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Wednesday, September 06, 2023

L'estate in cui Vannacci fa rima con Catenacci


di Mauro Suttora


Acci Tour. Il grottesco Vannacci gira l'Italia in cerca del suo popolo. Nulla da noi sfugge all'operetta, anche se l'operetta è morta da un secolo

Bisogna avere almeno 50 anni per ricordarsi di Ermanno Catenacci. Era un ex federale fascista, personaggio fantastico inventato da Giorgio Bracardi per il programma radio 'Alto gradimento' di Renzo Arbore, che negli anni '70 spopolò all'ora di pranzo.


Huffingtonpost.it, 6 settembre 2023


Facile, quasi automatico per noi boomers accostarlo al nuovo Acci, suffisso del generale che ha movimentato le chiacchiere estive. Ma che minaccia di proseguire anche in autunno, perché Acci junior ora si è imbarcato in un tour di presentazioni del suo libro. Debutto in Versilia e seconda tappa l'altra sera a Cagliari, visto che lo Schopenauer della destra era in vacanza nella vicina Costa Rei.


Nulla in Italia sfugge all'operetta, anche se l'operetta è morta da un secolo. Sostituita dal cabaret, e poi da Arbore e Zelig, Crozza e Gialappa's. È questo divertente spettacolo ad attendere gli "astanti", così Acci chiama i discepoli che accorrono per conoscerlo di persona. Non hanno dovuto fare la fatica di entrare in libreria, luogo per molti di loro esotico, allo scopo di acquistare la summa filosofica acciana. Essa infatti si compra online, e in quasi centomila hanno versato venti euro ad Amazon in meno di un mese. 

I conti sono presto fatti: poiché le royalties dei libri autopubblicati stanno sul 50%, il generale Acci veleggia attorno al milione di incassi. Rapido come la Folgore. E infatti ringrazia di cuore i giornalisti di Repubblica, Matteo Pucciarelli, e Corsera, Aldo Cazzullo, che lo hanno creato come personaggio sollevando il suo caso.


Il pubblico acciano è ben disposto ad ascoltarlo, comodamente seduto nell'ora dei borborigmi postprandiali. Dopo salamelle e birrette arriva il momento del ruttino, e contemporaneamente ecco affacciarsi il generalissimo sul palco. Spiega la prima delle sue due massime perle: "Ho scritto che la bravissima Egonu non è la tipica italiana? Anche le mie figlie, che sono qui in prima fila, non sembrano le tipiche sarde".

Gelo del pubblico cagliaritano, disorientato perché le battutacce di Acci hanno spesso un doppio senso: la campionessa di pallavolo era stata infilzata per il colore della pelle, ma con l'aggravante sottintesa delle sue scelte sessuali saffiche. Due bersagli in uno.

Quanto al classico "Amici omosessuali non siete normali", Acci si vanta di avere gestito senza problemi soldati gay nelle sue truppe in giro per il mondo, dall'Afghanistan all'Iraq. E chi lo accusa sarebbe un quaraquaqua, qualsiasi cosa voglia dire.


È in queste dolci sere di tarda estate che si dipana la precoce campagna elettorale di Acci. Chissà se l'11 settembre qualche sventurato "sinistroide" lo accosterà a quell'altro generale in Cile, di cui quest'anno ricorre l'anniversario a cifra piena, mezzo secolo dal golpe.

Macché Pinochet: con Acci e i suoi accini, così come con Grillo e i grillini, il buffo al massimo si stempera nel ridicolo. Sarebbe grave promuoverlo a grave, facendogli così un ulteriore regalo dopo la rimozione dal comando dall'Istituto geografico militare: una naftalina da cui un uomo d'azione 54enne (quindi giovane) come lui è volentieri evaso.


Quanto ai seguaci, lo plebisciteranno all'Europarlamento, convinti di avere trovato finalmente il loro massimo maitre-à-penser. Altro che Tolkien o Ezra Pound, Céline (chi, Dion?) o Evola, Buttafuoco o Veneziani: troppo pensierosi e contorti, loro vogliono il sano e semplice buonsenso qualunque di Acci. 

Peccato solo che il 90enne Bracardi non abbia più l'età per effettuare una clamorosa rentrée, riesumando la sua stentorea macchietta. "Acci tua", urlerebbe. 

Wednesday, March 02, 2011

Berlusconi? Ha i secoli contati

Dopo il rinvio a giudizio su Ruby, il premier non si arrende

«Farà di tutto per rimanere al potere», prevedono gli esperti. «E ci riuscirà», dicono in molti. Ma fino a quando? Per ora, la sua maggioranza si allarga

di Mauro Suttora

Oggi, 2 marzo 2011

«Bisogna chiederlo alla Sfinge. O alla Pizia. Impossibile prevedere alcunché, quando c'è di mezzo Berlusconi». Giovanni Sartori, 86 anni, massimo politologo italiano, per decenni professore alla Columbia University di New York, non riesce a rispondere alla domanda: Silvio Berlusconi è alla fine? Due anni fa gli aveva dedicato il caustico libro Il Sultanato . Ma adesso dice a Oggi: «Il nostro premier è imprevedibile, sfugge a ogni regola. Certo, tutti i politici seguono una loro parabola più o meno lunga di fortune e avversità. Ma per lui i precedenti statistici non funzionano. È un caso unico. Posso solo esprimere la mia opinione personale: per causa sua l'Italia sta vivendo una situazione allucinante».

L'incriminazione per concussione e prostituzione minorile che lo vedrà sotto processo a Milano il 6 aprile non sembra avere intaccato la determinazione di Berlusconi di rimanere al potere: «Governerò fino alla fine della legislatura, nel 2013», ha dichiarato. Ce la farà?

«Berlusconi ha i secoli contati...», scherza Antonio Polito, già senatore della Margherita e direttore del quotidiano Il Riformista. «Ha superato crisi peggiori. Dopo la sconfitta del 2006, per esempio, sembrava finito. Casini e Fini parlavano apertamente di successione. Ma già nel 1996, quando Prodi vinse la prima volta, si diceva che era troppo vecchio, che non era un politico di professione... Insomma, la risposta è nella storia: è rinato altre volte».

«C'era una sola possibilità che Berlusconi cadesse», aggiunge il professor Piero Ignazi , direttore de Il Mulino , «ed era tramite la fronda interna. Come con Mussolini. Ma lo scorso 14 dicembre Fini ha fallito il suo 25 luglio, e ora Berlusconi sta facendo di tutto per rimanere al proprio posto. Riuscendoci, perché i suoi parlamentari non sono eletti, ma nominati da lui in persona. Il suo partito non segue le regole normali della politica, perché è un partito patrimoniale. E lui dispone di risorse infinite, finanziarie e non».

«Se non ora quando», allora? Utilizziamo lo slogan delle donne scese in piazza il 13 febbraio per la «dignità», disgustate dal Rubygate.
«Credo che la parabola di Berlusconi si compirà col ventennio della sua discesa in politica», risponde Marcello Veneziani, editorialista del quotidiano berlusconiano Il Giornale. «Andrà in pensione al compimento dei 19 anni, sei mesi e un giorno. Alla conclusione di questa legislatura, tra poco più di due anni. C'è però la possibilità - o il rischio, a seconda dei punti di vista - che proprio la volontà di farlo cadere prima produca il suo protrarsi sulla scena politica, perfino con un nuovo mandato di governo».

«Ma no, all'80 per cento ci sarà il voto anticipato entro l'anno prossimo», prevede Pierluigi Battista , commentatore del Corriere della Sera. «L'astro berlusconiano è in fase di oscuramento, lo scandalo di Ruby gli ha dato una botta fortissima. Anche il più favorevole dei sondaggi dà il Pdl attorno al 30 per cento, contro il 37 con cui vinse le elezioni tre anni fa. Sommando la Lega Nord il centrodestra arriva al 40. Ma a quel punto il centrosinistra torna competitivo, se riesce a mettere assieme una coalizione che raggiunga quella percentuale. La partita è aperta».

«La partita si riapre solo se si va a elezioni», obietta Polito, «e questo lo deciderà Berlusconi, che adesso è in una posizione di forza. Per tre motivi. Primo, è il padrone indiscusso del partito di maggioranza relativa. Secondo, dispone di una maggioranza parlamentare anche dopo la grave spaccatura di Fini. Anzi, questa maggioranza si allarga poco a poco. Terzo, non vedo la ragione per cui Bossi dovrebbe mollarlo. Direi perfino che alla Lega conviene un Berlusconi indebolito, perché così può ottenere più cose. Viceversa, non penso che Bossi vada con Bersani perché con il Pd il federalismo lo fa meglio... Per tutte queste ragioni, Berlusconi è difficilmente scalzabile».

«In un Paese maturo e civile», dice Veneziani, «si penserebbe a impegnare i prossimi due anni a costruire una credibile alternativa o successione a Berlusconi, lasciandolo governare per il resto del mandato ricevuto dagli elettori, incalzandolo solo sul raffronto tra promesse e realizzazioni, e tra l'azione di governo e le necessità dell'Italia. Si potrebbe guidare una transizione incruenta. Sarebbe un modo responsabile per tutti, nell'interesse del Paese ed evitando spargimenti di sangue da ambo le parti».

Quindi il premier non è in declino?
«Che Berlusconi sia stanco e a volte tradisca segni di declino mi pare vero», ammette Veneziani, «ma finché si permane in questa situazione, l'impressione è che si scelga tra il male e il peggio: tra Berlusconi e il nulla. Quando il fumo dei giorni sarà passato, si farà un bilancio onesto dell'unico leader politico dei nostri anni che passerà alla storia. Nel bene e nel male. Si allontana invece l'ipotesi che possa aspirare al Quirinale».

Le manifestazioni delle donne del 13 febbraio hanno danneggiato Berlusconi? «Avrei avuto grossi problemi a condividere un'iniziativa che sembrava essere "contro" le prostitute», dice Marina Terragni, commentatrice del settimanale Io donna. «Poi le promotrici hanno aggiustato il tiro, non più le "indignate" contro le "indegne". Certo è che il nostro uomo sembra avere grossi problemi nei rapporti con l'altro sesso. Non parliamo di quelli con l'ex moglie Veronica, ma in generale di come lui si rivolge alle donne. Quando dice "Io non le ho mai pagate", pur di fronte all'evidenza delle buste e degli esborsi del suo ragioniere per le ragazze di via Olgettina, probabilmente è sincero. Perché è fermo a una concezione vecchissima, da residuato bellico anni Cinquanta, del rapporto uomo-donna. Quella del cumenda che fa il "presente" alla favorita, o del playboy che pensa di lusingare le signore con complimenti appicicaticci. Non è mai brutale. Anzi, è gentile, come dimostrano le registrazioni del suo colloquio con la D'Addario dopo la notte insieme. Però questa sua "antichità" di approccio colpisce in Berlusconi, un uomo che invece in molti altri campi, dall'impresa allo spettacolo, è il simbolo della modernità».

Ma le disavventure femminili di Berlusconi degli ultimi due anni, dalla moglie Veronica che lo accusa pubblicamente di essere «malato» di sesso a Noemi, dalla D' Addario alla Minetti e a Ruby, possono spostare il consenso delle sue elettrici?
«Chi lo sa», risponde la Terragni. «Lui è caduto nella trappola in cui cadono tutti i vecchi con le ragazzine: l'illusione che loro subiscano il fascino della maturità, delle tempie brizzolate... Quel che è sicuro è che anche l'altra parte, il centrosinistra, ha grossi problemi con le donne. Per esempio, non si capisce perché non candida premier una come Rosy Bindi, che metterebbe d'accordo tutte le anime della coalizione. E poi c'è quella ex miss Padania seno alto Cadey...».
Prego?
«Ma sì, quella ragazza che la sinistra ha assoldato per presentare la manifestazione contro Berlusconi l'11 dicembre 2010. In piazza San Giovanni a Roma, ma ci rendiamo conto, quella di Enrico Berlinguer! Perché a sinistra il problema della "gnocca" se lo sono posto. Seriamente. Decidendo di imitare il gusto Mediaset».

Allora, Berlusconi forever? «È della Bilancia, come me e Jovanotti. Quindi non mollerà mai», scherza la scrittrice Guia Soncini, autrice di Elementi di capitalismo amoroso. «Questo ritornello del Berlusconi che è finito lo sento dal 1994, bisognerebbe cambiare repertorio. Molto più inquietanti, semmai, sono quelli che gli stanno attorno. E che non scompariranno tutti magicamente, assieme a lui».

«Ora come ora, comunque, Silvio fa il democristiano: galleggia», conclude Polito. «Per dire che è finito dovrebbe uscire da palazzo Chigi. Quindi occorre una crisi di governo. Ma dov'è la maggioranza alternativa? Lui tenterà di evitare il più a lungo possibile il voto anticipato. Prima lo minacciava, ora visti i sondaggi le parti si sono capovolte, ed è la sinistra a chiederlo. Ne riparliamo almeno fra tre o quattro mesi. Ma probabilmente anche molto più in là, nel 2012».

Mauro Suttora

Wednesday, September 01, 2010

Fare futuro

LE PROVOCAZIONI DI FILIPPO ROSSI E DEGLI ALTRI GIORNALISTI FINIANI

di Mauro Suttora

Oggi, 25 agosto 2010

Provate a cercare su Google la parola «Fare futuro». Il nome della fondazione di Gianfranco Fini batte «fare l’amore» e «fare soldi» per cinque milioni di risultati contro mezzo milione e 400 mila, rispettivamente. Incredibile: le due attività più piacevoli della vita stracciate da un sito politico. Questo spiega ed è spiegato (causa ed effetto) dall’estate più pazza nella storia dei partiti italiani: un intero agosto passato da tv e giornali a registrare ogni sospiro di Fini e del suo nuovo avversario, il premier Silvio Berlusconi che lo rese «presentabile» nel 1993, e col quale appena due anni fa aveva fondato il Popolo della Libertà.

«Il berlusconismo è fatto di ricatti, menzogne, editti e killeraggio», ha scritto Filippo Rossi, direttore della rivista online di Fare futuro. Definizione durissima, che neppure gli oppositori del Partito democratico userebbero. Ormai siamo in territorio Di Pietro-Grillo. Presa di distanza immediata, quindi da parte dei 44 parlamentari transfughi finiani: «Editoriale fuori misura», hanno tagliato corto i capigruppo Italo Bocchino e Pasquale Viespoli.

Ma l’autore non fa marcia indietro: «A Fare futuro siamo commentatori e giornalisti», ci dice Rossi, «non facciamo direttamente politica, ma cultura. E registriamo sensazioni che abbiamo dentro di noi o attorno a noi».
Rossi come Vittorio Feltri? Il direttore del webmagazine finiano come quello de Il Giornale berlusconiano, che dopo la rottura non lascia passar giorno senza un titolo a nove colonne in prima pagina contro Fini? Giornalisti entrambi, Rossi e Feltri mitragliano all’impazzata. Poi arrivano i politici a smentire, attenuare, minimizzare. Ma intanto il danno è fatto, le parole sono state dette e scritte, il clima avvelenato.

Rossi non accetta il paragone con Feltri (o con Maurizio Belpietro, direttore di Libero, l’altro quotidiano belusconofilo altrettanto aggressivo): «Noi facciamo analisi politiche, non attacchi personali». Beh, accusare i berlusconiani di essere dei killer... «E cosa fanno da un anno, se non accusare Fini di qualsiasi nefandezza? Gettano cacca nel ventilatore, e alla fine qualche schizzo resta attaccato. Si sono ridotti ad attaccare il fratello della compagna di Fini, oppure a rovistare fra le fatture di una cucina Scavolini».

A proposito: non sarebbe meglio che Fini, per tacitare le accuse, dicesse sempre tutto e subito?
«In che senso?»
Che spieghi chi c’è dietro le società fantasma che hanno acquistato la casa di Montecarlo affittata dal fratello della sua compagna Elisabetta Tulliani, e se quella cucina l’ha comprata per lui. Magari aggiungendo: «Se ho commesso qualche stupidaggine, l’ho fatto per amore». Gli italiani capirebbero. Almeno quelli che tengono famiglia. Cioè quasi tutti.

«Ma figurarsi se il presidente della Camera deve abbassarsi a rispondere. Non può partecipare a questo gioco al massacro. Ha già dato abbastanza spiegazioni. D’altra parte, lo stesso Feltri ammette che si tratta soltanto di “questioni di galateo politico”. Non stiamo parlando certo di reati, di cui invece sono formalmente accusati vari dirigenti berlusconiani. Insomma, non è ridicolo che tutto il dibattito politico di una nazione, con i problemi che abbiamo, debba ruotare attorno a un piano rialzato a Montecarlo, una cucina componibile, una schedina Enalotto?»
Beh, è capitato anche a Clinton e Monica, a Sarkozy e Carla.
«Ecco. Invece noi vorremmo parlare di politica, possibilmente».

À la guerre comme à la guerre, però. Quindi, adesso ai giornali berlusconiani Elisabetta Tulliani risponde solo con querele: contro Il Giornale, Libero, il settimanale Panorama. Una linea dura suggerita probabilmente da Giulia Bongiorno, l’avvocata-deputata in questi giorni più vicina alla coppia Fini-Tulliani. Era stata lei a mettere una pietra tombale sul primo matrimonio di Fini con Daniela Di Sotto, trovando un accordo che impedisse alla signora di recriminare. Ora, invece, nessuna spiegazione all’opinione pubblica, nessun cedimento.

E poi ci sono i giornalisti mandati avanti a lanciare provocazioni, un po’ come vent’anni fa Gorbacev utilizzava Eltsin, «kamikaze della perestroika». Oltre a Rossi (ex Tempo e Italia Settimanale di Marcello Veneziani e Pietrangelo Buttafuoco) fra i finiani brilla la stella di Flavia Perina, direttrice del quotidiano dell’ex An, Il Secolo. Una somiglianza con la governatrice del Lazio Renata Polverini, ogni volta che apre bocca è un carico da novanta. I metodi del Pdl? «Stalinisti». La legge sul «processo breve», ritenuta non trattabile da Berlusconi? «Deve servire solo a snellire la macchina della giustizia». E poi, sul suo giornale, giù paginate urticanti per i benpensanti della destra vandeana. «Aperture» su tutto: coppie di fatto, testamento biologico, cittadinanza agli immigrati, procreazione assistita...
Gli ex missini sono diventati radicali? Hanno rubato loro il mestiere di baluardo della laicità? Con «dibattiti culturali» come questi, da parte dei finiani, scintille garantite.

Mauro Suttora