dall'inviato a Pechino
Oggi, 20 agosto 2009
Il vecchio Edoardo Mangiarotti, 89 anni, leggenda della nostra scherma, è raggiante: «L'oro a Tagliariol per la spada, quello alla Vezzali nel fioretto e le altre quattro medaglie rappresentano l'ennesima conferma che la scherma non tradisce mai lo sport italiano».
Lui di medaglie olimpiche ne ha conquistate in tutto tredici (record italiano): sei d'oro, cinque d'argento e due di bronzo. Nonostante un leggero ictus di pochi me fa, non ha voluto mancare a questi Giochi, e si è sobbarcato dieci ore di volo col nipote Carlo: «Sono le diciassettesime Olimpiadi cui partecipo, tutte quelle estive dal 1936 a oggi. Sarebbero 19 senza la guerra. Cinque, fino a Roma '60, come atleta. le altre come dirigente e commentatore. Sono tuttora presidente della commissione disciplinare della Federazione internazionale di scherma».
Mangiarotti è un Guinness dei primati vivente: qui a Pechino non è presente nessuna medaglia d'oro delle Olimpiadi di Berlino di 72 anni fa, quelle famigerate in cui il nazismo volle stupire il mondo. «Avevo 17 anni e vinsi l'oro con la squadra di spada, Ci misero in tribuna d'onore nelle gare successive, e udii con le mie orecchie Hitler a pochi metri da me gridare "Schwein!" (maiale) quando il nero americano Jesse Owens vinse la gara».
La Cina, nonostante tutto, rimane una dittatura. Non si rischia di ricordare un giorno Pechino 2008 come Berlino 1936? «No, sono ottimista e spero che la Cina si democratizzi. Nell'81 fui proprio io, da dirigente, a organizzare qui le prime gare di scherma internazionali».
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Tuesday, August 19, 2008
Sunday, August 17, 2008
Primi giorni di Olimpiade
dall'inviato Mauro Suttora
Pechino, 11 agosto 2008
Gran festa per le medaglie, molte emozioni, qualche delusione. I primi giorni dell’Italia alle Olimpiadi cinesi hanno portato alla ribalta nuovi personaggi come lo schermidore Matteo Tagliariol, mentre alcuni fra i favoriti della vigilia come il ciclista Paolo Bettini non sono riusciti a salire sul podio.
Grande conferma invece per il fioretto: alle inossidabili e ormai leggendarie marchigiane Valentina Vezzali (oro), 34 anni, e Giovanna Trillini, 38, che dominano il mondo da quindici anni, si aggiunge ora la triestina 28enne Margherita Granbassi (bronzo), eletta Miss Olimpiade da vari giornali stranieri per la sua bellezza.
Un altro trio che ha emozionato l'Italia, conquistando l'argento nel tiro con l'arco a squadre, è quello composto dal veterano triestino Ilario Di Buò, 42 anni, dal padovano Marco Galiazzo, 25, e dal giovane pavese Nespoli, 20. Una garanzia di continuità. E poi la stupenda performance della judoista debuttante alle Olimpiadi Giulia Quintavalle di Livorno, 25 anni, che ha atterrato la campionessa olimpica uscente per poi vincere l'oro.
La prima impresa di questi Giochi l’ha compiuta Davide Rebellin, da San Bonifacio (Verona), che ha conquistato l’argento nel ciclismo su strada proprio nel giorno del suo 37° compleanno. Una prova tanto scenografica quanto massacrante: partita fra i palazzi della Città proibita nel centro di Pechino, la carovana ha percorso 250 chilometri sotto la Grande muraglia. Il problema però non era la distanza, ma la tremenda nebbia calda-umida che attanaglia la città. «Semplicemente non ce l’ho fatta», spiega Bettini, quando gli chiediamo come mai non è scattato alla fine, quand’era a pochi secondi dal gruppetto di testa. In più di cento non sono riusciti neppure a terminare il percorso.
Il miracolo, al posto di Bettini medaglia d’oro ad Atene, lo ha compiuto il veterano degli italiani. Rebellin era ancora un dilettante quando sedici anni corse la sua prima Olimpiade a Barcellona, vinta dallo scomparso Casartelli. «E ora non so bene se gioire per il secondo posto, o rimpiangere i pochi centimetri che mi ha dato lo spagnolo Samuel Sanchez in volata», dice.
Uno che invece si sarebbe volentieri suicidato è il francese di colore Fabrice Jeannet, battuto dal nostro Tagliariol nella finale di spada: ha fatto scena muta e disperata alla conferenza stampa dopo la premiazione. Quella medaglia d’oro che il principe Alberto di Monaco ha piazzato sul collo del nostro splendido 25enne trevigiano era infatti sua, nei pronostici. Ma Matteo lo ha stracciato: «Sono stato più determinato, era la mia giornata», spiega a chi gli ricorda che una volta aveva detto di considerare proprio Jeannet il suo modello.
«Conosci te stesso»: questa frase di saggezza degli antichi greci Tagliariol se l’è tatuata sull’avambraccio. E dopo la vittoria è andato ad abbracciare Edoardo Mangiarotti, l’89enne nostro massimo campione di scherma (vedere il riquadro) che lo seguiva trepidante in prima fila. Prima, però, per caricarsi aveva ascoltato sull’i-pod una delle sue canzoni preferite: Plug In Baby dei Muse.
Gli schermidori gareggiano al coperto, e quindi sono fra i fortunati che non devono combattere contro il tempo tremendo di Pechino, oltre che misurarsi con gli avversari. Perché qui, quando non si è soffocati dall’afa, piove. Se n’è accorto Giovanni Pellielo, che ormai alle medaglie olimpiche è abbonato. Dopo il bronzo di Sydney 2000 e l’argento di Atene, il campione vercellese di tiro al piattello un pensierino all’oro lo aveva fatto. Ma al momento di sparare sembrava di essere in una risaia dalle sue parti, con scrosci di acquazzone che hanno stravolto la gara. Nessuno dei favoriti ha preso l’oro, è stata una roulette. Ma lui, 38enne imperturbabile, ha conquistato comunque il secondo posto. Pellielo è forse il più religioso fra i 347 olimpionici azzurri, e anche questa volta la fede lo ha sostenuto.
Pochi lo sanno, ma Pellielo gareggia con i colori delle Fiamme azzurre. Che è la squadra sportiva della Polizia penitenziaria. E, per un’incredibile coincidenza, un’altra Fiamma azzurra fra le 17 approdate a Pechino è salita sul podio un’ora dopo l’asso del tiro a volo, sotto la stessa pioggia di domenica 10 agosto. Tatiana Guderzo, 24 anni, da Marostica (Vicenza), ha conquistato il bronzo nel ciclismo su strada: gara proibitiva quanto quella maschile del giorno precedente. Anche nel suo caso, come per il corregionale veneto Rebellin, la favorita italiana era un’altra: Noemi Cantele. Ma ancora una volta le Olimpiadi hanno confermato la propria imprevedibilità. Così la simpatica «secondina» bionda vicentina ha rimediato alla giornata no della compagna varesina.
Questa prima settimana di Olimpiadi è orfana dell’atletica leggera, specialità regina dei giochi. Le piste e pedane del grande stadio «Bird Nest» (nido d’uccello), ammirato durante la cerimonia inaugurale, si riempiono solo dopo Ferragosto. Questo vuoto però è positivo, perché dà il tempo di interessarsi anche a sport cosiddetti minori.
Così, la mattina del primo giorno di gare sono andato alla prima gara in programma: quella del sollevamento pesi per donne che pesano fino a 48 chili. La specialità è nobile e antica, presente nelle Olimpiadi greche e poi già nella prima edizione di quelle moderne nel 1896. Fino al 2000 era riservata agli uomini, e sarò maschilista ma forse era giusto così. In ogni caso, i cinesi hanno programmato questa gara proprio all’inizio perché volevano essere sicuri che la prima medaglia d’oro andasse a loro, e non agli statunitensi loro rivali per il medagliere finale (ma la «vecchia» Europa, se gareggiasse unita, distruggerebbe sia Cina sia Usa).
Così è stato: la cinese Chen Xexia ha battuto come sempre le rivali turche e thailandesi, alzando bilancieri mostruosi di oltre cento chili. In più, per la gioia dei cinesi più patriottici che considerano Taiwan cosa loro, una ragazza di Taipei ha conquistato il bronzo. Ma al momento dell’alzabandiera il suo vessillo era assente, sostituito da quello olimpico con i cinque cerchi. I cinesi di Pechino infatti vogliono così bene a Taiwan che ne negano l’esistenza. Uno dei tanti «amori» un po’ soffocanti…
Io però ero andato ad ammirare queste piccole forzute anche perché per la prima volta ha gareggiato un’italiana: Genny Pagliaro, bella 19enne siciliana che ha perfino rinunciato alla sfilata d’apertura per essere in perfetta forma la mattina dopo. Così purtroppo non è stato: Genny, sopraffatta dall’emozione, si è fermata a 82 chili. Come più o meno tutte le atlete occidentali, d’altronde.
Ora, lo so che è impossibile consolare gli olimpionici che arrivano qui dopo quattro anni di sforzi e sacrifici incredibili, e si giocano tutto in una gara di poche ore, minuti o addirittura secondi. Però gli atleti a Pechino sono più di diecimila, mentre le medaglie in palio sono appena 900. L’importante è partecipare, bisogna saper perdere, non sempre si può vincere, blablabla…
Ma soprattutto, osservando Genny e le sue avversarie sottoporsi a quelle prove crudeli, fra «strappi» e «slanci», non ho potuto fare a meno di pensare alle nostre mogli, madri, sorelle e figlie che giustamente si lamentano se i sacchetti della spesa da trasportare superano i tre chili. E mi è venuto quasi spontaneo, da gentiluomo, lanciarmi in pedana per aiutare le malcapitate, cercado di alleviare la loro fatica. Mi ha fermato solo lo sguardo severo dei giovani volontari cinesi che controllano la tribuna stampa.
Mauro Suttora
Pechino, 11 agosto 2008
Gran festa per le medaglie, molte emozioni, qualche delusione. I primi giorni dell’Italia alle Olimpiadi cinesi hanno portato alla ribalta nuovi personaggi come lo schermidore Matteo Tagliariol, mentre alcuni fra i favoriti della vigilia come il ciclista Paolo Bettini non sono riusciti a salire sul podio.
Grande conferma invece per il fioretto: alle inossidabili e ormai leggendarie marchigiane Valentina Vezzali (oro), 34 anni, e Giovanna Trillini, 38, che dominano il mondo da quindici anni, si aggiunge ora la triestina 28enne Margherita Granbassi (bronzo), eletta Miss Olimpiade da vari giornali stranieri per la sua bellezza.
Un altro trio che ha emozionato l'Italia, conquistando l'argento nel tiro con l'arco a squadre, è quello composto dal veterano triestino Ilario Di Buò, 42 anni, dal padovano Marco Galiazzo, 25, e dal giovane pavese Nespoli, 20. Una garanzia di continuità. E poi la stupenda performance della judoista debuttante alle Olimpiadi Giulia Quintavalle di Livorno, 25 anni, che ha atterrato la campionessa olimpica uscente per poi vincere l'oro.
La prima impresa di questi Giochi l’ha compiuta Davide Rebellin, da San Bonifacio (Verona), che ha conquistato l’argento nel ciclismo su strada proprio nel giorno del suo 37° compleanno. Una prova tanto scenografica quanto massacrante: partita fra i palazzi della Città proibita nel centro di Pechino, la carovana ha percorso 250 chilometri sotto la Grande muraglia. Il problema però non era la distanza, ma la tremenda nebbia calda-umida che attanaglia la città. «Semplicemente non ce l’ho fatta», spiega Bettini, quando gli chiediamo come mai non è scattato alla fine, quand’era a pochi secondi dal gruppetto di testa. In più di cento non sono riusciti neppure a terminare il percorso.
Il miracolo, al posto di Bettini medaglia d’oro ad Atene, lo ha compiuto il veterano degli italiani. Rebellin era ancora un dilettante quando sedici anni corse la sua prima Olimpiade a Barcellona, vinta dallo scomparso Casartelli. «E ora non so bene se gioire per il secondo posto, o rimpiangere i pochi centimetri che mi ha dato lo spagnolo Samuel Sanchez in volata», dice.
Uno che invece si sarebbe volentieri suicidato è il francese di colore Fabrice Jeannet, battuto dal nostro Tagliariol nella finale di spada: ha fatto scena muta e disperata alla conferenza stampa dopo la premiazione. Quella medaglia d’oro che il principe Alberto di Monaco ha piazzato sul collo del nostro splendido 25enne trevigiano era infatti sua, nei pronostici. Ma Matteo lo ha stracciato: «Sono stato più determinato, era la mia giornata», spiega a chi gli ricorda che una volta aveva detto di considerare proprio Jeannet il suo modello.
«Conosci te stesso»: questa frase di saggezza degli antichi greci Tagliariol se l’è tatuata sull’avambraccio. E dopo la vittoria è andato ad abbracciare Edoardo Mangiarotti, l’89enne nostro massimo campione di scherma (vedere il riquadro) che lo seguiva trepidante in prima fila. Prima, però, per caricarsi aveva ascoltato sull’i-pod una delle sue canzoni preferite: Plug In Baby dei Muse.
Gli schermidori gareggiano al coperto, e quindi sono fra i fortunati che non devono combattere contro il tempo tremendo di Pechino, oltre che misurarsi con gli avversari. Perché qui, quando non si è soffocati dall’afa, piove. Se n’è accorto Giovanni Pellielo, che ormai alle medaglie olimpiche è abbonato. Dopo il bronzo di Sydney 2000 e l’argento di Atene, il campione vercellese di tiro al piattello un pensierino all’oro lo aveva fatto. Ma al momento di sparare sembrava di essere in una risaia dalle sue parti, con scrosci di acquazzone che hanno stravolto la gara. Nessuno dei favoriti ha preso l’oro, è stata una roulette. Ma lui, 38enne imperturbabile, ha conquistato comunque il secondo posto. Pellielo è forse il più religioso fra i 347 olimpionici azzurri, e anche questa volta la fede lo ha sostenuto.
Pochi lo sanno, ma Pellielo gareggia con i colori delle Fiamme azzurre. Che è la squadra sportiva della Polizia penitenziaria. E, per un’incredibile coincidenza, un’altra Fiamma azzurra fra le 17 approdate a Pechino è salita sul podio un’ora dopo l’asso del tiro a volo, sotto la stessa pioggia di domenica 10 agosto. Tatiana Guderzo, 24 anni, da Marostica (Vicenza), ha conquistato il bronzo nel ciclismo su strada: gara proibitiva quanto quella maschile del giorno precedente. Anche nel suo caso, come per il corregionale veneto Rebellin, la favorita italiana era un’altra: Noemi Cantele. Ma ancora una volta le Olimpiadi hanno confermato la propria imprevedibilità. Così la simpatica «secondina» bionda vicentina ha rimediato alla giornata no della compagna varesina.
Questa prima settimana di Olimpiadi è orfana dell’atletica leggera, specialità regina dei giochi. Le piste e pedane del grande stadio «Bird Nest» (nido d’uccello), ammirato durante la cerimonia inaugurale, si riempiono solo dopo Ferragosto. Questo vuoto però è positivo, perché dà il tempo di interessarsi anche a sport cosiddetti minori.
Così, la mattina del primo giorno di gare sono andato alla prima gara in programma: quella del sollevamento pesi per donne che pesano fino a 48 chili. La specialità è nobile e antica, presente nelle Olimpiadi greche e poi già nella prima edizione di quelle moderne nel 1896. Fino al 2000 era riservata agli uomini, e sarò maschilista ma forse era giusto così. In ogni caso, i cinesi hanno programmato questa gara proprio all’inizio perché volevano essere sicuri che la prima medaglia d’oro andasse a loro, e non agli statunitensi loro rivali per il medagliere finale (ma la «vecchia» Europa, se gareggiasse unita, distruggerebbe sia Cina sia Usa).
Così è stato: la cinese Chen Xexia ha battuto come sempre le rivali turche e thailandesi, alzando bilancieri mostruosi di oltre cento chili. In più, per la gioia dei cinesi più patriottici che considerano Taiwan cosa loro, una ragazza di Taipei ha conquistato il bronzo. Ma al momento dell’alzabandiera il suo vessillo era assente, sostituito da quello olimpico con i cinque cerchi. I cinesi di Pechino infatti vogliono così bene a Taiwan che ne negano l’esistenza. Uno dei tanti «amori» un po’ soffocanti…
Io però ero andato ad ammirare queste piccole forzute anche perché per la prima volta ha gareggiato un’italiana: Genny Pagliaro, bella 19enne siciliana che ha perfino rinunciato alla sfilata d’apertura per essere in perfetta forma la mattina dopo. Così purtroppo non è stato: Genny, sopraffatta dall’emozione, si è fermata a 82 chili. Come più o meno tutte le atlete occidentali, d’altronde.
Ora, lo so che è impossibile consolare gli olimpionici che arrivano qui dopo quattro anni di sforzi e sacrifici incredibili, e si giocano tutto in una gara di poche ore, minuti o addirittura secondi. Però gli atleti a Pechino sono più di diecimila, mentre le medaglie in palio sono appena 900. L’importante è partecipare, bisogna saper perdere, non sempre si può vincere, blablabla…
Ma soprattutto, osservando Genny e le sue avversarie sottoporsi a quelle prove crudeli, fra «strappi» e «slanci», non ho potuto fare a meno di pensare alle nostre mogli, madri, sorelle e figlie che giustamente si lamentano se i sacchetti della spesa da trasportare superano i tre chili. E mi è venuto quasi spontaneo, da gentiluomo, lanciarmi in pedana per aiutare le malcapitate, cercado di alleviare la loro fatica. Mi ha fermato solo lo sguardo severo dei giovani volontari cinesi che controllano la tribuna stampa.
Mauro Suttora
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