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Friday, July 29, 2022

Il problema di Berlusconi non sono i traditori. È che sono finiti

Da Urbani fino a Carfagna, Forza Italia ha finito pure i transfughi. Ora non c'è più nessuno che se ne possa andare

di Mauro Suttora

HuffPost, 29 Luglio 2022 

Magari ha ragione Valentina Vezzali. La campionessa di scherma, sottosegretaria allo Sport, va controcorrente e aderisce a Forza Italia proprio nel momento della grande fuga. Brunetta, Carfagna, Gelmini, Cangini, Elio Vito: tutti i ministri e molti altri abbandonano Berlusconi, Vezzali furba riempie il vuoto e verrà promossa se ci sarà un governo di centrodestra.

Scappare dalla barca che affonda è buona regola in politica, alla faccia di fedeltà, gratitudine o coerenza. Soprattutto quando quest'ultima è semmai rivendicata dai transfughi, in nome del liberalismo. Tuttavia è impressionante scorrere la lista di tutti gli addii che Silvio ha incassato nei suoi 28 anni di vita politica. 

Lo sterminio è sterminato. I radicali scapparono subito: bastarono sei mesi a Pannella e Bonino per capire che la "rivoluzione liberale" promessa nel 1994 era una chimera. Poi fu la volta del prestigioso battaglione di professori arruolati da Forza Italia: Urbani, Melograni, Colletti, Marzano, Vertone. Sopravvissero solo Pera, premiato con la presidenza del Senato, e Brunetta. Durarono poco anche gli avvocati Dotti e Della Valle (Tortora). 

Nel 2001-11 Berlusconi governa otto anni su dieci, quindi nessuno lo molla. Poi, la diaspora. Silvio fa fuori tutti i suoi presunti delfini (Alfano, Toti) e i portavoce (Bondi, Bonaiuti). Tremonti va con la Lega, Quagliariello, Romani e Biancofiore con Toti. Via anche Pisanu, Frattini, Cicchitto, Lorenzin, Crosetto, Sanza, Albertini, Verdini, Fitto, Capezzone, Ravetto, Elisabetta Gardini, un anno fa Malan. 

Silvio però è buono, riaccoglie figliol prodighi come Schifani, Polverini e Miccichè che lo avevano tradito. Ora è circondato dagli ultimi fedelissimi. Tajani, innanzitutto, socio fondatore di Forza Italia con Antonio Martino e il generale Caligaris. Sestino Giacomoni e l'ex assistente personale Valentino Valentini lo seguiranno ovunque. 

In prima fila la quasi moglie Fascina, la quasi badante Renzulli, i capigruppo Bernini e Barelli. E poi i senatori Galliani (che non si ricandida), Ghedini, Stefania Craxi, Casellati. I deputati Rotondi, Baldelli, Aprea, Bergamini, Marrocco (ex fidanzata di Paolo Berlusconi), Mulè, Prestigiacomo, Ruggieri (nipote di Vespa, compagno di Anna Falchi).

Ma il principale consigliere politico personale di Berlusconi resta l'inossidabile Gianni Letta.

 

Tuesday, January 22, 2013

Vezzali candidata di Monti

VERSO IL VOTO. LA SCELTA DI VALENTINA, CONTRARIAMENTE A QUELLA DI JOSEFA IDEM, SUSCITA POLEMICHE. ECCO PERCHÈ

Oggi, 16 gennaio 2013

di Mauro Suttora

Ma cosa gli fa, alle donne? Non Silvio Berlusconi, il seduttore. Mario Monti, il freddo professore: al quale è bastata una telefonata per convincere l’atleta più medagliata d’Italia, Valentina Vezzali, a candidarsi con lui. «Ho subito detto sì, con entusiasmo», dice la campionessa di scherma di Jesi (Ancona). «Poi ci siamo incontrati. È bastata una stretta di mano. Ho deciso di far parte della sua squadra perché Monti è una persona seria che crede nella famiglia, nei valori come l’etica e la morale. Credo che possa fare veramente qualcosa per risollevare le sorti dell’Italia».
Così adesso, dopo sei medaglie d’oro olimpiche, un argento, due bronzi e 11 coppe del mondo in 23 anni di carriera, Supervale è capolista per le sue Marche nella Lista civica di Monti.

La canoista ha superato le primarie

Non è l’unica sportiva di vaglia a scendere in campo. Josefa Idem, cinque medaglie di canoa in otto olimpiadi, si candida col suo Pd cui è iscritta da 12 anni, del quale è stata assessore nella propria città di Ravenna, e dopo essersi sottoposta al vaglio delle primarie. Forse per questa storia consolidata, la sua candidatura non suscita le polemiche che invece stanno colpendo la Vezzali.

«La vezzosa Vezzali si farà toccare da Monti?», la prende in giro Aldo Grasso sulla prima pagina del Corriere della Sera. Il riferimento è a quella serata a Porta a Porta nel 2008, quando Valentina disse la famosa frase a Berlusconi: «Da lei, presidente, mi farei toccare». Parole inquietanti, viste le predilezioni del premier. E che appiccicarono subito alla Vezzali l’etichetta di berlusconiana. «Ma era una semplice battuta», dice lei oggi, «travisata e strumentalizzata da chi non conosce la scherma. Lo invitai a incrociare le lame in studio. Lui disse che non mi avrebbe toccato neanche con un fiore. E io replicai: da lei mi farei toccare. Ma solo perché “toccare”, nel gergo schermistico, significa affondare una stoccata. Era una risposta sportiva e gentile. Quanto ci hanno ricamato...»
Insomma, lei non è di centrodestra?
«Guardi, a Quattro Castella, in provincia di Reggio Emilia, c’è una via intestata al mio bisnonno Oliviero Bernieri, che è stato un partigiano. Al funerale della mia bisnonna partecipò anche Sandro Pertini. Le origini della mia famiglia sono chiare. Come si può essere diffusa una voce del genere?»

Tra i fans, tuttavia, le accuse imperversano. Qualcuno la definisce «opportunista». Altri si spingono oltre. Lei risponde: «Ho letto attentamente i vostri commenti e sono dispiaciuta nel leggere che alcuni di voi non mi danno fiducia in ambito politico», scrive sul suo sito la fuoriclasse del fioretto mondiale.

«Mi dispiace», aggiunge, «che la mia scelta di “salire in politica” sia vista come l’approdo in un mondo fatto di poltrone e benefici economici. È questo profondo senso di sfiducia verso la politica che mi lascia l’amaro in bocca, più di ogni altro giudizio sulla mia persona. È anche per questo motivo che ho scelto di dire sì alla proposta avanzatami da Monti. Conoscete il mio carattere e la mia determinazione. Ecco, credetemi, saranno queste le due “armi” che utilizzerò per fare in modo che la politica torni a essere vista come servizio alla collettività».

La difende il compaesano Claudio Viola: «Sono enormemente amareggiato nel leggere insulti e minacce. Valentina, indipendentemente dallo schieramento politico, ha fatto benissimo a mettersi a disposizione. Noi italiani siamo solo un popolo di tifosi da stadio: “Con me o contro di me”. Non esiste comprensione».

Valentina è incinta al quinto mese, a maggio darà un fratellino a Pietro. Ma dopo, vuole tornare in pedana per partecipare alle sua sesta olimpiade a Rio de Janeiro nel 2016.

Di Francisca e Trillini alleate
Quando, dopo aver conquistato il bronzo a Londra lo scorso agosto, annunciò che avrebbe continuato a gareggiare, per molti fu una sorpresa. Anche per le sue compagne di squadra del fioretto, Elisa Di Francisca e Arianna Errigo, che avevano vinto oro e argento, permettendo all’Italia di conquistare una storica tripletta.

Adesso la Di Francisca ha annunciato che si farà allenare da Giovanna Trillini nel Palascherma di Jesi. Cioè dalla schermitrice jesina che fu spodestata dalla Vezzali come migliore d’Italia. Jesi, caso unico al mondo, vanta tre donne d’oro olimpiche di fioretto. Forse è anche per sfuggire alla morsa delle due rivali, la giovane e l’anziana, che Valentina prende la strada di Montecitorio.
Mauro Suttora 

Thursday, August 16, 2012

Fenomeno Elisa

DI FRANCISCA: LE VITTORIE E I SEGRETI DELLA NOSTRA DOPPIA MEDAGLIA D'ORO OLIMPICA

dal nostro inviato a Londra Mauro Suttora

Oggi, 6 agosto 2012

La scena più bella delle Olimpiadi italiane, finora, è quella delle fiorettiste che si abbracciano felici dopo l'oro a squadre. Altro che sorde rivalità fra Valentina Vezzali, Elisa Di Francisca e Arianna Errigo. Le nostre tre moschettiere hanno dimostrato ai loro colleghi del nuoto, intenti a polemizzare fra loro dopo aver perso tutto, che l'unione fa la forza e l'impegno silenzioso paga.

"Non voglio diventare famosa". Elisa Di Francisca, doppio oro (singolo e a squadre) dice le stesse parole di Daniele Molmenti, trionfatore nella canoa: "Non voglio diventare famoso". E perché? Con la fama arrivano i soldi. E Dio solo sa se la scherma, sport minore, ha bisogno di finanziamenti.

Ma Elisa, cavalla pazza, rilutta di fronte al successo. Si nasconde ai giornalisti, preferisce festeggiare i trionfi di Londra con papà Ermanno, mamma Ombretta, la sorella Martina e il fratello Michele (anche loro schermidori), tutti a Londra.

Dovevate vederla la sera delle vittorie, quando gli atleti medagliati vanno per le celebrazioni a Casa Italia del Coni, proprio accanto a Westminster. Tutte le telecamere e i fotografi addosso alla Vezzali, abituata alla ribalta. Lei se ne stava in disparte, e dopo le (poche) interviste correva su, al tavolo famigliare.

Non che sia timida. Anzi: "Solo da poco ho imparato a controllarmi, a non mandare a quel paese gli arbitri quando mi danno torto, a frenare la lingua per non dire cose spiacevoli".

E allora? Perché non diventare una perfetta macchina mediatica, come Valentina o Federica Pellegrini? "Non m'interessa entrare in quei meccanismi. Meglio non essere riconosciute per strada. Certo che mi fa piacere. Ma preferisco starmene tranquilla. A me piace lo sport. E in ottobre andrò per un mese ad assistere bambini in Africa con una ong. Voglio rendermi conto della vera realtà del mondo".

A 29 anni, Elisa si è sfidanzata. Non è una notizia: capita in media ogni due anni. "Sì, sono libera. Cerco l'amore grande. Ricco o povero, scemo o genio, non importa. Però non mi accontento". Fuma (anche fra le gare), beve ("il vino dei nostri castelli di Jesi"), fa l'amore ("tutte le posizioni del kamasutra, pure prima delle gare. Perché no, mica fa male").

Ma, aspiranti fidanzati, siete avvertiti: la Di Francisca, proprio come la Vezzali, ha un carattere piuttosto forte. Per metà è marchigiana, e questo basta a renderla tosta. In più, suo padre siciliano (arrivato bimbo ad Ancona) aveva una mamma greca. Fate voi.

Prima di morire il leggendario maestro Ezio Triccoli, che ha creato a Jesi quattro oro olimpionici (Stefano Cerioni, oggi c.t. della nazionale, a Seul 1988, Giovanna Trillini, la Vezzali e ora Elisa) le predisse il podio più alto. Lei aveva solo 13 anni. A 18, dopo la maturità magistrale (oggi su dice "psicopedagogica") mollò tutto a causa di un fidanzato geloso. Due anni dopo ricominciò.

La vita di Elisa è cominciata presto: a 18 anni già fuori di casa. Il contrario della bambocciona. Per mantenersi ha fatto la cameriera, visto che le stoccate non danno pane. Anche sua sorella e suo fratello lavorano nei locali di Jesi, che a lei piace bazzicare di sera.

Già, Jesi: è incredibile che un paese di 40mila abitanti domini la scherma mondiale da tanto tempo, inesauribile. Elisa e Valentina s'incontrano in palestra ogni giorno da vent'anni. E in gara nei week-end da dieci. "Non è vero che non ci amiamo. Semplicemente, non ci frequentiamo perché abbiamo otto anni di differenza: lei è una donna sposata con un figlio, mentre io faccio una vita diversa".

Arianna è la più giovane: 24 anni. E, venendo da Monza, ha infranto il monopolio di Jesi nel fioretto femminile. "Per fortuna ha battuto lei Valentina nella semifinale individuale", conclude Elisa, "prima di farsi battere da me in finale. Sennò ricominciava sta storia della rivalità fra noi jesine".

Dovrà tornare, la delegazione di cinesi a Jesi. Erano venuti per studiare scientificamente i motivi della sua supremazia nel fioretto mondiale. Non li hanno scoperti. Quindi non potranno copiarli. Fino a Rio 2016 possiamo restare tranquilli.
Mauro Suttora

Wednesday, June 13, 2012

Alessandra Sensini, regina del windsurf

VISITA ALLA CAMPIONESSA OLIMPIONICA

dal nostro inviato Mauro Suttora

Marina di Grosseto, giugno 2012

È arrivato il vento. Si è alzato proprio durante la mezz’ora in cui Alessandra è arrivata da casa. E lei è felice. È felice solo quando c’è il vento: «Quante medaglie ho perso perché ne soffiava poco...».

Alessandra Sensini, la regina del windsurf mondiale. La velista che ha vinto di più nella storia, in cinque Olimpiadi: un oro, un argento, due bronzi. Più dieci campionati mondiali e 21 italiani.

Ora volteggia con la sua tavola magica davanti alla spiaggia di Marina di Grosseto. Ci ha installato sopra una minuscola Nilox Foolish Action Cam per filmarsi. È come le “cameracar” della Formula Uno, ma più impermeabile. Video strepitosi (guardate qui a destra un fermo immagine). Uno ve lo mostriamo sul nostro sito www.oggi.it.

Gareggiano a 4 ore d’auto da Londra

«Nell’articolo potete scrivere il nome completo della camera?», ci chiede Alessandra. Certo che no: la deontologia professionale impedisce ai giornalisti la pubblicità occulta. Ma certo che sì per uno sport povero qual è la vela, con i numeri uno mondiali come Alessandra che prima di andare in acqua si chinano ad appiccicare di persona sulla vela l’adesivo dello sponsor Kinder. Lontani dai miliardi di calcio e auto. Vicini all’antico ideale olimpico dello sport puro.

«Siamo la disciplina con le gare più lunghe», dice Alessandra, «undici regate da 40 minuti l’una in nove giorni. Totale: sette ore e mezzo, altro che la maratona!»

Per di più i velisti durante le Olimpiadi sono confinati in località marine lontanissime dal villaggio olimpico e dal centro di tutto, per cui non godono neanche dell’atmosfera dell’evento sportivo più importante del mondo. Quest’anno saranno a Weymouth, quattro ore d’auto da Londra.

Altro handicap: rispetto ad altri sport come nuoto o scherma, nella vela si gareggia in una sola disciplina, senza «distanze» diverse e senza tornei. Quindi tutto si gioca per una medaglia unica, senza la possibilità di vincerne altre a squadre o in staffetta o in distanze “contigue”: per esempio 100, 200, 400 e 800 metri, come nel nuoto o nell’atletica leggera.

A completare l’amarezza per il windsurf, un mese fa è arrivata la decisione del Cio (Comitato olimpico internazionale): nei prossimi giochi di Rio la tavola a vela sarà sostituita dal kitesurf.

Ultima chance per le tre “nonne”

Poco male per Alessandra: quella di Londra sarà la sua ultima Olimpiade, la sesta. Ha 42 anni ed è già considerata una nonna dalle rivali, che non vedono l’ora che lei si ritiri per riuscire a vincere qualcosa. C’è la polacca, la spagnola, l’israeliana. «E quella cinese lungagnona, la Yin Jian, che mi ha soffiato l’oro a Pechino solo perché c’era poco vento», ricorda la Sensini. «Però mi dispiace per il windsurf, spero che cambino la decisione di cancellarlo».

Lei, la canoista Josefa Idem e la portabandiera Valentina Vezzali: le tre «vecchie» dello sport italiano che continuano a vincere. La domanda è ovvia: chi glielo fa fare?

«Me lo sono chiesta anch’io dopo Atene 2004 e Pechino», sorride Alessandra, «ogni volta mi sento esausta. Ma dopo qualche mese mi torna la voglia. Riprendo ad allenarmi, provo a gareggiare, vinco ancora. E allora, perché smettere?».

Siamo nel giardino della sua casa a Grosseto. «Scusatemi per il disordine, sono quasi sempre via». In realtà questa è la grande casa di famiglia che adesso, dopo la morte dei genitori, è stata divisa in quattro fra lei e le tre sorelle.

«Non ho mai avuto relazioni lunghe»

Le gemelle Irene ed Eleonora, la maggiore Paola, simpatiche e piene di energia come lei, con mariti e figli: è questa la grande famiglia Sensini che la accompagna alle Olimpiadi, le dà forza e gestisce i due negozi di famiglia a Grosseto.

E mariti, fidanzati? «Non ho mai avuto relazioni lunghe. Sono un tipo difficile, starmi vicino non è semplice», ammette. «Sono lunatica, concentrata su me stessa e quello che faccio. Devo allenarmi ogni giorno, ho una vita rigida e alla fine questa rigidità si trasferisce anche a te stessa».

Ma ogni tanto avrà degli spazi tutti suoi. «Mica tanto. A parte le gare che mi portano spesso in giro per il mondo, con viaggi lunghissimi, la routine quotidiana è fatta di tanti allenamenti. A terra e in acqua, tre ore al mattino, tre al pomeriggio. Palestra, bici, nuoto, vogatore...».

Potrebbe fare il triathlon. «Ecco, ci manca solo quello. Il problema è che non sono capace di staccare la spina. Sport, sesso e fidanzati nella mia vita non sono mai andati troppo d’accordo. Infatti tutte le volte che ho avuto un fidanzato, la relazione è finita alla vigilia delle Olimpiadi».

«Sesso a cinque cerchi? leggende»

E i colleghi atleti maschi? «Nel mondo delle regate ormai hanno tutti in media 15 anni meno di me. E certe leggende olimpiche su sesso e promiscuità mi hanno sempre lasciata perplessa. Quando leggo che sono stati distributi migliaia di preservativi mi domando: ma a chi? Io tutto questo sesso non l’ho mai visto, nelle cinque edizioni cui ho partecipato».
Mauro Suttora

Wednesday, May 30, 2012

Elisa Di Francisca

RITRATTO DELLA FIORETTISTA ITALIANA, CHE VUOLE L'ORO ALLE OLIMPIADI DI LONDRA

di Mauro Suttora, inviato a Jesi (Ancona)

Oggi, 23 maggio 2012

Arriva all’intervista con un’ora di ritardo, in quello che gli jesini chiamano pomposamente Palascherma, ma che è poco più di una palestra. Però il suo sorriso è così splendente che si fa perdonare subito. «Sia puntuale almeno a Londra, con gli inglesi», le diciamo.

I suoi allenatori impazziscono. Perché Elisa Di Francisca è l’indisciplina in persona. Una volta a New York scomparve: «Ero solo andata in un museo dopo le gare, non ce la facevo più a stare solo in aeroporti, alberghi e palasport. Giriamo il mondo, ma non vediamo nulla».

Sono agli antipodi

Anche in questo Elisa è agli antipodi di Valentina Vezzali, la sua grande rivale. Tanto lei è impulsiva e irrequieta, tanto la Vezzali è rigorosa e determinata. «Vabbè, ma lei ha otto anni più di me, è sposata, ha famiglia. Non ci frequentiamo e non siamo amiche, ma non per antipatia. È una questione d’età, è proprio un’altra generazione».

Eppure ogni giorno entrambe vengono ad allenarsi qua, con il maestro Stefano Cerioni. E prima della Vezzali con i suoi 28 ori c’era Giovanna Trillini, otto medaglie in cinque Olimpiadi. Tre galline d’oro in un solo, minuscolo pollaio.

Cosa c’è nell’aria di Jesi che produce campionesse di fioretto a getto continuo? Solo 40 mila abitanti, sarebbe come se Mazzola, Rivera e Riva fossero nati tutti nello stesso paese. Naturalmente è arrivata una delegazione di cinesi per studiare il fenomeno. Sono ripartiti in silenzio.

«Chennesò, chevvedevodì?», ride Elisa, «forse il segreto è un buon maestro. Prima di Cerioni, pure lui due ori olimpici, c’era Ezio Triccoli. Per me c’è stato anche l’esempio di Giovanna e Valentina».

Padre siciliano, spirito bollente

O forse è il vino: verdicchio dei colli di Jesi, che su fino ad Arcevia sembrano ancora fare da sfondo ai quadri di Raffaello. Lei, la Di Francisca, ha padre siciliano e quindi sangue caldo. La sera va a ballare con gli amici al Noir, beve, ha un fidanzato con cui litiga, ai giornalisti dice che il sesso prima delle gare fa bene.

Tutto il contrario di quel clima allucinante, quasi da lager, che circonda altri sport, con atleti strappati adolescenti alle famiglie e in perenne ritiro mistico/monastico, con tanto di tabelle, diete, regole, divieti, psicologi, sponsor, agenti, manager, allenamenti opprimenti...

La Dieta a punti Elisa la segue, pesa 60 chili per 1 e 77 di altezza, 13 centimetri più di Valentina e 10 più di Margherita Granbassi, la fiorettista «bella» che dopo l’oro a squadre a Pechino è finita in tv a ballare sotto le stelle e con Santoro.

E tu, Elisa, stai per compiere 30 anni. Che farai da grande? «Metto su famiglia». Ma se con i fidanzati passi il tempo a litigare... «Perché finché faccio scherma è difficile conciliare le cose, so’ sempre via, un giorno a Budapest, l’altro a Shanghai, manco lo so io dove sono. E per fortuna che la scherma non è importante come il calcio, almeno posso camminare tranquilla per strada, senza che me fermano».

«Meglio la scherma dei soldi»

Per diventare famosa (e guadagnare) come la Pellegrini devi trovarti un fidanzato famoso col quale commettere turbolenze. «Ma a me va bene così, è mejo che la scherma non è importante, così non si perde il valore dello sport».

Di nuovo in finale con Valentina, il 28 luglio? «Speriamo. Basta che vinca io, però. E lo farò anche nel ricordo dell’amica Silvia Pierucci, fiorettista, arbitro e psicologa della nazionale».
In quei nove minuti di assalti le due nostre campionesse si giocheranno tutto: quattro anni di lavoro, il primo oro olimpico per Elisa. O l’ultimo per Valentina.
Mauro Suttora

Tuesday, August 19, 2008

Edoardo Mangiarotti

dall'inviato a Pechino

Oggi, 20 agosto 2009

Il vecchio Edoardo Mangiarotti, 89 anni, leggenda della nostra scherma, è raggiante: «L'oro a Tagliariol per la spada, quello alla Vezzali nel fioretto e le altre quattro medaglie rappresentano l'ennesima conferma che la scherma non tradisce mai lo sport italiano».

Lui di medaglie olimpiche ne ha conquistate in tutto tredici (record italiano): sei d'oro, cinque d'argento e due di bronzo. Nonostante un leggero ictus di pochi me fa, non ha voluto mancare a questi Giochi, e si è sobbarcato dieci ore di volo col nipote Carlo: «Sono le diciassettesime Olimpiadi cui partecipo, tutte quelle estive dal 1936 a oggi. Sarebbero 19 senza la guerra. Cinque, fino a Roma '60, come atleta. le altre come dirigente e commentatore. Sono tuttora presidente della commissione disciplinare della Federazione internazionale di scherma».

Mangiarotti è un Guinness dei primati vivente: qui a Pechino non è presente nessuna medaglia d'oro delle Olimpiadi di Berlino di 72 anni fa, quelle famigerate in cui il nazismo volle stupire il mondo. «Avevo 17 anni e vinsi l'oro con la squadra di spada, Ci misero in tribuna d'onore nelle gare successive, e udii con le mie orecchie Hitler a pochi metri da me gridare "Schwein!" (maiale) quando il nero americano Jesse Owens vinse la gara».

La Cina, nonostante tutto, rimane una dittatura. Non si rischia di ricordare un giorno Pechino 2008 come Berlino 1936? «No, sono ottimista e spero che la Cina si democratizzi. Nell'81 fui proprio io, da dirigente, a organizzare qui le prime gare di scherma internazionali».

Sunday, August 17, 2008

Primi giorni di Olimpiade

dall'inviato Mauro Suttora

Pechino, 11 agosto 2008

Gran festa per le medaglie, molte emozioni, qualche delusione. I primi giorni dell’Italia alle Olimpiadi cinesi hanno portato alla ribalta nuovi personaggi come lo schermidore Matteo Tagliariol, mentre alcuni fra i favoriti della vigilia come il ciclista Paolo Bettini non sono riusciti a salire sul podio.

Grande conferma invece per il fioretto: alle inossidabili e ormai leggendarie marchigiane Valentina Vezzali (oro), 34 anni, e Giovanna Trillini, 38, che dominano il mondo da quindici anni, si aggiunge ora la triestina 28enne Margherita Granbassi (bronzo), eletta Miss Olimpiade da vari giornali stranieri per la sua bellezza.

Un altro trio che ha emozionato l'Italia, conquistando l'argento nel tiro con l'arco a squadre, è quello composto dal veterano triestino Ilario Di Buò, 42 anni, dal padovano Marco Galiazzo, 25, e dal giovane pavese Nespoli, 20. Una garanzia di continuità. E poi la stupenda performance della judoista debuttante alle Olimpiadi Giulia Quintavalle di Livorno, 25 anni, che ha atterrato la campionessa olimpica uscente per poi vincere l'oro.

La prima impresa di questi Giochi l’ha compiuta Davide Rebellin, da San Bonifacio (Verona), che ha conquistato l’argento nel ciclismo su strada proprio nel giorno del suo 37° compleanno. Una prova tanto scenografica quanto massacrante: partita fra i palazzi della Città proibita nel centro di Pechino, la carovana ha percorso 250 chilometri sotto la Grande muraglia. Il problema però non era la distanza, ma la tremenda nebbia calda-umida che attanaglia la città. «Semplicemente non ce l’ho fatta», spiega Bettini, quando gli chiediamo come mai non è scattato alla fine, quand’era a pochi secondi dal gruppetto di testa. In più di cento non sono riusciti neppure a terminare il percorso.

Il miracolo, al posto di Bettini medaglia d’oro ad Atene, lo ha compiuto il veterano degli italiani. Rebellin era ancora un dilettante quando sedici anni corse la sua prima Olimpiade a Barcellona, vinta dallo scomparso Casartelli. «E ora non so bene se gioire per il secondo posto, o rimpiangere i pochi centimetri che mi ha dato lo spagnolo Samuel Sanchez in volata», dice.

Uno che invece si sarebbe volentieri suicidato è il francese di colore Fabrice Jeannet, battuto dal nostro Tagliariol nella finale di spada: ha fatto scena muta e disperata alla conferenza stampa dopo la premiazione. Quella medaglia d’oro che il principe Alberto di Monaco ha piazzato sul collo del nostro splendido 25enne trevigiano era infatti sua, nei pronostici. Ma Matteo lo ha stracciato: «Sono stato più determinato, era la mia giornata», spiega a chi gli ricorda che una volta aveva detto di considerare proprio Jeannet il suo modello.

«Conosci te stesso»: questa frase di saggezza degli antichi greci Tagliariol se l’è tatuata sull’avambraccio. E dopo la vittoria è andato ad abbracciare Edoardo Mangiarotti, l’89enne nostro massimo campione di scherma (vedere il riquadro) che lo seguiva trepidante in prima fila. Prima, però, per caricarsi aveva ascoltato sull’i-pod una delle sue canzoni preferite: Plug In Baby dei Muse.

Gli schermidori gareggiano al coperto, e quindi sono fra i fortunati che non devono combattere contro il tempo tremendo di Pechino, oltre che misurarsi con gli avversari. Perché qui, quando non si è soffocati dall’afa, piove. Se n’è accorto Giovanni Pellielo, che ormai alle medaglie olimpiche è abbonato. Dopo il bronzo di Sydney 2000 e l’argento di Atene, il campione vercellese di tiro al piattello un pensierino all’oro lo aveva fatto. Ma al momento di sparare sembrava di essere in una risaia dalle sue parti, con scrosci di acquazzone che hanno stravolto la gara. Nessuno dei favoriti ha preso l’oro, è stata una roulette. Ma lui, 38enne imperturbabile, ha conquistato comunque il secondo posto. Pellielo è forse il più religioso fra i 347 olimpionici azzurri, e anche questa volta la fede lo ha sostenuto.

Pochi lo sanno, ma Pellielo gareggia con i colori delle Fiamme azzurre. Che è la squadra sportiva della Polizia penitenziaria. E, per un’incredibile coincidenza, un’altra Fiamma azzurra fra le 17 approdate a Pechino è salita sul podio un’ora dopo l’asso del tiro a volo, sotto la stessa pioggia di domenica 10 agosto. Tatiana Guderzo, 24 anni, da Marostica (Vicenza), ha conquistato il bronzo nel ciclismo su strada: gara proibitiva quanto quella maschile del giorno precedente. Anche nel suo caso, come per il corregionale veneto Rebellin, la favorita italiana era un’altra: Noemi Cantele. Ma ancora una volta le Olimpiadi hanno confermato la propria imprevedibilità. Così la simpatica «secondina» bionda vicentina ha rimediato alla giornata no della compagna varesina.

Questa prima settimana di Olimpiadi è orfana dell’atletica leggera, specialità regina dei giochi. Le piste e pedane del grande stadio «Bird Nest» (nido d’uccello), ammirato durante la cerimonia inaugurale, si riempiono solo dopo Ferragosto. Questo vuoto però è positivo, perché dà il tempo di interessarsi anche a sport cosiddetti minori.

Così, la mattina del primo giorno di gare sono andato alla prima gara in programma: quella del sollevamento pesi per donne che pesano fino a 48 chili. La specialità è nobile e antica, presente nelle Olimpiadi greche e poi già nella prima edizione di quelle moderne nel 1896. Fino al 2000 era riservata agli uomini, e sarò maschilista ma forse era giusto così. In ogni caso, i cinesi hanno programmato questa gara proprio all’inizio perché volevano essere sicuri che la prima medaglia d’oro andasse a loro, e non agli statunitensi loro rivali per il medagliere finale (ma la «vecchia» Europa, se gareggiasse unita, distruggerebbe sia Cina sia Usa).

Così è stato: la cinese Chen Xexia ha battuto come sempre le rivali turche e thailandesi, alzando bilancieri mostruosi di oltre cento chili. In più, per la gioia dei cinesi più patriottici che considerano Taiwan cosa loro, una ragazza di Taipei ha conquistato il bronzo. Ma al momento dell’alzabandiera il suo vessillo era assente, sostituito da quello olimpico con i cinque cerchi. I cinesi di Pechino infatti vogliono così bene a Taiwan che ne negano l’esistenza. Uno dei tanti «amori» un po’ soffocanti…

Io però ero andato ad ammirare queste piccole forzute anche perché per la prima volta ha gareggiato un’italiana: Genny Pagliaro, bella 19enne siciliana che ha perfino rinunciato alla sfilata d’apertura per essere in perfetta forma la mattina dopo. Così purtroppo non è stato: Genny, sopraffatta dall’emozione, si è fermata a 82 chili. Come più o meno tutte le atlete occidentali, d’altronde.

Ora, lo so che è impossibile consolare gli olimpionici che arrivano qui dopo quattro anni di sforzi e sacrifici incredibili, e si giocano tutto in una gara di poche ore, minuti o addirittura secondi. Però gli atleti a Pechino sono più di diecimila, mentre le medaglie in palio sono appena 900. L’importante è partecipare, bisogna saper perdere, non sempre si può vincere, blablabla…

Ma soprattutto, osservando Genny e le sue avversarie sottoporsi a quelle prove crudeli, fra «strappi» e «slanci», non ho potuto fare a meno di pensare alle nostre mogli, madri, sorelle e figlie che giustamente si lamentano se i sacchetti della spesa da trasportare superano i tre chili. E mi è venuto quasi spontaneo, da gentiluomo, lanciarmi in pedana per aiutare le malcapitate, cercado di alleviare la loro fatica. Mi ha fermato solo lo sguardo severo dei giovani volontari cinesi che controllano la tribuna stampa.

Mauro Suttora

Saturday, August 16, 2008

Cinque cerchi, mille curiosità

dal nostro inviato a Pechino Mauro Suttora

Oggi, 11 agosto 2008 

Matteo Tagliariol, oro di spada nella scherma e bello come un attore, porta braccialetti con i colori olimpici. «Uno è per la mia fidanzata Annalisa», dice. Ma gli altri? Pare che più di uno gli ricordi qualche ex. Ma Annalisa lo sa?

Valentina Vezzali e Giovanna Trillini. Entrambe di Jesi (Ancona), entrambe alte 1,64, entrambe fiorettiste. Soprattutto, entrambe campionesse. Quindi, inevitabilmente rivali. Si amano, si detestano? Chissà chi lo sa. Ma purtroppo di primo posto ce n'è uno solo. E nel pollaio le galline sono due... 

Unica magrissima consolazione per Federica Pellegrini, solo quinta nei 400 stile libero di nuoto nonostante detenga il record mondiale: Laure Manaudou, sua rivale sia in piscina sia in amore, è arrivata ottava e ultima. E Federica, oltre all'oro del giorno dopo sui 200 metri, si gode il suo fidanzato Luca Marin, anch'egli olimpionico di nuoto, ex della Manaudou. 

Aldo Montano, lo sciabolatore livornese sciupafemmine, ha colpito anche durante la sfilata d'apertura: si è fermato due volte ai lati della pista per attaccare bottone con le belle volontarie cinesi. In mondovisione

I tassisti di Pechino non sanno dove andare senza l'indirizzo scritto in cinese. Così l'Ice (Istituto commercio estero) ha offerto un set di bigliettini con tutte le destinazioni più importanti. Compreso qualche locale notturno. Ma il club Suzie Wong, che abbiamo provato, ha imbarazzato qualcuno: troppe (bellissime) ragazze di vita cinesi. Avvistato Clemente Mimun, direttore del Tg5 

Va bene che «scrivere è sempre meglio che lavorare», come dice la battuta, ma molti giornalisti europei sono distrutti. Causa fuso orario, infatti, cominciano a lavorare al mattino alle sette, perchè alcuni siti olimpici sono lontani. E finiscono alle due di notte, perché fino alle otto di sera dalle redazioni in Europa arrivano richieste di notizie.

Lo sapevate che le Olimpiadi antiche sono durate ben 1169 anni? I greci cominciarono a gareggiare a Olimpia nel 776 avanti Cristo. Continuarono fino al 393 d.C., quando l'imperatore romano Teodosio, dopo avere imposto il cristianesimo come religione di stato, le proibì considerandole "rito pagano". 

All'inizio della cerimonia d'apertura il segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon è apparso sugli schermi con un messaggio registrato, ricordando la tregua olimpica che gli antichi greci osservavano scrupolosamente, sospendendo ogni guerra durante i Giochi. Invece solo poche ore prima di queste Olimpiadi Russia e Georgia ne hanno iniziata una nuova, di guerra

Friday, August 08, 2008

Olimpiadi Pechino

dall' inviato Mauro Suttora

Pechino, (Cina), 6 agosto 2008

Ci siamo. È arrivato il 08.08.08, data simbolica che i cinesi hanno scelto per l’inizio della 29esima Olimpiade moderna. L’otto qui è considerato un numero fortunato, quindi anche la cerimonia d’inaugurazione comincia alle otto di sera. Per sedici giorni Pechino è sotto gli occhi del mondo, e come tutti i regimi autoritari la Cina ha trasformato questo avvenimento in una grande occasione di orgoglio patriottico.

I cinesi possono in effetti essere fieri dei successi economici ottenuti negli ultimi decenni, che hanno trasformato il vecchio Paese comunista in una superpotenza industriale. Ma il boom è avvenuto a spese dell’ambiente: oggi Pechino è avvelenata dall’inquinamento. E la liberalizzazione economica non ha portato democrazia: le libertà elementari (di parola, stampa, riunione, manifestazione, voto) sono ancora sconosciute in Cina.

Detto questo, che la festa dello sport cominci. E aspettiamoci due settimane di spettacoli avvincenti, con i migliori campioni del pianeta che si sfidano allo spasimo. Non c’è record del mondo, infatti, che valga quanto una medaglia d’oro olimpica.

Quali atleti passeranno alla storia grazie a questi giochi? Chi saranno i Mennea e i Mark Spitz di Pechino? Negli ultimi due mesi vi abbiamo presentato i nostri campioni, probabili candidati italiani al podio olimpico: dalle ragazze della ginnastica ritmica alla pingponghista italocinese Wen-ling, dalla canoista Josefa Idem ai nuotatori Magnini e Pellegrini, da Valentina Vezzali e Aldo Montano (scherma) ai ginnasti Igor Cassina e Vanessa Ferrari, fino ai judoisti Ylenia Scapin e Roberto Meloni. Oltre, naturalmente, alle celebrità Antonio Rossi (il canoista portabandiera), il ciclista Paolo Bettini, Tania Cagnotto (tuffi), le veliste Conti e Micol, il saltatore in lungo Andrew Howe, Matteo Tagliariol (spada), lo sciabolatore Luigi Tarantino, il pugile Roberto Cammarelle. E le squadre femminili di pallanuoto e pallavolo.

Queste sono le superstelle italiane. E quelle internazionali? L’atletica leggera resta la regina delle Olimpiadi. Le sue gare iniziano solo nella seconda settimana, a Ferragosto. Nei 100 metri maschili ci sarà un duello a tre: i giamaicani Usain Bolt, 22 anni (che due mesi fa ha stabilito il nuovo record mondiale con 9”72) e Asafa Powell, 25 (record precedente, ottenuto a Rieti lo scorso settembre), contro lo statunitense Tyson Gay, 25. Tre impressionanti macchine da corsa, fasci di muscoli allo stato puro, che però dovranno stare attenti anche al lato psicologico. Alle Olimpiadi di Atene nel 2004, infatti, Powell arrivò solo quinto nonostante fosse superfavorito.

Una beniamina del pubblico italiano è diventata la saltatrice con l’asta russa Elena Isinbaeva, 26 anni. Prima donna nella storia a volare oltre i cinque metri, lo scorso 11 luglio ha incantato gli spettatori dello stadio Olimpico a Roma superando se stessa. Ha infatti portato il nuovo record mondiale a 5,03. È la ventesima volta che migliora il suo primato: nel 2003 era ancora a 4,82. Prima di ogni salto compie strani riti per concentrarsi: si sdraia, si copre il viso con una salvietta. Poi, quando ha già in mano l’asta, mormora parecchie parole che nessuno è finora riuscito a decifrare. «Non ve le dirò mai, è il mio segreto», dice.

Un’altra leggenda del salto (in alto) è la dalmata Blanka Vlasic, nata a Spalato 24 anni fa. Praticamente un mostro: ha vinto tutte le ultime trenta gare cui ha partecipato. Alta 1 e 93, è allenata dal padre. Purtroppo se l’è trovata sulla sua strada la nostra Antonietta Di Martino, che nonostante sia alta 1 e 69, cioè ben 24 centimetri meno della gigantesca croata, l’anno scorso ai mondiali di Osaka è finita seconda dietro di lei saltando due metri e tre. La Di Martino è nata nel ‘78: esattamente quando Sara Simeoni stabilì il record italiano di 2,01 che ha resistito fino all’anno scorso, per quasi trent’anni, fino ad Antonietta. La quale però negli ultimi tempi è apparsa un po’ appannata rispetto alla scorsa fantastica stagione.

I record del salto in alto femminile sono tutti assai duraturi. Forse siamo arrivati quasi al massimo delle capacità umane. Chissà se a Pechino Blanka riuscirà a battere quello mondiale di 2,09, che resiste da ben ventun anni: lo stabilì la bulgara Stefka Kostadinova a Roma nei mondiali dell’87.

Sempre in tema di record, sarà interessante seguire le imprese del cavaliere giapponese Hiroshi Hoketsu. Non a Pechino, perché tutte le gare di equitazione si svolgono a Hong Kong. Hoketsu è il «nonno» delle Olimpiadi: ha 67 anni, non c’è atleta più vecchio di lui. Partecipò ai giochi di Tokio del ‘64, senza per la verità brillare: finì quarantesimo nel salto a ostacoli. Ora è passato al più tranquillo dressage.
Non è comunque il concorrente più anziano nella storia delle Olimpiadi: il tiratore svedese Oscar Swahn aveva ben 72 anni quando vinse l’argento ad Anversa nel 1920.

Tom Daley è invece la superstar più giovane di questi Giochi. Ha compiuto 14 anni a maggio, e ciononostante potrebbe salire sul podio nei tuffi dalla piattaforma. Nel 2006 fu escluso dai Giochi del Commonwealth perché era troppo piccolo. Ancora cinque anni fa scoppiava a piangere dalla paura quando doveva tuffarsi all’indietro dai dieci metri. Ora invece gareggia con disinvoltura, e dedica le sue vittorie al papà, un elettricista che ha dovuto smettere di lavorare due anni fa per un tumore al cervello.

Il re delle piscine mondiali è indiscutibilmente Michael Phelps. Il fenomeno statunitense vuole battere il record di Spitz a Monaco ‘72, conquistando una medaglia d’oro in più delle sue sette. Per questo gareggia nei 200 e 400 misti, nei 100 e 200 farfalla, nei 200 stile libero e in tre staffette.
Questo 23enne di Baltimora conquistò il suo primo record mondiale nei 200 farfalla nel 2000, ad appena 15 anni. Ad Atene vinse sei ori e due bronzi. Il suo tallone d’Achille è lo stile libero, e nella staffetta mista qualche suo concorente ha protestato perché preferiscono lui ad altri più bravi, solo per permettergli di gareggiare in otto specialità. Otto medaglie in una sola Olimpiade comunque le aveva vinte solo un ginnasta russo nel 1980, quando però i Giochi di Mosca furono boicottati da Stati Uniti, Germania Ovest e altri 58 Paesi occidentali e musulmani per protesta contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan.

Quest’anno la Cina mira a superare gli Stati Uniti nel medagliere. L’atleta cinese più famoso nel mondo è Yao Ming, gigante 27enne alto 2,29 per 134 chili di peso, che gioca nella squadra di basket americana di Houston. Guiderà i cestisti cinesi contro lo squadrone statunitense, superfavorito e soprattutto spinto dalla voglia di cancellare la figuraccia rimediata ad Atene quattro anni fa (bronzo dietro ad Argentina e Italia).

Anche nella squadra di pallacanestro Usa spiccano personaggi celebri in tutto il pianeta, come Kobe Bryant. Ormai trentenne, il campione dei Los Angeles Lakers è da anni il miglior cestista mondiale. Parla perfettamente l’italiano perché è cresciuto in Italia, quando suo padre giocava nel nostro campionato. Nel 2003 fu accusato di stupro da una 19enne, ma alla fine è stato assolto perché lei era consenziente.

Sempre nel campo degli atleti professionisti pagati milioni di euro (in barba alla regola olimpica del dilettantismo), spiccano i nomi dei tennisti. Nel maschile sarà una questione fra lo svizzero Roger Federer, lo spagnolo Rafael Nadal e il serbo Novak Djokovic. E anche le favorite donne ricalcano le classifiche internazionali, come se fossimo a Wimbledon: le serbe Ana Ivanovic e Jelena Jancovic, e le sorelle Williams che gareggeranno anche nel doppio per gli Usa.

Il calcio, infine. Lo sport più popolare del mondo non può mancare dalle Olimpiadi, il torneo è cominciato due giorni prima della cerimonia d’apertura, si svolge in varie città della Cina (anche Shangai) ed è quello che dura di più: per la finale occorre attendere il 23 agosto. Ma anche qui c’è un grosso equivoco. Alcune squadre sono zeppe di professionisti, mentre altre (come l’italiana Under 23) mandano compagini minori. Ci saranno i milanisti Ronaldinho e Pato per il Brasile, ci sarà la superstar del Barcellona Lionel Messi per l’Argentina. L’Italia punta egualmente in alto. Ma finora abbiamo vinto solo nel 1936, a Berlino. Peggio di noi solo il Brasile: i cinque volte campioni del mondo non hanno mai conquistato un oro olimpico.

Mauro Suttora