice Eugenio Mazzarella (Pd), preside della facoltà di Lettere e Filosofia all’università di Napoli: «A me, per esempio, il leghista Polledri non stava simpatico quando parlava in commissione Cultura e Istruzione. Conoscendolo, invece, ho scoperto una persona cordiale e interessante».
Unico denominatore comune: la fede cattolica. Per il resto, tutti i giorni a Roma, scintille. Comè capitato a Barbara Saltamartini (Pdl), coinvolta addirittura in una rissa fisica con un dipietrista. E invece con Ignazio Messina (Idv) nessun problema in Russia.
Clima amichevole fra Cremlino ed Hermitage per il sottosegretario Carlo Giovanardi, l’ex governatore siciliano Totò Cuffaro, le supercattoliche Paola Binetti e Dorina Bianchi, la matricola di Montecitorio Annagrazia Calabria. E poi il ciellino Renato Farina, l’Udc Enzo Carra, il Pd Matteo Colaninno, l’ex cognata di Berlusconi Mariella Bocciardo. Uniti dalla curiosità bipartisan per i reperti dell’Armata Rossa, dai giorni passati nei cinque pullman fra monumenti e visite a fosse comuni, serate a cantare attorno al pianoforte suonato dal deputato barese Francesco Paolo Sisto (Pdl), e sveglie di buon’ora per la messa quotidiana alle otto di monsignor Fisichella. Il quale saluta tutti: dal primo ottobre lascia la cura spirituale dei deputati, perché il papa lo ha nominato presidente del nuovo dicastero della curia per la rievangelizzazione dell'Occidente.
Mauro Suttora
Roma: metro senza stazioni
Incredibile: nella futura linea C cancellate quasi tutte le fermate in centro
Oggi, 22 settembre 2010
di Mauro Suttora
Trenta chilometri di coda la scorsa settimana sul Raccordo anulare. Ma l’inferno, per chi vuole muoversi a Roma, è quotidiano. I pendolari non sanno più se rassegnarsi a passare ore in auto, o farsi schiacciare come sardine in metro e nei bus durante le ore di punta.
Urgentissime, quindi, nuove linee di metro.
Adesso però la capitale stabilisce un nuovo record da Guinness: una metropolitana senza stazioni.
La nuova linea C, infatti, nel suo tratto centrale da piazza Venezia a Ottaviano (quartiere Prati), ha eliminato tre delle quattro fermate previste: Largo di Torre Argentina, Chiesa Nuova e piazza Risorgimento.
«Così per ben due chilometri da Piazza Venezia a San Pietro, lungo tutta via del Plebiscito e corso Vittorio, non ci saranno stazioni», dice Mario Staderini, segretario dei Radicali, il primo a denunciare la sparizione delle fermate dal progetto. «Proprio la zona più centrale di Roma, con piazza Navona, il Pantheon e Campo de’ Fiori, non sarà servita».
Anche Beppe Grillo dieci giorni fa si è accorto della questione, e ha ospitato sul suo sito un’intervista all’architetto Paolo Gelsomini.
Ma non è questione di destra o sinistra. Infatti la società Roma Metropolitane, che sta realizzando la terza linea, è controllata dal Comune. E questo nel 2008 è passato dalla sinistra del sindaco Walter Veltroni alla destra di Gianni Alemanno.
Com’è potuto accadere questo svarione? E c’è possibilità di rimedio? La società Roma Metropolitane spiega che la fermata Argentina era saltata già due anni fa per il ritrovamento di reperti archeologici. E che la recente scomparsa della fermata Chiesa Nuova, un chilometro più avanti verso il Tevere, è dovuta all’instabilità del terreno, scoperta dopo sondaggi.
Il problema è che tutta Roma ha sottoterra qualche reperto archeologico. Quindi, se si rimane prigionieri della smania conservazionista, non si può scavare da nessuna parte. Addio metropolitane, anche la futura linea D.
E chi se ne importa se i reperti rimarranno comunque sepolti, perché non si possono certo abbattere le case per «valorizzarli» come fece Mussolini con i Fori Imperiali.
«Senza le fermate in centro la metro C serve a poco», dice Staderini, «sarebbe come se a Milano sparissero tutte le stazioni sulla linea rossa da Cadorna a Palestro. Sul prolungamento della linea B, poi, è stata abolita la fermata Nomentana, che serviva un quartiere popolatissimo. E nel progetto della linea D è già sparita quella di piazza San Silvestro, nodo fondamentale per i capolinea dei bus e perché serve tutta la zona di Montecitorio, piazza Colonna, fontana di Trevi e Tritone».
«La linea C è l’opera pubblica più costosa attualmente in costruzione in Italia, dai due miliardi e messo previsti è passata a cinque miliardi, contro i quattro e mezzo del ponte di Messina. Ma senza quelle stazioni non ha senso», dice l’architetto Gelsomini sul blog di Grillo.
«Nelle zone abitate la distanza fra le fermata delle metropolitane dev’essere al massimo un chilometro», conferma a Oggi Edoardo Croci, professore all’università Bocconi ed esperto di trasporti, «perché gli utenti non possono camminare più di mezzo chilometro per raggiungerle. E occorre che ci siano nodi di corrispondenza con tram e bus».
Proprio a questo servirebbe la fermata soppressa a largo Argentina, dove il capolinea del jumbotram 8 da Monteverde e Trastevere porta in centro decine di migliaia di persone. Che troverebbero agevole proseguire il viaggio con la metropolitana.
La linea C è in progetto dal 1992. Doveva essere pronta per il 2011, ma non lo sarà prima del 2018. Speriamo che almeno una fermata in centro venga ripristinata.
Mauro Suttora
Thursday, September 09, 2010
Usa: belle a destra, brutte a sinistra?
SCHERZO SU YOU TUBE
di Mauro Suttora
Oggi, 27 agosto 2010
La più sfrontata si chiama Ann Coulter. Adora titillare le fantasie erotiche del maschio reazionario medio americano facendosi fotografare seminuda vicino alla canna di un fucile. Per fare propaganda alla Nra (National Rifle Association), il bastione fascistoide che difende la libertà di portare armi, ossessione degli Stati Uniti.
Ma la Coulter non è l’unica bella donna della destra americana. La più famosa è Sarah Palin, l’ex governatrice dell’Alaska candidata repubblicana alla vicepresidenza con John McCain alle presidenziali del 2008, vinte dal democratico Barack Obama. Secondo alcuni McCain perse anche perché la Palin è di una destra troppo estrema. Ma invece di essere per questo emarginata dal partito, dopo il ko la pugnace Sarah si è rialzata, ha pubblicato un’autobiografia di successo (oltre due milioni di copie vendute), e adesso minaccia Obama alle elezioni di metà mandato di novembre, sull’onda del successo del movimento antitasse «Tea party».
Qualche giorno fa il responsabile di un sito di propaganda del partito repubblicano ha messo per scherzo su YouTube un video con una sequenza di belle donne di destra come la Coulter, la Palin e varie altre, fra cui l’attrice Bo Derek. In colonna sonora, la canzone di Tom Jones She’s a Lady.
Poi la musica cambia: arriva il brano Who let the dog out? (Chi ha tolto il guinzaglio al cane?), e una serie di foto distorte di donne politiche di sinistra: la segretaria di stato (ministra degli Esteri) Hillary Clinton, Madeleine Albright che la precedette nella stessa carica sotto la presidenza del marito Bill, la ministra Janet Napolitano, ministra dell’Interno e già governatrice dell’Arizona, e perfino la first lady Michelle Obama (contrapposta a un’altra donna di colore, Condoleezza Rice, considerata invece bella perché di destra). Apriti cielo: dopo una valanga di proteste YouTube ha censurato il video, ritenuto offensivo. Negli Usa non è considerato «politicamente corretto» scherzare sull’aspetto fisico delle persone.
In effetti, a destra negli Stati Uniti le bellezze abbondano. Ma non si tratta soltanto di «bionde sciocche», secondo lo stereotipo di Marilyn Monroe. Laura Ingraham, per esempio, ha sei milioni di ascoltatori per il suo programma conservatore alla radio. Ma è anche rimasta in testa alla classifica dei libri più venduti per tutta quest’estate, grazie ai suoi Obama’s Diaries. Lei è una che non le manda a dire: chiamava i gay «sodomiti», fino a quando ha scoperto che pure suo fratello lo è.
Anche i libri molto aggressivi della Coulter diventano subito bestseller. Entrambe hanno inoltre la lingua sciolta, per cui sono la delizia dei talk show politici tv sulla rete Fox di estrema destra di Rupert Murdoch, che scandalizzano ogni sera il popolo di sinistra.
Mauro Suttora
di Mauro Suttora
Oggi, 27 agosto 2010
La più sfrontata si chiama Ann Coulter. Adora titillare le fantasie erotiche del maschio reazionario medio americano facendosi fotografare seminuda vicino alla canna di un fucile. Per fare propaganda alla Nra (National Rifle Association), il bastione fascistoide che difende la libertà di portare armi, ossessione degli Stati Uniti.
Ma la Coulter non è l’unica bella donna della destra americana. La più famosa è Sarah Palin, l’ex governatrice dell’Alaska candidata repubblicana alla vicepresidenza con John McCain alle presidenziali del 2008, vinte dal democratico Barack Obama. Secondo alcuni McCain perse anche perché la Palin è di una destra troppo estrema. Ma invece di essere per questo emarginata dal partito, dopo il ko la pugnace Sarah si è rialzata, ha pubblicato un’autobiografia di successo (oltre due milioni di copie vendute), e adesso minaccia Obama alle elezioni di metà mandato di novembre, sull’onda del successo del movimento antitasse «Tea party».
Qualche giorno fa il responsabile di un sito di propaganda del partito repubblicano ha messo per scherzo su YouTube un video con una sequenza di belle donne di destra come la Coulter, la Palin e varie altre, fra cui l’attrice Bo Derek. In colonna sonora, la canzone di Tom Jones She’s a Lady.
Poi la musica cambia: arriva il brano Who let the dog out? (Chi ha tolto il guinzaglio al cane?), e una serie di foto distorte di donne politiche di sinistra: la segretaria di stato (ministra degli Esteri) Hillary Clinton, Madeleine Albright che la precedette nella stessa carica sotto la presidenza del marito Bill, la ministra Janet Napolitano, ministra dell’Interno e già governatrice dell’Arizona, e perfino la first lady Michelle Obama (contrapposta a un’altra donna di colore, Condoleezza Rice, considerata invece bella perché di destra). Apriti cielo: dopo una valanga di proteste YouTube ha censurato il video, ritenuto offensivo. Negli Usa non è considerato «politicamente corretto» scherzare sull’aspetto fisico delle persone.
In effetti, a destra negli Stati Uniti le bellezze abbondano. Ma non si tratta soltanto di «bionde sciocche», secondo lo stereotipo di Marilyn Monroe. Laura Ingraham, per esempio, ha sei milioni di ascoltatori per il suo programma conservatore alla radio. Ma è anche rimasta in testa alla classifica dei libri più venduti per tutta quest’estate, grazie ai suoi Obama’s Diaries. Lei è una che non le manda a dire: chiamava i gay «sodomiti», fino a quando ha scoperto che pure suo fratello lo è.
Anche i libri molto aggressivi della Coulter diventano subito bestseller. Entrambe hanno inoltre la lingua sciolta, per cui sono la delizia dei talk show politici tv sulla rete Fox di estrema destra di Rupert Murdoch, che scandalizzano ogni sera il popolo di sinistra.
Mauro Suttora
Wednesday, September 08, 2010
Politica & tacchi a spillo
LA SENATRICE CONTINI ACCUSA: TROPPE FANNO CARRIERA GRAZIE A TACCHI E MINIGONNE
Oggi, 1 settembre 2010
Porterà anche i tacchi a spillo, però possiamo testimoniare che quando le abbiamo telefonato, alle ore 15 di mercoledì 25 agosto, l’onorevole 28enne del Pdl Barbara Mannucci stava studiando a casa per la sua seconda laurea, in scienza dell’amministrazione.
«Studiare mi rilassa», confessa la secchiona. Allora, sono questi i vizi segreti delle berlusconiane taccospillate? Le ha staffilate un’altra Barbara, anche lei Pdl fino a un mese fa (quando è passata con Fini), la senatrice Contini: «Con Berlusconi le donne fanno carriera grazie a minigonne e tacchi a spillo».
Un’ovvietà, se lo dicesse qualcuno a sinistra: da anni il sito Dagospia ha soprannominato «Forza Gnocca» le appariscenti parlamentari del centrodestra. Ma che le stesse accuse ora le lanci una donna del Pdl, fa male. Risponde Daniela Santanchè, sempre splendida su tacco 12: «La Contini è invidiosa, gelosa, stupida».
La ministra Mara Carfagna, altra icona dello stiletto, preferisce il silenzio. Come l’altra principale indiziata degli strali della Contini, Laura Ravetto: bella e bellicosa, Berlusconi l’ha nominata sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento sei mesi fa, assieme alla Santanché (quest’ultima a una non meglio precisata «Attuazione del programma»).
«Forse la Contini parla così perché non si è sentita abbastanza valorizzata», insinua Jole Santelli. Eppure Berlusconi l’aveva nominata governatrice di Nassiria in Iraq, e poi responsabile esteri di Forza Italia nel 2008: fu lei a scegliere i candidati nei collegi esteri. «Tutti maschi, però...», precisa la Mannucci.
Non sarà che il premier ha «valorizzato» un po’ troppe donne giovani e belle? «Per fortuna», dice a Oggi Melania Rizzoli, «ed è l’unico a farlo in Italia». Sì, ma alcune vengono paracadutate subito ai piani alti della politica, senza esperienza, saltando ogni cursus honorum. «Berlusconi è un ottimo conoscitore delle capacità di chi gli sta intorno», assicura l’onorevole Rizzoli.
Barbara Mannucci, sempre in testa alle classifiche di Miss Parlamento, dice che spesso ai tacchi a spillo deve rinunciare: «Troppa fatica, a me dopo un’ora fanno male i piedi. Invidio deputate come Paola Pelino che li portano tutto il giorno. Io invece, e anche la collega Fiorella Ceccacci Rubino, spesso arrivo alla Camera con le Hogan».
E perché a sinistra niente tacchi a spillo? «Perché si automortificano», dice la Mannucci, «Marianna Madia per esempio sarebbe così bella se solo si truccasse un po’...»
Mauro Suttora
Oggi, 1 settembre 2010
Porterà anche i tacchi a spillo, però possiamo testimoniare che quando le abbiamo telefonato, alle ore 15 di mercoledì 25 agosto, l’onorevole 28enne del Pdl Barbara Mannucci stava studiando a casa per la sua seconda laurea, in scienza dell’amministrazione.
«Studiare mi rilassa», confessa la secchiona. Allora, sono questi i vizi segreti delle berlusconiane taccospillate? Le ha staffilate un’altra Barbara, anche lei Pdl fino a un mese fa (quando è passata con Fini), la senatrice Contini: «Con Berlusconi le donne fanno carriera grazie a minigonne e tacchi a spillo».
Un’ovvietà, se lo dicesse qualcuno a sinistra: da anni il sito Dagospia ha soprannominato «Forza Gnocca» le appariscenti parlamentari del centrodestra. Ma che le stesse accuse ora le lanci una donna del Pdl, fa male. Risponde Daniela Santanchè, sempre splendida su tacco 12: «La Contini è invidiosa, gelosa, stupida».
La ministra Mara Carfagna, altra icona dello stiletto, preferisce il silenzio. Come l’altra principale indiziata degli strali della Contini, Laura Ravetto: bella e bellicosa, Berlusconi l’ha nominata sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento sei mesi fa, assieme alla Santanché (quest’ultima a una non meglio precisata «Attuazione del programma»).
«Forse la Contini parla così perché non si è sentita abbastanza valorizzata», insinua Jole Santelli. Eppure Berlusconi l’aveva nominata governatrice di Nassiria in Iraq, e poi responsabile esteri di Forza Italia nel 2008: fu lei a scegliere i candidati nei collegi esteri. «Tutti maschi, però...», precisa la Mannucci.
Non sarà che il premier ha «valorizzato» un po’ troppe donne giovani e belle? «Per fortuna», dice a Oggi Melania Rizzoli, «ed è l’unico a farlo in Italia». Sì, ma alcune vengono paracadutate subito ai piani alti della politica, senza esperienza, saltando ogni cursus honorum. «Berlusconi è un ottimo conoscitore delle capacità di chi gli sta intorno», assicura l’onorevole Rizzoli.
Barbara Mannucci, sempre in testa alle classifiche di Miss Parlamento, dice che spesso ai tacchi a spillo deve rinunciare: «Troppa fatica, a me dopo un’ora fanno male i piedi. Invidio deputate come Paola Pelino che li portano tutto il giorno. Io invece, e anche la collega Fiorella Ceccacci Rubino, spesso arrivo alla Camera con le Hogan».
E perché a sinistra niente tacchi a spillo? «Perché si automortificano», dice la Mannucci, «Marianna Madia per esempio sarebbe così bella se solo si truccasse un po’...»
Mauro Suttora
Monday, September 06, 2010
Moglie di deputato: prezzi modici
Ecco i sorprendenti prezzi modici praticati da Carla Weatherley, moglie del deputato conservatore inglese che si prostituisce (lei. Lui non so, nonostante il detto "I politici sono tutti un po' puttane").
Al cambio attuale sterlina/euro sono 36 euro per il «sollievo manuale», 47 per «sesso orale con preservativo seguito da sesso», e 83 per «sesso orale senza preservativo seguito da sesso completo con preservativo»...
Che tariffe complicate, e anche che vita complicata quella della moglie dell'onorevole quando spiega i suoi turni nei tre bordelli al giornalista...
Infine: che tirchio l'onorevole, che evidentemente non la soddisfa nelle sue esigenze economiche. E non fatemi i razzisti, solo perché Carla è brasiliana.
"(...) Within minutes, smiling Carla walked into the room in pink lingerie and introduced herself as “Bea”. She then recited a price list, “£30 for hand relief, £40 for oral sex with a condom followed by sex and £70 for oral sex without a condom followed by full sex with a condom”.
After making herself comfortable on the bed she told how she used to live by Copacabana beach and moved to the UK to learn English.
She then spoke about the other two brothels where she works, nearby North Cheam Massage and Intimate Massage in Bedford. She said: “I started working in Bedford in February, but it is very far away. Here we have two houses, this one and one in Cheam. And I work there at the moment. I cover for my friend because she’s on holiday. I work Thursday there and Friday here. Then, when she is back, I will work Mondays. Thursdays here, Mondays there.”
When asked whether she minded selling her body Carla replied: “I like it here, nice clients, nice people, nice place and good money.” (...)
articolo del Sunday Mirror, 5.9.10
Al cambio attuale sterlina/euro sono 36 euro per il «sollievo manuale», 47 per «sesso orale con preservativo seguito da sesso», e 83 per «sesso orale senza preservativo seguito da sesso completo con preservativo»...
Che tariffe complicate, e anche che vita complicata quella della moglie dell'onorevole quando spiega i suoi turni nei tre bordelli al giornalista...
Infine: che tirchio l'onorevole, che evidentemente non la soddisfa nelle sue esigenze economiche. E non fatemi i razzisti, solo perché Carla è brasiliana.
"(...) Within minutes, smiling Carla walked into the room in pink lingerie and introduced herself as “Bea”. She then recited a price list, “£30 for hand relief, £40 for oral sex with a condom followed by sex and £70 for oral sex without a condom followed by full sex with a condom”.
After making herself comfortable on the bed she told how she used to live by Copacabana beach and moved to the UK to learn English.
She then spoke about the other two brothels where she works, nearby North Cheam Massage and Intimate Massage in Bedford. She said: “I started working in Bedford in February, but it is very far away. Here we have two houses, this one and one in Cheam. And I work there at the moment. I cover for my friend because she’s on holiday. I work Thursday there and Friday here. Then, when she is back, I will work Mondays. Thursdays here, Mondays there.”
When asked whether she minded selling her body Carla replied: “I like it here, nice clients, nice people, nice place and good money.” (...)
articolo del Sunday Mirror, 5.9.10
Friday, September 03, 2010
'Mussolini segreto': traduzione norvegese
Dagbladet, il principale quotidiano della Norvegia, il 13 agosto 2010 dedica un articolo di un'intera pagina di Simen Ekern al libro Jeg, Il Duces kvinne (Io, la donna del duce), traduzione in norvegese del libro Mussolini segreto, i diari di Claretta Petacci a cura di Mauro Suttora (Rizzoli 2009), pubblicata nell'agosto 2010:
articolo di Dagbladet
Tre giorni dopo (16 agosto) segue il secondo quotidiano norvegese, Aftenposten, con un articolo a tutta pagina di Ulf Andenaes della sezione Cultura:
*
articolo di Dagbladet
Tre giorni dopo (16 agosto) segue il secondo quotidiano norvegese, Aftenposten, con un articolo a tutta pagina di Ulf Andenaes della sezione Cultura:
*
articolo sul quotidiano Dagbladet, 13 agosto 2010 |
Coda Zabetta a Milano
A Palazzo Reale Coda Zabetta dipinge Hiroshima
Oggi, 11 agosto 2010
Quindici grandi tele in bianco e nero, due anni di lavoro, un'unica tragica ispirazione: la bomba atomica. A 65 anni da Hiroshima (era il 6 agosto 1945) Roberto Coda Zabetta racconta la follia di quel momento con i quadri della mostra Nuvole sacre (Palazzo Reale, fino al 29 agosto)
Oggi, 11 agosto 2010
Quindici grandi tele in bianco e nero, due anni di lavoro, un'unica tragica ispirazione: la bomba atomica. A 65 anni da Hiroshima (era il 6 agosto 1945) Roberto Coda Zabetta racconta la follia di quel momento con i quadri della mostra Nuvole sacre (Palazzo Reale, fino al 29 agosto)
Thursday, September 02, 2010
Oggi: la Tulliani come la Petacci?
da www.corriere.it del 17.8.10:
Non è un collegamento diretto, ma un punto in comune sì quello che il settimanale Oggi (www.oggi.it), in edicola mercoledì 18 agosto, evidenzia tra Mussolini e Fini. Non c'entra la politica, ma la famiglia: Claretta Petacci come Elisabetta Tulliani. Oggi pubblica infatti degli estratti del libro Mussolini segreto, a cura di Mauro Suttora (Rizzoli), da cui emerge che anche il Duce si prodigò per la famiglia della sua amante.
Nel 1937 raccomandò il fratello Marcello evitandogli il carcere: «Farò il tuo amante e il suo ministro (…)», le dice. Ordinò al quotidiano Il Messaggero di far scrivere il «suocero»: «Tuo padre è contento degli articoli?», chiede a Claretta. «Dopo dieci di questi lo faccio collaborare fisso (…). Poi lo farò senatore, sei contenta?».
Ma le analogie non finiscono qui – prosegue il settimanale. Mussolini si occupa anche della costruzione di una villa sulla Camilluccia, a Roma, per tutta la famiglia Petacci. Il 16 luglio ’38, il Duce chiede a Claretta: «Dimmi, tua madre ha fatto tutto il pagamento? Bene, così ora sei proprietaria. Bisogna fare il mutuo, non per me ma per la gente, capisci?». E il 20 dicembre del ’38 - conclude il settimanale - di nuovo un pensiero per il «cognato»: «Che fa il nostro? Hai ragione, a un certo momento bisogna sistemare un uomo, ormai ha trent’anni. Domani me ne interesserò, ora lo segno».
articolo completo di Oggi:
I potenti di ogni epoca hanno sempre avuto mogli, compagne e amanti ad assillarli con raccomandazioni. Gianfranco Fini come Benito Mussolini. Claretta Petacci, amante del duce, era asfissiante. Conobbe Benito a vent’anni, nell’aprile 1932. I due non si erano scambiati neanche un bacio, ma pochi mesi dopo lei era già lì a pretendere. Per suo padre, per il fidanzato, per il fratello.
Ecco la trascrizione di una telefonata del 15 dicembre ’32, dal libro Mussolini segreto (Rizzoli, 2009) con i diari di Claretta. La cui autenticità è garantita dall’Archivio di stato che li ha resi pubblici dopo 70 anni.
Claretta: «La causa di mio papà. Bisogna che lei se ne interessi. Ecco, ho qui dei nomi».
Mussolini: «Già, vedo. Ma io non posso far nulla direttamente, non posso interessarmene. In dieci anni non mi sono mai incaricato di giustizia, per un sentimento mio di coscienza».
C. «Già, ma la giustizia...»
M. «Farà il suo giusto corso. Il tuo fidanzamento, come va? [Claretta è fidanzata con Riccardo Federici, tenente dell’Aeronautica, 28 anni, ndr]»
C. «Il mio fidanzamento dipende da Vostra Eccellenza» [vuole un trasferimento che avvicini il suo Riccardo a Roma].
M. «Da me? Sai che non è possibile, perché c’è la legge che lo vieta. Te l’ho detto».
C. «Appunto perché esiste una legge che lo vieta, ho domandato il suo consenso. Altrimenti era inutile disturbarlo».
M. «Già, ma non è possibile far nulla, e lui pure deve saperlo».
C. «Precisamente, il tenente [mio fidanzato] non voleva fare la domanda per via gerarchica perché sapeva di non poterla fare, e perciò la diresse a lei. Era inutile andare per una strada che già si conosceva impossibile».
M. «Ma io di fronte ad una legge che vige non posso far nulla. Non posso essere io, il capo, a trasgredirla».
Nel marzo ‘34 Claretta, ormai sposata con Federici (e ancora allo stadio platonico con Mussolini) cambia obiettivo: «Perché non lo fa suo aiutante di volo?»
Mussolini: «Perché conosco te».
C. «Ebbene che c’entra? Anzi, ragione di più».
M. «No, perché direbbero: “L’ha fatto aiutante di volo perché è l’amico della moglie”».
C. «E allora di tutti questi che vanno avanti, che ne sappiamo se la moglie... non lo dicono, questo».
M. «Lo dicono, lo dicono».
C. «E che importa?»
M. «Importa sì, perché poi gli dovrò dare degli ordini, lo dovrò avere a mio contatto, e devo pensare che di fronte alla mia coscienza faccio la figura del traditore. No, questo no».
C. «Quanti scrupoli di coscienza».
M. «È questo il mio forte, se non avessi così profondamente coscienza non riuscirei a vincere gli altri».
C. «Ma pure Napoleone prendeva a benvolere delle ragazze e le favoriva».
M. «Già, e questa era una sua debolezza».
C. «Insomma, non mi vuole aiutare. Un aiutante dovrà pure prenderlo. È un bel ragazzo, di bella presenza, intelligente».
M. «Lo credo, lo credo, ho la massima stima di lui come pilota e come ufficiale. Ma conosco te e basta».
C. «Capisco, non mi aiutate perché non mi volete più bene».
M. «Non posso».
C. «Fate conto che io sia vostra figlia».
M. «Già, ma non lo sei. Io i miei parenti li pesto più che posso, non li aiuto mai, ho questa abitudine».
Abitudine che già l’anno dopo abbandonerà. Scrive infatti Claretta a Mussolini del ’35: «Ecco i documenti di mio fratello [Marcello, che verrà fucilato a Dongo nel ‘45, ndr], che Ella con tanta benevolenza mi ha richiesto e di cui vi è copia alla sede del fascio. Le sono infinitamente grata di quest’altra prova di affettuoso interessamento che Ella ha voluto darmi. Vi sono inoltre dei fatti avvenuti durante l’attività giovanile, che non sono documentati. Ricordo per esempio che nel 1921, per aver gettato nella calce una bandiera rossa, fu percosso tanto che dovette rimanere due settimane in clinica. Nello stesso periodo fu aggredito da un sovversivo armato di coltello, che riuscì fortunatamente soltanto a ferirlo».
Fratello fascistissimo, insomma, e mamma di Claretta pure lei felice per uno dei tanti favori di Mussolini al figlio. Ecco infatti una lettera di ringraziamento della signora Petacci del 29 ottobre ’36: «Ancora una volta per Voi c’è nel mio animo un raggio di luce. Per la Vostra grande bontà Vi ringrazio con cuore riconoscente di mamma. Sono certa che il mio Marcello corrisponderà sempre degnamente a questo Vostro prezioso interessamento».
Nell’ottobre ’36 Claretta (separata dal marito) e Benito sono ormai amanti. E lei gli chiede per lettera di proteggere il padre Francesco Saverio, medico del Vaticano, da un tizio con cui è in causa: «Perdonami si ti disturbo, se ti parlo di cose estranee al mio amore... ma come fare senza il tuo consiglio? Papà avrebbe lasciato libero l’appartamento per aderire all’accordo. [...] Hanno ricorso a Sua Eccellenza Pacelli [Eugenio Pacelli (1876-1958), segretario di stato vaticano, diventerà papa Pio XII nel ‘39, ndr], mettendo in cattiva luce papà anche presso il governatore. Continua la sua linea scorretta, oltre che con il fascio, anche con papà».
Un anno dopo, 15 ottobre ‘37: «Mi dice di Marcello [che ha combinato un guaio], che stia tranquilla, che non gli fanno nulla, e che prima di esprimersi con tanta leggerezza su di un ufficiale ci pensino e stiano attenti a quello che fanno. Dice che Sebastiani [il segretario di Mussolini] ha detto che Marcello è un po’ esuberante ma simpaticissimo. Molto contento di averlo potuto aiutare».
Nove giorni dopo: «Lo trovo scuro. C’è la questione riguardante Marcello, una vigliaccheria che vogliono fargli, un’infamia. Io scatto, mi dispiaccio, mi viene da piangere, difendo Marcello per la verità e per la giustizia. Lui si convince, mi calma. Dice che farà di tutto perché nulla di male avvenga, capisce che qualcuno ad arte ha esagerato per fargli del male. “Farò il tuo amante e il suo ministro. La mia situazione è falsa, non voglio che si dica che me ne occupo perché è tuo fratello, perché questo non è. D’altronde se l’hanno mandato a me, vuol dire che avevano uno scopo”».
Due giorni dopo, il verdetto. Mussolini dice a Claretta: «Volevano dargli niente di meno che la fortezza [il carcere] per una scemenza di così poco valore. Allora ho detto di andarci piano, di non calcare la mano, che non è il caso. Se la caverà con una decina di giorni di arresti semplici o di rigore, non so, che poi non farà perché lavorerà lo stesso».
Mussolini ordina al quotidiano Il Messaggero di far scrivere il padre di Claretta: poi le chiede: «Tuo padre è contento degli articoli? Dopo dieci di questi lo faccio collaborare fisso, prenderà 2000-2500 lire al mese. Poi, nel ‘39, lo farò senatore. Sei contenta?».
La nomina al Senato non va in porto. E il 24 gennaio ’39 Claretta scrive: «Gli dico che mi è dispiaciuto abbia fatto la legge dei 60 anni [età minima per diventare senatore] che lascia fuori papà. Rimane male e dice: “Non sapevo che tuo padre fosse ancora così giovane. Sono spiacente, mi ha costretto a farlo una richiesta per 700 e più [seggi di] senatori [sui 212 da nominare per il nuovo Senato, ndr], quindi ho dovuto mettere un limite. Non credere che l’abbia fatto apposta. Mi sono trovato costretto per eludere molte domande”». Ma Claretta non ci crede e gli molla una scenata: «Rispondo come devo e mi vengono le lagrime».
Intanto è iniziata la costruzione di una villa sulla Camilluccia per tutta la famiglia Petacci. Il 16 luglio ’38 Mussolini chiede a Claretta: «Dimmi, tua madre ha fatto tutto il pagamento? Bene, così ora sei proprietaria [di casa]. Bisogna fare il mutuo, non per me ma per la gente, capisci. Sono contento che tu abbia qualcosa. Io sono nemico di avere beni, cose, tenute, ma ciò non toglie che sia contento che li abbiano gli altri».
E il 20 dicembre ’38 di nuovo un pensiero per il «cognato»: «Che fa il nostro? Hai ragione, a un certo momento bisogna sistemare un uomo, ormai ha trent’anni. Domani me ne interesserò, ora lo segno».
Mauro Suttora
Non è un collegamento diretto, ma un punto in comune sì quello che il settimanale Oggi (www.oggi.it), in edicola mercoledì 18 agosto, evidenzia tra Mussolini e Fini. Non c'entra la politica, ma la famiglia: Claretta Petacci come Elisabetta Tulliani. Oggi pubblica infatti degli estratti del libro Mussolini segreto, a cura di Mauro Suttora (Rizzoli), da cui emerge che anche il Duce si prodigò per la famiglia della sua amante.
Nel 1937 raccomandò il fratello Marcello evitandogli il carcere: «Farò il tuo amante e il suo ministro (…)», le dice. Ordinò al quotidiano Il Messaggero di far scrivere il «suocero»: «Tuo padre è contento degli articoli?», chiede a Claretta. «Dopo dieci di questi lo faccio collaborare fisso (…). Poi lo farò senatore, sei contenta?».
Ma le analogie non finiscono qui – prosegue il settimanale. Mussolini si occupa anche della costruzione di una villa sulla Camilluccia, a Roma, per tutta la famiglia Petacci. Il 16 luglio ’38, il Duce chiede a Claretta: «Dimmi, tua madre ha fatto tutto il pagamento? Bene, così ora sei proprietaria. Bisogna fare il mutuo, non per me ma per la gente, capisci?». E il 20 dicembre del ’38 - conclude il settimanale - di nuovo un pensiero per il «cognato»: «Che fa il nostro? Hai ragione, a un certo momento bisogna sistemare un uomo, ormai ha trent’anni. Domani me ne interesserò, ora lo segno».
articolo completo di Oggi:
I potenti di ogni epoca hanno sempre avuto mogli, compagne e amanti ad assillarli con raccomandazioni. Gianfranco Fini come Benito Mussolini. Claretta Petacci, amante del duce, era asfissiante. Conobbe Benito a vent’anni, nell’aprile 1932. I due non si erano scambiati neanche un bacio, ma pochi mesi dopo lei era già lì a pretendere. Per suo padre, per il fidanzato, per il fratello.
Ecco la trascrizione di una telefonata del 15 dicembre ’32, dal libro Mussolini segreto (Rizzoli, 2009) con i diari di Claretta. La cui autenticità è garantita dall’Archivio di stato che li ha resi pubblici dopo 70 anni.
Claretta: «La causa di mio papà. Bisogna che lei se ne interessi. Ecco, ho qui dei nomi».
Mussolini: «Già, vedo. Ma io non posso far nulla direttamente, non posso interessarmene. In dieci anni non mi sono mai incaricato di giustizia, per un sentimento mio di coscienza».
C. «Già, ma la giustizia...»
M. «Farà il suo giusto corso. Il tuo fidanzamento, come va? [Claretta è fidanzata con Riccardo Federici, tenente dell’Aeronautica, 28 anni, ndr]»
C. «Il mio fidanzamento dipende da Vostra Eccellenza» [vuole un trasferimento che avvicini il suo Riccardo a Roma].
M. «Da me? Sai che non è possibile, perché c’è la legge che lo vieta. Te l’ho detto».
C. «Appunto perché esiste una legge che lo vieta, ho domandato il suo consenso. Altrimenti era inutile disturbarlo».
M. «Già, ma non è possibile far nulla, e lui pure deve saperlo».
C. «Precisamente, il tenente [mio fidanzato] non voleva fare la domanda per via gerarchica perché sapeva di non poterla fare, e perciò la diresse a lei. Era inutile andare per una strada che già si conosceva impossibile».
M. «Ma io di fronte ad una legge che vige non posso far nulla. Non posso essere io, il capo, a trasgredirla».
Nel marzo ‘34 Claretta, ormai sposata con Federici (e ancora allo stadio platonico con Mussolini) cambia obiettivo: «Perché non lo fa suo aiutante di volo?»
Mussolini: «Perché conosco te».
C. «Ebbene che c’entra? Anzi, ragione di più».
M. «No, perché direbbero: “L’ha fatto aiutante di volo perché è l’amico della moglie”».
C. «E allora di tutti questi che vanno avanti, che ne sappiamo se la moglie... non lo dicono, questo».
M. «Lo dicono, lo dicono».
C. «E che importa?»
M. «Importa sì, perché poi gli dovrò dare degli ordini, lo dovrò avere a mio contatto, e devo pensare che di fronte alla mia coscienza faccio la figura del traditore. No, questo no».
C. «Quanti scrupoli di coscienza».
M. «È questo il mio forte, se non avessi così profondamente coscienza non riuscirei a vincere gli altri».
C. «Ma pure Napoleone prendeva a benvolere delle ragazze e le favoriva».
M. «Già, e questa era una sua debolezza».
C. «Insomma, non mi vuole aiutare. Un aiutante dovrà pure prenderlo. È un bel ragazzo, di bella presenza, intelligente».
M. «Lo credo, lo credo, ho la massima stima di lui come pilota e come ufficiale. Ma conosco te e basta».
C. «Capisco, non mi aiutate perché non mi volete più bene».
M. «Non posso».
C. «Fate conto che io sia vostra figlia».
M. «Già, ma non lo sei. Io i miei parenti li pesto più che posso, non li aiuto mai, ho questa abitudine».
Abitudine che già l’anno dopo abbandonerà. Scrive infatti Claretta a Mussolini del ’35: «Ecco i documenti di mio fratello [Marcello, che verrà fucilato a Dongo nel ‘45, ndr], che Ella con tanta benevolenza mi ha richiesto e di cui vi è copia alla sede del fascio. Le sono infinitamente grata di quest’altra prova di affettuoso interessamento che Ella ha voluto darmi. Vi sono inoltre dei fatti avvenuti durante l’attività giovanile, che non sono documentati. Ricordo per esempio che nel 1921, per aver gettato nella calce una bandiera rossa, fu percosso tanto che dovette rimanere due settimane in clinica. Nello stesso periodo fu aggredito da un sovversivo armato di coltello, che riuscì fortunatamente soltanto a ferirlo».
Fratello fascistissimo, insomma, e mamma di Claretta pure lei felice per uno dei tanti favori di Mussolini al figlio. Ecco infatti una lettera di ringraziamento della signora Petacci del 29 ottobre ’36: «Ancora una volta per Voi c’è nel mio animo un raggio di luce. Per la Vostra grande bontà Vi ringrazio con cuore riconoscente di mamma. Sono certa che il mio Marcello corrisponderà sempre degnamente a questo Vostro prezioso interessamento».
Nell’ottobre ’36 Claretta (separata dal marito) e Benito sono ormai amanti. E lei gli chiede per lettera di proteggere il padre Francesco Saverio, medico del Vaticano, da un tizio con cui è in causa: «Perdonami si ti disturbo, se ti parlo di cose estranee al mio amore... ma come fare senza il tuo consiglio? Papà avrebbe lasciato libero l’appartamento per aderire all’accordo. [...] Hanno ricorso a Sua Eccellenza Pacelli [Eugenio Pacelli (1876-1958), segretario di stato vaticano, diventerà papa Pio XII nel ‘39, ndr], mettendo in cattiva luce papà anche presso il governatore. Continua la sua linea scorretta, oltre che con il fascio, anche con papà».
Un anno dopo, 15 ottobre ‘37: «Mi dice di Marcello [che ha combinato un guaio], che stia tranquilla, che non gli fanno nulla, e che prima di esprimersi con tanta leggerezza su di un ufficiale ci pensino e stiano attenti a quello che fanno. Dice che Sebastiani [il segretario di Mussolini] ha detto che Marcello è un po’ esuberante ma simpaticissimo. Molto contento di averlo potuto aiutare».
Nove giorni dopo: «Lo trovo scuro. C’è la questione riguardante Marcello, una vigliaccheria che vogliono fargli, un’infamia. Io scatto, mi dispiaccio, mi viene da piangere, difendo Marcello per la verità e per la giustizia. Lui si convince, mi calma. Dice che farà di tutto perché nulla di male avvenga, capisce che qualcuno ad arte ha esagerato per fargli del male. “Farò il tuo amante e il suo ministro. La mia situazione è falsa, non voglio che si dica che me ne occupo perché è tuo fratello, perché questo non è. D’altronde se l’hanno mandato a me, vuol dire che avevano uno scopo”».
Due giorni dopo, il verdetto. Mussolini dice a Claretta: «Volevano dargli niente di meno che la fortezza [il carcere] per una scemenza di così poco valore. Allora ho detto di andarci piano, di non calcare la mano, che non è il caso. Se la caverà con una decina di giorni di arresti semplici o di rigore, non so, che poi non farà perché lavorerà lo stesso».
Mussolini ordina al quotidiano Il Messaggero di far scrivere il padre di Claretta: poi le chiede: «Tuo padre è contento degli articoli? Dopo dieci di questi lo faccio collaborare fisso, prenderà 2000-2500 lire al mese. Poi, nel ‘39, lo farò senatore. Sei contenta?».
La nomina al Senato non va in porto. E il 24 gennaio ’39 Claretta scrive: «Gli dico che mi è dispiaciuto abbia fatto la legge dei 60 anni [età minima per diventare senatore] che lascia fuori papà. Rimane male e dice: “Non sapevo che tuo padre fosse ancora così giovane. Sono spiacente, mi ha costretto a farlo una richiesta per 700 e più [seggi di] senatori [sui 212 da nominare per il nuovo Senato, ndr], quindi ho dovuto mettere un limite. Non credere che l’abbia fatto apposta. Mi sono trovato costretto per eludere molte domande”». Ma Claretta non ci crede e gli molla una scenata: «Rispondo come devo e mi vengono le lagrime».
Intanto è iniziata la costruzione di una villa sulla Camilluccia per tutta la famiglia Petacci. Il 16 luglio ’38 Mussolini chiede a Claretta: «Dimmi, tua madre ha fatto tutto il pagamento? Bene, così ora sei proprietaria [di casa]. Bisogna fare il mutuo, non per me ma per la gente, capisci. Sono contento che tu abbia qualcosa. Io sono nemico di avere beni, cose, tenute, ma ciò non toglie che sia contento che li abbiano gli altri».
E il 20 dicembre ’38 di nuovo un pensiero per il «cognato»: «Che fa il nostro? Hai ragione, a un certo momento bisogna sistemare un uomo, ormai ha trent’anni. Domani me ne interesserò, ora lo segno».
Mauro Suttora
Viaggio nell'Europarlamento
Cosa fanno i cinque eurodeputati 'adottati' da Oggi
ORA PER ORA, COSÌ FUNZIONA IL PARLAMENTO UE
Nel 2009 ne avevamo scelto uno per partito, ripromettendoci di «controllare» la loro attività. Siamo andati a trovarli e abbiamo scoperto che due sono incinte, il leghista è infaticabile, e il dipietrista...
dall'inviato Mauro Suttora
Bruxelles, luglio 2010
Arrivo all'una nell'aeroporto della capitale belga (ed europea) durante l'ultima settimana di lavoro dell'Europarlamento prima delle ferie estive. Chiamo dal bus l'ufficio di Licia Ronzulli, deputata Pdl: «Peccato che arrivi solo adesso, è appena finito un bellissimo ricevimento per Roma con concerto di Bocelli!», mi risponde lei. La grande novità, però, è che Licia è incinta. All'ottavo mese. In agosto nasce Vittoria. E, incredibilmente, è in dolce attesa (quinto mese) anche l'altra eurodeputata «adottata» l'anno scorso da Oggi: Francesca Balzani, Pd.
Scendo dal bus e m'incammino verso il nuovo edificio che ospita gli uffici dell'Europarlamento. È intitolato ad Altiero Spinelli, che con il suo Manifesto di Ventotene del 1941, scritto al confino nell'isola con Ernesto Rossi, è uno dei padri dell'Europa unita. Da italiano, sono orgoglioso di vedere il suo nome all'ingresso del palazzo. Quello di fronte è dedicato a Paul-Henri Spaak, premier belga e zio di Catherine.
MINACCIA ISLAMICA
In portineria mi viene a prendere in consegna l'assistente della Balzani. A causa delle minacce dei terroristi islamici, entrare nell'Europarlamento è diventato difficile. Non solo bisogna fare un'apposita tessera con foto, ma ogni ospite dev'essere fisicamente accolto al piano terra da chi lo ha invitato e garantisce per lui. L'onorevole Balzani è in riunione, cosicché mi dirigo verso l'ufficio della Ronzulli: 09E246. Significa che è al nono piano nell'ala E. Complicatissimo: se si sbaglia ala bisogna tornare giù e risalire.
Nell'ascensore vedo il manifestino che annuncia la «festa per Roma». Oltre al concerto di Bocelli c'è stato un ricevimento e la proiezione di un documentario di Zeffirelli. Il sindaco Alemanno non è venuto, sostituito dal vice Mauro Cutrufo. Motivo della manifestazione: propagandare il Gran Premio di Formula Uno che Roma vuole organizzare all'Eur, e la candidatura alle Olimpiadi del 2020.
Arriva la Ronzulli nel corridoio moquettato, seguita dai suoi due assistenti. Le chiedo se «feste» come questa non rischiano di far parte dei leggendari sprechi dell'Europarlamento. Mi spiega che ogni eurodeputato ha a disposizione 15 mila euro l'anno per convegni e iniziative simili, o anche per invitare propri elettori dall'Italia a visitare il Parlamento.
Nella classifica delle presenze la Ronzulli non brilla: ha partecipato all'83% delle sedute plenarie, e risulta 46ª su 72. Ma è ampiamente giustificata dalla gravidanza, arrivata dopo due anni di matrimonio. «Per la verità sono stata assente anche la settimana dopo l'incidente a Berlusconi, lo scorso dicembre. Gli sono stata vicino». Licia, infatti, lavora in ospedale, è manager sanitaria ed è una delle giovani che il premier ha valorizzato. Le ha fatto saltare il cursus honorum abituale (prima consigliere circoscrizionale, comunale, provinciale, regionale, poi deputato nazionale, infine europeo), proiettandola subito in Europa.
Altre due eurodeputate giovanissime sono state elette nel Pdl per volere di Berlusconi: la bocconiana Lara Comi, 27 anni, e l'attrice pugliese 29enne Barbara Matera. Sono risultate assidue e preparate. Ovviamente la Ronzulli non vuole essere associata alle soubrette: «Qui si lavora, e molto. Faccio parte della commissione Occupazione e Affari sociali e di quella per i Rapporti con i Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico. Mi sono battuta per la risoluzione contro il precariato giovanile».
DA UKMAR A STRASBURGO
Saliamo al quindicesimo piano, dove stanno gli uffici degli eurodeputati democratici. Francesca Balzani, genovese, collaboratrice del tributarista Victor Ukmar, è stata assessore al Bilancio della sua città. E anche a Bruxelles è entrata nella commissione Bilancio. Un mese fa, poi, è stata nominata nella commissione Prospettive Finanziarie: sarà lei a decidere (assieme agli altri 49 membri, di cui solo due italiani) dove andranno i finanziamenti Ue nei prossimi anni. Un ruolo cruciale, per affrontare il quale ha preso casa a Bruxelles. «E adesso questa bella sorpresa: la terza figlia». Che si chiamerà Agata.
L'ASSURDA DOPPIA SEDE
Anche alla Balzani chiediamo degli sprechi europei: «Quelli più grandi avvengono non per il funzionamento delle istituzioni come il Parlamento, ma per certi finanziamenti con scarso rendiconto. Comunque è chiaro che la doppia sede del Parlamento, a Bruxelles e a Strasburgo, fa aumentare inutilmente i costi». Ma guai a parlarne ai francesi, di ogni colore: difendono la loro Strasburgo con i denti.
Lo conferma Niccolò Rinaldi, fiorentino e veterano di Bruxelles. Ci arrivò come assistente di Jas Gawronski, eurodeputato prima repubblicano per 15 anni, quindi di Forza Italia per altri quindici. «Poi sono diventato funzionario del gruppo liberaldemocratico, e lì ho conosciuto Di Pietro che mi ha apprezzato». Eletto per la prima volta europarlamentare l'anno scorso per l'Idv, Rinaldi si muove nei corridoi di Bruxelles con consumata abilità. E sopperisce all'inesperienza di altri eletti italiani i quali, parlando poco inglese e francese, spesso sono tagliati fuori dalle decisioni importanti.
«Parliamoci chiaro», spiega Rinaldi, «qui le battaglie non si fanno solo nelle sedute plenarie, ma anche nelle commissioni e nei gruppi. Perché oltre alle divisioni fra destra e sinistra ci sono quelle nazionali, che spesso pesano di più». Un esempio: il presidente francese del Ppe (i popolari) è stato il principale avversario dei deputati italiani del suo stesso gruppo, quando questi hanno chiesto un'unica sede per il Parlamento, eliminando Strasburgo, per risparmiare 250 milioni l'anno.
Intanto, si sono fatte le sei del pomeriggio. Accompagniamo Rinaldi, reduce da un viaggio ad Haiti dove ha controllato gli aiuti Ue, a un aperitivo in un caffè vicino al Parlamento. Tipico incontro cui devono partecipare i deputati. La Confindustria italiana, infatti, ha invitato a Bruxelles una delegazione di piccoli imprenditori per familiarizzarli ai meccanismi di finanziamento Ue.
LEGHISTA CONTRO TURCHIA
Il mattino dopo visitiamo un altro giovane: l'eurodeputato veronese Lorenzo Fontana (Lega Nord). È reduce da una battaglia con il commissario per l'Allargamento. Gli aveva indirizzato un'interrogazione contro l'entrata in Europa della Turchia, obiettando che Istanbul non ha mai chiesto scusa per il genocidio degli armeni. Quello gli ha risposto che bisogna guardare al futuro, non al passato. «Allora dimentichiamoci pure dello sterminio degli ebrei...», commenta Fontana. Il quale, per l'eccessiva lontananza, ha perso la fidanzata italiana. Capita anche questo, andando a Bruxelles.
Mauro Suttora
ORA PER ORA, COSÌ FUNZIONA IL PARLAMENTO UE
Nel 2009 ne avevamo scelto uno per partito, ripromettendoci di «controllare» la loro attività. Siamo andati a trovarli e abbiamo scoperto che due sono incinte, il leghista è infaticabile, e il dipietrista...
dall'inviato Mauro Suttora
Bruxelles, luglio 2010
Arrivo all'una nell'aeroporto della capitale belga (ed europea) durante l'ultima settimana di lavoro dell'Europarlamento prima delle ferie estive. Chiamo dal bus l'ufficio di Licia Ronzulli, deputata Pdl: «Peccato che arrivi solo adesso, è appena finito un bellissimo ricevimento per Roma con concerto di Bocelli!», mi risponde lei. La grande novità, però, è che Licia è incinta. All'ottavo mese. In agosto nasce Vittoria. E, incredibilmente, è in dolce attesa (quinto mese) anche l'altra eurodeputata «adottata» l'anno scorso da Oggi: Francesca Balzani, Pd.
Scendo dal bus e m'incammino verso il nuovo edificio che ospita gli uffici dell'Europarlamento. È intitolato ad Altiero Spinelli, che con il suo Manifesto di Ventotene del 1941, scritto al confino nell'isola con Ernesto Rossi, è uno dei padri dell'Europa unita. Da italiano, sono orgoglioso di vedere il suo nome all'ingresso del palazzo. Quello di fronte è dedicato a Paul-Henri Spaak, premier belga e zio di Catherine.
MINACCIA ISLAMICA
In portineria mi viene a prendere in consegna l'assistente della Balzani. A causa delle minacce dei terroristi islamici, entrare nell'Europarlamento è diventato difficile. Non solo bisogna fare un'apposita tessera con foto, ma ogni ospite dev'essere fisicamente accolto al piano terra da chi lo ha invitato e garantisce per lui. L'onorevole Balzani è in riunione, cosicché mi dirigo verso l'ufficio della Ronzulli: 09E246. Significa che è al nono piano nell'ala E. Complicatissimo: se si sbaglia ala bisogna tornare giù e risalire.
Nell'ascensore vedo il manifestino che annuncia la «festa per Roma». Oltre al concerto di Bocelli c'è stato un ricevimento e la proiezione di un documentario di Zeffirelli. Il sindaco Alemanno non è venuto, sostituito dal vice Mauro Cutrufo. Motivo della manifestazione: propagandare il Gran Premio di Formula Uno che Roma vuole organizzare all'Eur, e la candidatura alle Olimpiadi del 2020.
Arriva la Ronzulli nel corridoio moquettato, seguita dai suoi due assistenti. Le chiedo se «feste» come questa non rischiano di far parte dei leggendari sprechi dell'Europarlamento. Mi spiega che ogni eurodeputato ha a disposizione 15 mila euro l'anno per convegni e iniziative simili, o anche per invitare propri elettori dall'Italia a visitare il Parlamento.
Nella classifica delle presenze la Ronzulli non brilla: ha partecipato all'83% delle sedute plenarie, e risulta 46ª su 72. Ma è ampiamente giustificata dalla gravidanza, arrivata dopo due anni di matrimonio. «Per la verità sono stata assente anche la settimana dopo l'incidente a Berlusconi, lo scorso dicembre. Gli sono stata vicino». Licia, infatti, lavora in ospedale, è manager sanitaria ed è una delle giovani che il premier ha valorizzato. Le ha fatto saltare il cursus honorum abituale (prima consigliere circoscrizionale, comunale, provinciale, regionale, poi deputato nazionale, infine europeo), proiettandola subito in Europa.
Altre due eurodeputate giovanissime sono state elette nel Pdl per volere di Berlusconi: la bocconiana Lara Comi, 27 anni, e l'attrice pugliese 29enne Barbara Matera. Sono risultate assidue e preparate. Ovviamente la Ronzulli non vuole essere associata alle soubrette: «Qui si lavora, e molto. Faccio parte della commissione Occupazione e Affari sociali e di quella per i Rapporti con i Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico. Mi sono battuta per la risoluzione contro il precariato giovanile».
DA UKMAR A STRASBURGO
Saliamo al quindicesimo piano, dove stanno gli uffici degli eurodeputati democratici. Francesca Balzani, genovese, collaboratrice del tributarista Victor Ukmar, è stata assessore al Bilancio della sua città. E anche a Bruxelles è entrata nella commissione Bilancio. Un mese fa, poi, è stata nominata nella commissione Prospettive Finanziarie: sarà lei a decidere (assieme agli altri 49 membri, di cui solo due italiani) dove andranno i finanziamenti Ue nei prossimi anni. Un ruolo cruciale, per affrontare il quale ha preso casa a Bruxelles. «E adesso questa bella sorpresa: la terza figlia». Che si chiamerà Agata.
L'ASSURDA DOPPIA SEDE
Anche alla Balzani chiediamo degli sprechi europei: «Quelli più grandi avvengono non per il funzionamento delle istituzioni come il Parlamento, ma per certi finanziamenti con scarso rendiconto. Comunque è chiaro che la doppia sede del Parlamento, a Bruxelles e a Strasburgo, fa aumentare inutilmente i costi». Ma guai a parlarne ai francesi, di ogni colore: difendono la loro Strasburgo con i denti.
Lo conferma Niccolò Rinaldi, fiorentino e veterano di Bruxelles. Ci arrivò come assistente di Jas Gawronski, eurodeputato prima repubblicano per 15 anni, quindi di Forza Italia per altri quindici. «Poi sono diventato funzionario del gruppo liberaldemocratico, e lì ho conosciuto Di Pietro che mi ha apprezzato». Eletto per la prima volta europarlamentare l'anno scorso per l'Idv, Rinaldi si muove nei corridoi di Bruxelles con consumata abilità. E sopperisce all'inesperienza di altri eletti italiani i quali, parlando poco inglese e francese, spesso sono tagliati fuori dalle decisioni importanti.
«Parliamoci chiaro», spiega Rinaldi, «qui le battaglie non si fanno solo nelle sedute plenarie, ma anche nelle commissioni e nei gruppi. Perché oltre alle divisioni fra destra e sinistra ci sono quelle nazionali, che spesso pesano di più». Un esempio: il presidente francese del Ppe (i popolari) è stato il principale avversario dei deputati italiani del suo stesso gruppo, quando questi hanno chiesto un'unica sede per il Parlamento, eliminando Strasburgo, per risparmiare 250 milioni l'anno.
Intanto, si sono fatte le sei del pomeriggio. Accompagniamo Rinaldi, reduce da un viaggio ad Haiti dove ha controllato gli aiuti Ue, a un aperitivo in un caffè vicino al Parlamento. Tipico incontro cui devono partecipare i deputati. La Confindustria italiana, infatti, ha invitato a Bruxelles una delegazione di piccoli imprenditori per familiarizzarli ai meccanismi di finanziamento Ue.
LEGHISTA CONTRO TURCHIA
Il mattino dopo visitiamo un altro giovane: l'eurodeputato veronese Lorenzo Fontana (Lega Nord). È reduce da una battaglia con il commissario per l'Allargamento. Gli aveva indirizzato un'interrogazione contro l'entrata in Europa della Turchia, obiettando che Istanbul non ha mai chiesto scusa per il genocidio degli armeni. Quello gli ha risposto che bisogna guardare al futuro, non al passato. «Allora dimentichiamoci pure dello sterminio degli ebrei...», commenta Fontana. Il quale, per l'eccessiva lontananza, ha perso la fidanzata italiana. Capita anche questo, andando a Bruxelles.
Mauro Suttora
Classifica presenze eurodeputati
di Mauro Suttora
Oggi, 18 agosto 2010
Non è un segreto: il Parlamento europeo conta pochissimo. Quasi nulla, perché nell'Unione i due organi di gran lunga più importanti sono la Commissione (il governo dei burocrati) e il consiglio (dei ministri dei 27 stati). Il Parlamento può invitare, auspicare, protestare, ma decidere quasi mai: al massimo «co-decidere».
Per questo Bruxelles era il «cimitero degli elefanti». Ci arrivavano politici illustri ma a fine carriera. Per toglierli di mezzo, si offriva loro il lauto stipendio europeo. Ora, invece, il decano è proprio un italiano: l'82enne Ciriaco De Mita. Che infatti non brilla per assiduità: 68esimo su 72 nella classifica degli italiani più presenti. Ma almeno lui ha la scusante dell'età.
Una delusione invece è stato Magdi Cristiano Allam, l'ex giornalista eletto con l'Udc che Oggi aveva «adottato» proprio con l'impegno di essere più presente della media dei deputati italiani. Ma Allam si è candidato alle regionali come governatore della Basilicata, e risulta ultimo in classifica.
Anche Debora Serracchiani, ex astro nascente del Pd, sembra preferire l'Italia all'Europa. Complimenti, invece, a Sergio Cofferati: ha mancato una sola delle 50 sedute plenarie. Altri politici importanti che s'impegnano sono l'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, quello di Firenze Domenici e il leghista Speroni. Bene anche David Sassoli, Iva Zanicchi, Elisabetta Gardini, De Magistris e Prodi-fratello. Ma vale la pena partecipare, se poi si conta così poco?
CLASSIFICA DELLE PRESENZE IN SEDUTA PLENARIA DEI 72 EURODEPUTATI ITALIANI
dati in %, dal luglio 2009 al luglio 2010
100%
Roberto GUALTIERI, S&D
Salvatore IACOLINO, Ppe
Giovanni LA VIA, Ppe
Oreste ROSSI, Lega
Giancarlo SCOTTA', Lega
98%
Salvatore CARONNA, S&D
Sergio COFFERATI, S&D
Lorenzo FONTANA, Lega
Mario MAURO, Ppe
P.Antonio PANZERI, S&D
Francesco SPERONI, Lega
96%
Lara COMI, Ppe
Gianni PITTELLA, S&D
Vittorio PRODI, S&D
Sergio SILVESTRIS, Ppe
94%
Gabriele ALBERTINI, Ppe
Francesca, BALZANI, S&D
Carlo CASINI, Udc
Andrea COZZOLINO, S&D
Herbert DORFMANN, Svp
93%
Niccolò RINALDI, IdV
92%
Raffaele BALDASSARRE, Ppe
Leonardo DOMENICI, S&D
David SASSOLI, S&D
Giommaria UGGIAS, IdV
91%
Gianluca SUSTA, S&D
90%
Silvia COSTA, S&D
Elisabetta GARDINI, Ppe
Iva ZANICCHI, Ppe
89%
Roberta ANGELILLI, Ppe
Antonio CANCIAN, Ppe
87%
Luigi DE MAGISTRIS, IdV
Carlo FIDANZA, Ppe
Barbara MATERA, Ppe
Lia SARTORI, Ppe
Salvatore TATARELLA, Ppe
Patrizia TOIA, S&D
86%
Fiorello PROVERA, Lega
85%
Luigi BERLINGUER, S&D
Mara, BIZZOTTO, Lega
Paolo DE CASTRO, S&D
Erminia, MAZZONI, Ppe
Tiziano MOTTI, Udc
84%
Sergio BERLATO, Ppe
Mario BORGHEZIO, Lega
83%
Sonia ALFANO, IdV
Pino ARLACCHI, IdV
Paolo BARTOLOZZI, Ppe
Giovanni COLLINO, Ppe
Guido MILANA, S&D
Licia RONZULLI, Ppe
Marco SCURRIA, Ppe
81%
Francesco DE ANGELIS, S&D
Claudio MORGANTI, Lega
Gianni VATTIMO, IdV
80%
Antonello ANTINORO, Udc
Potito SALATTO, Ppe
78%
Mario PIRILLO, S&D
77%
Cristiana MUSCARDINI, Ppe
Matteo SALVINI, Lega
76%
Clemente MASTELLA, Ppe
75%
Rosario CROCETTA, S&D
70%
Rita BORSELLINO, S&D
Aldo PATRICIELLO, Ppe
69%
Vito BONSIGNORE, Ppe
Crescenzio RIVELLINI, Ppe
Debora SERRACCHIANI, S&D
65%
Ciriaco DE MITA, Udc
63%
Vincenzo IOVINE, Idv
61%
Alfredo ANTONIOZZI, Ppe
60%
Alfredo PALLONE, Ppe
56%
Magdi Cristiano ALLAM, Udc
S&D corrisponde in Italia al Partito Democratico. Ppe al Pdl
Oggi, 18 agosto 2010
Non è un segreto: il Parlamento europeo conta pochissimo. Quasi nulla, perché nell'Unione i due organi di gran lunga più importanti sono la Commissione (il governo dei burocrati) e il consiglio (dei ministri dei 27 stati). Il Parlamento può invitare, auspicare, protestare, ma decidere quasi mai: al massimo «co-decidere».
Per questo Bruxelles era il «cimitero degli elefanti». Ci arrivavano politici illustri ma a fine carriera. Per toglierli di mezzo, si offriva loro il lauto stipendio europeo. Ora, invece, il decano è proprio un italiano: l'82enne Ciriaco De Mita. Che infatti non brilla per assiduità: 68esimo su 72 nella classifica degli italiani più presenti. Ma almeno lui ha la scusante dell'età.
Una delusione invece è stato Magdi Cristiano Allam, l'ex giornalista eletto con l'Udc che Oggi aveva «adottato» proprio con l'impegno di essere più presente della media dei deputati italiani. Ma Allam si è candidato alle regionali come governatore della Basilicata, e risulta ultimo in classifica.
Anche Debora Serracchiani, ex astro nascente del Pd, sembra preferire l'Italia all'Europa. Complimenti, invece, a Sergio Cofferati: ha mancato una sola delle 50 sedute plenarie. Altri politici importanti che s'impegnano sono l'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, quello di Firenze Domenici e il leghista Speroni. Bene anche David Sassoli, Iva Zanicchi, Elisabetta Gardini, De Magistris e Prodi-fratello. Ma vale la pena partecipare, se poi si conta così poco?
CLASSIFICA DELLE PRESENZE IN SEDUTA PLENARIA DEI 72 EURODEPUTATI ITALIANI
dati in %, dal luglio 2009 al luglio 2010
100%
Roberto GUALTIERI, S&D
Salvatore IACOLINO, Ppe
Giovanni LA VIA, Ppe
Oreste ROSSI, Lega
Giancarlo SCOTTA', Lega
98%
Salvatore CARONNA, S&D
Sergio COFFERATI, S&D
Lorenzo FONTANA, Lega
Mario MAURO, Ppe
P.Antonio PANZERI, S&D
Francesco SPERONI, Lega
96%
Lara COMI, Ppe
Gianni PITTELLA, S&D
Vittorio PRODI, S&D
Sergio SILVESTRIS, Ppe
94%
Gabriele ALBERTINI, Ppe
Francesca, BALZANI, S&D
Carlo CASINI, Udc
Andrea COZZOLINO, S&D
Herbert DORFMANN, Svp
93%
Niccolò RINALDI, IdV
92%
Raffaele BALDASSARRE, Ppe
Leonardo DOMENICI, S&D
David SASSOLI, S&D
Giommaria UGGIAS, IdV
91%
Gianluca SUSTA, S&D
90%
Silvia COSTA, S&D
Elisabetta GARDINI, Ppe
Iva ZANICCHI, Ppe
89%
Roberta ANGELILLI, Ppe
Antonio CANCIAN, Ppe
87%
Luigi DE MAGISTRIS, IdV
Carlo FIDANZA, Ppe
Barbara MATERA, Ppe
Lia SARTORI, Ppe
Salvatore TATARELLA, Ppe
Patrizia TOIA, S&D
86%
Fiorello PROVERA, Lega
85%
Luigi BERLINGUER, S&D
Mara, BIZZOTTO, Lega
Paolo DE CASTRO, S&D
Erminia, MAZZONI, Ppe
Tiziano MOTTI, Udc
84%
Sergio BERLATO, Ppe
Mario BORGHEZIO, Lega
83%
Sonia ALFANO, IdV
Pino ARLACCHI, IdV
Paolo BARTOLOZZI, Ppe
Giovanni COLLINO, Ppe
Guido MILANA, S&D
Licia RONZULLI, Ppe
Marco SCURRIA, Ppe
81%
Francesco DE ANGELIS, S&D
Claudio MORGANTI, Lega
Gianni VATTIMO, IdV
80%
Antonello ANTINORO, Udc
Potito SALATTO, Ppe
78%
Mario PIRILLO, S&D
77%
Cristiana MUSCARDINI, Ppe
Matteo SALVINI, Lega
76%
Clemente MASTELLA, Ppe
75%
Rosario CROCETTA, S&D
70%
Rita BORSELLINO, S&D
Aldo PATRICIELLO, Ppe
69%
Vito BONSIGNORE, Ppe
Crescenzio RIVELLINI, Ppe
Debora SERRACCHIANI, S&D
65%
Ciriaco DE MITA, Udc
63%
Vincenzo IOVINE, Idv
61%
Alfredo ANTONIOZZI, Ppe
60%
Alfredo PALLONE, Ppe
56%
Magdi Cristiano ALLAM, Udc
S&D corrisponde in Italia al Partito Democratico. Ppe al Pdl
Wednesday, September 01, 2010
Fare futuro
LE PROVOCAZIONI DI FILIPPO ROSSI E DEGLI ALTRI GIORNALISTI FINIANI
di Mauro Suttora
Oggi, 25 agosto 2010
Provate a cercare su Google la parola «Fare futuro». Il nome della fondazione di Gianfranco Fini batte «fare l’amore» e «fare soldi» per cinque milioni di risultati contro mezzo milione e 400 mila, rispettivamente. Incredibile: le due attività più piacevoli della vita stracciate da un sito politico. Questo spiega ed è spiegato (causa ed effetto) dall’estate più pazza nella storia dei partiti italiani: un intero agosto passato da tv e giornali a registrare ogni sospiro di Fini e del suo nuovo avversario, il premier Silvio Berlusconi che lo rese «presentabile» nel 1993, e col quale appena due anni fa aveva fondato il Popolo della Libertà.
«Il berlusconismo è fatto di ricatti, menzogne, editti e killeraggio», ha scritto Filippo Rossi, direttore della rivista online di Fare futuro. Definizione durissima, che neppure gli oppositori del Partito democratico userebbero. Ormai siamo in territorio Di Pietro-Grillo. Presa di distanza immediata, quindi da parte dei 44 parlamentari transfughi finiani: «Editoriale fuori misura», hanno tagliato corto i capigruppo Italo Bocchino e Pasquale Viespoli.
Ma l’autore non fa marcia indietro: «A Fare futuro siamo commentatori e giornalisti», ci dice Rossi, «non facciamo direttamente politica, ma cultura. E registriamo sensazioni che abbiamo dentro di noi o attorno a noi».
Rossi come Vittorio Feltri? Il direttore del webmagazine finiano come quello de Il Giornale berlusconiano, che dopo la rottura non lascia passar giorno senza un titolo a nove colonne in prima pagina contro Fini? Giornalisti entrambi, Rossi e Feltri mitragliano all’impazzata. Poi arrivano i politici a smentire, attenuare, minimizzare. Ma intanto il danno è fatto, le parole sono state dette e scritte, il clima avvelenato.
Rossi non accetta il paragone con Feltri (o con Maurizio Belpietro, direttore di Libero, l’altro quotidiano belusconofilo altrettanto aggressivo): «Noi facciamo analisi politiche, non attacchi personali». Beh, accusare i berlusconiani di essere dei killer... «E cosa fanno da un anno, se non accusare Fini di qualsiasi nefandezza? Gettano cacca nel ventilatore, e alla fine qualche schizzo resta attaccato. Si sono ridotti ad attaccare il fratello della compagna di Fini, oppure a rovistare fra le fatture di una cucina Scavolini».
A proposito: non sarebbe meglio che Fini, per tacitare le accuse, dicesse sempre tutto e subito?
«In che senso?»
Che spieghi chi c’è dietro le società fantasma che hanno acquistato la casa di Montecarlo affittata dal fratello della sua compagna Elisabetta Tulliani, e se quella cucina l’ha comprata per lui. Magari aggiungendo: «Se ho commesso qualche stupidaggine, l’ho fatto per amore». Gli italiani capirebbero. Almeno quelli che tengono famiglia. Cioè quasi tutti.
«Ma figurarsi se il presidente della Camera deve abbassarsi a rispondere. Non può partecipare a questo gioco al massacro. Ha già dato abbastanza spiegazioni. D’altra parte, lo stesso Feltri ammette che si tratta soltanto di “questioni di galateo politico”. Non stiamo parlando certo di reati, di cui invece sono formalmente accusati vari dirigenti berlusconiani. Insomma, non è ridicolo che tutto il dibattito politico di una nazione, con i problemi che abbiamo, debba ruotare attorno a un piano rialzato a Montecarlo, una cucina componibile, una schedina Enalotto?»
Beh, è capitato anche a Clinton e Monica, a Sarkozy e Carla.
«Ecco. Invece noi vorremmo parlare di politica, possibilmente».
À la guerre comme à la guerre, però. Quindi, adesso ai giornali berlusconiani Elisabetta Tulliani risponde solo con querele: contro Il Giornale, Libero, il settimanale Panorama. Una linea dura suggerita probabilmente da Giulia Bongiorno, l’avvocata-deputata in questi giorni più vicina alla coppia Fini-Tulliani. Era stata lei a mettere una pietra tombale sul primo matrimonio di Fini con Daniela Di Sotto, trovando un accordo che impedisse alla signora di recriminare. Ora, invece, nessuna spiegazione all’opinione pubblica, nessun cedimento.
E poi ci sono i giornalisti mandati avanti a lanciare provocazioni, un po’ come vent’anni fa Gorbacev utilizzava Eltsin, «kamikaze della perestroika». Oltre a Rossi (ex Tempo e Italia Settimanale di Marcello Veneziani e Pietrangelo Buttafuoco) fra i finiani brilla la stella di Flavia Perina, direttrice del quotidiano dell’ex An, Il Secolo. Una somiglianza con la governatrice del Lazio Renata Polverini, ogni volta che apre bocca è un carico da novanta. I metodi del Pdl? «Stalinisti». La legge sul «processo breve», ritenuta non trattabile da Berlusconi? «Deve servire solo a snellire la macchina della giustizia». E poi, sul suo giornale, giù paginate urticanti per i benpensanti della destra vandeana. «Aperture» su tutto: coppie di fatto, testamento biologico, cittadinanza agli immigrati, procreazione assistita...
Gli ex missini sono diventati radicali? Hanno rubato loro il mestiere di baluardo della laicità? Con «dibattiti culturali» come questi, da parte dei finiani, scintille garantite.
Mauro Suttora
di Mauro Suttora
Oggi, 25 agosto 2010
Provate a cercare su Google la parola «Fare futuro». Il nome della fondazione di Gianfranco Fini batte «fare l’amore» e «fare soldi» per cinque milioni di risultati contro mezzo milione e 400 mila, rispettivamente. Incredibile: le due attività più piacevoli della vita stracciate da un sito politico. Questo spiega ed è spiegato (causa ed effetto) dall’estate più pazza nella storia dei partiti italiani: un intero agosto passato da tv e giornali a registrare ogni sospiro di Fini e del suo nuovo avversario, il premier Silvio Berlusconi che lo rese «presentabile» nel 1993, e col quale appena due anni fa aveva fondato il Popolo della Libertà.
«Il berlusconismo è fatto di ricatti, menzogne, editti e killeraggio», ha scritto Filippo Rossi, direttore della rivista online di Fare futuro. Definizione durissima, che neppure gli oppositori del Partito democratico userebbero. Ormai siamo in territorio Di Pietro-Grillo. Presa di distanza immediata, quindi da parte dei 44 parlamentari transfughi finiani: «Editoriale fuori misura», hanno tagliato corto i capigruppo Italo Bocchino e Pasquale Viespoli.
Ma l’autore non fa marcia indietro: «A Fare futuro siamo commentatori e giornalisti», ci dice Rossi, «non facciamo direttamente politica, ma cultura. E registriamo sensazioni che abbiamo dentro di noi o attorno a noi».
Rossi come Vittorio Feltri? Il direttore del webmagazine finiano come quello de Il Giornale berlusconiano, che dopo la rottura non lascia passar giorno senza un titolo a nove colonne in prima pagina contro Fini? Giornalisti entrambi, Rossi e Feltri mitragliano all’impazzata. Poi arrivano i politici a smentire, attenuare, minimizzare. Ma intanto il danno è fatto, le parole sono state dette e scritte, il clima avvelenato.
Rossi non accetta il paragone con Feltri (o con Maurizio Belpietro, direttore di Libero, l’altro quotidiano belusconofilo altrettanto aggressivo): «Noi facciamo analisi politiche, non attacchi personali». Beh, accusare i berlusconiani di essere dei killer... «E cosa fanno da un anno, se non accusare Fini di qualsiasi nefandezza? Gettano cacca nel ventilatore, e alla fine qualche schizzo resta attaccato. Si sono ridotti ad attaccare il fratello della compagna di Fini, oppure a rovistare fra le fatture di una cucina Scavolini».
A proposito: non sarebbe meglio che Fini, per tacitare le accuse, dicesse sempre tutto e subito?
«In che senso?»
Che spieghi chi c’è dietro le società fantasma che hanno acquistato la casa di Montecarlo affittata dal fratello della sua compagna Elisabetta Tulliani, e se quella cucina l’ha comprata per lui. Magari aggiungendo: «Se ho commesso qualche stupidaggine, l’ho fatto per amore». Gli italiani capirebbero. Almeno quelli che tengono famiglia. Cioè quasi tutti.
«Ma figurarsi se il presidente della Camera deve abbassarsi a rispondere. Non può partecipare a questo gioco al massacro. Ha già dato abbastanza spiegazioni. D’altra parte, lo stesso Feltri ammette che si tratta soltanto di “questioni di galateo politico”. Non stiamo parlando certo di reati, di cui invece sono formalmente accusati vari dirigenti berlusconiani. Insomma, non è ridicolo che tutto il dibattito politico di una nazione, con i problemi che abbiamo, debba ruotare attorno a un piano rialzato a Montecarlo, una cucina componibile, una schedina Enalotto?»
Beh, è capitato anche a Clinton e Monica, a Sarkozy e Carla.
«Ecco. Invece noi vorremmo parlare di politica, possibilmente».
À la guerre comme à la guerre, però. Quindi, adesso ai giornali berlusconiani Elisabetta Tulliani risponde solo con querele: contro Il Giornale, Libero, il settimanale Panorama. Una linea dura suggerita probabilmente da Giulia Bongiorno, l’avvocata-deputata in questi giorni più vicina alla coppia Fini-Tulliani. Era stata lei a mettere una pietra tombale sul primo matrimonio di Fini con Daniela Di Sotto, trovando un accordo che impedisse alla signora di recriminare. Ora, invece, nessuna spiegazione all’opinione pubblica, nessun cedimento.
E poi ci sono i giornalisti mandati avanti a lanciare provocazioni, un po’ come vent’anni fa Gorbacev utilizzava Eltsin, «kamikaze della perestroika». Oltre a Rossi (ex Tempo e Italia Settimanale di Marcello Veneziani e Pietrangelo Buttafuoco) fra i finiani brilla la stella di Flavia Perina, direttrice del quotidiano dell’ex An, Il Secolo. Una somiglianza con la governatrice del Lazio Renata Polverini, ogni volta che apre bocca è un carico da novanta. I metodi del Pdl? «Stalinisti». La legge sul «processo breve», ritenuta non trattabile da Berlusconi? «Deve servire solo a snellire la macchina della giustizia». E poi, sul suo giornale, giù paginate urticanti per i benpensanti della destra vandeana. «Aperture» su tutto: coppie di fatto, testamento biologico, cittadinanza agli immigrati, procreazione assistita...
Gli ex missini sono diventati radicali? Hanno rubato loro il mestiere di baluardo della laicità? Con «dibattiti culturali» come questi, da parte dei finiani, scintille garantite.
Mauro Suttora
Cinque genitori per una figlia
UN GAY SARDO, EX ASSISTENTE DI ORIANA FALLACI, HA UNA FIGLIA CON IL SUO MARITO AMERICANO GRAZIE A DUE MADRI: UNA SURROGATA E UNA BIOLOGICA
di Mauro Suttora
New York, 25 agosto 2010
«Pensando a Oriana, definirei la mia storia “Lettera a una bambina che non sarebbe mai nata”. Perché se fossi rimasto in Italia non sarei mai potuto diventare padre in questo modo».
Sandro Sechi, 40 anni, ora è una persona felice nella sua casa di Brooklyn. Nato a Sassari, laureato in Letteratura russa a Milano, in America ha veramente trovato l’America. Emigrato a New York, è stato assistente della grande scrittrice Oriana Fallaci negli ultimi anni della sua vita, fino al 2006. Ha raccontato quella straordinaria esperienza nel libro Gli occhi di Oriana (Fazi). Nello stesso periodo, cinque anni fa, oltre al lavoro ha trovato l’amore: Erik Mercer, 41 anni, psicologo di omicidi incarcerati, che negli Stati Uniti rischiano la pena di morte. Lo ha conosciuto in una palestra di Manhattan, poi è arrivata la convivenza.
«Lo stato di New York è uno dei tre - oltre al Rhode Island e al Maryland - che riconosce le coppie di fatto», ci spiega Sechi. Il che gli permette di essere coperto dall’assicurazione sanitaria di Erik. Lui a Manhattan dirige la scuola di lingue «Italian Forever» presso il consolato d’Italia, e ha tradotto in inglese sia Gli occhi di Oriana, sia il libro L’Angelo degli assassini che ha scritto su Erik, cui è interessato l’editore Usa Harper Collins.
Due anni fa, la grande decisione: Sandro ed Erik desiderano un figlio. Ma proprio un figlio loro, non adottato. Un’amica d’infanzia di Erik a Boston, Rachel Segall, ebrea praticante, sposata e madre di tre figli, si è offerta come madre surrogata, d’accordo con il marito Tony. «Un atto di generosità incredibile», dice Sechi. Ma ha messo a disposizione solo il proprio utero: gli ovuli impiantati sono di un’altra donna.
In totale, quindi, sono cinque gli adulti coinvolti nella nascita di Rachel Maria, venuta alla luce il 14 agosto alle sette del mattino nell’ospedale Beth Israel di Boston. «Pesava tre chili e tre etti», racconta raggiante Sechi, «era lunga 51 centimetri». E ora l’hanno portata a casa, a New York.
Nessun dubbio etico, Sechi? «Erik ed io abbiamo meditato a lungo su questa nostra scelta, che in Italia sarebbe impossibile. Primo, perché non c’è il matrimonio gay, secondo perché non sono riconosciute neanche le coppie di fatto, terzo perché la legge del 2004 proibisce la fecondazione assistita eterologa, cioè al di fuori di una coppia eterosessuale sposata. Figurarsi per le coppie omosessuali!».
Ammetterà che, vista dall’Italia, questa vostra paternità può sembrare un’«americanata». «Io sono cattolico praticante. So che la mia Chiesa condanna l’omosessualità. Ma non quella di Erik, i cui genitori anzi sono entrambi pastori protestanti. E suo padre mi ha presentato senza problemi in chiesa ai loro fedeli come “compagno di nostro figlio”».
E la sua famiglia? «Gli italiani sono più avanti del governo e della gerarchia religiosa. Quando sono tornato a Sassari per informare i miei, due fratelli, due sorelle e sei nipoti dell’arrivo di Rachel Maria, tutti erano entusiasti e abbiamo festeggiato a spumante. Maria è il nome di mia madre, morta poco dopo il mio incontro con Erik. Rachel, in omaggio alla madre surrogata».
Com’è andata, in concreto? «Abbiamo firmato un contratto di venti pagine su responsabilità, diritti e obblighi di tutti noi cinque. Ci siamo sottoposti a due visite psicologiche in una clinica della fertilità: la prima insieme, la seconda in coppie separate. Poi abbiamo visto le foto da bambina e da adulta delle possibili donatrici di ovulo, con un documento di una quindicina di pagine con tutti i dati necessari a partire dai bisnonni, per evitare il rischio di malattie genetiche».
A pagamento? «Sì, e con costi alti. Ci ha aiutati Seth MacFarlane, autore della serie tv I Griffin e cugino di mio marito».
Con Erik vi siete sposati? «Il matrimonio era necessario per avere i nostri due nomi sul certificato di nascita della bimba. Così nel marzo di quest’anno siamo andati a sposarci in Massachusetts, uno dei cinque stati americani che permette le nozze gay».
Cosa sapete della madre biologica? «Che è una bellissima ragazza metà americana e metà italiana, come noi. Fra l’altyro, gli ovuli di una studentessa di Harvard o Yale costano il triplo, perché qui l’istruzione è considerata un fattore importante. Ma per contratto è anonima, percepisce un compenso, non saprà il risultato della fecondazione assistita, non potremo incontrarla».
Ma di voi, chi è il padre? «Erik ha fecondato tre ovuli, io due. Ne sono stati impiantati tre, non sappiamo di chi. Gli altri due sono congelati, se vorremo un altro figlio. Anche questo è proibito in Italia».
Quindi non sapete chi è il padre? «No, se Rachel Maria non assomiglierà vistosamente a uno di noi. Così nessuno sarà geloso...»
Chissà cosa avrebbe detto Oriana. «Lei nel ’75 pubblicò la famosa Lettera a un bambino mai nato, in cui si diceva desiderosa di poter usufruire di quella misteriosa tecnologia che permetteva il trapianto dell’embrione in un altro utero, cosicché lei potesse godersi la maternità senza la sofferenza dell’immobilismo forzato a letto impostole dal dottore. Ma quelli erano i bei tempi dell’Oriana, ben diversi dagli ultimi anni in cui, nel libro L’Apocalisse, si batte furiosamente contro le adozioni e i matrimoni omosessuali, o quando condanna l’eutanasia. Certo non mi avrebbe approvato. Non per credo personale, però: solo per far polemica, come al solito».
Ma quando la vostra Rachel Maria sarà grande, cosa le direte?
«Che ci sono tanti tipi di famiglie, e che anche la nostra si impegna a fare felici i propri figli e a insegnar loro i valori del vivere civile».
Mauro Suttora
di Mauro Suttora
New York, 25 agosto 2010
«Pensando a Oriana, definirei la mia storia “Lettera a una bambina che non sarebbe mai nata”. Perché se fossi rimasto in Italia non sarei mai potuto diventare padre in questo modo».
Sandro Sechi, 40 anni, ora è una persona felice nella sua casa di Brooklyn. Nato a Sassari, laureato in Letteratura russa a Milano, in America ha veramente trovato l’America. Emigrato a New York, è stato assistente della grande scrittrice Oriana Fallaci negli ultimi anni della sua vita, fino al 2006. Ha raccontato quella straordinaria esperienza nel libro Gli occhi di Oriana (Fazi). Nello stesso periodo, cinque anni fa, oltre al lavoro ha trovato l’amore: Erik Mercer, 41 anni, psicologo di omicidi incarcerati, che negli Stati Uniti rischiano la pena di morte. Lo ha conosciuto in una palestra di Manhattan, poi è arrivata la convivenza.
«Lo stato di New York è uno dei tre - oltre al Rhode Island e al Maryland - che riconosce le coppie di fatto», ci spiega Sechi. Il che gli permette di essere coperto dall’assicurazione sanitaria di Erik. Lui a Manhattan dirige la scuola di lingue «Italian Forever» presso il consolato d’Italia, e ha tradotto in inglese sia Gli occhi di Oriana, sia il libro L’Angelo degli assassini che ha scritto su Erik, cui è interessato l’editore Usa Harper Collins.
Due anni fa, la grande decisione: Sandro ed Erik desiderano un figlio. Ma proprio un figlio loro, non adottato. Un’amica d’infanzia di Erik a Boston, Rachel Segall, ebrea praticante, sposata e madre di tre figli, si è offerta come madre surrogata, d’accordo con il marito Tony. «Un atto di generosità incredibile», dice Sechi. Ma ha messo a disposizione solo il proprio utero: gli ovuli impiantati sono di un’altra donna.
In totale, quindi, sono cinque gli adulti coinvolti nella nascita di Rachel Maria, venuta alla luce il 14 agosto alle sette del mattino nell’ospedale Beth Israel di Boston. «Pesava tre chili e tre etti», racconta raggiante Sechi, «era lunga 51 centimetri». E ora l’hanno portata a casa, a New York.
Nessun dubbio etico, Sechi? «Erik ed io abbiamo meditato a lungo su questa nostra scelta, che in Italia sarebbe impossibile. Primo, perché non c’è il matrimonio gay, secondo perché non sono riconosciute neanche le coppie di fatto, terzo perché la legge del 2004 proibisce la fecondazione assistita eterologa, cioè al di fuori di una coppia eterosessuale sposata. Figurarsi per le coppie omosessuali!».
Ammetterà che, vista dall’Italia, questa vostra paternità può sembrare un’«americanata». «Io sono cattolico praticante. So che la mia Chiesa condanna l’omosessualità. Ma non quella di Erik, i cui genitori anzi sono entrambi pastori protestanti. E suo padre mi ha presentato senza problemi in chiesa ai loro fedeli come “compagno di nostro figlio”».
E la sua famiglia? «Gli italiani sono più avanti del governo e della gerarchia religiosa. Quando sono tornato a Sassari per informare i miei, due fratelli, due sorelle e sei nipoti dell’arrivo di Rachel Maria, tutti erano entusiasti e abbiamo festeggiato a spumante. Maria è il nome di mia madre, morta poco dopo il mio incontro con Erik. Rachel, in omaggio alla madre surrogata».
Com’è andata, in concreto? «Abbiamo firmato un contratto di venti pagine su responsabilità, diritti e obblighi di tutti noi cinque. Ci siamo sottoposti a due visite psicologiche in una clinica della fertilità: la prima insieme, la seconda in coppie separate. Poi abbiamo visto le foto da bambina e da adulta delle possibili donatrici di ovulo, con un documento di una quindicina di pagine con tutti i dati necessari a partire dai bisnonni, per evitare il rischio di malattie genetiche».
A pagamento? «Sì, e con costi alti. Ci ha aiutati Seth MacFarlane, autore della serie tv I Griffin e cugino di mio marito».
Con Erik vi siete sposati? «Il matrimonio era necessario per avere i nostri due nomi sul certificato di nascita della bimba. Così nel marzo di quest’anno siamo andati a sposarci in Massachusetts, uno dei cinque stati americani che permette le nozze gay».
Cosa sapete della madre biologica? «Che è una bellissima ragazza metà americana e metà italiana, come noi. Fra l’altyro, gli ovuli di una studentessa di Harvard o Yale costano il triplo, perché qui l’istruzione è considerata un fattore importante. Ma per contratto è anonima, percepisce un compenso, non saprà il risultato della fecondazione assistita, non potremo incontrarla».
Ma di voi, chi è il padre? «Erik ha fecondato tre ovuli, io due. Ne sono stati impiantati tre, non sappiamo di chi. Gli altri due sono congelati, se vorremo un altro figlio. Anche questo è proibito in Italia».
Quindi non sapete chi è il padre? «No, se Rachel Maria non assomiglierà vistosamente a uno di noi. Così nessuno sarà geloso...»
Chissà cosa avrebbe detto Oriana. «Lei nel ’75 pubblicò la famosa Lettera a un bambino mai nato, in cui si diceva desiderosa di poter usufruire di quella misteriosa tecnologia che permetteva il trapianto dell’embrione in un altro utero, cosicché lei potesse godersi la maternità senza la sofferenza dell’immobilismo forzato a letto impostole dal dottore. Ma quelli erano i bei tempi dell’Oriana, ben diversi dagli ultimi anni in cui, nel libro L’Apocalisse, si batte furiosamente contro le adozioni e i matrimoni omosessuali, o quando condanna l’eutanasia. Certo non mi avrebbe approvato. Non per credo personale, però: solo per far polemica, come al solito».
Ma quando la vostra Rachel Maria sarà grande, cosa le direte?
«Che ci sono tanti tipi di famiglie, e che anche la nostra si impegna a fare felici i propri figli e a insegnar loro i valori del vivere civile».
Mauro Suttora
parla Benedetto Della Vedova
"VOGLIAMO SOLO UN PARTITO DI CENTRODESTRA MODERNO"
Oggi, 25 agosto 2010
di Mauro Suttora
Della Vedova, che ci fa con tutti quei «terroni»?
L’imperturbabile Benedetto valtellinese, «colombissima» finiana, non si scompone: «I settentrionali non ci mancano: Valditara, la Moroni, la Germontani, Menia...»
Ma la stragrande maggioranza di voi 44 parlamentari di Libertà e futuro è meridionale. Infatti si parla di nuova «Lega Sud».
«Fini fa bene a chiedere garanzie sul federalismo. Ora sono in Grecia in vacanza: a causa di Atene perfino la Germania ha tremato. Allo stesso modo, la Lombardia non può ignorare Calabria e Sicilia. Lo dice uno come me, che più di nord non si può...»
È di Sondrio anche il suo ex amico Tremonti.
«Lo conobbi nel 2000, quando trattai con lui per conto di Pannella. Poi purtroppo invece della Bonino scelse Bossi. E oggi non posso condividere le sue analisi contro il mercatismo».
Così come Berlusconi condivide pochissimo di Fini.
«L’unica cosa che vogliamo è un centrodestra moderno, europeo. Come quelli di Cameron, Merkel, Sarkozy. Diventati premier dopo confronti intestini non da poco».
Proprio quel che Silvio detesta: le lotte interne ai partiti.
«Ma tutti i partiti del mondo democratico sono “contendibili”: c’è competizione di idee, e ci si conta nei congressi, o alle primarie».
Partiti del secolo scorso, dicono nel Pdl.
«Non mi pare. Obama e la Clinton si sono scannati alle primarie, e ora governano assieme. Blair e Brown si detestavano. Non parliamo dei due capi francesi del centrodestra, Sarkozy e Villepin, finiti in tribunale».
Appunto.
«Al congresso di fondazione del Pdl Fini disse: “So di essere in minoranza su alcuni temi: bioetica, immigrazione. Non pretendo nulla, solo dibattito”. Il confronto è l’essenza del liberalismo. Qualcuno nel Pdl vuole il centralismo democratico, ma è quello ad essere vecchissimo. Possibile che in una città europea come Milano siamo ridotti a dover scegliere fra La Russa, Cl e Calderoli?»
Verdini dice che il Pdl serve per diffondere le idee di Berlusconi fra la gente.
«Raccapricciante. Vedo in giro troppi analfabeti della politica».
Immigrati: c’era una volta la legge Bossi-Fini.
«Chi prende il filobus 90/91 a Milano prova disagio. La sinistra dice: non dovete avere paura. La Lega dice: dovete averla. Noi diciamo: i problemi non vanno né negati né creati, ma governati».
Quando ha parlato l’ultima volta con Berlusconi?
«Cinque mesi fa. Mi dispiace che ora come editore avalli il tentativo di distruzione di un avversario politico interno».
Non sopportava lo stillicidio di critiche di Fini.
«“Stillicidio” non è una categoria politica, ma sociologica. In realtà non abbiamo mai votato contro il governo. Questi sono i fatti. E non vogliamo farlo nel futuro. Tutto il resto è solo racconto fantasioso di Feltri».
Ma a destra Fini non è più tanto amato.
«Se invece di Feltri leggessero Ferrara, giornalista altrettanto vicino a Berlusconi e intelligente, gli elettori di centrodestra penserebbero diversamente».
Due mesi fa immaginava che sarebbe successo tutto questo casino?
«No. Pensavo che in Berlusconi avrebbe prevalso l’intuito politico, che avrebbe accettato nel suo interesse di un Pdl più aperto e inclusivo».
Finirete in un partito di centro con Casini, Rutelli e Montezemolo?
«No. Vogliamo rimanere nel centrodestra. Ma se vogliono distruggerci, ricorreremo alla legittima difesa».
Oggi, 25 agosto 2010
di Mauro Suttora
Della Vedova, che ci fa con tutti quei «terroni»?
L’imperturbabile Benedetto valtellinese, «colombissima» finiana, non si scompone: «I settentrionali non ci mancano: Valditara, la Moroni, la Germontani, Menia...»
Ma la stragrande maggioranza di voi 44 parlamentari di Libertà e futuro è meridionale. Infatti si parla di nuova «Lega Sud».
«Fini fa bene a chiedere garanzie sul federalismo. Ora sono in Grecia in vacanza: a causa di Atene perfino la Germania ha tremato. Allo stesso modo, la Lombardia non può ignorare Calabria e Sicilia. Lo dice uno come me, che più di nord non si può...»
È di Sondrio anche il suo ex amico Tremonti.
«Lo conobbi nel 2000, quando trattai con lui per conto di Pannella. Poi purtroppo invece della Bonino scelse Bossi. E oggi non posso condividere le sue analisi contro il mercatismo».
Così come Berlusconi condivide pochissimo di Fini.
«L’unica cosa che vogliamo è un centrodestra moderno, europeo. Come quelli di Cameron, Merkel, Sarkozy. Diventati premier dopo confronti intestini non da poco».
Proprio quel che Silvio detesta: le lotte interne ai partiti.
«Ma tutti i partiti del mondo democratico sono “contendibili”: c’è competizione di idee, e ci si conta nei congressi, o alle primarie».
Partiti del secolo scorso, dicono nel Pdl.
«Non mi pare. Obama e la Clinton si sono scannati alle primarie, e ora governano assieme. Blair e Brown si detestavano. Non parliamo dei due capi francesi del centrodestra, Sarkozy e Villepin, finiti in tribunale».
Appunto.
«Al congresso di fondazione del Pdl Fini disse: “So di essere in minoranza su alcuni temi: bioetica, immigrazione. Non pretendo nulla, solo dibattito”. Il confronto è l’essenza del liberalismo. Qualcuno nel Pdl vuole il centralismo democratico, ma è quello ad essere vecchissimo. Possibile che in una città europea come Milano siamo ridotti a dover scegliere fra La Russa, Cl e Calderoli?»
Verdini dice che il Pdl serve per diffondere le idee di Berlusconi fra la gente.
«Raccapricciante. Vedo in giro troppi analfabeti della politica».
Immigrati: c’era una volta la legge Bossi-Fini.
«Chi prende il filobus 90/91 a Milano prova disagio. La sinistra dice: non dovete avere paura. La Lega dice: dovete averla. Noi diciamo: i problemi non vanno né negati né creati, ma governati».
Quando ha parlato l’ultima volta con Berlusconi?
«Cinque mesi fa. Mi dispiace che ora come editore avalli il tentativo di distruzione di un avversario politico interno».
Non sopportava lo stillicidio di critiche di Fini.
«“Stillicidio” non è una categoria politica, ma sociologica. In realtà non abbiamo mai votato contro il governo. Questi sono i fatti. E non vogliamo farlo nel futuro. Tutto il resto è solo racconto fantasioso di Feltri».
Ma a destra Fini non è più tanto amato.
«Se invece di Feltri leggessero Ferrara, giornalista altrettanto vicino a Berlusconi e intelligente, gli elettori di centrodestra penserebbero diversamente».
Due mesi fa immaginava che sarebbe successo tutto questo casino?
«No. Pensavo che in Berlusconi avrebbe prevalso l’intuito politico, che avrebbe accettato nel suo interesse di un Pdl più aperto e inclusivo».
Finirete in un partito di centro con Casini, Rutelli e Montezemolo?
«No. Vogliamo rimanere nel centrodestra. Ma se vogliono distruggerci, ricorreremo alla legittima difesa».
Monday, August 23, 2010
Reportage: Irlanda del Nord
IL CIELO SOPRA BELFAST
Un nuovo quartiere per celebrare i cent'anni del Titanic. Il vecchio mercato coperto tirato a lucido. Chef stellati acclamati da tutta Europa. Frotte di giovani che popolano storici pub e night club very cool. E la guerra civile? L'hanno messa al muro...
di Mauro Suttora
I viaggi del Sole, agosto 2010
Se arrivate a Belfast in aereo, controllate sul biglietto la sigla dell'aeroporto. Bfs? È quello internazionale. Qui giunge l'unico volo diretto con l'Italia, da Roma (Aer Lingus). Ma se provenite da Londra, ci sono buone probabilità che atterriate nell'unico aeroporto al mondo intitolato a un calciatore: George Best. Il campione nato a Belfast vinse Coppa dei Campioni e Pallone d'oro con il Manchester United nel 1968. Indisciplinato, geniale e alcolista, è morto nel 2005 a soli 59 anni, ma per gli inglesi è rimasto un idolo popolare amato quanto i Beatles. E in Irlanda del Nord lo è ancora di più.
Ora John Kindness, lo scultore che undici anni fa realizzò la statua più curiosa di Belfast, un salmone blu (Big Fish) di dieci metri a Donegall Quay sul fiume Lagan, ne sta preparando un'altra di George Best ad altezza naturale. Verrà collocata nel punto più bello della città, il prato davanti al palazzo del Comune, quando i nordirlandesi smetteranno di litigare anche sull'importanza di George Best, oltre che sull'altra celebrità contemporanea locale, il rocker Van Morrison, che però li ha snobbati trasferendosi in California.
Il sole dopo la tempesta
L'importante, intanto, è che abbiano smesso di combattere, i nordirlandesi. Tutte le guerre sono stupide, ma quella civile fra cattolici e protestanti, durata tre decenni (1968-98) e costata tremila morti, lo è stata in particolar modo. A noi italiani piace drammatizzare tutto, e abbiamo chiamato "Anni di Piombo" quelli del nostro terrorismo. I britannici e gli irlandesi, viceversa, amano l'understatement, e si riferiscono alla loro nuova e crudele Guerra dei Trent'anni semplicemente come The Troubles. Letteralmente: i problemi, i disordini.
Ora l'ex capo dell'Ira Martin McGuinness è vicepremier. Il capo del braccio politico Sinn Féin, Gerry Adams, pure lui accusato di terrorismo, è un rispettato parlamentare britannico. E l'ultraottantenne leader degli estremisti protestanti, il reverendo Ian Paisley, sta per essere nominato Lord dalla Regina Elisabetta. Il merito di aver messo d'accordo le opposte fazioni, per la cronaca, va all'ex presidente Usa Bill Clinton.
Oggi chi vuole rendersi conto dell'atmosfera cupa in cui l'Ulster era precipitato per tre decenni può effettuare un giro turistico fra i murales cattolici e protestanti nelle rispettive roccaforti, Falls Road e Shankill Road, alla periferia ovest di Belfast. Il muro che separa i quartieri adiacenti e diseredati è ancora in piedi, e gli slogan non sono affatto pacifici: dall'una e dall'altra parte, simmetricamente simili, abbondano le invettive militariste. Anche quando si commemorano Bobby Sands e gli altri suicidi tramite sciopero della fame del 1981. Ma è roba del passato. Merito anche dei tanti film (a cominciare da La moglie del soldato di Neil Jordan), libri (come Eureka Street di Robert McLiam Wilson) e canzoni ( Sunday Bloody Sunday degli U2) che hanno smitizzato le figure degli "eroi" violenti.
Così, dopo dodici anni di pace, oggi Belfast è ridiventata una tranquilla città di mezzo milione di abitanti, un po' irlandese e un po' britannica, non bella, ma affascinante, soprattutto se la si frequenta il venerdì e il sabato sera, quando i giovani invadono la scena. Con divertenti orde di ragazze rumorose e un po' brille che vagano per la città in minigonna e scarpe laccate dai colori fosforescenti. Il rock prevale sulle ballate tradizionali. Si fa amicizia subito con tutti, magari in piedi davanti al bancone, sorseggiando birra nelle serate affollatissime. Che però, almeno nei pub, terminano all'una di notte. Dopo, chi vuole proseguire la festa si trasferisce sotto il Merchant Hotel di Waring Street, dove c'è la discoteca migliore della città: Ollie's.
Appuntamento al pub
Le decine di pub continuano però a essere l'attrazione principale della città. I più caratteristici sono visitabili con un giro a piedi di due ore: il Pub Walking Tour (www.belfastpubtours.com, tel. 0044-2892683665, chiedere di Judy). Utile, anche perché alcuni dei locali migliori sono nascosti in vicoli secondari difficilmente scovabili senza una guida.
Il Morning Star in Pottinger's Entry, per esempio, nato già nel 1810, fu ristorante per marinai e posta per il cambio dei cavalli. Vicino, guarda caso, oggi c'è una sala corse e i clienti più assidui del locale sono proprio gli scommettitori. Il White's Tavern è invece il più antico: 1630. Nel Wine Cellar Entry suonano folk dal vivo. Mentre il Kelly's Cellars in Bank Street, datato 1720 e pieno di cimeli, espone la scritta in gaelico Céad míle fáite, centomila benvenuti.
Infine il John Hewitt (intitolato all' omonimo poeta, 1907-1987), in Donegall Street, nel quartiere studentesco dell'università dell'Ulster accanto alla severa cattedrale protestante di Belfast, St. Anne, che ha conquistato il titolo di miglior gastropub di quest'anno. Perché, al contrario di quello che si possa pensare, la cucina irlandese è squisita e molto raffinata. Qualunque cosa ci sia nel piatto: zuppe di pesce, di verdura o di cereali; salmone, nasello, o rombo; cozze o ostriche; filetto di manzo, agnello, anatra, coniglio, o vellutati e purè di patate; pane di cereali o bap, la pagnotta soffice di Belfast, o ancora le scones, le focaccine da imburrare.
E la nave va
Il gioiello di Belfast adesso è il cantiere del Titanic, dove cent'anni fa fu progettato e costruito il transatlantico. Da poco è visitabile sia via mare con un tour dal porto (www. laganboatcompany.com, tel. 0044-2890330844, partenze di fronte alla scultura Big Fish, chiedere del loquacissimo Derek), sia via terra grazie a un piccolo museo che sarà ampliato in vista del centenario del varo nel 2012.
Su quelli che una volta furono gli sterminati cantieri navali Harland and Wolff, con le loro due maxigru gialle soprannominate Sansone e Golia, sta sorgendo la città del futuro: quel Titanic Quarter, sulla Queen's Island, dedicato alla nave più conosciuta della storia, costruita qui a partire dal 1909 e affondata nel viaggio inaugurale per la nota collisione con l'iceberg.
Gli irlandesi ci tengono a precisare: «Quando salpò da Belfast era perfetta, tutta a posto. Non è colpa nostra se chi era al timone, guarda caso un inglese, il capitano Edward Smith, l'ha portata al disastro».
Il futuro oltre la crisi
Oggi Belfast non detiene più il primato mondiale per la costruzione delle navi da crociera, ma le gru all'opera ci sono lo stesso. Sono quelle che stanno costruendo il nuovo quartiere residenziale: un investimento da sette miliardi di sterline e di quindici anni di lavori per nuovi edifici nell'area portuale che era rimasta abbandonata. Certo la crisi si fa sentire e i lavori vanno a rilento, ma entro il 2012 dovrebbe essere pronto il nuovo, grande museo del Titanic, a forma di transatlantico, per festeggiare degnamente il secolo di un mito che continua a generare lavoro e intrattenimento.
E il restyling, si fa per dire, ha colpito anche un'altra icona cittadina, il St. George's Market , lo storico mercato coperto da poco restaurato, con banchi di formaggi, pâté, carne, pesce, bacon, salsicce, biscotti, dolci. Il suo fascino non è stato intaccato neppure dall' apertura di due sterminati centri commerciali moderni in centro, Victoria Square e Castle Court, con le loro centinaia di negozi e decine di ristoranti. Persino il tradizionale stile irlandese cerca venti di novità. Così Avoca (41 Arthur Street, tel. 0044-2890279950, www.avoca.ie), catena di boutique dell'orgoglio tessile made in Ireland, dagli abiti all'arredamento, indugia tra stampe e colori di tendenza.
Per finire, vale la pena recarsi appena fuori città e vedere il palazzo di Stormont. Enorme, inversamente proporzionale al numero di abitanti dell' Irlanda del Nord (appena 1,7 milioni), fu costruito dagli inglesi come ostentazione del loro potere dopo l' indipendenza del resto d' Irlanda nel 1921. Volevano una copia del Campidoglio di Washington, ma dopo la crisi economica del 1929 l'edificio rimase senza cupola.
Tutta Belfast in 10 mosse
1. Donegall Square
Il grande prato rasato di fronte al palazzo del Comune, costruito in stile rinascimentale nel 1906 al posto dell'antico White Linen Hall, è più di una semplice distesa verde. Qui ci si sdraia a prendere il (raro) sole, ed è uno dei principali luoghi di ritrovo della città (www. gotobelfast.com). Sul lato nord della piazza, la Linen Hall Library è una vecchia e silenziosa biblioteca con visite guidate (www.linenhall.com).
2. Palazzo di Stormont
A 7 km da Belfast, è l'ex sede del Parlamento nordirlandese, e oggi ospita la Northern Ireland Assembly. Vicino all'edificio c'è il castello omonimo. Gli edifici sono chiusi al pubblico, ma il grande parco è aperto fino alle 19.30. Upper Newtownards Road, tel. 0044-2890520700.
3. The Crown Liquor Saloon
Il pub più importante della città, voluto da Patrick Flanagan nel 1885, all'interno di un edificio del 1826 in perfetto stile vittoriano con interni decorati in vetri e piastrelle colorate. Un vero monumento cittadino. 46 Great Victoria Street, tel. 00442890243187, www.crownbar.com.
4. St. George's Market
Lo storico mercato coperto è uno degli edifici più antichi della città. Quasi 250 negozi che vendono di tutto, dall'antiquariato alla frutta fresca. 12-20, East Bridge Street, tel. 0044-2890435704, www.belfastcity.gov.uk/stgeorge.
5. Victoria Square Un moderno shopping center che occupa un intero isolato con 50 negozi e 17 ristoranti. 1 Victoria Square, tel. 0044-2890322277, www.victoriasquare.com.
6. Castle Court
L'altro enorme centro commerciale è tristemente famoso perché subì ben nove attentati dell'Ira: cinque durante la costruzione e quattro dopo l'apertura. Un altro punto caldo della città. Si trova all' incrocio tra Royal Avenue e Berry Street (tel. 0044-2890234591, www.westfi eld.com/castlecourt).
7. Titanic's Dock
Un museo realizzato nei cantieri, allora tra i più grandi del mondo, che costruirono il Titanic a cui, in questa zona a un km a nord dell'Odyssey Arena, è dedicato l'intero quartiere. In attesa del 2012 e del centenario del transatlantico (tel. 00442890737813, www.titanicsdock.com e www.titanicinbelfast.com).
8. Le vie dei murales
Oltre 130 murales nella parte ovest della città che raccontano la guerra civile irlandese. Ci sono quelli dell'Ira in Falls Road, e quelli dei protestanti in Shankill Road. Tra i più famosi, il grande murale che ritrae Bobby Sands, l'attivista nordirlandese morto per lo sciopero della fame nel 1981. Si organizzano anche visite guidate (info, www. belfastattractions.co.uk/peacewall.php).
9. Quartiere Universitario
Un isolato su Donegall Street che a pochi passi riunisce tre icone cittadine: la Chiesa di Sant'Anna, la prima cattedrale protestante e quella che contiene la croce celtica più grande d'Irlanda; l'University of Ulster, un campus specializzato nell'insegnamento delle arti figurative, e il John Hewitt Bar, dedicato al famoso poeta socialista di Belfast e che ospita famosi artisti e musicisti locali (www.thejohnhewitt.com).
10. Ulster Museum
Nelle vicinanze della Queen's University, l'università più importante e famosa della città, l'edificio, che si trova all'interno del Giardino Botanico (da non perdere anche la Palm House, edificio interamente in vetro e ferro battuto), ospita il Museo Nazionale e le Gallerie d'Arte dell'Irlanda del Nord. Botanic Gardens, tel. 0044-2890440000, www.ulstermuseum.org.uk.
L'ARTE DI INVECCHIARE
È la distilleria di whiskey più antica del mondo. Anche di tutte quelle scozzesi. E attenzione: whiskey si scrive con la "e", all'irlandese. Fu nel 1608 che il signor Bushmills chiese e ottenne dal re Giacomo I la licenza. E oggi più di 100 mila turisti la visitano ogni anno. Si vede il malto essiccato in enormi forni chiusi, che poi va a fermentare mescolato a lievito e acqua di sorgente. Tre distillazioni invece delle due dello scotch, quindi invecchiamento nelle enormi botti. Dopo un'attesa che va da tre a ventuno anni, arriva il momento dell'imbottigliamento (con macchinari italiani). Durante la visita il profumo può dare alla testa. E alla fine c'è la degustazione, con assaggi paralleli di scotch e bourbon americano. Dal 2005 il whiskey Bushmills fa parte della multinazionale Diageo, che produce anche gli champagne Dom Pérignon e Moët&Chandon.
Per prenotare i tour guidati: tel. 0044-2820733218, www.bushmills.com. Si dorme e si mangia nell'adiacente Bushmills Inn, 9 Dunluce Road, www.bushmillsinn.com, tel 0044-2820732339.
I sentieri di san Patrizio
Dagli antichi conventi ai nuovi musei, dal cuore del Mourne ai villaggi costieri, gli itinerari per conoscere la regione settentrionale del Paese. Tra scogliere e seafood bar. Sulle orme del santo irlandese
Irlanda e san Patrizio, coppia inscindibile. Fiumi di birra nelle parate verdi del 17 marzo in tutto il mondo, ma anche percorso spirituale sulle orme del monaco che nel IV secolo cristianizzò l'isola del trifoglio. Si comincia da Downpatrick, a sud di Belfast, dove sorge il St. Patrick Centre (saintpatrickcentre.com), un museo interattivo con video che mostrano Patrizio che racconta la propria vita e grande schermo con filmati per completare la spiegazione. Vicino, c'è la sua tomba: una lastra di granito su un prato accanto alla cattedrale (protestante) di Downpatrick. Insieme al santo sono sepolte reliquie di altri famosi santi irlandesi, come Brigida e Colombano.
Ma per immergersi nell'atmosfera in cui fiorì il monachesimo di quell'epoca, conviene raggiungere la vicina isola di Mahee, nel grande golfo di Strangford Lough (20 km a sud di Belfast). Qui sorge la collina del Nendrum Monastic Site (ni-environment.gov.uk/nendrum), il convento più antico d' Irlanda, dove il custode Norman Patton, da Pasqua a settembre, illustra brillantemente la vita quotidiana dell' epoca. Ne rimangono pochi ma significativi resti, dopo la distruzione da parte dei Vichinghi prima dell'anno Mille.
La capitale ecclesiastica di tutta l'Irlanda (sud compreso), è invece Armagh, paese di 15 mila abitanti dove, su due colli, sorgono, una di fronte all'altra, le principali cattedrali irlandesi: una cattolica e costruita solo nel XIX secolo, l'altra protestante. Sono il simbolo della sanguinosa divisione di cinque secoli e sono state edificate qui, dove i primati d'Irlanda hanno sempre rifiutato di andarsene, e non a Dublino o a Belfast, perché qui si stabilì san Patrizio.
Accanto a quella protestante è consigliabile una visita alla Public Library (armaghrobinsonlibrary.org), fondata nel 1771, e custode della prima edizione dei Viaggi di Gulliver annotata da Jonathan Swift, che si può sfogliare.
Sempre a sud di Belfast, si trova la residenza georgiana di Hillsborough, sede del segretario britannico per l'Irlanda del Nord (detestato dai cattolici) e dei reali inglesi quando arrivano a visitare la loro parte di isola. Il parco è aperto al pubblico, e anche il villaggio omonimo merita una visita.
Ma per chi desidera una full immersion nella natura dell'Irlanda del Nord, c'è il Tollymore Park Forest, un immenso parco attrezzato sui monti Mourne con campeggio, centro outdoor e orto botanico (tollymore.com). Un vero paradiso per escursionisti e sportivi e per chi, come le scolaresche da Irlanda e Inghilterra, vuole provare una spedizione in tenda.
Arrivati sulla costa, Dundrum è la patria dei frutti di mare pescati nella baia di fronte. Ampia la scelta di seafood bars, tra cui lo storico Mourne (mourneseafood. com). Alle porte di Newcastle, c'è invece uno dei più caratteristici golf hotel della regione: lo Slieve Donard Resort, con l'immancabile spa (slieve-donard.hotel-rv. com).
Poco oltre il confine, che ormai non ci si accorge più di varcare se non fosse per il cambio sterlina-euro, il menhir celtico in mezzo al campo da golf del Ballymascanlon House Hotel, vicino a Dundalk, rappresenta l'attrazione nella contea di Louth (www. ballymascanlon.com).
Ma anche a nord di Belfast la costa nasconde meraviglie. Una strada panoramica tocca tutte le nove glens, le baie con villaggi storici fra cui Cushendun e Carnlough. Qui sorge il Londonderry Arms Hotel, costruito nel 1848 e comprato da Winston Churchill per trascorrervi le vacanze (glensofantrim.com). Verso Ballycastle, il paesaggio si fa sempre più scosceso. Dopo questa piccola cittadina dell'Antrim, c'è un ponte di corda sospeso a 24 metri sul mare tra pareti rocciose: il Carrick-A-Rede Rope Bridge, massima attrazione per grandi e piccini.
Prima di Bushmills, ecco la maggiore meraviglia naturale dell'Irlanda del Nord, le scogliere della Giant's Causeway: 40 mila rocce basaltiche esagonali alte fino a 160 metri. Qui le antiche leggende celtiche raccontano di giganti che lasciavano le impronte dei loro piedi camminando fra l'isola e la prospiciente Scozia.
Infine, all'estremo nord dell'Irlanda del Nord, il castello di Dunluce. Costruito nel XIII secolo dal conte dell'Ulster ma ormai abbandonato, divenne famoso in tutto il mondo nel 1973: quando i Led Zeppelin lo utilizzarono per illustrare la copertina del loro disco Houses of the Holy.
COME ARRIVARE
Aer Lingus (www. aerlingus.com) vola a Belfast International da Roma Fiumicino a partire da 50 euro.
Flybe (www.flybe.com) vola a Belfast City Airport da Milano Malpensa da 300 euro. Flybe ha anche voli interni da Belfast per Newcastle e altre città dell' Irlanda del Nord. Per i diversi collegamenti con treni e bus consultare il sito del turismo della città www.gotobelfast.com.
DOVE MANGIARE
James Street South
È il ristorante più alla moda di Belfast a due passi dal municipio. Il proprietario-chef Niall McKenna è stato incoronato dalla Bbc come il migliore dell'Irlanda del Nord. 21 James Street, tel. 0044-2890434310, jamesstreetsouth.co.uk. Menu a partire da 18 euro.
Ginger Bistro
Cucina elaborata dentro un locale chic ricavato nell' ex infermeria di un carcere: lombatina con insalata giapponese, wasabi e ginger, fi letto di nasello con insalata calda di patate e fagiolini. 7-8 Hope Street, tel. 0044-2890244421, www.gingerbistro.com. Menu da 7 euro.
McHugh's Bar
Uno dei migliori pub, fra la torre pendente del principe Albert e la statua del Salmone lungo il fiume Lagan. 29-31 Queen's Square, www.mchughsbar.com, tel 00442890509999. Prima colazione da 2,50 euro.
Bittles Bar
Alle pareti sono appesi due grandi quadri: uno ritrae sul bancone i maggiori scrittori irlandesi (Joyce, Oscar Wilde, George Bernard Shaw e Beckett), l' altro i due eroi moderni di Belfast (il calciatore George Best e il musicista Van Morrison). Ideale per uno spuntino. Victoria Square, tel. 00442890311088. Menu da 15 euro.
The John Hewitt Bar
Il miglior gastropub del 2010. Oltre a una ricca carta di birre e vini, fi letto di salmone alla griglia, agnello al cumino, maiale grigliato in salsa di pepe nero. A due passi dalla Cattedrale. 51 Donegall Street, tel. 00442890233768, www. thejohnhewitt.com. Menu da 8,50 euro.
Bar Retro
Nella piazza principale di Hillsborough, ottima cucina e ambiente raffinato. Anche per lunch fugaci. Si trova a 20 chilometri da Belfast. 3 The Square, Hillsborough, Contea di Down, tel. 00442892682985, www. barretrohillsborough. co.uk. Menu a partire da 20 euro
Manor Park
Il miglior ristorante irlandese 2010 è ad Armagh, dove, dal 1152, ci sono le dimore degli arcivescovi della Chiesa anglicana e di quella cattolica. Lo chef James Neilly prepara piatti ispirati alla cucina francese con ingredienti di stagione. A 55 km da Belfast. 2 College Hill, Armagh, tel. 00442837515353, www. manorparkrestaurant. co.uk. Menu a partire da 25 euro.
DOVE DORMIRE
Fitzwilliam Hotel
Un quattro stelle nuovissimo, elegante e centrale. Alla sera, il bar del pianoterra si anima di bella gente. Great Victoria Street, Belfast, tel. 004428 90442080, www. fitzwilliamhotelbelfast. com. Speciali offerte estive con doppia a partire da 127 euro.
Europa
L'hotel più famoso di Belfast, inaugurato quarant'anni fa e tristemente celebre perché fra il 1972 e il '94 l'Ira lo ha danneggiato con bombe per ben 33 volte. Ci hanno dormito Bill Clinton nel 1994, quando venne a siglare la pace tra gli irlandesi, e sua moglie Hillary nel 2009 come segretario di Stato. Great Victoria Street, tel. 00442890271066, www.hastingshotels. com/europa-belfast. Doppia da 170 euro.
Merchant Hotel
Una nuova estensione di questo elegante hotel in stile déco, con 38 nuove camere e una nuova lussuosa spa viene inaugurata nell'estate 2010. L'hotel ospita anche la discoteca Ollie's, la migliore della città. 35-39 Waring Street, tel. 00442890234888, www. themerchanthotel.com e www.olliesclub.com. Doppia speciale estate da 230 euro.
Slieve Donard Resort
Uno dei migliori golf hotel della regione, con tanto di bella spa annessa, vicino a Mourne Mountains e alla città di Downpatrick, nella contea di Down, sudest dell'Irlanda del Nord. A 250 chilometri da Belfast. Downs Road, Newcastle, tel. 00442843721066, www. hastingshotels.com/ slieve-donard-resort-andspa. Doppia a partire da 242 euro.
Londonderry Arms Hotel
Qui, in questo villaggio di pescatori, sulla costa della contea di Antrim, Winston Churchill passava le sue vacanze. A 46 chilometri da Belfast. 20 Harbour Road, Carnlough, tel. 0044-2828885255, glensofantrim.com. Doppia da 115 euro.
Mauro Suttora
Un nuovo quartiere per celebrare i cent'anni del Titanic. Il vecchio mercato coperto tirato a lucido. Chef stellati acclamati da tutta Europa. Frotte di giovani che popolano storici pub e night club very cool. E la guerra civile? L'hanno messa al muro...
di Mauro Suttora
I viaggi del Sole, agosto 2010
Se arrivate a Belfast in aereo, controllate sul biglietto la sigla dell'aeroporto. Bfs? È quello internazionale. Qui giunge l'unico volo diretto con l'Italia, da Roma (Aer Lingus). Ma se provenite da Londra, ci sono buone probabilità che atterriate nell'unico aeroporto al mondo intitolato a un calciatore: George Best. Il campione nato a Belfast vinse Coppa dei Campioni e Pallone d'oro con il Manchester United nel 1968. Indisciplinato, geniale e alcolista, è morto nel 2005 a soli 59 anni, ma per gli inglesi è rimasto un idolo popolare amato quanto i Beatles. E in Irlanda del Nord lo è ancora di più.
Ora John Kindness, lo scultore che undici anni fa realizzò la statua più curiosa di Belfast, un salmone blu (Big Fish) di dieci metri a Donegall Quay sul fiume Lagan, ne sta preparando un'altra di George Best ad altezza naturale. Verrà collocata nel punto più bello della città, il prato davanti al palazzo del Comune, quando i nordirlandesi smetteranno di litigare anche sull'importanza di George Best, oltre che sull'altra celebrità contemporanea locale, il rocker Van Morrison, che però li ha snobbati trasferendosi in California.
Il sole dopo la tempesta
L'importante, intanto, è che abbiano smesso di combattere, i nordirlandesi. Tutte le guerre sono stupide, ma quella civile fra cattolici e protestanti, durata tre decenni (1968-98) e costata tremila morti, lo è stata in particolar modo. A noi italiani piace drammatizzare tutto, e abbiamo chiamato "Anni di Piombo" quelli del nostro terrorismo. I britannici e gli irlandesi, viceversa, amano l'understatement, e si riferiscono alla loro nuova e crudele Guerra dei Trent'anni semplicemente come The Troubles. Letteralmente: i problemi, i disordini.
Ora l'ex capo dell'Ira Martin McGuinness è vicepremier. Il capo del braccio politico Sinn Féin, Gerry Adams, pure lui accusato di terrorismo, è un rispettato parlamentare britannico. E l'ultraottantenne leader degli estremisti protestanti, il reverendo Ian Paisley, sta per essere nominato Lord dalla Regina Elisabetta. Il merito di aver messo d'accordo le opposte fazioni, per la cronaca, va all'ex presidente Usa Bill Clinton.
Oggi chi vuole rendersi conto dell'atmosfera cupa in cui l'Ulster era precipitato per tre decenni può effettuare un giro turistico fra i murales cattolici e protestanti nelle rispettive roccaforti, Falls Road e Shankill Road, alla periferia ovest di Belfast. Il muro che separa i quartieri adiacenti e diseredati è ancora in piedi, e gli slogan non sono affatto pacifici: dall'una e dall'altra parte, simmetricamente simili, abbondano le invettive militariste. Anche quando si commemorano Bobby Sands e gli altri suicidi tramite sciopero della fame del 1981. Ma è roba del passato. Merito anche dei tanti film (a cominciare da La moglie del soldato di Neil Jordan), libri (come Eureka Street di Robert McLiam Wilson) e canzoni ( Sunday Bloody Sunday degli U2) che hanno smitizzato le figure degli "eroi" violenti.
Così, dopo dodici anni di pace, oggi Belfast è ridiventata una tranquilla città di mezzo milione di abitanti, un po' irlandese e un po' britannica, non bella, ma affascinante, soprattutto se la si frequenta il venerdì e il sabato sera, quando i giovani invadono la scena. Con divertenti orde di ragazze rumorose e un po' brille che vagano per la città in minigonna e scarpe laccate dai colori fosforescenti. Il rock prevale sulle ballate tradizionali. Si fa amicizia subito con tutti, magari in piedi davanti al bancone, sorseggiando birra nelle serate affollatissime. Che però, almeno nei pub, terminano all'una di notte. Dopo, chi vuole proseguire la festa si trasferisce sotto il Merchant Hotel di Waring Street, dove c'è la discoteca migliore della città: Ollie's.
Appuntamento al pub
Le decine di pub continuano però a essere l'attrazione principale della città. I più caratteristici sono visitabili con un giro a piedi di due ore: il Pub Walking Tour (www.belfastpubtours.com, tel. 0044-2892683665, chiedere di Judy). Utile, anche perché alcuni dei locali migliori sono nascosti in vicoli secondari difficilmente scovabili senza una guida.
Il Morning Star in Pottinger's Entry, per esempio, nato già nel 1810, fu ristorante per marinai e posta per il cambio dei cavalli. Vicino, guarda caso, oggi c'è una sala corse e i clienti più assidui del locale sono proprio gli scommettitori. Il White's Tavern è invece il più antico: 1630. Nel Wine Cellar Entry suonano folk dal vivo. Mentre il Kelly's Cellars in Bank Street, datato 1720 e pieno di cimeli, espone la scritta in gaelico Céad míle fáite, centomila benvenuti.
Infine il John Hewitt (intitolato all' omonimo poeta, 1907-1987), in Donegall Street, nel quartiere studentesco dell'università dell'Ulster accanto alla severa cattedrale protestante di Belfast, St. Anne, che ha conquistato il titolo di miglior gastropub di quest'anno. Perché, al contrario di quello che si possa pensare, la cucina irlandese è squisita e molto raffinata. Qualunque cosa ci sia nel piatto: zuppe di pesce, di verdura o di cereali; salmone, nasello, o rombo; cozze o ostriche; filetto di manzo, agnello, anatra, coniglio, o vellutati e purè di patate; pane di cereali o bap, la pagnotta soffice di Belfast, o ancora le scones, le focaccine da imburrare.
E la nave va
Il gioiello di Belfast adesso è il cantiere del Titanic, dove cent'anni fa fu progettato e costruito il transatlantico. Da poco è visitabile sia via mare con un tour dal porto (www. laganboatcompany.com, tel. 0044-2890330844, partenze di fronte alla scultura Big Fish, chiedere del loquacissimo Derek), sia via terra grazie a un piccolo museo che sarà ampliato in vista del centenario del varo nel 2012.
Su quelli che una volta furono gli sterminati cantieri navali Harland and Wolff, con le loro due maxigru gialle soprannominate Sansone e Golia, sta sorgendo la città del futuro: quel Titanic Quarter, sulla Queen's Island, dedicato alla nave più conosciuta della storia, costruita qui a partire dal 1909 e affondata nel viaggio inaugurale per la nota collisione con l'iceberg.
Gli irlandesi ci tengono a precisare: «Quando salpò da Belfast era perfetta, tutta a posto. Non è colpa nostra se chi era al timone, guarda caso un inglese, il capitano Edward Smith, l'ha portata al disastro».
Il futuro oltre la crisi
Oggi Belfast non detiene più il primato mondiale per la costruzione delle navi da crociera, ma le gru all'opera ci sono lo stesso. Sono quelle che stanno costruendo il nuovo quartiere residenziale: un investimento da sette miliardi di sterline e di quindici anni di lavori per nuovi edifici nell'area portuale che era rimasta abbandonata. Certo la crisi si fa sentire e i lavori vanno a rilento, ma entro il 2012 dovrebbe essere pronto il nuovo, grande museo del Titanic, a forma di transatlantico, per festeggiare degnamente il secolo di un mito che continua a generare lavoro e intrattenimento.
E il restyling, si fa per dire, ha colpito anche un'altra icona cittadina, il St. George's Market , lo storico mercato coperto da poco restaurato, con banchi di formaggi, pâté, carne, pesce, bacon, salsicce, biscotti, dolci. Il suo fascino non è stato intaccato neppure dall' apertura di due sterminati centri commerciali moderni in centro, Victoria Square e Castle Court, con le loro centinaia di negozi e decine di ristoranti. Persino il tradizionale stile irlandese cerca venti di novità. Così Avoca (41 Arthur Street, tel. 0044-2890279950, www.avoca.ie), catena di boutique dell'orgoglio tessile made in Ireland, dagli abiti all'arredamento, indugia tra stampe e colori di tendenza.
Per finire, vale la pena recarsi appena fuori città e vedere il palazzo di Stormont. Enorme, inversamente proporzionale al numero di abitanti dell' Irlanda del Nord (appena 1,7 milioni), fu costruito dagli inglesi come ostentazione del loro potere dopo l' indipendenza del resto d' Irlanda nel 1921. Volevano una copia del Campidoglio di Washington, ma dopo la crisi economica del 1929 l'edificio rimase senza cupola.
Tutta Belfast in 10 mosse
1. Donegall Square
Il grande prato rasato di fronte al palazzo del Comune, costruito in stile rinascimentale nel 1906 al posto dell'antico White Linen Hall, è più di una semplice distesa verde. Qui ci si sdraia a prendere il (raro) sole, ed è uno dei principali luoghi di ritrovo della città (www. gotobelfast.com). Sul lato nord della piazza, la Linen Hall Library è una vecchia e silenziosa biblioteca con visite guidate (www.linenhall.com).
2. Palazzo di Stormont
A 7 km da Belfast, è l'ex sede del Parlamento nordirlandese, e oggi ospita la Northern Ireland Assembly. Vicino all'edificio c'è il castello omonimo. Gli edifici sono chiusi al pubblico, ma il grande parco è aperto fino alle 19.30. Upper Newtownards Road, tel. 0044-2890520700.
3. The Crown Liquor Saloon
Il pub più importante della città, voluto da Patrick Flanagan nel 1885, all'interno di un edificio del 1826 in perfetto stile vittoriano con interni decorati in vetri e piastrelle colorate. Un vero monumento cittadino. 46 Great Victoria Street, tel. 00442890243187, www.crownbar.com.
4. St. George's Market
Lo storico mercato coperto è uno degli edifici più antichi della città. Quasi 250 negozi che vendono di tutto, dall'antiquariato alla frutta fresca. 12-20, East Bridge Street, tel. 0044-2890435704, www.belfastcity.gov.uk/stgeorge.
5. Victoria Square Un moderno shopping center che occupa un intero isolato con 50 negozi e 17 ristoranti. 1 Victoria Square, tel. 0044-2890322277, www.victoriasquare.com.
6. Castle Court
L'altro enorme centro commerciale è tristemente famoso perché subì ben nove attentati dell'Ira: cinque durante la costruzione e quattro dopo l'apertura. Un altro punto caldo della città. Si trova all' incrocio tra Royal Avenue e Berry Street (tel. 0044-2890234591, www.westfi eld.com/castlecourt).
7. Titanic's Dock
Un museo realizzato nei cantieri, allora tra i più grandi del mondo, che costruirono il Titanic a cui, in questa zona a un km a nord dell'Odyssey Arena, è dedicato l'intero quartiere. In attesa del 2012 e del centenario del transatlantico (tel. 00442890737813, www.titanicsdock.com e www.titanicinbelfast.com).
8. Le vie dei murales
Oltre 130 murales nella parte ovest della città che raccontano la guerra civile irlandese. Ci sono quelli dell'Ira in Falls Road, e quelli dei protestanti in Shankill Road. Tra i più famosi, il grande murale che ritrae Bobby Sands, l'attivista nordirlandese morto per lo sciopero della fame nel 1981. Si organizzano anche visite guidate (info, www. belfastattractions.co.uk/peacewall.php).
9. Quartiere Universitario
Un isolato su Donegall Street che a pochi passi riunisce tre icone cittadine: la Chiesa di Sant'Anna, la prima cattedrale protestante e quella che contiene la croce celtica più grande d'Irlanda; l'University of Ulster, un campus specializzato nell'insegnamento delle arti figurative, e il John Hewitt Bar, dedicato al famoso poeta socialista di Belfast e che ospita famosi artisti e musicisti locali (www.thejohnhewitt.com).
10. Ulster Museum
Nelle vicinanze della Queen's University, l'università più importante e famosa della città, l'edificio, che si trova all'interno del Giardino Botanico (da non perdere anche la Palm House, edificio interamente in vetro e ferro battuto), ospita il Museo Nazionale e le Gallerie d'Arte dell'Irlanda del Nord. Botanic Gardens, tel. 0044-2890440000, www.ulstermuseum.org.uk.
L'ARTE DI INVECCHIARE
È la distilleria di whiskey più antica del mondo. Anche di tutte quelle scozzesi. E attenzione: whiskey si scrive con la "e", all'irlandese. Fu nel 1608 che il signor Bushmills chiese e ottenne dal re Giacomo I la licenza. E oggi più di 100 mila turisti la visitano ogni anno. Si vede il malto essiccato in enormi forni chiusi, che poi va a fermentare mescolato a lievito e acqua di sorgente. Tre distillazioni invece delle due dello scotch, quindi invecchiamento nelle enormi botti. Dopo un'attesa che va da tre a ventuno anni, arriva il momento dell'imbottigliamento (con macchinari italiani). Durante la visita il profumo può dare alla testa. E alla fine c'è la degustazione, con assaggi paralleli di scotch e bourbon americano. Dal 2005 il whiskey Bushmills fa parte della multinazionale Diageo, che produce anche gli champagne Dom Pérignon e Moët&Chandon.
Per prenotare i tour guidati: tel. 0044-2820733218, www.bushmills.com. Si dorme e si mangia nell'adiacente Bushmills Inn, 9 Dunluce Road, www.bushmillsinn.com, tel 0044-2820732339.
I sentieri di san Patrizio
Dagli antichi conventi ai nuovi musei, dal cuore del Mourne ai villaggi costieri, gli itinerari per conoscere la regione settentrionale del Paese. Tra scogliere e seafood bar. Sulle orme del santo irlandese
Irlanda e san Patrizio, coppia inscindibile. Fiumi di birra nelle parate verdi del 17 marzo in tutto il mondo, ma anche percorso spirituale sulle orme del monaco che nel IV secolo cristianizzò l'isola del trifoglio. Si comincia da Downpatrick, a sud di Belfast, dove sorge il St. Patrick Centre (saintpatrickcentre.com), un museo interattivo con video che mostrano Patrizio che racconta la propria vita e grande schermo con filmati per completare la spiegazione. Vicino, c'è la sua tomba: una lastra di granito su un prato accanto alla cattedrale (protestante) di Downpatrick. Insieme al santo sono sepolte reliquie di altri famosi santi irlandesi, come Brigida e Colombano.
Ma per immergersi nell'atmosfera in cui fiorì il monachesimo di quell'epoca, conviene raggiungere la vicina isola di Mahee, nel grande golfo di Strangford Lough (20 km a sud di Belfast). Qui sorge la collina del Nendrum Monastic Site (ni-environment.gov.uk/nendrum), il convento più antico d' Irlanda, dove il custode Norman Patton, da Pasqua a settembre, illustra brillantemente la vita quotidiana dell' epoca. Ne rimangono pochi ma significativi resti, dopo la distruzione da parte dei Vichinghi prima dell'anno Mille.
La capitale ecclesiastica di tutta l'Irlanda (sud compreso), è invece Armagh, paese di 15 mila abitanti dove, su due colli, sorgono, una di fronte all'altra, le principali cattedrali irlandesi: una cattolica e costruita solo nel XIX secolo, l'altra protestante. Sono il simbolo della sanguinosa divisione di cinque secoli e sono state edificate qui, dove i primati d'Irlanda hanno sempre rifiutato di andarsene, e non a Dublino o a Belfast, perché qui si stabilì san Patrizio.
Accanto a quella protestante è consigliabile una visita alla Public Library (armaghrobinsonlibrary.org), fondata nel 1771, e custode della prima edizione dei Viaggi di Gulliver annotata da Jonathan Swift, che si può sfogliare.
Sempre a sud di Belfast, si trova la residenza georgiana di Hillsborough, sede del segretario britannico per l'Irlanda del Nord (detestato dai cattolici) e dei reali inglesi quando arrivano a visitare la loro parte di isola. Il parco è aperto al pubblico, e anche il villaggio omonimo merita una visita.
Ma per chi desidera una full immersion nella natura dell'Irlanda del Nord, c'è il Tollymore Park Forest, un immenso parco attrezzato sui monti Mourne con campeggio, centro outdoor e orto botanico (tollymore.com). Un vero paradiso per escursionisti e sportivi e per chi, come le scolaresche da Irlanda e Inghilterra, vuole provare una spedizione in tenda.
Arrivati sulla costa, Dundrum è la patria dei frutti di mare pescati nella baia di fronte. Ampia la scelta di seafood bars, tra cui lo storico Mourne (mourneseafood. com). Alle porte di Newcastle, c'è invece uno dei più caratteristici golf hotel della regione: lo Slieve Donard Resort, con l'immancabile spa (slieve-donard.hotel-rv. com).
Poco oltre il confine, che ormai non ci si accorge più di varcare se non fosse per il cambio sterlina-euro, il menhir celtico in mezzo al campo da golf del Ballymascanlon House Hotel, vicino a Dundalk, rappresenta l'attrazione nella contea di Louth (www. ballymascanlon.com).
Ma anche a nord di Belfast la costa nasconde meraviglie. Una strada panoramica tocca tutte le nove glens, le baie con villaggi storici fra cui Cushendun e Carnlough. Qui sorge il Londonderry Arms Hotel, costruito nel 1848 e comprato da Winston Churchill per trascorrervi le vacanze (glensofantrim.com). Verso Ballycastle, il paesaggio si fa sempre più scosceso. Dopo questa piccola cittadina dell'Antrim, c'è un ponte di corda sospeso a 24 metri sul mare tra pareti rocciose: il Carrick-A-Rede Rope Bridge, massima attrazione per grandi e piccini.
Prima di Bushmills, ecco la maggiore meraviglia naturale dell'Irlanda del Nord, le scogliere della Giant's Causeway: 40 mila rocce basaltiche esagonali alte fino a 160 metri. Qui le antiche leggende celtiche raccontano di giganti che lasciavano le impronte dei loro piedi camminando fra l'isola e la prospiciente Scozia.
Infine, all'estremo nord dell'Irlanda del Nord, il castello di Dunluce. Costruito nel XIII secolo dal conte dell'Ulster ma ormai abbandonato, divenne famoso in tutto il mondo nel 1973: quando i Led Zeppelin lo utilizzarono per illustrare la copertina del loro disco Houses of the Holy.
COME ARRIVARE
Aer Lingus (www. aerlingus.com) vola a Belfast International da Roma Fiumicino a partire da 50 euro.
Flybe (www.flybe.com) vola a Belfast City Airport da Milano Malpensa da 300 euro. Flybe ha anche voli interni da Belfast per Newcastle e altre città dell' Irlanda del Nord. Per i diversi collegamenti con treni e bus consultare il sito del turismo della città www.gotobelfast.com.
DOVE MANGIARE
James Street South
È il ristorante più alla moda di Belfast a due passi dal municipio. Il proprietario-chef Niall McKenna è stato incoronato dalla Bbc come il migliore dell'Irlanda del Nord. 21 James Street, tel. 0044-2890434310, jamesstreetsouth.co.uk. Menu a partire da 18 euro.
Ginger Bistro
Cucina elaborata dentro un locale chic ricavato nell' ex infermeria di un carcere: lombatina con insalata giapponese, wasabi e ginger, fi letto di nasello con insalata calda di patate e fagiolini. 7-8 Hope Street, tel. 0044-2890244421, www.gingerbistro.com. Menu da 7 euro.
McHugh's Bar
Uno dei migliori pub, fra la torre pendente del principe Albert e la statua del Salmone lungo il fiume Lagan. 29-31 Queen's Square, www.mchughsbar.com, tel 00442890509999. Prima colazione da 2,50 euro.
Bittles Bar
Alle pareti sono appesi due grandi quadri: uno ritrae sul bancone i maggiori scrittori irlandesi (Joyce, Oscar Wilde, George Bernard Shaw e Beckett), l' altro i due eroi moderni di Belfast (il calciatore George Best e il musicista Van Morrison). Ideale per uno spuntino. Victoria Square, tel. 00442890311088. Menu da 15 euro.
The John Hewitt Bar
Il miglior gastropub del 2010. Oltre a una ricca carta di birre e vini, fi letto di salmone alla griglia, agnello al cumino, maiale grigliato in salsa di pepe nero. A due passi dalla Cattedrale. 51 Donegall Street, tel. 00442890233768, www. thejohnhewitt.com. Menu da 8,50 euro.
Bar Retro
Nella piazza principale di Hillsborough, ottima cucina e ambiente raffinato. Anche per lunch fugaci. Si trova a 20 chilometri da Belfast. 3 The Square, Hillsborough, Contea di Down, tel. 00442892682985, www. barretrohillsborough. co.uk. Menu a partire da 20 euro
Manor Park
Il miglior ristorante irlandese 2010 è ad Armagh, dove, dal 1152, ci sono le dimore degli arcivescovi della Chiesa anglicana e di quella cattolica. Lo chef James Neilly prepara piatti ispirati alla cucina francese con ingredienti di stagione. A 55 km da Belfast. 2 College Hill, Armagh, tel. 00442837515353, www. manorparkrestaurant. co.uk. Menu a partire da 25 euro.
DOVE DORMIRE
Fitzwilliam Hotel
Un quattro stelle nuovissimo, elegante e centrale. Alla sera, il bar del pianoterra si anima di bella gente. Great Victoria Street, Belfast, tel. 004428 90442080, www. fitzwilliamhotelbelfast. com. Speciali offerte estive con doppia a partire da 127 euro.
Europa
L'hotel più famoso di Belfast, inaugurato quarant'anni fa e tristemente celebre perché fra il 1972 e il '94 l'Ira lo ha danneggiato con bombe per ben 33 volte. Ci hanno dormito Bill Clinton nel 1994, quando venne a siglare la pace tra gli irlandesi, e sua moglie Hillary nel 2009 come segretario di Stato. Great Victoria Street, tel. 00442890271066, www.hastingshotels. com/europa-belfast. Doppia da 170 euro.
Merchant Hotel
Una nuova estensione di questo elegante hotel in stile déco, con 38 nuove camere e una nuova lussuosa spa viene inaugurata nell'estate 2010. L'hotel ospita anche la discoteca Ollie's, la migliore della città. 35-39 Waring Street, tel. 00442890234888, www. themerchanthotel.com e www.olliesclub.com. Doppia speciale estate da 230 euro.
Slieve Donard Resort
Uno dei migliori golf hotel della regione, con tanto di bella spa annessa, vicino a Mourne Mountains e alla città di Downpatrick, nella contea di Down, sudest dell'Irlanda del Nord. A 250 chilometri da Belfast. Downs Road, Newcastle, tel. 00442843721066, www. hastingshotels.com/ slieve-donard-resort-andspa. Doppia a partire da 242 euro.
Londonderry Arms Hotel
Qui, in questo villaggio di pescatori, sulla costa della contea di Antrim, Winston Churchill passava le sue vacanze. A 46 chilometri da Belfast. 20 Harbour Road, Carnlough, tel. 0044-2828885255, glensofantrim.com. Doppia da 115 euro.
Mauro Suttora
Wednesday, August 18, 2010
Estate calda per i politici
Quest'anno tutti al mare (in attesa di votare...)
VACANZE AVVELENATE: I POLITICI NON SMETTONO DI DIRSELE E DARSELE
Non era mai successo: in pieno agosto governo e opposizione lottano ancora. Ma è soprattutto dentro la maggioranza che la guerra infuria. Così i potenti si rovinano le ferie. Ecco come
di Mauro Suttora
Oggi, 18 agosto 2010
Non era mai successo. Quest' anno la politica non va in vacanza. I politici, in teoria, sì: Gianfranco Fini ad Ansedonia (Grosseto), il presidente Giorgio Napolitano a Stromboli, Pier Luigi Bersani in Ogliastra (Sardegna), Massimo D'Alema a Gallipoli in Puglia dove come sempre troverà l'autoctono Rocco Buttiglione.
Ma, contrariamente agli anni scorsi, i problemi politici rimangono bollenti quanto il sole d' agosto. E continuano a occupare i titoli principali di giornali e telegiornali: «Tregua fra Berlusconi e Fini o rottura?». E in caso di rottura: «Il governo cade?» E se cade: «Un altro governo o elezioni?». E in caso di elezioni: «A novembre o a marzo?»
FERRAGOSTO IN CARCERE
Ormai siamo a Ferragosto. A fine mese, con i festival dei partiti e il meeting di Cl a Rimini, riprende la stagione politica. L'8 settembre riapre la Camera. Ma questa volta l'estate non placa le polemiche. Mai, nel recente passato, le fibrillazioni del Palazzo erano riuscite a fare notizia in modo così ossessivo. Viene registrato ogni sospiro di Italo Bocchino da Panarea, ogni vaticinio di Umberto Bossi dalla Valcamonica, ogni auspicio di Benedetto Della Vedova dalla contigua Valtellina. Il simbolo di questa frenesia senza soste è Silvio Berlusconi. Che rinuncia addirittura alle ferie, e a Villa Certosa (Porto Rotondo) preferisce Tor Crescenza (periferia di Roma). «Sempre di stracchino si tratta...», scherza qualcuno.
L'unico altro politico che rimane nella capitale, perché odia le vacanze, è Marco Pannella: passa come sempre il Ferragosto visitando i carcerati a Regina Coeli. Dovranno invece visitare il premier (non a Regina Coeli come auspicherebbe Antonio Di Pietro dal suo trattore a Montenero di Bisaccia, Molise) gli sfortunati collaboratori più stretti: Sandro Bondi e Denis Verdini pendolari dalla Versilia, Ignazio La Russa dalla Sicilia, Fabrizio Cicchitto pure lui ad Ansedonia, vicino di villa di Fini e Giuliano Amato.
Ma perché tutto questo tourbillon ? «Piaccia o no», risponde Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera, «alla maggioranza degli italiani sembra ancora piacere Berlusconi. La realtà è questa. Dunque, niente elezioni anticipate né altri governi». E allora, come se ne esce? «In un solo modo: con un accordo di legislatura fra tutte le componenti del centrodestra: Pdl, Lega, Futuro e Libertà di Fini». Possibile? «Obbligato».
Dissente il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari: «Le lingue dei politici sono biforcute per definizione, ma mai come ora il gioco degli inganni è stato lo strumento principe per la conquista del potere. Berlusconi è il figlio imbarbarito dell' antipolitica, del qualunquismo e dell' anarchismo. Inutile sperare di trasformarlo in un leader liberal-democratico».
INNAMORATO RESPINTO
Paradossalmente, concorda con Scalfari dalla sponda opposta di destra Vittorio Feltri, direttore del Giornale . Anche lui ritiene impossibile un accordo Berlusconi-Fini, perché quest' ultimo dopo l' espulsione dal Pdl «è come un innamorato folle respinto dalla fidanzata: si vendica uccidendola, poi si spara». Elezioni anticipate, allora? «Sarebbe la soluzione più corretta. Ma non è sicuro che Napolitano la adotti. Nulla gli vieta di tentare la formazione di un nuovo esecutivo con dentro tutti: Pd, Idv, finiani, Udc. Al Senato non avrebbero la maggioranza, perché Pdl e Lega conservano un senatore in più. Ma volete che i ribaltonisti non riescano a comprarsi un tizio qualunque per trenta denari?».
Intanto i ministri Alfano, Calderoli, Tremonti e Fitto preparano un accordo Berlusconi-Fini su quattro punti: giustizia, federalismo, fisco e Sud. «Un'intesa può essere raggiunta facilmente», sostiene De Bortoli, «tranne che sulla giustizia. Quello è uno scoglio difficilmente superabile. La saggezza suggerirebbe di accantonare le leggi ad personam e mettere al primo posto le esigenze dei cittadini».
Come la velocizzazione della giustizia civile: riforma auspicata anche da Adolfo Urso, viceministro finiano rimasto nel governo assieme ad Andrea Ronchi, e che per questo ha votato diversamente dai 43 fuoriusciti sulla mozione Caliendo. Ma ai berlusconiani stanno molto più a cuore la nuova legge Alfano (di livello costituzionale, dopo la bocciatura della Corte) per l'immunità delle alte cariche dello Stato, e quella sul processo «breve». «È proprio qui il nocciolo del problema: Fini spera che prima o poi le grane giudiziarie eliminino Berlusconi», dice Feltri.
«Sarà Bossi a decidere la partita», prevede Scalfari, «è lui a tenere in pugno il manico del bastone. La giustizia non gli interessa: per la Lega quella è solo merce di scambio, l'ha già ceduta a Berlusconi. I leghisti vogliono invece carta bianca sul federalismo e su fisco e Sud, che ne sono due sfaccettature. Sul federalismo Bossi non accetta condizionamenti».
In effetti, è da 23 anni - da quando entrarono per la prima volta in Parlamento - che i leghisti si battono per il federalismo. E ora che è in dirittura d'arrivo, se non lo ottengono o se lo vedono annacquato, tornerebbero a minacciare la secessione. Ma è difficile che i finiani, in buona parte provenienti dal Sud, accettino il federalismo, che inevitabilmente penalizzerà le loro regioni.
Quindi elezioni anticipate? I leghisti non le temono, i sondaggi dicono che farebbero il pieno al Nord. Anche a spese del Pdl. Quanto al Pd, è quello messo peggio, quindi farà di tutto per evitare il voto. Intanto, prosegue il martellamento dei giornali di Berlusconi contro Fini. «Cacciamo gli affaristi!», è lo slogan con cui il presidente della Camera ha aperto la campagna di iscrizioni per il suo nuovo partito, Futuro e libertà. Ma i berlusconiani gli rinfacciano la casa di Montecarlo lasciata ad An da una ricca ereditiera, e finita chissà come al fratello della compagna di Fini dopo un'apparente svendita a una società caraibica. L'estate è calda.
Mauro Suttora
VACANZE AVVELENATE: I POLITICI NON SMETTONO DI DIRSELE E DARSELE
Non era mai successo: in pieno agosto governo e opposizione lottano ancora. Ma è soprattutto dentro la maggioranza che la guerra infuria. Così i potenti si rovinano le ferie. Ecco come
di Mauro Suttora
Oggi, 18 agosto 2010
Non era mai successo. Quest' anno la politica non va in vacanza. I politici, in teoria, sì: Gianfranco Fini ad Ansedonia (Grosseto), il presidente Giorgio Napolitano a Stromboli, Pier Luigi Bersani in Ogliastra (Sardegna), Massimo D'Alema a Gallipoli in Puglia dove come sempre troverà l'autoctono Rocco Buttiglione.
Ma, contrariamente agli anni scorsi, i problemi politici rimangono bollenti quanto il sole d' agosto. E continuano a occupare i titoli principali di giornali e telegiornali: «Tregua fra Berlusconi e Fini o rottura?». E in caso di rottura: «Il governo cade?» E se cade: «Un altro governo o elezioni?». E in caso di elezioni: «A novembre o a marzo?»
FERRAGOSTO IN CARCERE
Ormai siamo a Ferragosto. A fine mese, con i festival dei partiti e il meeting di Cl a Rimini, riprende la stagione politica. L'8 settembre riapre la Camera. Ma questa volta l'estate non placa le polemiche. Mai, nel recente passato, le fibrillazioni del Palazzo erano riuscite a fare notizia in modo così ossessivo. Viene registrato ogni sospiro di Italo Bocchino da Panarea, ogni vaticinio di Umberto Bossi dalla Valcamonica, ogni auspicio di Benedetto Della Vedova dalla contigua Valtellina. Il simbolo di questa frenesia senza soste è Silvio Berlusconi. Che rinuncia addirittura alle ferie, e a Villa Certosa (Porto Rotondo) preferisce Tor Crescenza (periferia di Roma). «Sempre di stracchino si tratta...», scherza qualcuno.
L'unico altro politico che rimane nella capitale, perché odia le vacanze, è Marco Pannella: passa come sempre il Ferragosto visitando i carcerati a Regina Coeli. Dovranno invece visitare il premier (non a Regina Coeli come auspicherebbe Antonio Di Pietro dal suo trattore a Montenero di Bisaccia, Molise) gli sfortunati collaboratori più stretti: Sandro Bondi e Denis Verdini pendolari dalla Versilia, Ignazio La Russa dalla Sicilia, Fabrizio Cicchitto pure lui ad Ansedonia, vicino di villa di Fini e Giuliano Amato.
Ma perché tutto questo tourbillon ? «Piaccia o no», risponde Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera, «alla maggioranza degli italiani sembra ancora piacere Berlusconi. La realtà è questa. Dunque, niente elezioni anticipate né altri governi». E allora, come se ne esce? «In un solo modo: con un accordo di legislatura fra tutte le componenti del centrodestra: Pdl, Lega, Futuro e Libertà di Fini». Possibile? «Obbligato».
Dissente il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari: «Le lingue dei politici sono biforcute per definizione, ma mai come ora il gioco degli inganni è stato lo strumento principe per la conquista del potere. Berlusconi è il figlio imbarbarito dell' antipolitica, del qualunquismo e dell' anarchismo. Inutile sperare di trasformarlo in un leader liberal-democratico».
INNAMORATO RESPINTO
Paradossalmente, concorda con Scalfari dalla sponda opposta di destra Vittorio Feltri, direttore del Giornale . Anche lui ritiene impossibile un accordo Berlusconi-Fini, perché quest' ultimo dopo l' espulsione dal Pdl «è come un innamorato folle respinto dalla fidanzata: si vendica uccidendola, poi si spara». Elezioni anticipate, allora? «Sarebbe la soluzione più corretta. Ma non è sicuro che Napolitano la adotti. Nulla gli vieta di tentare la formazione di un nuovo esecutivo con dentro tutti: Pd, Idv, finiani, Udc. Al Senato non avrebbero la maggioranza, perché Pdl e Lega conservano un senatore in più. Ma volete che i ribaltonisti non riescano a comprarsi un tizio qualunque per trenta denari?».
Intanto i ministri Alfano, Calderoli, Tremonti e Fitto preparano un accordo Berlusconi-Fini su quattro punti: giustizia, federalismo, fisco e Sud. «Un'intesa può essere raggiunta facilmente», sostiene De Bortoli, «tranne che sulla giustizia. Quello è uno scoglio difficilmente superabile. La saggezza suggerirebbe di accantonare le leggi ad personam e mettere al primo posto le esigenze dei cittadini».
Come la velocizzazione della giustizia civile: riforma auspicata anche da Adolfo Urso, viceministro finiano rimasto nel governo assieme ad Andrea Ronchi, e che per questo ha votato diversamente dai 43 fuoriusciti sulla mozione Caliendo. Ma ai berlusconiani stanno molto più a cuore la nuova legge Alfano (di livello costituzionale, dopo la bocciatura della Corte) per l'immunità delle alte cariche dello Stato, e quella sul processo «breve». «È proprio qui il nocciolo del problema: Fini spera che prima o poi le grane giudiziarie eliminino Berlusconi», dice Feltri.
«Sarà Bossi a decidere la partita», prevede Scalfari, «è lui a tenere in pugno il manico del bastone. La giustizia non gli interessa: per la Lega quella è solo merce di scambio, l'ha già ceduta a Berlusconi. I leghisti vogliono invece carta bianca sul federalismo e su fisco e Sud, che ne sono due sfaccettature. Sul federalismo Bossi non accetta condizionamenti».
In effetti, è da 23 anni - da quando entrarono per la prima volta in Parlamento - che i leghisti si battono per il federalismo. E ora che è in dirittura d'arrivo, se non lo ottengono o se lo vedono annacquato, tornerebbero a minacciare la secessione. Ma è difficile che i finiani, in buona parte provenienti dal Sud, accettino il federalismo, che inevitabilmente penalizzerà le loro regioni.
Quindi elezioni anticipate? I leghisti non le temono, i sondaggi dicono che farebbero il pieno al Nord. Anche a spese del Pdl. Quanto al Pd, è quello messo peggio, quindi farà di tutto per evitare il voto. Intanto, prosegue il martellamento dei giornali di Berlusconi contro Fini. «Cacciamo gli affaristi!», è lo slogan con cui il presidente della Camera ha aperto la campagna di iscrizioni per il suo nuovo partito, Futuro e libertà. Ma i berlusconiani gli rinfacciano la casa di Montecarlo lasciata ad An da una ricca ereditiera, e finita chissà come al fratello della compagna di Fini dopo un'apparente svendita a una società caraibica. L'estate è calda.
Mauro Suttora
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