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Wednesday, August 11, 2010

parla Lele Mora

ERO IO L'IMPERATORE DELL'HOLLYWOOD

Oggi, 4 agosto 2010

Lele Mora, l’imperatore dell’Hollywood era lei.
«Per dieci anni, alla domenica sera, stavo seduto nel privé su una poltrona a forma di trono».

Perché?
«Un po’ per scherzo, un po’ perché venendo dalla campagna la cosa mi piaceva. Ma la vera ragione era un’altra».

Quale?
«Ricevo 500 mail al giorno di giovani che vogliono entrare nel mondo dello spettacolo. Impossibile trovare il tempo di incontrarli tutti».

E allora?
«Venivano loro lì. Così non c’era bisogno del richiamo di nomi famosi per riempire il locale. Bastavo io».

Le serate con coca di cui parlano Belen e la Ribas.
«Mai vista, la cocaina. Io sono assolutamente contro la droga. Neanche fumo e bevo».

Ha fatto tre mesi di carcere per cocaina nel 1989.
«Completamente prosciolto. Fu terribile».

Mai vista, allora, la coca?
«Vedo chi la vende e chi la prende, come tutti. Ti fermano addirittura per dartela, qui sotto in viale Monza come in corso Como».

Dilaga.
«È la piaga di questi anni. Ormai la prendono tutti, anche gli operai al sabato».

E quindi?
«Se chiudono l’Hollywood, dovrebbero chiudere tutti i locali del mondo».

Battaglia persa?
«Mai darsi per vinti. Io aiuto don Mazzi».

Erano complici anche vigili e poliziotti.
«Ci sono sempre gli insospettabili».

Tanto vale legalizzare.
«Non saprei prendere posizione, non sono un politico».

Almeno non ci guadagnano i mafiosi.
«È come per l’alcol».

Cioé?
«Vogliono chiudere le discoteche alle due. Ma i ragazzi bevono lo stesso, nei baracchini».

E attorno a lei?
«Ho allontanato dalla mia agenzia personaggi come la Ribas, la Lodo, la Fabiani».

Perché?
«Non c’era più feeling».

Diplomatico.
«Io ai miei ragazzi ho fatto solo del bene. Ma non tutti sono riconoscenti».

Corona?
«Ai figli si perdona sempre. Anche a quelli più ribelli».

Lo hanno beccato per la terza volta senza patente.
«Non è quello che vuol far credere di essere».

E cos’è, allora?
«Buono, furbo. E malato di denaro».

Siete accusati di Iva evasa su 17 milioni.
«Lui non so. Io per fatture di poche centinaia di migliaia».

Come vanno gli affari?
«Non tanto bene».

Dopo Vallettopoli del 2007?
«Ero crollato da 50 a uno. Trent’anni di lavoro distrutti».

L’hanno abbandonata in tanti?
«No. Molti li ho lasciati io. Ora curo 80 artisti».

Gli addii più dolorosi?
«Simona Ventura e Valter Nudo. Lei dopo 14 anni. Lui mi ha tradito tre volte».

In che senso?
«Se n’è andato, non ha combinato niente, è tornato, l’ho ripreso in agenzia, l’ho rilanciato, mi ha mollato di nuovo».

Chi le è stato fedele?
«Tanti: la Ferilli, Ornella Muti, De Sica, D’Eusanio, Yespica. E poi Casalegno, Caldonazzo, Platinette, Remo Girone...»

Ora come va l’agenzia?
«Ci stiamo riprendendo, ma che fatica».

Questo suo ufficio brilla sempre.
«Lavoro come un matto. L’altra sera ho inaugurato un casinò ad Abbazia, in Croazia. Dodici ore d’auto. Ieri a Verona e poi a Bari».

Stanno finendo gli anni Zero. Lei, con Briatore, è stato il simbolo del decennio.
«Ho creato e lanciato tanti sconosciuti. A Belen ho dato il permesso di soggiorno, era clandestina. E poi la Falchi...»

Metà dei personaggi tv erano suoi.
«Anche tre quarti».

Si pente di qualcosa?
«Ho gonfiato anche “fenomeni” che non sanno fare niente. Senza talento e cultura».

Lei invece colleziona lauree ad honorem, le vedo appese lì dietro.
«Due in Scienza della comunicazione. Un'altra me la stanno per dare a Perugia. E poi la mia».

In?
«Economia e commercio, a Bologna».

Era uno degli uomini più potenti d’Italia.
«I veri potenti sono altri: politici, industriali, banchieri».

Lei no?
«Ho solo lavorato tanto, cominciando da Patty Pravo e Loredana Berté negli anni ‘70».

Un drogato di lavoro.
«Ecco. Questa è la mia unica droga. Vivo per lavorare, invece di lavorare per vivere».

Si vede che le piace.
«Sì, ma ho trascurato la famiglia».

Se l’è portata dietro: sua figlia lavora con lei.
«Anche mio figlio e mio genero».

Quindi non si è mai sentito importante? Neppure sul trono?
«Una volta la mia faccia non la conosceva nessuno. Ora che è nota, non posso fare più nulla».

Cioé?
«Appena faccio pipì fuori dal vasino mi segnalano».

L’hanno segnalata con Berlusconi fra le guglie del Duomo, due settimane fa.
«Sono andato per il concerto di Aznavour. Mi ha invitato un mio amico imprenditore di Roma, anche perché costava duemila euro a biglietto».

Che fa, prende le distanze?
«Assolutamente no. Amo Berlusconi come imprenditore, politico e uomo di parola».

Vota Pdl?
«Politicamente sono mussoliniano, perché lo erano i miei genitori».

Quindi ha votato Storace.
«No. Mussoliniano, non fascista».

L’hanno vista a un comizio Pdl.
«Ho aiutato la campagna di due amici: Podestà per la provincia di Milano, e Giorgio Pozzi a Como».

Insomma, è di destra.
«Ma solo personalmente. Sul lavoro niente politica».

Bipartisan.
«Sì. Infatti la Ferilli è di sinistra».

Oggi è il 2 agosto. Vacanze?
«Detesto il sole. Per questo sono bianco come un latticino»

Mauro Suttora

Wednesday, October 28, 2009

Trans: Fabianna Tozzi

UN TRANS FtM AL GRANDE FRATELLO

Oggi, 19 ottobre 2009

«Si chiamano “female to male”: transessuali che da femmine diventano maschi. Compiono il cammino inverso degli altri, che da maschi diventano femmine». Così Fabianna Tozzi Daneri, 39 anni, presidente di Trans Genere, una delle due organizzazioni dei trans italiani (l’altra è il Mit, il Movimento identità transessuale di Marcella Di Folco nato trent’anni fa), ci spiega la definizione esatta di uno dei prossimi concorrenti del Grande Fratello. Che sarà, appunto, un trans maschio.

Una trans femmina c’era già stata al Gf, nel 2008: Silvia Burgio. Questa volta tocca agli altri. «Anche se non seguo i reality show, sono contenta che partecipi», dice la Tozzi, «perché la loro condizione ha bisogno di maggiore visibilità».

I trans in Italia (dai 15 ai 20 mila) sono visibilissimi. Per lo meno da quando una di loro, Luxuria, è diventata deputata dal 2006 al 2008, ed è poi approdata all’Isola dei famosi. Ci sarebbe anche Maurizia Paradiso, che continua a svenire nelle trasmissioni tv cui partecipa, e che ora annuncia di voler trovare una madre cui affittare l’utero per ottenere un figlio col seme che aveva congelato quand’era uomo.
«Ecco, questi invece sono gli show che a mio parere non fanno bene ai trans», commenta la Tozzi, ex parrucchiera e truccatrice teatrale, oggi operatrice in un consultorio per trans a Viareggio (Lucca), l’unico in Italia oltre a quello di Bologna gestito dal Mit: «La Paradiso ora perde la parrucca in diretta, dice di volere tornare uomo... Mah!»

Non bisogna confondere i trans (operati) con i travestiti alla Platinette, semplici uomini vestiti da donna. O con gli ermafroditi come Eva Robin’s o Caster Semenya, la vincitrice di colore degli 800 metri ai mondiali di atletica di Berlino in agosto.

Insomma, muoversi in questo universo, noto a molti italiani maschi solo attraverso le prostitute sui viali, è complicato. Prendiamo la legge contro l’omofobia. Ha suscitato clamore la sua bocciatura, due settimane fa, quando la Udc di Pierferdinando Casini è riuscita a farla dichiarare incostituzionale prima ancora che arrivasse in aula. Perfino il commissario ai diritti umani dell’Onu ha bacchettato per questo l’Italia.

Il testo preparato dall’onorevola lesbica Paola Concia (Pd) voleva estendere all’orientamento sessuale la protezione prevista dalla legge Mancino del ’93 contro i reati d’odio razziale, etnico e religioso. Anche semplici reati d’opinione: vietato minacciare i gay, così come non si possono insultare in pubblico persone di colore, o ebrei, o musulmani.

In Danimarca, Slovenia e Stati Uniti, bastioni del libertarismo, per essere puniti occorre passare dalle parole ai fatti. In tutti gli altri Paesi occidentali, invece, la libertà d’espressione viene limitata. E nei reati di violenza la diversità di razza, etnia, religione e orientamento sessuale è considerata un’aggravante: articolo 61 del nostro codice penale.

«Peccato che, oltre all’omofobia, la legge bocciata non punisse anche la transfobia», denuncia la Tozzi, «perché orientamento sessuale e diversità di genere sono due cose ben diverse». Per capirci: possono esistere trans che sono etero, ma anche trans omosessuali. Ovvero, che dopo l’operazione che cambia il loro sesso, sono attratte da persone dello stesso (nuovo) sesso.

«Non ci siamo? Allora non ci stiamo», era lo slogan polemico dei trans contro la legge sull’omofobia che li escludeva. Per farsi perdonare, il mondo Lgbtq (Lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer, questi ultimi comprendendo i «pansessuali» e gli «intersex», dei quali vi risparmiamo la definizione esatta per non confonderci troppo. Nulla di illegale o perverso, comunque) aveva designato proprio la trans Tozzi come portavoce della grande manifestazione «Uguali» del 12 ottobre, organizzata a Roma per appoggiare la legge sull’omofobia fatta affondare dai cattolici integralisti.

In piazza, oltre alla madrina Maria Grazia Cucinotta, omosex e trans hanno trovato la ministra delle Pari opportunità Mara Carfagna (Pdl) che ha inopinatamente espresso loro solidarietà. Insomma, dopo la bocciatura, ecco il premio di consolazione: almeno un ministro del centrodestra li appoggia.

Al di là delle leggi, della politica, dei film (da La moglie del soldato a Milk con Sean Penn) e dei reality show, però, là fuori, nel mondo reale, sono botte. Negli ultimi tempi c’è stata una sequenza impressionante di pestaggi, quasi quotidiani, contro sia i gay, sia i trans. E gli energumeni trovano più comodo sfogarsi contro questi ultimi, visto che li trovano agevolmente per strada di notte. L’ultima, una prostituta all’Eur di Roma.

Sergio Rovasio, segretario dell’associazione Certi diritti del partito radicale (antesignano delle lotte gay e trans: il Fuori, Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano, nasce addirittura nel ’71 quasi quarant’anni fa) commenta: «In Olanda i gay possono sposarsi, in Francia non c’è distinzione tra figli legittimi e naturali, in Belgio single e omosessuali possono adottare, la Spagna ha appena approvato una legge contro il grave fenomeno della violenza sulle donne nell’ambito familiare. Gli altri Paesi europei, insomma, riescono ad adeguarsi alle grandi trasformazioni sociali dei tempi moderni. Da loro esiste un pragmatismo in nome del motto “la politica è al servizio del cittadino”, molto lontano dai nostri contorcimenti che guardano al Vaticano».

Noi possiamo consolarci guardando i trans sul Grande Fratello. Oppure sintonizzandoci su Tele Toscana Nord di Carrara (canale 843 di Sky), dove il tg delle 19.30 ha la prima conduttrice trans d’Italia: Francesca Reale, 40 anni. L’ha scelta il direttore Simone Caffaz, che è anche consigliere comunale Pdl.
Mauro Suttora