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Friday, July 29, 2022

Il problema di Berlusconi non sono i traditori. È che sono finiti

Da Urbani fino a Carfagna, Forza Italia ha finito pure i transfughi. Ora non c'è più nessuno che se ne possa andare

di Mauro Suttora

HuffPost, 29 Luglio 2022 

Magari ha ragione Valentina Vezzali. La campionessa di scherma, sottosegretaria allo Sport, va controcorrente e aderisce a Forza Italia proprio nel momento della grande fuga. Brunetta, Carfagna, Gelmini, Cangini, Elio Vito: tutti i ministri e molti altri abbandonano Berlusconi, Vezzali furba riempie il vuoto e verrà promossa se ci sarà un governo di centrodestra.

Scappare dalla barca che affonda è buona regola in politica, alla faccia di fedeltà, gratitudine o coerenza. Soprattutto quando quest'ultima è semmai rivendicata dai transfughi, in nome del liberalismo. Tuttavia è impressionante scorrere la lista di tutti gli addii che Silvio ha incassato nei suoi 28 anni di vita politica. 

Lo sterminio è sterminato. I radicali scapparono subito: bastarono sei mesi a Pannella e Bonino per capire che la "rivoluzione liberale" promessa nel 1994 era una chimera. Poi fu la volta del prestigioso battaglione di professori arruolati da Forza Italia: Urbani, Melograni, Colletti, Marzano, Vertone. Sopravvissero solo Pera, premiato con la presidenza del Senato, e Brunetta. Durarono poco anche gli avvocati Dotti e Della Valle (Tortora). 

Nel 2001-11 Berlusconi governa otto anni su dieci, quindi nessuno lo molla. Poi, la diaspora. Silvio fa fuori tutti i suoi presunti delfini (Alfano, Toti) e i portavoce (Bondi, Bonaiuti). Tremonti va con la Lega, Quagliariello, Romani e Biancofiore con Toti. Via anche Pisanu, Frattini, Cicchitto, Lorenzin, Crosetto, Sanza, Albertini, Verdini, Fitto, Capezzone, Ravetto, Elisabetta Gardini, un anno fa Malan. 

Silvio però è buono, riaccoglie figliol prodighi come Schifani, Polverini e Miccichè che lo avevano tradito. Ora è circondato dagli ultimi fedelissimi. Tajani, innanzitutto, socio fondatore di Forza Italia con Antonio Martino e il generale Caligaris. Sestino Giacomoni e l'ex assistente personale Valentino Valentini lo seguiranno ovunque. 

In prima fila la quasi moglie Fascina, la quasi badante Renzulli, i capigruppo Bernini e Barelli. E poi i senatori Galliani (che non si ricandida), Ghedini, Stefania Craxi, Casellati. I deputati Rotondi, Baldelli, Aprea, Bergamini, Marrocco (ex fidanzata di Paolo Berlusconi), Mulè, Prestigiacomo, Ruggieri (nipote di Vespa, compagno di Anna Falchi).

Ma il principale consigliere politico personale di Berlusconi resta l'inossidabile Gianni Letta.

 

Wednesday, June 22, 2016

Berlusconi vecchio? Adenauer mollò a 87 anni

di Mauro Suttora

Oggi, 15 giugno 2016




«Sono morto così tante volte», mormorò Calvero alla fine di Luci della ribalta di Charlie Chaplin. Altrettante sono le volte che Silvio Berlusconi è stato dato per finito: politicamente, economicamente, giudiziariamente e anche fisicamente. L’ultima tre anni fa, quando arrivò la condanna che lo fece decadere da senatore. La penultima nel 2011, quando perse per la terza volta la premiership.

E poi tumori alla prostata, avvisi di garanzia a Napoli, duomi in testa, sconfitte al voto per sei centesimi di percentuale (nel 2006), sentenze di pretori che oscuravano tutte le sue tv, ulivi, tradimenti di delfini (Casini, Fini, Alfano), distruzioni di protettori (Craxi)…

Fra tre mesi diventa ottuagenario. De Gaulle alla sua età lasciò l’Eliseo, Fanfani Palazzo Chigi. Ma Silvio pensa a Churchill premier oltre gli 80 anni, e soprattutto ad Adenauer cancelliere fino a 87. Sogna di vincere le prossime elezioni contro il 41enne Renzi e il grillino Di Maio, che ha mezzo secolo meno di lui.

In questi giorni guarda fuori dalla finestra, al sesto piano dell’ospedale San Raffaele. Vede la torre con i ripetitori della sua Mediaset, che nonostante stia in un posto chiamato col poco poetico nome di Cologno Monzese da 35 anni fa sognare metà dei telespettatori italiani.

Sotto scorre via Olgettina, e lasciamo stare. Dietro c’è la sua Milano 2, città di 10mila abitanti inaugurata nel 1972. Grazie alla contemporanea nascita del contiguo ospedale dell'amico don Verzè, Berlusconi riuscì a far deviare le rotte degli aerei in decollo da Linate: cosi' decollo' anche la sua fortuna. Più in là c’è il primo villaggio Edilnord di Brugherio, di cui proprio venti giorni fa è andato a festeggiare le 50 candeline.

Insomma, gira tutto qui attorno il mondo di Silvio. Che per la prima volta si affida pubblicamente a Dio, mentre i dirigenti del suo partito devono affidarsi ancora a lui. Ha voglia zio Fedele Confalonieri ad avvertirli: «Forza Italia impari a fare a meno di Berlusconi». Loro senza di lui non sanno che pesci pigliare: anche perché hanno appena pigliato un disastroso 4% a Roma e Torino. Si consolano con la Milano di Stefano Parisi e Maria Stella Gelmini al 20% (il doppio della Lega), Trieste, e Cosenza conquistata col 60%.

Gli unici politici che hanno potuto vedere il Capo in ospedale sono Gianni Letta e Niccolò Ghedini. Ma il primo in qualità di amico personale, il secondo come avvocato. Gli altri si devono accontentare di telefonate. Anche perché la figlia primogenita Marina ha preso in mano la situazione ed è inflessibile. Ha fatto bloccare Denis Verdini e Carlo Rossella che si erano presentati non annunciati al San Raffaele.

Nella suite con nove camere e tre bagni che don Verzè, prima del fallimento e scomparsa nel 2011, fece allestire apposta per lui, Berlusconi riceve solo parenti e amici stretti. È arrivata la figlia Eleonora, che gli sta regalando il suo nono nipotino (il padre è di nuovo il modello Guy Binns), e gli ha portato gli auguri dell’ex moglie Veronica Lario.

Molto presente anche il figlio più giovane, il 27enne Luigi. Al quale due anni fa Silvio aveva passato la storica segretaria Marinella Brambilla, ora 54enne, dopo che questa era entrata in urto con la senatrice Maria Rosaria Rossi. Ora pare che quest’ultima sia finita in disgrazia, accusata da Marina Berlusconi di non essersi accorta che il padre stava male e di averlo spremuto troppo per la campagna elettorale a Roma. Si sussurra anche di uno scontro con la fidanzata Francesca Pascale, che però è sempre presente.

Pare che in questi giorni dentro a Forza Italia stia prevalendo il “clan del Nord”. Aumentano le quotazioni del presidente della regione Liguria Giovanni Toti al toto-successione. Ma non scendono quelle di Mara Carfagna al Sud, visto il buon risultato del candidato forzista Lettieri a Napoli, che ha battuto quella del Pd per il ballottaggio, seppur senza speranza, con il sindaco Luigi De Magistris.

Il Milan ai cinesi, la tv a pagamento al francese Bollorè: Berlusconi si sta alleggerendo dei settori in perdita. In politica invece, dopo le vittorie del 1994, 2001 e 2008, Silvio sta ancora cercando rivincite e coltivando passioni. Quindi, se il cuore sarà d’accordo, la pensione aspetterà.
Mauro Suttora

Wednesday, February 08, 2012

I politici laureati "sfigati"

DAVVERO CHI SI LAUREA DOPO I 26 ANNI DEVE VERGOGNARSI? ECCO A CHE ETA' HANNO FINITO GLI STUDI MINISTRI ED EX

di Mauro Suttora

Oggi, 1 febbraio 2012

Giorgio Napolitano e Mario Monti in testa alla classifica dei superveloci: laurea ad appena 22 anni. Subito dopo gli altri leader della politica italiana: Gianfranco Fini a 23, Pier Luigi Bersani a 24, Silvio Berlusconi a 25. Dopo l’uscita di Michel Martone, neo-viceministro del Lavoro che ha bollato come «sfigati» i laureati dopo i 26 anni, abbiamo controllato quanti, fra i suoi colleghi in politica, potrebbero sentirsi offesi. E abbiamo scoperto che sono ben pochi, perché la maggioranza dei politici ha compiuto studi regolari. Poi ci sono quelli che non si sono neppure laureati (girate la pagina per scoprire chi), e a giudicare dai nomi nessuno soffre di complessi d’inferiorità.

Martone voleva condannare i figli di papà fuoricorso che si baloccano fra donne, sport e motori. Così come il ministro Tomaso Padoa Schioppa definì «bamboccioni» i giovani che vivono in famiglia dopo i 30 anni, e Renato Brunetta insultò i precari («Siete la peggiore Italia»).

Ma, andando sul concreto, in politica chi si è laureato in ritardo ha avuto ottime scuse. Antonio Di Pietro, per esempio: emigrato in Germania, poi studente-lavoratore, di giorno era impiegato civile all’Aeronautica e la sera affrontava gli esami universitari di Legge. Nichi Vendola ha discusso la sua tesi di Lettere su Pasolini fuori tempo massimo, ma un lavoro già ce l’aveva: dirigente dei giovani comunisti e dell’Arcigay.

Più accidentato il percorso accademico di Alessandra Mussolini: accusata con altri 180 studenti romani di aver «comprato» due esami nel 1982 (reato di falso, prescritto), dieci anni dopo quando entrò in Parlamento si dichiarò dottore in Medicina, ma si laureò solo nel ‘93. Un anno fa è stata bocciata all’esame di abilitazione; l’ha ripetuto, e alla fine ce l’ha fatta.

Fra gli ex ministri Stefania Prestigiacomo ha conquistato nel 2006 una laurea triennale in Scienza dell’amministrazione alla Lumsa (Libera università Maria Santissima Assunta) di Roma, con una tesi sulle adozioni. Ma, figlia di imprenditori, divenne presidente dei giovani industriali di Siracusa a soli 23 anni, e quattro anni dopo entrò alla Camera. Stessa università privata anche per Mario Baccini (Udc): 110 e lode in Lettere due anni fa, tesi su Amintore Fanfani.

Il «non è mai troppo tardi» del sindaco di Roma Gianni Alemanno si è concluso nel 2004 a Perugia, dov’è diventato «ingegnere dell’ambiente» con tesi sulle biomasse. Ma il record di chi ha voluto conquistare una laurea fuori tempo massimo, a questo punto solo per orgoglio e prestigio, va a Claudio Scajola: ce l’ha fatta nel 2000 in Legge a Genova, dove aveva cominciato a studiare nel 1967, prima di essere attratto dalla politica che gli affidò ad appena 27 anni la direzione di un ospedale.

Ha sforato solo di un anno, invece, secondo il parametro-Martone, Maria Stella Gelmini: si è laureata nel 2000 in Legge a Brescia con 100/110 e una tesi un po’ «sciatta» sui referendum regionali, secondo il relatore.

Mara Carfagna ha ottenuto la laurea in Legge nella sua Salerno lo stesso anno (2001) in cui ha posato nuda sulla copertina del mensile Maxim: studentessa-lavoratrice. Daniela Santanchè, dottore in Scienze politiche a Torino, ha fatto notizia perché sul sito ufficiale del governo si vantava di avere un «master» alla Bocconi. In realtà era un corso di una ventina di giorni aperto anche ai diplomati con licenza media.

Silvio Berlusconi si è laureato con lode nel 1961 alla Statale di Milano con una tesi, manco a dirlo, sul contratto di pubblicità. Stessa età di laurea e stessa facoltà (Legge) per Marco Pannella, il quale però nel ’55 dovette emigrare da Roma a Urbino e sfangò un 66 grazie a una tesi sul Concordato scritta da amici. La sua collega radicale Emma Bonino invece è stata una delle ultime a laurearsi in Lingue straniere alla Bocconi: proprio quell’anno (1972) il corso venne soppresso.

Pier Luigi Bersani ha potuto esibire online il suo notevole curriculum universitario (30 in tutti gli esami tranne un 28, laurea con lode in Filosofia con tesi su san Gregorio Magno) dopo che nel 2010 la Gelmini lo accusò di essere un «ripetente». Stessa età e università (Bologna) per Pierferdinando Casini, laureato in Legge.

Fini esibisce una laurea in Pedagogia ottenuta a pieni voti a Roma nel 1975, ma senza poter frequentare le lezioni: in quel periodo i neofascisti del Msi venivano picchiati se osavano mostrarsi a Magistero, feudo dell’ultrasinistra. Molto più calma la laurea in Bocconi per il neoministro Corrado Passera, seguita da un master a Filadelfia. Quanto a Brunetta, pure lui laureato 23enne, la sua università era Padova, facoltà di Scienze politiche ed economiche.

Ed ecco infine i «mostri» laureati a soli 22 anni: traguardo matematicamente impossibile senza una «primina» (elementari anticipate a cinque anni d’età) o il salto di un anno alle medie. Napolitano diventa dottore in Legge nel 1947 con una tesi di Economia politica sul «mancato sviluppo del Mezzogiorno». Durante la guerra salta la prima liceo ed entra nel Pci.

Monti si laurea alla Bocconi nel ’65, poi si specializza a Yale (Stati Uniti), fa la leva nell’Aeronautica e a 26 anni è già professore ordinario a Trento, dove lo chiama il rettore Francesco Alberoni. Romano Prodi è dottore in Legge nel ’61 alla Cattolica di Milano, con tesi sul protezionismo industriale. Laureato prodigio anche l’ex ministro Franco Frattini: Legge a Roma. E nel nuovo governo brilla anche il curriculum del sottosegretario alla Presidenza Antonio Catricalà, pure lui laureato in Giurisprudenza a Roma.
Mauro Suttora

Thursday, May 12, 2011

Le nozze di Mara Carfagna

"Mara, tutto perdonato: a giugno ci sposiamo"

Pace fatta tra la Carfagna e il fidanzato, dopo le rivelazioni di Bocchino. Marco Mezzaroma ha portato la sua bella ministra alle Maldive per Pasqua. Per un anticipo di luna di miele: lei ha già comprato il vestito di nozze nella natia Salerno

di Mauro Suttora

Oggi, 11 maggio 2011

Tutto perdonato. Marco Mezzaroma non si è scomposto di fronte alle rivelazioni di Italo Bocchino, che davanti ai milioni di telespettatori di Che tempo che fa ha confessato di avere avuto un'amicizia particolare con la ministra Mara Carfagna. L'erede della ricca famiglia di palazzinari romani è fidanzato da tre anni con Mara. Più o meno a quell'epoca, mese più mese meno, Bocchino giura di avere smesso di provocare sofferenze alla moglie Gabriella. Quindi l'onore è salvo.

Sembrava che il mat rimonio Carfagna-Mezzaroma, fissato per il 25 giugno, foss e rinviato o addirittura cancellato. Invece è stato confermato: si svolgerà in un castello alle porte di Roma, nella tenuta di Torre in Pietra di proprietà della famiglia Carandini. Famosa per due cose: il latte omonimo, e il conte Nicolò Carandini, capo del Partito liberale nel dopoguerra, e poi fondatore di quello radicale di Marco Pannella.

Ma torniamo al nostro Marco, invidiatissimo promesso sposo della più bella ministra d'Italia, a pari merito con Stefania Prestigiacomo. Per fugare ogni dubbio, a Pasqua ha portato Mara alle Maldive, in uno dei resort più lussuosi dell'arcipelago, il Palm Beach.

Più travagliata, invece, l'atmosfera nella famiglia Bocchino. La ricca moglie Gabriella Buontempo aveva aperto i giochi con un' intervista-confessione a un settimanale. In cui l' unico veleno veniva distillato contro la «sfasciafamiglie» Mara, accusata di non essersi posta il problema di rovinare la vita di una coppia sposata da tempo e con figli: «Si presentava ovunque andassi mo in vacanza. Andava addirittura dal mio stesso parrucchiere».

Poi una stilettata politica: «Un po' di delusione c'è stata. Anche per la scelta della persona. In politica, la Carfagna è sempre stata "telecomandata" da mio marito: segue tutto quello che lui dice. Se non era per Italo, mica li prendeva tutti quei voti in Campania». Altre considerazion i sono state fatte sulla capacità, da parte delle mogli italiane, di tollerare lunghe relazioni extraconiugali dei mariti: «Lo sapeva tutta Montecitorio. Da due anni e mezzo pure io. In Italia se non hai almeno un'amante sei uno sfigato».

La scorsa settimana Panorama ha scritto che la signora Bocchino chiederà il divorzio. Italo però ha smentito: «Ca...te in libertà, sto partendo per Parigi con lei».

Intanto, nella sua Salerno Mara è andata a comprare l'abito da sposa, accompagnata dalla mamma, dal fratello e dall'inseparabile cugina. Lei era commossa, e non lo ha nascosto nel negozio della sarta Pinella Passaro in corso Vittorio Emanuele: la stessa che aveva confezionato l' abito da sposa della madre di Mara quando, giovanissima, salì all' altare per sposare il preside Salvatore Carfagna. La Passaro dichiara di essere rimasta incantata dal ministro: «Ha un portamento da indossatrice e una raffinatezza innata. Ho disegnato per lei un abito che sarà all' insegna della sobrietà e dell' eleganza, da vera regina». Pare che Mara abbia scelto il vestito, ancora top secret, al primo colpo.

Mauro Suttora

Wednesday, May 04, 2011

La Carfagna si sposa

Oggi, 4 maggio 2011

di Mauro Suttora

Tutto perdonato. Marco Mezzaroma non si è scomposto di fronte alle rivelazioni di Italo Bocchino, che davanti a milioni di telespettatori di Che tempo che fa ha confessato di avere avuto una relazione clandestina con la ministra Mara Carfagna.
L’erede della ricca famiglia di palazzinari romani è fidanzato da tre anni con Mara. Più o meno a quell’epoca, mese più mese meno, Bocchino giura di avere smesso di tradire la moglie Gabriella con la stupenda Mara. Quindi l’onore è salvo.

Il castello Carandini

Per un po’ sembrava che il matrimonio, fissato per il 25 giugno, fosse rinviato o addirittura cancellato. Invece è stato confermato: si svolgerà in un castello alle porte di Roma, nella tenuta di Torre in Pietra di proprietà della famiglia Carandini. Famosa per due cose: il latte omonimo, e il conte Nicolò Carandini, capo del partito liberale nel dopoguerra, e poi fondatore di quello radicale di Marco Pannella.

Ma torniamo al nostro Marco, invidiatissimo promesso sposo della più bella ministra d’Italia, a pari merito con Stefania Prestigiacomo. Per fugare ogni dubbio, ha portato Mara per Pasqua alle Maldive, nel resort più lussuoso dell’arcipelago. E queste foto testimoniano la ritrovata armonia.

Più travagliata, invece, l’atmosfera nella famiglia Bocchino. La ricca moglie Gabriella Buontempo sembrava avere accettato le scuse e il pentimento pubblico di Italo, con un’intervista altrettanto pubblica a un settimanale. In cui l’unico veleno veniva distillato contro la «sfasciafamiglie» Mara, accusata di non essersi posta il problema di rovinare la vita di una coppia sposata da tempo e con figli: «Si presentava ovunque andassimo in vacanza. Andava addirittura dal mio stesso parrucchiere».

«Telecomandata da Italo»

Poi una stilettata politica: «Un po’ di delusione c’è stata. Anche per la scelta della persona. In politica, la Carfagna è sempre stata “telecomandata” da mio marito: segue tutto quello che lui dice. Se non era per Italo, mica li prendeva tutti quei voti in Campania».

Altre considerazioni sono state fatte sulla capacità, da parte delle mogli italiane, di tollerare lunghe relazioni extraconiugali dei mariti: «Lo sapeva tutta Montecitorio. Da due anni e mezzo pure io. In Italia se non hai almeno un’amante sei uno sfigato».

La scorsa settimana Panorama ha scritto che la signora Bocchino chiederà il divorzio. Italo però ha smentito: «Ca...te in libertà, sto partendo per Parigi con lei».

L’abito da sposa

Intanto, nella sua Salerno Mara è andata a comprare l’abito da sposa, accompagnata dalla mamma, dal fratello e dall’inseparabile cugina. Lei era commossa, e non lo ha nascosto nel negozio della sarta Pinella Passaro in corso Vittorio Emanuele: la stessa che aveva confezionato l’abito da sposa della madre di Mara quando, giovanissima, salì all’altare per sposare il preside Salvatore Carfagna.
La Passaro dice di essere rimasta incantata dal ministro: «Ha un portamento da indossatrice e una raffinatezza innata. Ho disegnato per lei un abito che sarà all’insegna della sobrietà e dell’eleganza, da vera regina». Pare che Mara abbia scelto il vestito, per ora top secret, al primo colpo.

Mauro Suttora

Wednesday, November 24, 2010

intervista a Beppe Severgnini

BERLUSCONI SPIEGATO AI POSTERI

di Mauro Suttora

Oggi, 17 novembre 2010

Quanto durerà Berlusconi? «E chi lo sa. Forse la sua spinta propulsiva si è esaurita, ma domina la vita italiana da quasi vent’anni. E un motivo c’è. Anzi, ce ne sono dieci».

Ogni volta che Beppe Severgnini, il giornalista-scrittore più internazionale d’Italia, va all’estero, la domanda inevitabile è: «Ma chi è veramente Berlusconi? E come mai lo votate dal ’94?». «Ho provato a rispondere con il mio ultimo libro: La pancia degli italiani, Berlusconi spiegato ai posteri», ci dice, ed elenca i fattori del suo successo.
«Primo, il fattore umano. La maggioranza degli italiani pensa: ci somiglia, è uno di noi. Vuole bene ai figli, gli piace il calcio, sa fare i soldi, detesta le regole, racconta barzellette, dice parolacce, adora le donne...»

Ecco, le donne: quello che lei chiama «fattore Harem» ultimamente gli procura parecchi guai.
«Ma lui loda la Chiesa al mattino, i valori della famiglia al pomeriggio, e alla sera si porta a casa le ragazze. È spettacolare, e riesce a farsi perdonare molto».

Non ha superato il limite?
«La sua incoerenza è pirotecnica. Ma il Vaticano e Cl fanno i loro conti, e si accontentano delle leggi favorevoli».

E questo è il «fattore divino». Poi c’è il «fattore Robinson».
«Sì, ogni italiano si sente solo contro il mondo. Siamo individualisti. Non chiediamo un fisco più giusto: aggiriamo quello esistente».

Quinto fattore: quello che prende il nome dal Truman Show, il film che spiega come la tv riesce a trasformare la realtà.
«Berlusconi possiede la tv privata, controlla quella pubblica. E la tv è fondamentale per i personaggi che crea, i messaggi che lancia, le cose che dice e soprattutto per quelle che tace».

Poi c’è il fattore Zelig: la capacità di immedesimarsi negli interlocutori.
«Ma Berlusconi va oltre: si trasforma in loro, come nel film di Woody Allen. È padre di famiglia coi figli - e le due mogli, finché è durata. Donnaiolo con le donne, giovane tra i giovani, saggio con gli anziani. Nottambulo fra i nottambuli, lavoratore fra gli operai, imprenditore fra gli imprendiori. Lombardo tra i lombardi, italiano con i meridionali. Conservatore con Bush, liberale con Obama...»

E il «fattore Medici» cos’è?
«La Signoria, cioè l’unica invenzione politica originale degli italiani, oltre ai Comuni. Tutto il resto l’abbiamo importato: la democrazia parlamentare dall’Inghilterra, il federalismo dagli Stati Uniti, il federalismo dalla Germania. Invece alla Signoria siamo abituati. Gli italiani non discutono il potere: al massimo lo deridono, lo aggirano, lo imbrogliano».

Infine i fattori Tina e Palio.
«Tina è l’acronimo coniato dalla Thatcher: “There Is No Alternative”, non c’è alternativa. Come si fa a votare la sinistra, che predica solidarietà e uguaglianza a una nazione devota invece all’intrapredenza? Quanto al Palio, a Siena sono più felici per la sconfitta della contrada vicina che per la vittoria della propria. E molti italiani, pur di tener fuori la sinistra, giudicata inaffidabile, voterebbero il demonio».

Quale di questi fattori lo danneggia di più, adesso?
«La Signoria. I cortigiani sono bravi ad adulare, non a dare consigli magari sgraditi, che irritano il Signore. Povero Berlusconi, guardate da chi è circondato. Chi mai può aiutarlo, adesso, con un suggerimento utile? Vicino a sè ha solo i suoi avvocati, la Carfagna, la Gelmini...»

E quale fattore invece lo aiuta?
«Il Palio e il Tina. La sinistra ama dire quel che non fa, e fare quel che non dice».

Infatti vuole cacciare Berlusconi, ma in realtà teme le elezioni.
«Con questa legge elettorale delle liste bloccate, che impone gli eletti invece di permetterne la scelta...»

Ma non è buffo che il centrosinistra punti su Fini? È come se nel 1943 gli antifascisti si fossero affidati a Ciano, il delfino traditore di Mussolini. E non è ridicolo questo scandalo di Ruby rubacuori?
«Finora il fattore Harem lo ha sostenuto. Lo sguardo di Berlusconi verso la donna non è diverso da quello degli adolescenti, dei pubblicitari e di tanti uomini per strada... Ma forse si sta spostando il confine fra imbarazzo, disagio e disgusto».

Mauro Suttora

Wednesday, September 08, 2010

Politica & tacchi a spillo

LA SENATRICE CONTINI ACCUSA: TROPPE FANNO CARRIERA GRAZIE A TACCHI E MINIGONNE

Oggi, 1 settembre 2010

Porterà anche i tacchi a spillo, però possiamo testimoniare che quando le abbiamo telefonato, alle ore 15 di mercoledì 25 agosto, l’onorevole 28enne del Pdl Barbara Mannucci stava studiando a casa per la sua seconda laurea, in scienza dell’amministrazione.
«Studiare mi rilassa», confessa la secchiona. Allora, sono questi i vizi segreti delle berlusconiane taccospillate? Le ha staffilate un’altra Barbara, anche lei Pdl fino a un mese fa (quando è passata con Fini), la senatrice Contini: «Con Berlusconi le donne fanno carriera grazie a minigonne e tacchi a spillo».

Un’ovvietà, se lo dicesse qualcuno a sinistra: da anni il sito Dagospia ha soprannominato «Forza Gnocca» le appariscenti parlamentari del centrodestra. Ma che le stesse accuse ora le lanci una donna del Pdl, fa male. Risponde Daniela Santanchè, sempre splendida su tacco 12: «La Contini è invidiosa, gelosa, stupida».

La ministra Mara Carfagna, altra icona dello stiletto, preferisce il silenzio. Come l’altra principale indiziata degli strali della Contini, Laura Ravetto: bella e bellicosa, Berlusconi l’ha nominata sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento sei mesi fa, assieme alla Santanché (quest’ultima a una non meglio precisata «Attuazione del programma»).

«Forse la Contini parla così perché non si è sentita abbastanza valorizzata», insinua Jole Santelli. Eppure Berlusconi l’aveva nominata governatrice di Nassiria in Iraq, e poi responsabile esteri di Forza Italia nel 2008: fu lei a scegliere i candidati nei collegi esteri. «Tutti maschi, però...», precisa la Mannucci.

Non sarà che il premier ha «valorizzato» un po’ troppe donne giovani e belle? «Per fortuna», dice a Oggi Melania Rizzoli, «ed è l’unico a farlo in Italia». Sì, ma alcune vengono paracadutate subito ai piani alti della politica, senza esperienza, saltando ogni cursus honorum. «Berlusconi è un ottimo conoscitore delle capacità di chi gli sta intorno», assicura l’onorevole Rizzoli.

Barbara Mannucci, sempre in testa alle classifiche di Miss Parlamento, dice che spesso ai tacchi a spillo deve rinunciare: «Troppa fatica, a me dopo un’ora fanno male i piedi. Invidio deputate come Paola Pelino che li portano tutto il giorno. Io invece, e anche la collega Fiorella Ceccacci Rubino, spesso arrivo alla Camera con le Hogan».
E perché a sinistra niente tacchi a spillo? «Perché si automortificano», dice la Mannucci, «Marianna Madia per esempio sarebbe così bella se solo si truccasse un po’...»

Mauro Suttora

Wednesday, May 12, 2010

Le case dei ministri

CASA NOSTRA: I POLITICI A ROMA ABITANO QUI

di Mauro Suttora

Oggi, 12 maggio 2010

Dopo le dimissioni del ministro Claudio Scajola e la scenata tv di Massimo D’Alema, che ha mandato «a farsi fottere» il condirettore del Giornale Alessandro Sallusti per una questione di affitti, sorge spontanea la domanda: quanto pagano i nostri politici per le case in cui vivono a Roma?

Lo abbiamo chiesto a tutti i ministri. Molti non hanno avuto problemi a rispondere. Alcuni nel dettaglio, fino alla data d’acquisto e all’importo del mutuo. Altri, invece, si sono addirittura offesi perla domanda: «Ho diritto alla privacy», ci hanno detto. Un’addetta stampa ha perfino obiettato: «Ci sono i terroristi, il mio ministro ha ricevuto minacce di morte». Come se sapere il prezzo del suo appartamento (mica l’indirizzo) potesse attirare Al Qaeda.

ANAGRAFE PUBBLICA DEGLI ELETTI
Se passasse la proposta radicale del 2008 di istituire un’«Anagrafe pubblica degli eletti e nominati», regnerebbe la trasparenza su centinaia di migliaia di consiglieri comunali e regionali, parlamentari e consulenti.
«Ma finora solo la Camera dei deputati e pochi consigli comunali l’hanno approvata Roma, Torino, Napoli i più grandi. Senza però passare all’attuazione concreta», dice il segretario dei radicali Mario Staderini, il quale tre anni fa sollevò proprio su Oggi il caso di un intero palazzo nel centro di Roma acquistato dal Senato, che adesso si scopre essere finito nei maneggi della «cricca» della Protezione civile.

Siamo allora ricorsi al fai-da-te partendo dal vertice, cioè dai 22 membri del governo. Le ministre più «aperte» sono state le donne. Mariastella Gelmìni (Istruzione) ha dichiarato di pagare 2.500 euro mensili d’affitto per la sua casa romana.

«Io ho comprato un appartamento di 160 metri quadri in centro il 18 febbraio 2009, per 930 mila euro. Ho acceso un mutuo a tasso fisso di 450 mila euro, che me ne costa quattromila al mese», ci ha detto precisissima Mara Carfagna (Pari opportunità). Trasparente anche Giorgia Meloni: «Abitavo con mia madre alla Garbatella, ma lì i prezzi ormai sono troppo alti. Così l’anno scorso ho preso 50 metri quadri con terrazzo all’Ardeatino, per 370 mila col mutuo».

Anche il ministro Roberto Calderoli (Semplificazione) sta in affitto in periferia (65 metri quadri da un privato), e da buon leghista tiene a precisare: «Non ho mai pensato di comprare a Roma, perché ritengo che la casa la si debba acquistare sul territorio, nella città in cui si vive». Riassumiamo le altre risposte nel box della pagina accanto.

Le case hanno fatto soffrire molto i politici negli ultimi quindici anni. Lontani sono i tempi in cui i massimi capi Dc, Psi, Pci e anche Msi (Segni e Amendola, Mancini e Almirante, Pertini e Jervolino) si accontentavano di vivere tutti assieme in case in cooperativa fatte costruire su viale Cristoforo Colombo o al Trionfale, lontanissimo dal centro. Il primo a dar scandalo fu Ciriaco De Mita cui l’Inpdai (l’ente pensionistico dei dirigenti) nell’88 concesse un attico ad affitto irrisorio in via del Tritone.

E per un altro equo canone da un ente a Trastevere Vittorio Feltri tanto bastonò D’Alema con la «Affittopoli» nel ‘95 che l’allora segretario Pds preferì trasferirsi nel quartiere Prati. Assieme a lui finirono sulla graticola altri big beneficiati dall’equo canone: Giuliano Amato in via Veneto, Rocco Buttiglione in via delle Tre Madonne ai Parioli (fra le più eleganti della capitale), Pierferdinando Casini, Franca Chiaromonte, Maura Cossutta, i sindacalisti Franco Marini e Sergio D’Antoni, Clemente Mastella, Luciano Violante, Walter Veltroni.

Nulla d’illegale, e a volte con affitti di tutto rispetto: Buttiglione pagava due milioni e mezzo all’Ira. Ma in altri casi il risparmio era notevole, e sommandolo per venti o trent’anni si arrivava a cifre non lontane da quella che ha inguaiato Scajola.

La seconda puntata dello scandalo è arrivata nel 2007, quando si è scoperto che molte di queste case erano state vendute dagli enti ai politici con grossi sconti. Così Casini ha pagato per cinque appartamenti con 30 vani nello stesso palazzo 1,8 milioni di euro. Li ha dati all’ex moglie, alle due figlie e all’ex suocera. Mastella ha avuto cinque appartamenti con 26 vani più terrazzo e box per 1,2 milioni sul lungotevere Flaminio, più un appartamentone in largo Arenula.

Veltroni ha riscattato 190 mq dietro piazza Fiume per 377 mila euro nel 2005: duemila euro al metro quadro, un terzo delle quotazioni di mercato. Raffaele Bonanni, segretario Cìsl, ha avuto otto vani per 200 mila euro; a Violante soggiorno, quattro camere e terrazzo in zona Fori per 327 mila euro; Francesco Pionati (ex giornalista Tgl, deputato) attico e superattico a Monteverde Vecchio con vista su Trastevere per 260 mila euro del 2001.

Anche le segretarie dei politici ricevono benefici: quella dell’ex ministro della Difesa Arturo Parisi si è vista assegnare una casa in via Margutta dall’Ente di assistenza per i ciechi. Insomma, per essere efficace l’Anagrafe pubblica dovrebbe essere allargata anche ai parenti e ai collaboratori degli eletti.

Mauro Suttora

Wednesday, October 28, 2009

Trans: Fabianna Tozzi

UN TRANS FtM AL GRANDE FRATELLO

Oggi, 19 ottobre 2009

«Si chiamano “female to male”: transessuali che da femmine diventano maschi. Compiono il cammino inverso degli altri, che da maschi diventano femmine». Così Fabianna Tozzi Daneri, 39 anni, presidente di Trans Genere, una delle due organizzazioni dei trans italiani (l’altra è il Mit, il Movimento identità transessuale di Marcella Di Folco nato trent’anni fa), ci spiega la definizione esatta di uno dei prossimi concorrenti del Grande Fratello. Che sarà, appunto, un trans maschio.

Una trans femmina c’era già stata al Gf, nel 2008: Silvia Burgio. Questa volta tocca agli altri. «Anche se non seguo i reality show, sono contenta che partecipi», dice la Tozzi, «perché la loro condizione ha bisogno di maggiore visibilità».

I trans in Italia (dai 15 ai 20 mila) sono visibilissimi. Per lo meno da quando una di loro, Luxuria, è diventata deputata dal 2006 al 2008, ed è poi approdata all’Isola dei famosi. Ci sarebbe anche Maurizia Paradiso, che continua a svenire nelle trasmissioni tv cui partecipa, e che ora annuncia di voler trovare una madre cui affittare l’utero per ottenere un figlio col seme che aveva congelato quand’era uomo.
«Ecco, questi invece sono gli show che a mio parere non fanno bene ai trans», commenta la Tozzi, ex parrucchiera e truccatrice teatrale, oggi operatrice in un consultorio per trans a Viareggio (Lucca), l’unico in Italia oltre a quello di Bologna gestito dal Mit: «La Paradiso ora perde la parrucca in diretta, dice di volere tornare uomo... Mah!»

Non bisogna confondere i trans (operati) con i travestiti alla Platinette, semplici uomini vestiti da donna. O con gli ermafroditi come Eva Robin’s o Caster Semenya, la vincitrice di colore degli 800 metri ai mondiali di atletica di Berlino in agosto.

Insomma, muoversi in questo universo, noto a molti italiani maschi solo attraverso le prostitute sui viali, è complicato. Prendiamo la legge contro l’omofobia. Ha suscitato clamore la sua bocciatura, due settimane fa, quando la Udc di Pierferdinando Casini è riuscita a farla dichiarare incostituzionale prima ancora che arrivasse in aula. Perfino il commissario ai diritti umani dell’Onu ha bacchettato per questo l’Italia.

Il testo preparato dall’onorevola lesbica Paola Concia (Pd) voleva estendere all’orientamento sessuale la protezione prevista dalla legge Mancino del ’93 contro i reati d’odio razziale, etnico e religioso. Anche semplici reati d’opinione: vietato minacciare i gay, così come non si possono insultare in pubblico persone di colore, o ebrei, o musulmani.

In Danimarca, Slovenia e Stati Uniti, bastioni del libertarismo, per essere puniti occorre passare dalle parole ai fatti. In tutti gli altri Paesi occidentali, invece, la libertà d’espressione viene limitata. E nei reati di violenza la diversità di razza, etnia, religione e orientamento sessuale è considerata un’aggravante: articolo 61 del nostro codice penale.

«Peccato che, oltre all’omofobia, la legge bocciata non punisse anche la transfobia», denuncia la Tozzi, «perché orientamento sessuale e diversità di genere sono due cose ben diverse». Per capirci: possono esistere trans che sono etero, ma anche trans omosessuali. Ovvero, che dopo l’operazione che cambia il loro sesso, sono attratte da persone dello stesso (nuovo) sesso.

«Non ci siamo? Allora non ci stiamo», era lo slogan polemico dei trans contro la legge sull’omofobia che li escludeva. Per farsi perdonare, il mondo Lgbtq (Lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer, questi ultimi comprendendo i «pansessuali» e gli «intersex», dei quali vi risparmiamo la definizione esatta per non confonderci troppo. Nulla di illegale o perverso, comunque) aveva designato proprio la trans Tozzi come portavoce della grande manifestazione «Uguali» del 12 ottobre, organizzata a Roma per appoggiare la legge sull’omofobia fatta affondare dai cattolici integralisti.

In piazza, oltre alla madrina Maria Grazia Cucinotta, omosex e trans hanno trovato la ministra delle Pari opportunità Mara Carfagna (Pdl) che ha inopinatamente espresso loro solidarietà. Insomma, dopo la bocciatura, ecco il premio di consolazione: almeno un ministro del centrodestra li appoggia.

Al di là delle leggi, della politica, dei film (da La moglie del soldato a Milk con Sean Penn) e dei reality show, però, là fuori, nel mondo reale, sono botte. Negli ultimi tempi c’è stata una sequenza impressionante di pestaggi, quasi quotidiani, contro sia i gay, sia i trans. E gli energumeni trovano più comodo sfogarsi contro questi ultimi, visto che li trovano agevolmente per strada di notte. L’ultima, una prostituta all’Eur di Roma.

Sergio Rovasio, segretario dell’associazione Certi diritti del partito radicale (antesignano delle lotte gay e trans: il Fuori, Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano, nasce addirittura nel ’71 quasi quarant’anni fa) commenta: «In Olanda i gay possono sposarsi, in Francia non c’è distinzione tra figli legittimi e naturali, in Belgio single e omosessuali possono adottare, la Spagna ha appena approvato una legge contro il grave fenomeno della violenza sulle donne nell’ambito familiare. Gli altri Paesi europei, insomma, riescono ad adeguarsi alle grandi trasformazioni sociali dei tempi moderni. Da loro esiste un pragmatismo in nome del motto “la politica è al servizio del cittadino”, molto lontano dai nostri contorcimenti che guardano al Vaticano».

Noi possiamo consolarci guardando i trans sul Grande Fratello. Oppure sintonizzandoci su Tele Toscana Nord di Carrara (canale 843 di Sky), dove il tg delle 19.30 ha la prima conduttrice trans d’Italia: Francesca Reale, 40 anni. L’ha scelta il direttore Simone Caffaz, che è anche consigliere comunale Pdl.
Mauro Suttora

Monday, March 13, 2006

Candidati vip e raccomandati

Oggi, 14 marzo 2006

Mogli, ex cognate, fratelli, figlie: il voto del 9 aprile 2006 rischia di passare alla storia come quello «dei parenti». Quasi tutti i partiti hanno presentato una valanga di candidati «di famiglia», con elezione garantita perché hanno abolito anche le preferenze, con l’annesso rischio-trombatura. Se n’è accorta perfino la Cnn: «La famiglia resta l’istituzione italiana più solida», ironizzano i giornalisti americani.

Il caso più clamoroso: la moglie del segretario Ds Piero Fassino, Anna Serafini, ripresentata per la quinta volta nonostante il massimo di due legislature imposto dal partito a (quasi) tutti i propri parlamentari. Oppure Anna Maria Carloni, aspirante senatrice in Campania, regione della quale il marito Antonio Bassolino è presidente. Napoli vanta peraltro una tradizione consolidata di coniugi in politica: la presidente del Consiglio regionale Sandra Lonardo è infatti moglie di Clemente Mastella (Udeur). In Piemonte la diessina Magda Negri sta con il senatore Enrico Morando. E in Lombardia per la Margherita si presenta Linda Lanzillotta, coniugata con Franco Bassanini.

«Lo scrittore Leo Longanesi sessant’anni fa propose di adottare come slogan ufficiale della Repubblica italiana il motto “Tengo famiglia”», scherza Goffredo Locatelli, autore con Daniele Martini del libro omonimo, pubblicato nel ’97. È lui il massimo esperto italiano di nepotismo, anche perchè sei anni prima aveva esordito con un altro volume, "Mi manda papà", che esaminava i legami familiari della Prima repubblica e vendette 25 mila copie. Non hanno scherzato però tutti quelli che lo hanno querelato, in primis la famiglia Necci, chiedendo un totale di dieci miliardi di lire in danni. Risultato: l’editore Longanesi ha tolto Tengo famiglia dalla circolazione, intimorito nonostante le diecimila copie già vendute.

È un argomento scottante, quindi, quello del familismo in politica. Anche perché riguarda tutti gli schieramenti. Silvio Berlusconi, per esempio, candida alla Camera nella circoscrizione Lombardia 1 l’ex cognata Mariella Bocciardo, già coniugata col fratello Paolo. Si trova al tredicesimo posto in lista, davanti a vari parlamentari uscenti, e con buone probabilità di farcela. In Sicilia il parlamentare di An Enzo Trantino fa correre la figlia Maria Novella, così come il collega di partito Orazio Santagati, che mette in pista la figlia Carmencita. I figli di Bettino Craxi si dividono equamente: Stefania a destra, Bobo a sinistra.

Infine ci sono i fratelli, come Marco Pecoraro Scanio, ex calciatore e poi assessore ad Ancona e Salerno, il quale condivide con Alfonso la fede verde. L’unico sfortunato sembra essere Umberto Bossi: sua sorella Angela è sì candidata, ma contro di lui, in una lista lombarda concorrente della Lega. Sembrano lontani, insomma, i tempi del povero Paolo Pillitteri, crocifisso come «sindaco cognato» quando governava Milano per conto di Craxi.

«Non è cambiato nulla dai tempi della famigerata Prima repubblica», commenta sconsolato Locatelli, «anche perché ormai la politica si è degradata a mestiere, non è più un fatto onorifico». Fra l’altro, abolito il voto di preferenza, quest’anno noi elettori non possiamo neppure vendicarci bocciando il parente eccellente. Insomma, assistiamo impotenti al trionfo della nomenklatura burocratica, che si appropria in ogni modo di compensi molto alti (un parlamentare guadagna 120 mila euro annui). Occorre precisare però che, almeno nel caso delle mogli di Fassino, Bassolino e Bassanini, si tratta di signore in politica da molto tempo, le quali probabilmente avrebbero fatto carriera indipendentemente dai mariti. In altri casi, invece, la «vocazione» sembra essere maturata all’improvviso...
E pensare che fino a pochi anni fa i consiglieri comunali e provinciali percepivano soltanto qualche gettone di presenza. Oggi invece tutti, perfino gli eletti in quartieri e circoscrizioni, incassano uno stipendio fisso. L’unica consolazione viene guardando gli Stati Uniti: anche lì le dinastie familiari sembrano eterne, con cariche che passano di padre in figlio (George Bush senior e junior), tra fratelli (John, Robert e Ted Kennedy) e fra marito e moglie (Bill e Hillary Clinton)

L’altro fenomeno usuale della politica italiana riguarda le star dello spettacolo. Anche quest’anno la lista è lunga: Franca Rame si candida con Antonio Di Pietro, Rita Pavone al Senato col ministro Mirko Tremaglia (An) nella lista Per l’Italia nel Mondo, il regista anticlericale Marco Bellocchio e il fotografo Oliviero Toscani con i radicalsocialisti della Rosa nel Pugno. Pippo Franco è capolista al Senato per il partitino Dc-Psi schierato con la Casa delle Libertà da Gianfranco Rotondi e Gianni De Michelis. Vittorio Cecchi Gori è stato arruolato come capolista della Lega Nord a Roma: «Mi sa che mi toccherà giocare un po’ meno a tennis», è stata una delle sue dichiarazioni più significative degli ultimi giorni.

Il giornalista del Tg1 Francesco Pionati corre con l’Udc, l’ex direttore del Messaggero Paolo Gambescia con i Ds, e la presentatrice Mara Carfagna, 30 anni, con Forza Italia nella sua Salerno: «Non chiamatemi soubrette, sono laureata in Legge con 110 e lode», dice. A gennaio sedeva alla destra del premier alla cena dei Telegatti, ora è quarta in lista per la Camera. Anche la campionessa olimpionica di sci di fondo Manuela Di Centa sceglie Berlusconi, mentre gli astri sembrano portare verso i Comunisti italiani: con Oliviero Diliberto si candidano infatti la scienziata triestina Margherita Hack e l’ex astronauta Roberto Guidoni. Il trans Vladimir Luxuria va con Rifondazione di Fausto Bertinotti. Infine Fiorella Ceccacci, in arte Rubino, 31 anni, attrice che esordì con Tinto Brass nel ’99, ma nota soprattutto come fidanzata di Michele Cucuzza fino a un anno fa. Lei riunisce in sé le due qualità di questo articolo: è sia (ex) parente, sia artista. E viene candidata da Forza Italia in tutto il Lazio.

Mauro Suttora