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Saturday, September 08, 2007

intervista ad Albertazzi

Oggi, 17 agosto 2007

È nato un nuovo sodalizio artistico: Giorgio Albertazzi-Sabrina Ferilli. Lui regista, lei nel ruolo di produttrice. Assieme mettono in scena a teatro nel prossimo autunno (debutto in settembre al festival di Benevento) la commedia Sunshine, con Benedicta Boccoli e Sebastiano Somma (vedere il riquadro).

Racconta Albertazzi, 83 anni: «Sono sempre state le donne a cercarmi, nella mia vita. E anche questa volta è stata Sabrina a propormi Sunshine. Credo che da tempo pensasse a me come qualcuno con cui voleva avere a che fare, per creare qualcosa di intelligente. E penso che volesse anche interpretare il ruolo della protagonista, oltre a produrre questa commedia che io avevo già portato al festival di Spoleto verso la fine degli anni Ottanta, con Mariangela D’Abbraccio. È un bel testo dell’italoamericano William Mastrosimone, la tipica commedia brillante statunitense. Fatto sta che Sabrina non può farlo, probabilmente ha troppi impegni. Così ho incontrato Benedicta Boccoli, che cercava un’evasione dai suoi soliti ruoli. Sunshine è una quasi prostituta, lavora in un peep-show. Sono quegli spettacolini dove l’uomo, da dietro un vetro, ordina alla donna di spogliarsi e di mimare a pagamento tutte le sue fantasie erotiche, anche le più spinte, comprese masturbazioni o coiti virtuali. Ma lei, come Nastassia Kinski nel film Paris, Texas di Wim Wenders, è una ragazza tenera e appassionata. È un personaggio che mi piace molto: non è esplicito, mai patetico, ha allo stesso tempo qualcosa d’intenso e leggero».

«Benedicta va benissimo per questo ruolo, possiede un fascino freddo...»

Come parecchie delle attrici che vanno per la maggiore in questo decennio degli anni Zero, da Gwyneth Paltrow a Nicole Kidman.
«Sì. Ho doppiato la voce recitante in un film di due anni fa con la Kidman, Dogville di Lars Von Trier. Ora, durante le prove, cerco di scaldare Benedicta, vorrei metterle il fuoco sotto i piedi. La provoco, la faccio spogliare completamente e rivestire... Perché il tipo di sesso che pratica lei in questo lavoro, stando dietro al vetro, è avulso dall’amore: quasi solo ginnastica, e infatti Benedicta ha fatto acrobazie al circo in passato. Sunshine ama in modo straordinario non poter essere toccata dai suoi spettatori, si sente una diva. Un professore suo cliente le legge poesie, un ragazzino s’innamora schizzando sperma sul vetro... E a me piace sciogliere il suo personaggio, scomporlo e decomporlo, finché alla fine Sunshine lascerà il marito perché lui ha osato uccidere un’aragosta, che lei considerava un animale domestico. E si innamora di Sebastiano Somma».

Albertazzi gran seduttore, la lista delle donne che ha amato è infinita: da Bianca Toccafondi ad Anna Proclemer, da Aba Cercato a Pia de’ Tolomei, fino a Elisabetta Pozzi, Mariangela D’Abbraccio, Fiorella Ceccacci in arte Rubino, oggi deputata di Forza Italia.

Maestro, lei che ha conosciuto la bellezza e frequentato l’amore in tutte le sue varianti, come descriverebbe la sua nuova produttrice?
«Premesso che ormai sono au dessus de la melée, al di sopra della mischia, Sabrina Ferilli possiede il fascino irresistibile della simpatia romana. Oltre a essere bellissima, riesce a sedurre istantaneamente con la sua risata da tragedia greca, meravigliosa ma non di sollievo: con qualcosa, appunto, che sa di tragico. Sembra una riedizione giovanile di Anna Magnani, solo che quella era figlia della guerra, mentre lei lo è del dopoguerra».

Beh, il paragone rischia di non essere un gran complimento: la Magnani era così bella?
«Ma scherza? Aveva una pelle stupenda, bianchissima, oltre alla bellezza dell’intelligenza, della simpatia, della spontaneità. Ricordo che prima dei David di Donatello le feci vedere in proiezione privata il mio L’’anno scorso a Marienbad. E lei a metà mi disse: “Lo sai che non ho capito un cazzo? Quindi ora sei a cavallo: potrai fare tutti i film che vanno di moda adesso, quelli in cui non si capisce nulla...”»

Cosa le piace di più, della Ferilli?
«Nei suoi occhi c’è tutta la bellezza di Roma antica, la Roma classica. La novellistica del Novecento attribuisce una potenza misteriosa alla sguardo delle donne, e nel suo c’è tutto, perché è allo stesso tempo ridente e irridente. Sabrina potrebbe essere la figlia di un imperatore, che so, Ottaviano...»

E per fortuna non ha detto Adriano, le cui Memorie Albertazzi sta portando in scena in tutto il mondo da diciotto anni (prossimo appuntamento New York). Rischierebbe di essere una predilezione incestuosa.
«Ma no, è la castità la forma più voluttuosa di godimento possibile. Detto questo: le cosce nelle donne sono la prova dell’immortalità. Con quelle della Ferilli entriamo nell’architettura pura, materia in cui sono laureato: posseggono, come dire, un rivestimento estetico della funzione che risulta mirabile. Mi spiego meglio: il seno non riesce a nascondere la sua funzione principale, che è quella di allattare. Invece, grazie alle cosce, è prodigioso immaginare lo slittamento verso l’alto, verso qualcosa di irraggiungibile. Perché le cosce delle donne, così come le gambe, i ginocchi o i menti, entrano nello spazio, ma senza occuparlo...»

Mauro Suttora

Saturday, November 18, 2006

Celebrity-free

Tom Cruise wedding in Bracciano Castle (Rome)

'The New York Observer', December 2006

by Mauro Suttora

"Sounds like hassle". 
"Let's go home, then". 
"Sounds like hustler". 
"Yes, but it's Hassler instead, can't you read it above the front door?"

Rome, Saturday November 18, 2006. One pm. Marsha, my New York girlfriend, has dragged me in front of the hotel atop the Spanish steps where Tom Cruise is staying with his fiancée Kate Holmes since five days now. The sun is shining, I left home just to buy the papers.

The Rome apartment we're renting in Via Margutta 33 is at walking distance from the Spanish Steps. Truman Capote lived for a few months in our very flat 53 years ago, in 1953, when he was just a young American gay touring Italy. He wrote about it ten years later in the short story 'Lola', the name of his roommate (a black young she-raven, possibly the only female he ever loved).

During that same year 1953 the movie 'Roman Holidays' was shot in this very building courtyard. I feel so Gregory Peck, the journalist whose pad princess Audrey Hepburn slept in...

Marsha has accompanied me outside, and after stopping at the newsstand she convinced me to climb the steps:  
"Let’s get a glimpse of history in the making..." 
"Come on, Marsha, you always act so celebrity-free while in New York City. Who cares about today's marriage?" 
"Just a little curiosity, mummy has asked me about it". 
"Ah, you're constantly on the phone with your mummy in Manhattan, from Rome too. The umbilical cord. Will you turn cordless someday, honey?" 
"See, all this crowd in front of the hotel... Romans are curious as well, despite their pretending being jaded after 27 centuries of celeb-watching". 
"No locals, it's just tourists. Italians have better things to do than wasting time after Tom Cruise or any other self-appointed 'wedding of the century". 
"Here they are! Who's coming out of the limo?"

A black Mercedes stops in front of the Hassler Hotel. I crane my neck.
"Jennifer Lopez and Victoria Beckham. The worst of the worst".
"But they're getting in". 
"Nobody coming out. Come on, let's go, Marsha". 
"If all these people keep waiting, Tom and Kate are due out any moment. They have to come out in any case, the ceremony at the castle is supposed to take place today at 6 p.m." 
"Maybe they're already there, at Bracciano. I wonder why they switched from lake Como to Bracciano. All American actors love lake Como and its Villa d'Este Hotel in Cernobbio, what's so special in Bracciano?" 
"The castle". 
"Yeah..." 
"I would love to marry in a castle..." 
"Yeah... Alright Marsha". 
"Let s go see this one". 
"What? You want to go to Bracciano? Today?" 
"Yes, let's follow them when they come out of the hotel". 
"What if they take an helicopter?" 
"Go and get the car". 
"But Bracciano is 30 miles away... And it's gonna be flooded with people this afternoon". 
"Look, they're coming out!"

A black SUV is exiting the service entrance, but it's impossible to see anyone behind its darkened windows.
"Who knows, Marsha, it could have been anybody. Let's go home now". 
"No way. Get the car, we're definitely going to the Bracciano castle". 
"Keep your wide mouth shut". 
I would have loved replying so, just to bet on her recognizing the Cruise/Kidman pun. But in these moments she always gets a humour failure. I know her, she's so surcharged now: impossible to joke, impossible to stop her. No way to discuss nor to object. She is determined, my only answer can be "Yes", or leave. 

When my Italian friends ask me how I stand her, I reply that I like her exactly because of this: she's so imperious, doubtless, energetic, aggressively American. Very sexy, to an old (in the Rumsfeld sense), lazy, dreamy European. Besides, she turns so sweet in bed. So, I am totally subjected when she gets into one of these fits of hers. Probably also because I love her. That's why I don't rebel. Oh, did I say I love her? Sometimes I forget.

O.K., I decide to go with her to the Tom Cruise wedding in Bracciano Castle. So I head for the Villa Borghese underground parking, to get our car. A wonderful Lancia Ypsilon compact, and it's a sunny day right after a shower, why not travel through the country to Bracciano anyway?
"Why not", the magic words which make it impossible to argue with Marsha, my beautiful love.

I look at her while driving on the Cassia old consular road lined with parachute-shaped maritime pine trees: she's so excited to go to the marriage in the castle. And I'm so happy to offer her this gift, in order to make her love Italy evermore.
"Do you think the castle will be surrounded by journalists?" 
"Of course. But I'm one. I'll get a pass, don't worry".

We arrive in Bracciano at 3 pm. Lovely town, no one around.  50,000 people expected for Tom’s wedding, headlines a daily we bought. There are maybe 50 in the old grey street climbing to the castle. When we arrive in the square in front of the castle, we notice a small crowd of reporters in front of the entrance. Umberto Pizzi, the king of Rome paparazzi, is cruising aimlessly. Two press helicopters hover noisily.
“Mauro, I lllove this castle!”  Marsha is thrilled  “It’s humongous, it has got eight towers instead of four! Wow! We re definitely gonna get married here!” 
“Yes dear, like Christiane Amanpour and James Rubin back in ’98. And I read in the paper today that Keira Knightley wants to marry here too. Bracciano weddings are becoming fashionable”.

I speak with some colleagues I know, they’re surprised to see me: “Have you come from New York just for the wedding?” 
“Of course”,  I joke them. “And my girlfriend Marsha is invited, so I’m getting in. She belongs to Scientology”. 
“We’ll call you around 10 then, can you keep your cell turned on? Is there a reception inside? Is there any  reception before the ceremony? When are you getting in? Have you seen John Travolta, he was supposed to land in Rome with his private jet this morning…” 
“Sorry folks, I can’t embarrass Marsha, and those people are real paranoiacs, I had to sign a promise of silence. They’ll ask for all of our cellphones at the entrance” .
“And you’re not going to break the embargo, are you?” 
“I really can’t”.

Marsha looks at me wide eyes open, she knows only a few words in italian and understands that the almighty Italian journalist Mauro has found a way to sneak in.
“Bye now, we’ll come back and get in later, now we want to tour the town before darkness”, I salute my fellow Italian reporters who are green with envy.
I take Marsha by the hand, we go around the corner and sit down in a café where we order one macchiato and one cappuccino.
“Mauro, is there really a way to get in?” 
“No way Marsha, it’s all sealed. Worse than the Kremlin”. 
“But I understood…” 
“Yes, you understood well: I pretended you were invited, and me along with you, but that we can’t report anything”. 
“…” 
“Ok darling, now let’s go, otherwise they’ll find out about our joke”.

We proceed to visit Bracciano. Very nice town indeed. Marsha calms down and suddenly doesn’t give a damn about the wedding of the century. Her window of interest has run out, the castle vision has satisfied her. I love her also because she changes her mind often and fast, even before the job is done. We’re not going to get stuck here. Bracciano won’t be our Iraq.
We’re back in Rome right after sunset. While driving, I entertain her by singing the most famous song about Rome: “Arrivederci Roma, goodbye and au revoir/ Voglio rivedere via Margutta…” 
My colleagues stay on in front of the castle until 3 a.m. Can’t get a glimpse of anything. At that time, Marsha and I are celebrity-free again, sleeping in the Truman Capote’s bed of the Audrey&Gregory building after a lovely candle-lit al fresco dinner at Edy, our favourite osteria in vicolo del Babuino.
“I guess the word romantic comes from Rome”, whispers starry-eyed Marsha just before closing them.

Mauro Suttora

Thursday, September 15, 2005

No Sex in the City/9

New York Observer, September 19, 2005, page 2

MAURO OF MANHATTAN
 
“I’ve been Norman Mailered …. ”
 
The words of a 1966 Simon & Garfunkel song surfaced in my sleepy mind at 5 a.m. two weeks ago, when a costume designer at the Waldorf-Astoria told me: “You’ll be Norman Mailer, so you’ll wear a raincoat.”
 
I had arrived at the hotel one hour before, in order to perform as an extra for the day in a new Richard Gere’s movie, The Hoax. “Upscale people needed for Richard Geere’s The Hawks,” had e-mailed me a spelling-challenged casting-agent friend.
 
Why not?
 
“Do you want to extra for a gala at the Waldorf?” I asked Barbara, my Italian lady friend. She declined immediately, having been an actress herself in Italy: “I still remember the boredom you’ve got to endure while shooting.”
 
Nor did the words “Richard Gere, gala, Waldorf” resonate with her. To my surprise, she wasn’t impressed at all: “I’d rather meet him in a real gala …. ”
 
I had gone to the casting in a dirty Tribeca loft carrying my own tuxedo. It was one of the hottest days in the summer. I found myself emerging from the subway in the middle of nowhere, surrounded by the Canal Street traffic. I began to suspect Barbara was right. After a one-hour wait I had to change in a rundown toilet, before passing the test.
 
I received a phone call from the casting agency on Saturday in the Hamptons villa of the Califanos, a really nice couple (she is a journalist for the main Italian daily, Corriere della Sera, he a scientist professor at Columbia): “Please be at the Waldorf at 4 a.m. on Monday morning.”
 
“Well, you know, I have to do a movie with Richard Gere,” I boasted. The rest of the weekend I was joked around about my “new film career.” I have to confess this was not my first contact with the movie business on the other side of the camera: Besides interviewing stars in America for the largest Italian weekly magazine, I had already been an extra last year in The Interpreter, with Nicole Kidman and Sean Penn (and Catherine Keener, a secret passion of mine).
 
Having forgotten the pain of that experience, here I was again trying to please my mom, who loves to see me onscreen. On that weekend, I forced Barbara to skip the Southampton Madame Tong's after-midnight dancing: “I have to prepare myself for the early-morning wake-up …. ” I set up the alarm at 3 a.m., the time we usually come back from parties. I slept only two hours. While getting up I awoke Barbara, who nastily mumbled: “Yeah, the great actor …. At best, they’re going to make you play the double for Richard’s dick …. ”
 
As I entered the Waldorf, a group of stunning beauties was flocking out of the Park Avenue door in loafers and rollers. They headed to a van parked in front of the Café St. Bart’s, which was distributing breakfast for the “talent.” It looked like some crazy scene from La Dolce Vita: For a moment, I was proud to be part of the ordeal. The Empire Room was filled with 150 chairs and a dozen makeup armchairs in front of the wall mirrors. While queuing up to fill a voucher, I was befriended by a retired fireman from Brooklyn. Another veteran 60-years-old extra was sitting right behind me, already dressed up in his tux. He was telling the story of his life to his neighbor: “ … And this morning I took the bus from Asbury Park, N.J., at 12:45 a.m., arrived at Port Authority, slept there a while and then walked to the Waldorf …. ”
 
It’s incredible how talkative some people can be with strangers so early in the morning. Knowing that 70 percent of the extras’ time on set consists in waiting, I had brought with me I Am Charlotte Simmons, the Tom Wolfe novel so long that I am always some hundreds pages short of finishing. I was about the only one with a book in the room. We got live music all along, though, a wonderful string quartet rehearsing joyfully since 4:30 a.m.
 
Shooting started only at 9. I knew that, and I was confirmed in my suspicion when, around 5, a wardrobe man whispered to a colleague: “Slow down, we still have four hours.” But during this time I witnessed the incredible transformation that many ordinary women went through, thanks to their 60’s makeup, hairdo and dress. It’s out of question: that was the decade of Beauty. Everybody looked so wonderfully upgraded, scores of Sophia Lorens and Brigitte Bardots by 7 a.m.
 
That was also the time when I suddenly got de-Mailered: “He’s too tall to be Norman Mailer, and doesn’t have curly hair,” the costume director sentenced, downgrading me from “celebrity” to regular extra. From Norman to normal.
 
So, I had to leave the V.I.P. section, where sat the impersonators of Frank Sinatra and Mia Farrow (married at the time), Lee Radziwill and others. The gala to be shot was a re-enactment of the legendary Black-and-White Ball which Truman Capote organized at the Plaza 40 years ago. During which Norman Mailer kept his raincoat on the tux. In the morning we shot the cocktail scene, with the arrivals and Mr. Gere fending the crowd. He plays Clifford Irving, the man who went to prison for selling a bogus Howard Hughes’ biography. He wore a mask, like everybody else. He looked rather small to me, despite the two inches gained thanks to shoes with inside and outside heels. Italian premier Silvio Berlusconi uses the same trick to enhance his not so statesmanlike stature.
 
In the afternoon we transferred to the Hilton Room, with the gala tables and the dancing scenes. We were given cigarettes to smoke (“It was the 60’s, folks!”), which the vast majority of extras refused with disgust. I was placed at the table with Truman Capote and Mia Farrow: “Massage Mia’s shoulders, you are supposed to be her manager.” Which I did, after watching over my shoulders the jealous Frankie’s whereabouts. An assistant director warned us: “Do not talk to Richard in between the scenes. He won’t remember you from Unfaithful, anyway. And don’t keep looking at him, he was a nobody in that party.”
 
We are all nobodies in this party, I was reminded at 7 p.m., when I signed the payment form and finally went home. As a non-union extra, I earned $75 for a day’s work. Because the working hours were more than 12, the amount was raised to $85. Minus 10 percent for the casting agent, minus the 8 percent FICA (Federal Insurance Contributions Act). Which sounds funny in Italian: FICA is the name for the female sex. First time in my life I had to pay for it.

Mauro Suttora


traduzione:

MAURO OF MANHATTAN

"Sono stato Norman Mailerizzato...": queste parole di una canzone di Simon e Garfunkel del 1966 ("A Simple Desultory Philippic") mi sono tornate in mente alle cinque del mattino di due settimane fa, quando nell'hotel Waldorf-Astoria di New York un costumista mi ha annunciato: "Lei sara' lo scrittore Norman Mailer, quindi dovra' indossare un impermeabile".

Ero arrivato all'albergo un'ora prima, per fare la comparsa nel nuovo film di Richard Gere "The Hoax" (La Truffa). "Cercasi gente elegante per 'The Hawks' (I Falchi, ma in inglese si pronuncia uguale) di Richard Geere", mi aveva avvisato tramite e-mail un'amica agente di casting, assai debole nello spelling.

Perchè no? "Vuoi fare la comparsa in un ricevimento di gala al Waldorf?", ho proposto a Barbara, la mia compagna italiana. Lei ha declinato immediatamente, perchè ha già fatto l'attrice in Italia: "Mi ricordo ancora la noia durante le riprese, le attese interminabili fra una scena e l'altra". Né si è fatta impressionare dalle parole "Richard Gere" e "Waldorf". Sorprendentemente, mi ha risposto: "Preferirei incontrarlo a un gala vero..."

Sono andato alla selezione del casting in un loft sporco di Tribeca, portando il mio smoking. Era uno dei giorni più afosi della tremenda estate newyorkese. Mi sono trovato a emergere dalla metropolitana in mezzo al nulla, circondato dal traffico di Canal Street. Ho cominciato a sospettare che Barbara avesse ragione. Dopo aver aspettato un'ora ho dovuto cambiarmi in uno squallido gabinetto, prima di passare l'esame.

La telefonata dell'agenzia di casting è arrivata sabato, mentre ero ospite nella villa agli Hamptons dei Califano, una coppia elegante (lei, Simona Vigna, fa la giornalista per il Magazine del Corsera, lui è uno scienziato che insegna alla Columbia University): "Presentarsi al Waldorf lunedì alle quattro del mattino".

"Ragazzi, devo fare un film con Richard Gere", ho cercato di vantarmi. Ma per il resto del week-end tutti hanno preso in giro la mia nuova "carriera cinematografica". Devo confessare che questo non è stato il mio primo contatto col cinema dall'altra parte della cinepresa: oltre a intervistare le star di Hollywood per il settimanale Oggi, sono già apparso un anno fa ne "L'Interprete", con Nicole Kidman e Sean Penn (e Catherine Keener, una mia passione segreta).

Avendo dimenticato quella dolorosa esperienza, eccomi di nuovo a fare il clown per la mia mamma, cui piace (intra)vedermi sullo schermo. Quel week-end ho obbligato Barbara a rinunciare alle feste danzanti nel locale Madame Tong di Southampton, che cominciano dopo mezzanotte: "Devo andare a letto presto, per prepararmi alla levataccia di lunedì mattina..." Ho messo la sveglia alle tre, l'ora in cui di solito torniamo da parties. Ho dormito solo due ore. Alzandomi ho svegliato Barbara, che ha mormorato sarcastica: "Si', il grande attore... Al massimo ti fanno fare la controfigura dell'uccello di Richard..."

Mentre entravo al Waldorf, un gruppo di belle ragazze stava uscendo in bigodini e pantofole su Park Avenue. Si sono indirizzate verso un furgone parcheggiato lì di fronte, che distribuiva la colazione agli artisti. Mi è sembrata una scena folle della "Dolce Vita": per un momento, ero quasi contento di essere lì. La sala Empire al piano terra del Waldorf era stata riempita con 150 sedie per noi comparse, e una dozzina di poltrone riservate al trucco davanti agli specchi delle pareti. Mentre facevo la fila per riempire un modulo, un pompiere in pensione di Brooklyn ha attaccato bottone. Un altro sessantenne, comparsa veterana, era seduto proprio dietro di me, già tutto in tiro nel suo smoking. Stava terminando di raccontare la storia della propria vita al vicino: "... E questa notte ho preso la corriera da Asbury Park nel New Jersey all'una meno un quarto, sono arrivato alla stazione dei pullman Port Authority di Manhattan, ho dormito un po' li', e poi mi sono incamminato verso il Waldorf..."

E' incredibile come certe persone riescano a essere così chiacchierone con dei perfetti sconosciuti così presto al mattino. Sapevo che il 70 per cento del tempo le comparse sul set lo passano ad aspettare. Quindi mi ero portato "I am Charlotte Simmons", l'ultimo romanzo di Tom Wolfe, così lungo che mi manca sempre qualche centinaio di pagine per finirlo. Ma ero l'unico con un libro in tutta la sala. E alla fine confesso che ho finito pure io ad ammazzare il tempo con i sudoku. Alle quattro e mezzo ha cominciato a suonare uno stupendo quartetto d'archi, che provava le musiche per il gala.

Le riprese sono cominciate soltanto alle nove. Lo sapevo. Il mio sospetto ha trovato conferma verso le cinque, quando ho sentito un costumista mormorare a un collega: "Tranquillo, tanto abbiamo ancora quattro ore". Ma in questo lasso di tempo sono stato testimone di un'incredibile trasformazione: quella di cui hanno beneficiato molte comparse donne non particolarmente avvenenti, grazie al trucco, ai capelli e ai vestiti anni Sessanta. E' proprio vero, quello fu il decennio della Bellezza. Tutte mi sono apparse improvvisamente migliorate: verso le sette la sala era piena di tante Sophie Loren e Brigitte Bardot.

Quella è stata anche l'ora in cui improvvisamente mi hanno de-Mailerizzato: "E' troppo alto per fare Norman Mailer, e poi non ha i capelli ricci", ha deciso il direttore dei costumi, retrocedendomi così da "celebrità" a comparsa normale. Da Norman a normal.

Così ho dovuto spostarmi dall'area Vip, dove sedevano i sosia di Frank Sinatra e Mia Farrow (allora sposati), Lee Radziwill (sorella di Jacqueline Kennedy) e altri. Il Gala in questione, infatti, era una ricostruzione della leggendaria Festa mascherata che lo scrittore Truman Capote organizzo' all'hotel Plaza (oggi chiuso) quarant'anni fa. Durante il quale Norman Mailer tenne sempre l'impermeabile sopra lo smoking. Durante il mattino abbiamo girato la scena degli aperitivi, con gli arrivi degli ospiti e Richard Gere che fende la folla. Nel film lui fa la parte di Clifford Irving, un tizio che finì in prigione per aver venduto una biografia falsa di Howard Hughes. Gere indossava una maschera, come tutti. Mi è sembrato piuttosto basso, nonostante i cinque centimetri guadagnati grazie a scarpe con tacchi interni ed esterni. Il premier italiano Silvio Berlusconi usa lo stesso trucco per aumentare la sua statura, non esattamente da statista.

Nel pomeriggio ci siamo trasferiti nell'adiacente salone Hilton, fra i tavoli della cena di gala, per le scene di danza. Ci hanno dato sigarette da fumare ("Erano gli anni Sessanta, ragazzi!"), che però la grande maggioranza delle comparse ha rifiutato con disgusto. Mi hanno messo al tavolo con Truman Capote e Mia Farrow: "Massaggia le spalle di Mia, tu ora fai la parte del suo manager". Ordine eseguito, non prima di aver controllato alle mie spalle dove fosse il gelosissimo Frankie Sinatra. Un aiuto regista ci ha intimato: "Non rivolgete la parola a Richard fra una scena e l'altra. Non si ricorda di voi, in ogni caso, anche se avete fatto le comparse nel suo precedente film 'Amore infedele'. E non continuate a guardarlo durante le riprese, lui era uno sconosciuto a quel party".

Siamo tutti sconosciuti in questo party: me ne sono reso conto alle sette di sera, quando finalmente ho firmato il modulo di pagamento e me ne sono tornato a casa. Come comparsa non sindacalizzata, ho guadagnato 75 dollari lordi per un giorno di lavoro. Poichè abbiamo lavorato per più di dodici ore, la cifra è stata aumentata a 85 dollari. Meno il dieci per cento per l'agente di casting, e detratto anche l'8 per cento dei contributi FICA (Federal Insurance Contributions Act), Il che suona buffo in italiano: fica e' il nome del sesso femminile. Prima volta in vita mia che ho dovuto pagarla.

Wednesday, May 12, 2004

Che emozione recitare a New York con la Kidman

Un giornalista di "Oggi" ha fatto la comparsa nell' ultimo film di Nicole

Sveglia alle 5, appuntamento al Palazzo dell'Onu. L'attesa, poi il ciak come attori veri. "Ma, alla fine, sono stato pagato meno di una colf". Cronaca di una giornata sul set di "The Interpreter" con la sex symbol

New York (Stati Uniti). L'e mail dell'agenzia di casting arriva sul mio computer giovedì: "Cerchiamo 600 comparse per The Interpreter, una domenica di lavoro". Orario e indirizzo: sei del mattino, 44a Strada di Manhattan. A due isolati dal Palazzo di vetro dell'Onu, che per la prima volta nella storia ha concesso al famoso regista Sydney Pollack (I tre giorni del Condor, Tootsie, premio Oscar per La mia Africa) il permesso di girare un film nei propri locali. 
Protagonisti Nicole Kidman (nella parte di un'interprete) e Sean Penn (agente segreto), ovvero i due attori più importanti del momento: lei Oscar nel 2003, lui premiato quest'anno. Gli unici due attori appena inseriti dal settimanale Time nella lista delle cento persone più potenti del pianeta. Poiché l'Onu continua a funzionare, le riprese avvengono solo nei week end. I giornali già annunciano The Interpreter come uno dei successi della prossima stagione. 

Mi sveglio alle cinque, pioviggina. È buio, arrivo in un palazzo cadente d'inizio secolo. Sulla scala si affollano centinaia di comparse di ogni età, prevalentemente di colore. Riempiamo un modulo, la costumista ci controlla uno a uno. L'attesa è interminabile: finalmente verso le undici ci portano a piedi nella piazza di fronte all'Onu. Lì ci sono Sydney Pollack e i suoi assistenti. Non piove più: ci danno cartelli e striscioni inneggianti a un inesistente Paese africano. 
Ecco Sean Penn, si piazza dietro a un cordone di poliziotti (attori pure loro), l'aiuto regista ci raccomanda di non guardarlo quando gli passiamo vicino. Ripetiamo la scena solo due volte ("Dovete sembrare più arrabbiati!"), poi rientriamo nel nostro ex magazzino. Ci offrono un panino al tacchino come pranzo. Fortunatamente ho portato un libro per ammazzare il tempo.

Alle quattro veniamo riconvocati per un'altra scena, vedo la Kidman allontanarsi veloce. È alta e bellissima, ma con la testa troppo grande rispetto al corpo sottile: sembra E.T. Alcuni turisti, delusi perché l'Onu è chiuso, ci scambiano per dimostranti veri. Vengo selezionato per fare un passante che rifiuta i volantini dei dimostranti. Alle sei tutto finisce, poi però c'è un'altra ora di coda per consegnare i moduli. 
Dopo due settimane mi arriva il pagamento: 75 dollari lordi, tolte le tasse e il 10 per cento all'agenzia, sono 55 dollari per tredici ore di "lavoro". La Kidman e Penn da soli guadagnano in un giorno dieci volte più di tutti noi 600 comparse messe assieme. Che per vantarsi di aver recitato con Nicole ci siamo accontentati di quattro dollari all'ora. La mia domestica ne prende quindici.

Sunday, May 09, 2004

Newsweek: My Big Date With Nicole

May 31, 2004

LETTER FROM NEW YORK; Page 11

By Mauro Suttora

https://www.newsweek.com/my-big-date-nicole-127681

"I had dinner with Nicole Kidman." Hmm... I hadn't known my friend Christian, an Italian journalist, was a celebrity hound. Like most New Yorkers, we make a point of ignoring such people. "Where?" I asked. "At the Mercer Kitchen." What did you talk about, I wanted to know. And how did a poor schmuck like Christian meet Nicole? Well, he explained, "we weren't at the same table. Just next to each other. But I was as close as possible."

Christian's boast came to mind when I received this e-mail from another friend, a casting agent: "Looking for protesters on Sunday. Movie: The Interpreter with Nicole Kidman and Sean Penn. Location: the United Nations. All ethnicities welcome. Pay: $75. Bring photo I.D."

Why not? It was my day off. I was curious. And for the rest of my life I'd be able to say I acted with Nicole Kidman. Besides, "The Interpreter" would be an international blockbuster. My mother in Italy would love it, and Christian would die of envy.

That Saturday night I could hardly sleep. Nicole! I rose before dawn, showered, shaved and headed out into the rainy darkness of my new career. Outside a rundown building on 44th Street, not far from the United Nations, a van was unloading doughnuts, and a queue of several hundred would-be extras wound out the front door. We were ushered into a huge room on the third floor, overlighted and full of grubby plastic chairs. Sadly, this was not going to be an intimate thing between Nicole and me. I spent the morning filling out forms.

Around midday, a chorus of less-than-courteous young men and women began shouting that it was time for "the talent" (meaning us) to get out on the set. It had stopped raining, so they herded us into Dag Hammarskjold Plaza. We were issued signs to wave around and told to demonstrate. Nearby, a little group of real demonstrators huddled in a tent, campaigning for a free Tibet. Tourists glared, furious that because of us they couldn't visit the United Nations. "You are the only ones who get TV coverage, huh?" one muttered, eyeing the microphones and the cameras focused on us instead of the soggy Tibetans. "Be professional," a fierce little assistant director barked. The problem was that Sean Penn had shown up, along with legendary director Sydney Pollack. In the movie Penn plays a secret agent, incognito in our midst. Right. Who wouldn't crane their necks to look at him?

After a couple of hours, we were ordered back to our holding pen, where we were again scolded--this time for jumping too enthusiastically on the buffet of turkey sandwiches. Extras may be artists, I learned, but it takes sharp elbows to get your share of free food. During the afternoon shoots, I was selected as a passerby who refuses the leaflets handed out by the protesters. I hope Pollack didn't notice; otherwise, my face will be edited out of close-ups of the demo itself. Either I protest, or I don't give a damn, but I shouldn't be permitted to switch sides so swiftly. I mean, this is not Italian politics--nor Italian B-movies of the '50s, in which Roman slaves could be seen wearing wristwatches.

At 7 p.m. we queued to get our pay. But instead of money we got another form to fill out: "No signature, no pay!" Two weeks later I received a check for $62, after federal, state and city taxes. I calculated that Nicole and Sean every day make 20 times more than all 600 extras combined. My pay amounted to $4 an hour. My maid makes $15. And I got only a glimpse of Nicole. Don't tell Christian.

© 2004 Newsweek

Sunday, March 04, 2001

Il ritorno delle ciccione

Net.tv, marzo 2001

di Mauro Suttora

Si chiama Sophie Dahl, ed è la nuova donna immagine del profumo Opium di Yves Saint Laurent. Americana, 23 anni, alta un metro e 80, taglia 48, incanta il mondo tutta nuda e burrosa, con la sua pelle bianco latte e gli occhi chiusi nell’estasi. La supera Barbara, 24 anni, taglia 52: di reggiseno porta la settima misura, e ha posato per il calendario 2001 di Elena Mirò, la linea di moda del gruppo Miroglio destinata alle taglie forti, che fa concorrenza a Max Mara e a Marina Rinaldi.

Poi c’è Ali Stuhlreyer, la grassa modella che è stata immortalata in copertina poche settimane fa da «Amica»: lo sciccoso settimanale ha dedicato un intero numero al «sovrappeso è bello», così come il supplemento femminile «D di Repubblica». Quanto a Kate Moss, un tempo magra da far paura, ultimamente ha mostrato fianchi insolitamente tondi sfilando in costume per Gucci.

Megan Gale, infine: sì, la più concupita dagli italiani è in realtà pure lei bella pienotta, con gambe muscolose (ammirabili mentre si arrampica sulla torre dell’ultimo spot Omnitel) e curve pronunciate, che a ogni sfilata fanno inorridire gli ultimi stilisti rimasti schiavi del mito dell’anoressica. Per non parlare di Gwyneth Paltrow, la secca attrice che nel suo ultimo film si fa ingrassare fino a 150 chili dal computer.

Insomma, grasso è di nuovo bello? E, comunque, sta tramontando l’era delle modelle magrissime, visto che di anoressia lle nostre adolescenti cominciano perfino a morire?
«Andiamoci piano», risponde Gabriella Galluccio Canevari, giornalista di Amica, «perché anche alle ultime sfilate di Milano, Parigi e New York la media delle modelle era, ancora e sempre, sulla misura grissino. È vera piuttosto un’altra cosa: che mentre un tempo la ciccia era completamente out, oggi rappresenta un’alternativa accettabile e presentabile».

E perfino simpatica: anche perché, diciamolo francamente, al di là dei modelli (e delle modelle) imposti dall’industria della moda e dai gusti sovente omosex (e quindi sottilmente ginofobi) degli stilisti, nella realtà di tutti i giorni il trionfo delle maggiorate non è mai cessato. Al cinema, per esempio, sono sempre loro a dettar legge. E non soltanto in Italia, con le sue più che paffute Valeria Marini e Sabrina Ferilli, o con le pettoralmente superdotate Maria Grazia Cucinotta, Manuela Arcuri e Anna Falchi, ma anche nella Francia della quasi omonima di Sophie Dahl, Béatrice Dalle, nell’Inghilterra di Elizabeth Hurley dai garretti sostanziosi, e negli Stati Uniti delle quadratissime Cameron Diaz e Sandra Bullock.

Ma prendiamo anche la più divina e conturbante, Sharon Stone: le avete mai guardato attentamente le gambe? Non assomigliano a quelle di un onesto centromediano di spinta? Nicole Kidman è in perenne lotta con la dieta. Quanto a Kate Winslet, prima e dopo «Titanic» è tutta un tripudio di rotolini.

A difendere lo stendardo del clangore di ossa sembra rimasta soltanto Julia Roberts: per il resto, se non si può dire che il muscolo più o meno flaccido faccia tendenza, certo ha conquistato tolleranza. E quindi, care donne, non angustiatevi più di tanto con le consuete diete primaverili: può darsi che la verità stia nel titolo dell’ultimo libro scritto da Richard Klein per Feltrinelli: «È tutto grasso che vola».