LA SENATRICE CONTINI ACCUSA: TROPPE FANNO CARRIERA GRAZIE A TACCHI E MINIGONNE
Oggi, 1 settembre 2010
Porterà anche i tacchi a spillo, però possiamo testimoniare che quando le abbiamo telefonato, alle ore 15 di mercoledì 25 agosto, l’onorevole 28enne del Pdl Barbara Mannucci stava studiando a casa per la sua seconda laurea, in scienza dell’amministrazione.
«Studiare mi rilassa», confessa la secchiona. Allora, sono questi i vizi segreti delle berlusconiane taccospillate? Le ha staffilate un’altra Barbara, anche lei Pdl fino a un mese fa (quando è passata con Fini), la senatrice Contini: «Con Berlusconi le donne fanno carriera grazie a minigonne e tacchi a spillo».
Un’ovvietà, se lo dicesse qualcuno a sinistra: da anni il sito Dagospia ha soprannominato «Forza Gnocca» le appariscenti parlamentari del centrodestra. Ma che le stesse accuse ora le lanci una donna del Pdl, fa male. Risponde Daniela Santanchè, sempre splendida su tacco 12: «La Contini è invidiosa, gelosa, stupida».
La ministra Mara Carfagna, altra icona dello stiletto, preferisce il silenzio. Come l’altra principale indiziata degli strali della Contini, Laura Ravetto: bella e bellicosa, Berlusconi l’ha nominata sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento sei mesi fa, assieme alla Santanché (quest’ultima a una non meglio precisata «Attuazione del programma»).
«Forse la Contini parla così perché non si è sentita abbastanza valorizzata», insinua Jole Santelli. Eppure Berlusconi l’aveva nominata governatrice di Nassiria in Iraq, e poi responsabile esteri di Forza Italia nel 2008: fu lei a scegliere i candidati nei collegi esteri. «Tutti maschi, però...», precisa la Mannucci.
Non sarà che il premier ha «valorizzato» un po’ troppe donne giovani e belle? «Per fortuna», dice a Oggi Melania Rizzoli, «ed è l’unico a farlo in Italia». Sì, ma alcune vengono paracadutate subito ai piani alti della politica, senza esperienza, saltando ogni cursus honorum. «Berlusconi è un ottimo conoscitore delle capacità di chi gli sta intorno», assicura l’onorevole Rizzoli.
Barbara Mannucci, sempre in testa alle classifiche di Miss Parlamento, dice che spesso ai tacchi a spillo deve rinunciare: «Troppa fatica, a me dopo un’ora fanno male i piedi. Invidio deputate come Paola Pelino che li portano tutto il giorno. Io invece, e anche la collega Fiorella Ceccacci Rubino, spesso arrivo alla Camera con le Hogan».
E perché a sinistra niente tacchi a spillo? «Perché si automortificano», dice la Mannucci, «Marianna Madia per esempio sarebbe così bella se solo si truccasse un po’...»
Mauro Suttora
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Wednesday, September 08, 2010
Saturday, September 08, 2007
intervista ad Albertazzi
Oggi, 17 agosto 2007
È nato un nuovo sodalizio artistico: Giorgio Albertazzi-Sabrina Ferilli. Lui regista, lei nel ruolo di produttrice. Assieme mettono in scena a teatro nel prossimo autunno (debutto in settembre al festival di Benevento) la commedia Sunshine, con Benedicta Boccoli e Sebastiano Somma (vedere il riquadro).
Racconta Albertazzi, 83 anni: «Sono sempre state le donne a cercarmi, nella mia vita. E anche questa volta è stata Sabrina a propormi Sunshine. Credo che da tempo pensasse a me come qualcuno con cui voleva avere a che fare, per creare qualcosa di intelligente. E penso che volesse anche interpretare il ruolo della protagonista, oltre a produrre questa commedia che io avevo già portato al festival di Spoleto verso la fine degli anni Ottanta, con Mariangela D’Abbraccio. È un bel testo dell’italoamericano William Mastrosimone, la tipica commedia brillante statunitense. Fatto sta che Sabrina non può farlo, probabilmente ha troppi impegni. Così ho incontrato Benedicta Boccoli, che cercava un’evasione dai suoi soliti ruoli. Sunshine è una quasi prostituta, lavora in un peep-show. Sono quegli spettacolini dove l’uomo, da dietro un vetro, ordina alla donna di spogliarsi e di mimare a pagamento tutte le sue fantasie erotiche, anche le più spinte, comprese masturbazioni o coiti virtuali. Ma lei, come Nastassia Kinski nel film Paris, Texas di Wim Wenders, è una ragazza tenera e appassionata. È un personaggio che mi piace molto: non è esplicito, mai patetico, ha allo stesso tempo qualcosa d’intenso e leggero».
«Benedicta va benissimo per questo ruolo, possiede un fascino freddo...»
Come parecchie delle attrici che vanno per la maggiore in questo decennio degli anni Zero, da Gwyneth Paltrow a Nicole Kidman.
«Sì. Ho doppiato la voce recitante in un film di due anni fa con la Kidman, Dogville di Lars Von Trier. Ora, durante le prove, cerco di scaldare Benedicta, vorrei metterle il fuoco sotto i piedi. La provoco, la faccio spogliare completamente e rivestire... Perché il tipo di sesso che pratica lei in questo lavoro, stando dietro al vetro, è avulso dall’amore: quasi solo ginnastica, e infatti Benedicta ha fatto acrobazie al circo in passato. Sunshine ama in modo straordinario non poter essere toccata dai suoi spettatori, si sente una diva. Un professore suo cliente le legge poesie, un ragazzino s’innamora schizzando sperma sul vetro... E a me piace sciogliere il suo personaggio, scomporlo e decomporlo, finché alla fine Sunshine lascerà il marito perché lui ha osato uccidere un’aragosta, che lei considerava un animale domestico. E si innamora di Sebastiano Somma».
Albertazzi gran seduttore, la lista delle donne che ha amato è infinita: da Bianca Toccafondi ad Anna Proclemer, da Aba Cercato a Pia de’ Tolomei, fino a Elisabetta Pozzi, Mariangela D’Abbraccio, Fiorella Ceccacci in arte Rubino, oggi deputata di Forza Italia.
Maestro, lei che ha conosciuto la bellezza e frequentato l’amore in tutte le sue varianti, come descriverebbe la sua nuova produttrice?
«Premesso che ormai sono au dessus de la melée, al di sopra della mischia, Sabrina Ferilli possiede il fascino irresistibile della simpatia romana. Oltre a essere bellissima, riesce a sedurre istantaneamente con la sua risata da tragedia greca, meravigliosa ma non di sollievo: con qualcosa, appunto, che sa di tragico. Sembra una riedizione giovanile di Anna Magnani, solo che quella era figlia della guerra, mentre lei lo è del dopoguerra».
Beh, il paragone rischia di non essere un gran complimento: la Magnani era così bella?
«Ma scherza? Aveva una pelle stupenda, bianchissima, oltre alla bellezza dell’intelligenza, della simpatia, della spontaneità. Ricordo che prima dei David di Donatello le feci vedere in proiezione privata il mio L’’anno scorso a Marienbad. E lei a metà mi disse: “Lo sai che non ho capito un cazzo? Quindi ora sei a cavallo: potrai fare tutti i film che vanno di moda adesso, quelli in cui non si capisce nulla...”»
Cosa le piace di più, della Ferilli?
«Nei suoi occhi c’è tutta la bellezza di Roma antica, la Roma classica. La novellistica del Novecento attribuisce una potenza misteriosa alla sguardo delle donne, e nel suo c’è tutto, perché è allo stesso tempo ridente e irridente. Sabrina potrebbe essere la figlia di un imperatore, che so, Ottaviano...»
E per fortuna non ha detto Adriano, le cui Memorie Albertazzi sta portando in scena in tutto il mondo da diciotto anni (prossimo appuntamento New York). Rischierebbe di essere una predilezione incestuosa.
«Ma no, è la castità la forma più voluttuosa di godimento possibile. Detto questo: le cosce nelle donne sono la prova dell’immortalità. Con quelle della Ferilli entriamo nell’architettura pura, materia in cui sono laureato: posseggono, come dire, un rivestimento estetico della funzione che risulta mirabile. Mi spiego meglio: il seno non riesce a nascondere la sua funzione principale, che è quella di allattare. Invece, grazie alle cosce, è prodigioso immaginare lo slittamento verso l’alto, verso qualcosa di irraggiungibile. Perché le cosce delle donne, così come le gambe, i ginocchi o i menti, entrano nello spazio, ma senza occuparlo...»
Mauro Suttora
È nato un nuovo sodalizio artistico: Giorgio Albertazzi-Sabrina Ferilli. Lui regista, lei nel ruolo di produttrice. Assieme mettono in scena a teatro nel prossimo autunno (debutto in settembre al festival di Benevento) la commedia Sunshine, con Benedicta Boccoli e Sebastiano Somma (vedere il riquadro).
Racconta Albertazzi, 83 anni: «Sono sempre state le donne a cercarmi, nella mia vita. E anche questa volta è stata Sabrina a propormi Sunshine. Credo che da tempo pensasse a me come qualcuno con cui voleva avere a che fare, per creare qualcosa di intelligente. E penso che volesse anche interpretare il ruolo della protagonista, oltre a produrre questa commedia che io avevo già portato al festival di Spoleto verso la fine degli anni Ottanta, con Mariangela D’Abbraccio. È un bel testo dell’italoamericano William Mastrosimone, la tipica commedia brillante statunitense. Fatto sta che Sabrina non può farlo, probabilmente ha troppi impegni. Così ho incontrato Benedicta Boccoli, che cercava un’evasione dai suoi soliti ruoli. Sunshine è una quasi prostituta, lavora in un peep-show. Sono quegli spettacolini dove l’uomo, da dietro un vetro, ordina alla donna di spogliarsi e di mimare a pagamento tutte le sue fantasie erotiche, anche le più spinte, comprese masturbazioni o coiti virtuali. Ma lei, come Nastassia Kinski nel film Paris, Texas di Wim Wenders, è una ragazza tenera e appassionata. È un personaggio che mi piace molto: non è esplicito, mai patetico, ha allo stesso tempo qualcosa d’intenso e leggero».
«Benedicta va benissimo per questo ruolo, possiede un fascino freddo...»
Come parecchie delle attrici che vanno per la maggiore in questo decennio degli anni Zero, da Gwyneth Paltrow a Nicole Kidman.
«Sì. Ho doppiato la voce recitante in un film di due anni fa con la Kidman, Dogville di Lars Von Trier. Ora, durante le prove, cerco di scaldare Benedicta, vorrei metterle il fuoco sotto i piedi. La provoco, la faccio spogliare completamente e rivestire... Perché il tipo di sesso che pratica lei in questo lavoro, stando dietro al vetro, è avulso dall’amore: quasi solo ginnastica, e infatti Benedicta ha fatto acrobazie al circo in passato. Sunshine ama in modo straordinario non poter essere toccata dai suoi spettatori, si sente una diva. Un professore suo cliente le legge poesie, un ragazzino s’innamora schizzando sperma sul vetro... E a me piace sciogliere il suo personaggio, scomporlo e decomporlo, finché alla fine Sunshine lascerà il marito perché lui ha osato uccidere un’aragosta, che lei considerava un animale domestico. E si innamora di Sebastiano Somma».
Albertazzi gran seduttore, la lista delle donne che ha amato è infinita: da Bianca Toccafondi ad Anna Proclemer, da Aba Cercato a Pia de’ Tolomei, fino a Elisabetta Pozzi, Mariangela D’Abbraccio, Fiorella Ceccacci in arte Rubino, oggi deputata di Forza Italia.
Maestro, lei che ha conosciuto la bellezza e frequentato l’amore in tutte le sue varianti, come descriverebbe la sua nuova produttrice?
«Premesso che ormai sono au dessus de la melée, al di sopra della mischia, Sabrina Ferilli possiede il fascino irresistibile della simpatia romana. Oltre a essere bellissima, riesce a sedurre istantaneamente con la sua risata da tragedia greca, meravigliosa ma non di sollievo: con qualcosa, appunto, che sa di tragico. Sembra una riedizione giovanile di Anna Magnani, solo che quella era figlia della guerra, mentre lei lo è del dopoguerra».
Beh, il paragone rischia di non essere un gran complimento: la Magnani era così bella?
«Ma scherza? Aveva una pelle stupenda, bianchissima, oltre alla bellezza dell’intelligenza, della simpatia, della spontaneità. Ricordo che prima dei David di Donatello le feci vedere in proiezione privata il mio L’’anno scorso a Marienbad. E lei a metà mi disse: “Lo sai che non ho capito un cazzo? Quindi ora sei a cavallo: potrai fare tutti i film che vanno di moda adesso, quelli in cui non si capisce nulla...”»
Cosa le piace di più, della Ferilli?
«Nei suoi occhi c’è tutta la bellezza di Roma antica, la Roma classica. La novellistica del Novecento attribuisce una potenza misteriosa alla sguardo delle donne, e nel suo c’è tutto, perché è allo stesso tempo ridente e irridente. Sabrina potrebbe essere la figlia di un imperatore, che so, Ottaviano...»
E per fortuna non ha detto Adriano, le cui Memorie Albertazzi sta portando in scena in tutto il mondo da diciotto anni (prossimo appuntamento New York). Rischierebbe di essere una predilezione incestuosa.
«Ma no, è la castità la forma più voluttuosa di godimento possibile. Detto questo: le cosce nelle donne sono la prova dell’immortalità. Con quelle della Ferilli entriamo nell’architettura pura, materia in cui sono laureato: posseggono, come dire, un rivestimento estetico della funzione che risulta mirabile. Mi spiego meglio: il seno non riesce a nascondere la sua funzione principale, che è quella di allattare. Invece, grazie alle cosce, è prodigioso immaginare lo slittamento verso l’alto, verso qualcosa di irraggiungibile. Perché le cosce delle donne, così come le gambe, i ginocchi o i menti, entrano nello spazio, ma senza occuparlo...»
Mauro Suttora
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