LA CRISI DEL PD SECONDO PANSA, PASQUINO E CALDAROLA
Oggi, 3 febbraio 2010
di Mauro Suttora
Ogni settimana uno scivolone. Prima la sconfitta alle primarie in Puglia, dove il Partito democratico col suo 26 per cento si è fatto battere da Nichi Vendola, capo di un partitino del due per cento (Sinistra e libertà). Poi le dimissioni del sindaco di Bologna Flavio Delbono, per i favori alla ex amante e segretaria. Infine la scelta del candidato governatore in Campania, Vincenzo De Luca, contestata da Antonio Di Pietro.Che succede al partito guidato da Pier Luigi Bersani? «Rischia di fare la fine della Dc», avverte Giampaolo Pansa. «È nato male, rimetterlo assieme sarà complicato», sentenzia Gianfranco Pasquino. «Anche Bersani segue il destino dei segretari del pd, che durano pochi mesi», commenta Giuseppe Caldarola con Oggi.
Abbiamo chiesto a questi tre personaggi, che il Pd lo conoscono molto da vicino, di spiegare la crisi che avviluppa il primo partito d’opposizione a meno di due mesi dalle delicate elezioni regionali. E, in particolare, il travaglio personale del segretario Bersani che, in sella da appena tre mesi, sembra già logorato. Tanto che l’ex premier Romano Prodi chiede pubblicamente (e polemicamente): «Chi comanda nel Pd?»
«Quello di Bersani non è un Vietnam che riguarda solo lui. La disfatta tocca l’intero progetto del Partito democratico»: Pasquino da New York, dove è fellow dell’Italian Academy alla Columbia University, fornisce un giudizio drastico. Il professore conosce bene i suoi polli: è stato infatti senatore della Sinistra indipendente, e poi del Pds, dal 1983 al ‘96. L’anno scorso è stato l’unico nella sinistra bolognese a opporsi a Delbono, ma con una lista civica personale ha raccolto solo il due per cento. Allora sembrava un grillo parlante.
«Appetito sessuale»
Oggi, dopo il disastro, accusa: «L’irrefrenabile appetito sessuale del sindaco era conosciuto da tutti, si sapeva dei suoi viaggi frequenti con la segretaria. Ma, come ho detto, il problema non è personale, è di struttura. Basta vedere la fine che hanno già fatto i due fondatori del Pd: Fassino e Rutelli. Dopo appena due anni il primo è sparito, il secondo se n’è andato. Il disastro, dopo Veltroni e Franceschini, è oggi ereditato da Bersani, che è l’uomo più capace, affidabile e competente. Ha dimostrato effettive capacità di governo quand’era ministro».
E allora, come mai non riesce a governare il suo partito?
«Perché il Pd è ormai composto da duecentomila persone che non saprebbero in quale altro modo vivere se perdessero la propria carica di consigliere circoscrizionale, comunale, provinciale, regionale, parlamentare o funzionario nominato in qualche ente. Non hanno una professione alla quale tornare, sono obbligati a fare politica per sempre. Perfino Ghedini può permettersi di litigare con Berlusconi, riprenderebbe a fare l’avvocato. Invece la casta dei politici di professione è inamovibile».
È l’argomento di Berlusconi contro «i politici che non hanno mai lavorato».
«Non è un insulto. Avrei qualche difficoltà a dire se e quando D’Alema o Fassino, e lo dico con affetto, hanno mai lavorato».
Qual è la soluzione, allora?
«Non il limite dei mandati, che ora colpisce i sindaci dopo otto anni. Un giovane che si dà alla politica può pianificare la propria carriera e, passando da un consiglio comunale alla Provincia, alla Regione e poi al Parlamento, coprendo tutto il cursus honorum dopo quarant’anni arriva alla pensione. Ecco perché quasi tutti i giovani politici oggi, al di là della retorica e delle loro polemiche contro i “vecchi”, sono solo ambiziosi arrivisti».
E allora? «Dovremmo eleggere soltanto chi ha già una posizione professionale alla quale fare ritorno».
Dc con pci? «impossibile»
Anche Giuseppe Caldarola è stato nel cuore del potere Ds. Direttore dell’Unità dal ‘96 al ‘98, deputato fino a due anni fa, se n’è andato alla nascita del Pd: «Che in realtà non è mai nato, perché non si possono mettere assieme le culture di Pci e Dc».
Bersani sembrava il candidato ideale.
«Ma il partito democratico mangerà anche lui. È incredibile la refrattarietà di questa formazione a qualsiasi leader. E non se ne esce con le ricette di Cacciari o Chiamparino su nuovi Ulivi o chissà cos’altro. Bersani è una persona piacevole e concreta, ma è il contrario del leader politico moderno, perché non ama il palcoscenico e non trascina. Potrebbe essere una risorsa, ma non per quella macchina tritasassi che è il Pd».
Quindi?
«Sciogliere il Pd e tornare a prima: una partito socialista moderno, come la tedesca Spd, che si allea a un centro cattolico moderato in attesa del declino di Berlusconi».
«Ma l’unica cosa che Bersani non può permettersi di fare è attendere», tuona Pansa, che ha trasferito la sua storica rubrica Bestiario dall’Espresso al quotidiano Il Riformista.
«“Meglio tirare a campare che tirare le cuoia” era il motto di Andreotti, ma ormai il partito democratico è balcanizzato. Ci sono tanti clan regionali comandati da cacicchi. Bersani può solo usare la poca forza rimasta per cambiare politica e linguaggio, scardinando una linea che non dà più frutti».
No ai clandestini
Per esempio? «Dica che i magistrati non devono andare in tv, scrivere sui giornali, partecipare a convegni politici ed essere eletti in Parlamento. Combatta gli evasori fiscali permettendo di scaricare le spese, cosicché tutti chiederanno le ricevute. Ammetta che gli immigrati clandestini aumentano la criminalità...».
Wednesday, February 10, 2010
Wednesday, February 03, 2010
Berlusconi e Craxi a Portofino
SILVIO APPRENDISTA DA BETTINO
Oggi, 25 gennaio 2010
«Ricordo bene quella giornata. Era un sabato di giugno 1988 e con mio padre stavamo tornando da Bologna a Milano. Ci chiamò Berlusconi e ci invitò a Portofino. Così con l’aereo atterrammo a Genova invece che a Milano. Fu una serata piacevolissima, tutta fra uomini. Non c’erano né mia madre, né mia sorella né Veronica, che di solito partecipavano agli incontri di famiglia. Berlusconi ci ospitò nella sua villa e mio padre ripartì la mattina dopo perché aveva un impegno. Io invece tornai a Milano con i Berlusconi».
Abbiamo chiesto a Bobo Craxi di commentare e situare le foto esclusive di queste pagine. Che descrivono bene l’atmosfera dei festosi anni Ottanta, quando tutto sembrava facile e il successo arrideva ai socialisti.
Oggi, nel decennale della morte di Craxi, metà Italia lo condanna come «latitante pregiudicato», mentre l’altra metà vorrebbe riabilitarlo come statista, intestandogli una strada. «Fu un protagonista della storia della Repubblica», ha commentato Berlusconi, «ed era mio amico».
All’apogeo del potere
Craxi era diventato presidente del Consiglio nel 1983, suscitando grandi speranze: per la prima volta un uomo di sinistra a capo del governo, dopo vent’anni di democristiani a guidare le coalizioni di centrosinistra. Sandro Pertini primo presidente della Repubblica nel 1978, Giovanni Spadolini primo premier laico tre anni dopo.
Infine Craxi. Che nell’87, dopo quattro anni di governo, deve cederlo ai democristiani in nome della «staffetta»: prima a Fanfani, poi a Goria, infine all’arcinemico Ciriaco de Mita. Ma Bettino continuava a essere l’uomo politico più importante e riverito d’Italia. Nonché detestato, dalle opposizioni.
Alla sua ombra, stava crescendo un certo Silvio Berlusconi. Imprenditore di successo, ma anche debitore di favori da parte del Psi. Se nel 1984 Craxi in persona non lo avesse salvato con un decreto d’urgenza, le sue tre televisioni sarebbero state oscurate dai pretori. La legge italiana, infatti, a quel tempo non permetteva la trasmissione in contemporanea di segnali tv su tutto il territorio nazionale da parte di privati.
Amici di famiglia
«Con Berlusconi eravamo amici di famiglia», ricorda Bobo. «Ci si vedeva a Milano e io ero amico di Dudi [Pier Silvio, ndr], anche se la differenza di età non ci permetteva di avere interessi in comune. Più che altro l’amicizia era cementata dalla comune fede milanista: in seguito Berlusconi mi fece entrare nel consiglio d’amministrazione del Milan. Ci vedevamo allo stadio, quindi, e spesso nelle trasferte del Milan in Coppa dei Campioni. Era lo squadrone di Sacchi e Gullit, ricordo la prima volta che lo seguimmo in una partita internazionale. Eravamo andati a Gijon, nelle Asturie».
E a Portofino le famiglie Craxi e Berlusconi non si frequentavano?
«No, che io ricordi quella fu la prima sera assieme. Noi, quando andavamo a Portofino, di solito eravamo ospiti della famiglia Recchi. Berlusconi invece a quell’epoca aveva una villa diversa dall’attuale, piuttosto scomoda da raggiungere perché ci si approdava solo in barca. Poi l’ha venduta agli stilisti Dolce e Gabbana. Ricordo che quella sera fu abbastanza complicato tornare a casa, imbarcandoci di notte dopo la cena».
Scena della classica «schitarrata», il ristorante più classico di Portofino: Puny, il locale di Luigi Miroli nella piazzetta centrale. Adesso Puny è in chiusura invernale, ma Miroli da casa sua ricorda quei tempi: «Ero onorato di avere spesso fra i miei ospiti sia Craxi, sia Berlusconi. Ma forse quella fu la prima sera che fecero tavolata assieme».
Ugole socialiste
Il nome del chitarrista, l’Apicella di allora, non se lo ricorda più nessuno. «Ma ho bene in mente il repertorio», dice Bobo, «perché era quello per cui andavano pazzi sia Berlusconi, sia mio padre: Yves Montand, Henri Salvador, Charles Trenet, e qualsiasi nota che profumasse di Francia anni Cinquanta».
Craxi non cantava, ma amava circondarsi di cantanti: alla corte del Garofano non mancavano le serate all’insegna dell’ugola, fosse quella di Caterina Caselli o di Tony Renis. E in questo mondo conviviale e festaiolo Berlusconi ci sguazzava felice, potendo stare al centro dell’attenzione grazie alle proprie doti canore.
Amicizia a parte, sul rapporto Craxi-Berlusconi sono stati scritti libri. In queste foto, specialmente in quella in cui Silvio si tiene a rispettosa distanza da Craxi padre e figlio che posano assieme, si intuisce il senso di gratitudine e di deferenza che l’attuale premier aveva per il capo socialista. Probabilmente l’unico uomo politico di professione che lui, imprenditore brianzolo, non solo riusciva a sopportare, ma ammirava sinceramente.
«Eppure venivano da mondi totalmente diversi», commenta Bobo. «Mio padre era un politico di razza, dotato di profonda cultura storica e democratica. Era il classico figlio dei partiti e del partito. Berlusconi, al contrario, era un self made man. L’unico tratto comune che vedo fra i due, in politica, è che Berlusconi ha perfezionato il modello di “leader carismatico” iniziato da mio padre. Ma per il resto, considerarlo l’erede di Craxi non mi pare corretto. Berlusconi ha ereditato più Dc che Psi. La maggioranza dei socialisti, infatti, non è entrata in Forza Italia».
In queste foto, però, c’è l’idea di un Berlusconi «apprendista» di Craxi. E che cinque anni più tardi, alla caduta rovinosa del Psi e di mezza Dc, ne colmerà il vuoto.
Litigata sulla droga
Fra i personaggi di quella stagione a Portofino appare anche Francesco Cardella, fondatore di una comunità per il recupero di tossicodipendenti a Trapani. «Proprio la droga in quel periodo mi fece litigare con mio padre», ricorda Bobo, «perché io non condivisi la linea dura adottata dal Psi nell’88. Lui si arrabbiò molto con me, ma io lo avvertii che ci stavamo allontanando dai giovani». Si allontanava anche la stagione del «movimentismo» Psi con i radicali, che aveva portato al referendum contro il nucleare l’anno precedente. Craxi non era più capo del governo e aveva rifiutato di abbassarsi a diventare ministro in quelli di Goria e De Mita. Ma rimaneva più in sella che mai, e quando De Mita cadde promosse l’alleanza del Caf (Craxi-Andreotti-Forlani), che guidò l’Italia per un quadriennio. Fino al crollo di Tangentopoli. Che fece improvvisamente ingiallire tutte queste foto.
Mauro Suttora
Oggi, 25 gennaio 2010
«Ricordo bene quella giornata. Era un sabato di giugno 1988 e con mio padre stavamo tornando da Bologna a Milano. Ci chiamò Berlusconi e ci invitò a Portofino. Così con l’aereo atterrammo a Genova invece che a Milano. Fu una serata piacevolissima, tutta fra uomini. Non c’erano né mia madre, né mia sorella né Veronica, che di solito partecipavano agli incontri di famiglia. Berlusconi ci ospitò nella sua villa e mio padre ripartì la mattina dopo perché aveva un impegno. Io invece tornai a Milano con i Berlusconi».
Abbiamo chiesto a Bobo Craxi di commentare e situare le foto esclusive di queste pagine. Che descrivono bene l’atmosfera dei festosi anni Ottanta, quando tutto sembrava facile e il successo arrideva ai socialisti.
Oggi, nel decennale della morte di Craxi, metà Italia lo condanna come «latitante pregiudicato», mentre l’altra metà vorrebbe riabilitarlo come statista, intestandogli una strada. «Fu un protagonista della storia della Repubblica», ha commentato Berlusconi, «ed era mio amico».
All’apogeo del potere
Craxi era diventato presidente del Consiglio nel 1983, suscitando grandi speranze: per la prima volta un uomo di sinistra a capo del governo, dopo vent’anni di democristiani a guidare le coalizioni di centrosinistra. Sandro Pertini primo presidente della Repubblica nel 1978, Giovanni Spadolini primo premier laico tre anni dopo.
Infine Craxi. Che nell’87, dopo quattro anni di governo, deve cederlo ai democristiani in nome della «staffetta»: prima a Fanfani, poi a Goria, infine all’arcinemico Ciriaco de Mita. Ma Bettino continuava a essere l’uomo politico più importante e riverito d’Italia. Nonché detestato, dalle opposizioni.
Alla sua ombra, stava crescendo un certo Silvio Berlusconi. Imprenditore di successo, ma anche debitore di favori da parte del Psi. Se nel 1984 Craxi in persona non lo avesse salvato con un decreto d’urgenza, le sue tre televisioni sarebbero state oscurate dai pretori. La legge italiana, infatti, a quel tempo non permetteva la trasmissione in contemporanea di segnali tv su tutto il territorio nazionale da parte di privati.
Amici di famiglia
«Con Berlusconi eravamo amici di famiglia», ricorda Bobo. «Ci si vedeva a Milano e io ero amico di Dudi [Pier Silvio, ndr], anche se la differenza di età non ci permetteva di avere interessi in comune. Più che altro l’amicizia era cementata dalla comune fede milanista: in seguito Berlusconi mi fece entrare nel consiglio d’amministrazione del Milan. Ci vedevamo allo stadio, quindi, e spesso nelle trasferte del Milan in Coppa dei Campioni. Era lo squadrone di Sacchi e Gullit, ricordo la prima volta che lo seguimmo in una partita internazionale. Eravamo andati a Gijon, nelle Asturie».
E a Portofino le famiglie Craxi e Berlusconi non si frequentavano?
«No, che io ricordi quella fu la prima sera assieme. Noi, quando andavamo a Portofino, di solito eravamo ospiti della famiglia Recchi. Berlusconi invece a quell’epoca aveva una villa diversa dall’attuale, piuttosto scomoda da raggiungere perché ci si approdava solo in barca. Poi l’ha venduta agli stilisti Dolce e Gabbana. Ricordo che quella sera fu abbastanza complicato tornare a casa, imbarcandoci di notte dopo la cena».
Scena della classica «schitarrata», il ristorante più classico di Portofino: Puny, il locale di Luigi Miroli nella piazzetta centrale. Adesso Puny è in chiusura invernale, ma Miroli da casa sua ricorda quei tempi: «Ero onorato di avere spesso fra i miei ospiti sia Craxi, sia Berlusconi. Ma forse quella fu la prima sera che fecero tavolata assieme».
Ugole socialiste
Il nome del chitarrista, l’Apicella di allora, non se lo ricorda più nessuno. «Ma ho bene in mente il repertorio», dice Bobo, «perché era quello per cui andavano pazzi sia Berlusconi, sia mio padre: Yves Montand, Henri Salvador, Charles Trenet, e qualsiasi nota che profumasse di Francia anni Cinquanta».
Craxi non cantava, ma amava circondarsi di cantanti: alla corte del Garofano non mancavano le serate all’insegna dell’ugola, fosse quella di Caterina Caselli o di Tony Renis. E in questo mondo conviviale e festaiolo Berlusconi ci sguazzava felice, potendo stare al centro dell’attenzione grazie alle proprie doti canore.
Amicizia a parte, sul rapporto Craxi-Berlusconi sono stati scritti libri. In queste foto, specialmente in quella in cui Silvio si tiene a rispettosa distanza da Craxi padre e figlio che posano assieme, si intuisce il senso di gratitudine e di deferenza che l’attuale premier aveva per il capo socialista. Probabilmente l’unico uomo politico di professione che lui, imprenditore brianzolo, non solo riusciva a sopportare, ma ammirava sinceramente.
«Eppure venivano da mondi totalmente diversi», commenta Bobo. «Mio padre era un politico di razza, dotato di profonda cultura storica e democratica. Era il classico figlio dei partiti e del partito. Berlusconi, al contrario, era un self made man. L’unico tratto comune che vedo fra i due, in politica, è che Berlusconi ha perfezionato il modello di “leader carismatico” iniziato da mio padre. Ma per il resto, considerarlo l’erede di Craxi non mi pare corretto. Berlusconi ha ereditato più Dc che Psi. La maggioranza dei socialisti, infatti, non è entrata in Forza Italia».
In queste foto, però, c’è l’idea di un Berlusconi «apprendista» di Craxi. E che cinque anni più tardi, alla caduta rovinosa del Psi e di mezza Dc, ne colmerà il vuoto.
Litigata sulla droga
Fra i personaggi di quella stagione a Portofino appare anche Francesco Cardella, fondatore di una comunità per il recupero di tossicodipendenti a Trapani. «Proprio la droga in quel periodo mi fece litigare con mio padre», ricorda Bobo, «perché io non condivisi la linea dura adottata dal Psi nell’88. Lui si arrabbiò molto con me, ma io lo avvertii che ci stavamo allontanando dai giovani». Si allontanava anche la stagione del «movimentismo» Psi con i radicali, che aveva portato al referendum contro il nucleare l’anno precedente. Craxi non era più capo del governo e aveva rifiutato di abbassarsi a diventare ministro in quelli di Goria e De Mita. Ma rimaneva più in sella che mai, e quando De Mita cadde promosse l’alleanza del Caf (Craxi-Andreotti-Forlani), che guidò l’Italia per un quadriennio. Fino al crollo di Tangentopoli. Che fece improvvisamente ingiallire tutte queste foto.
Mauro Suttora
Thursday, January 28, 2010
Il Foglio su 'Mussolini segreto'
Smemorie finiane. Divorzio e memoria. Rileggere Dino Grandi per capire certe passioni da divorzio breve. Rileggere Claretta sulla razza
Il Foglio, 28 gennaio 2010
di Francesco Agnoli
La prima: da tempo alcuni parlamentari che furono di An si battono per il divorzio breve. Tra costoro Maria Ida Germontani, i cui disegni di legge sono applauditi dall’associazione radicale per il divorzio breve. I dati sono questi: i divorzi crescono ogni anno e con essi le problematiche connesse all’equilibrato sviluppo psicologico di figli che possiedono un solo o più di due genitori. Quanto a quest’ultimi, secondo il presidente nazionale dell’Ami, l’associazione matrimonialisti italiani, “ogni anno in Italia si separano circa 160 mila persone e centomila sono i nuovi divorziati. “E’ un fenomeno che riguarda per lo più operai, impiegati ed insegnanti. Le separazioni e i divorzi, dati gli obblighi economici e le spese che determinano, trasformano questi lavoratori in veri e propri ‘clochard’”.
Secondo l’Ami il 25 per cento degli ospiti delle mense dei poveri sono separati e divorziate. Nell’80 per cento dei casi si tratta di padri separati, obbligati a mantenere moglie e figli e senza più risorse per sopravvivere. Molti di questi dormono in auto e i più fortunati (circa 500 mila) sono tornati nelle loro famiglie d’origine (fonte Apcom).
Di fronte a questo disastro non sarebbe meglio, piuttosto che facilitare ancora il divorzio, puntare su una rinascita del senso della famiglia, che renda quantomeno meno frequenti certi drammi umani?
In verità le battaglie della Germontani rammentano quanto racconta il vaticanista Benny Lai nel suo “Il mio Vaticano” (Rubbettino). All’indomani della consultazione referendaria sul divorzio del 1974, l’ex ministro degli Esteri e Guardasigilli fascista Dino Grandi espresse a Benny Lai la sua soddisfazione per l’esito, spiegandogli che si era giunti finalmente a quello che anche lui e Mussolini avrebbero voluto, tanti anni prima:
“Mussolini pretendeva che la Santa Sede, la quale aveva rafforzato la sua stretta neutralità dopo l’intervento dell’Italia in guerra, si schierasse a favore delle potenze dell’Asse. A sua volta Hitler insisteva, con la sua nota stupidità, che l’Italia rompesse con la Santa Sede. A quel tempo… toccava a me provvedere alla redazione del nuovo codice civile. Ebbene, ricevetti ordini perentori da Mussolini di stendere gli articoli relativi
al matrimonio in modo che fossero in contrasto all’articolo 34 del concordato…
Allora mi ribellai, mi ribellai per ragioni tattiche”, così che alla fine Mussolini disse: “Questi preti mi hanno fregato. Forse tu hai ragione (a dire che non è questo il momento opportuno, ndr) ma la prima cosa che farò dopo la guerra sarà la denuncia del concordato”.
Seconda riflessione: non molto tempo fa Gianfranco Fini ebbe a spiegare che la chiesa non aveva fatto abbastanza contro le leggi razziali del 1938. Un’accusa singolare. Ancora più singolare vista l’idea di Fini, ripetuta più volte, sulla necessità che la chiesa non invada spazi che non le appartengono. Recentemente è uscito il diario di Claretta Petacci, “Mussolini segreto”, a cura di Mauro Suttora (Rizzoli). Ne consiglio la lettura al presidente della Camera. Potrà trovarci ad esempio queste frasi: “8 ottobre 1938. Mussolini è indignato con Pio XI, che ha dichiarato ‘spiritualmente siamo tutti semiti’ e chiede di riconoscere la validità dei matrimoni religiosi misti tra ebrei e cattolici. ‘Tu non sai il male che fa questo Papa alla chiesa. Mai Papa fu tanto nefasto alla religione come questo. Ci sono cattolici profondi che lo ripudiano. Ha perduto quasi tutto il mondo. La Germania completamente… E lui fa cose indegne. Come quella di dire che noi siamo simili ai semiti. Come, li abbiamo combattuti per secoli, li odiamo, e siamo come loro. Abbiamo lo stesso sangue! Ah! Credi, è nefasto’.
‘Adesso sta facendo una campagna contraria per questa cosa dei matrimoni. Vorrei vedere che un italiano si sposasse con una negra… Lui dia pure il permesso, io non darò mai il consenso…Ha scontentato tutti i cattolici, fa discorsi cattivi e sciocchi. Quello dice: ‘Compiangere gli ebrei’, e dice: ‘Io mi sento simile a loro’… E’ il colmo’”.
10 novembre 1938. Il governo approva il decreto legge sulla razza che entrerà in vigore una settimana dopo. Benito ne parla a Claretta: “‘Oggi abbiamo trattato la questione degli ebrei. Certamente sua santità solleverà delle proteste, perché non riconosceremo i matrimoni misti. Se la Chiesa vorrà farne, faccia pure’”.
“16 novembre 1938. Nuovo sfogo contro Pio XI. ‘Ah no! Qui il Vaticano vuole la rottura. Ed io romperò, se continuano così. Troncherò ogni rapporto, torno indietro, distruggo il patto. Sono dei miserabili ipocriti. Ho proibito i matrimoni misti, e il Papa mi chiede di far sposare un italiano con una negra’”.
Per la storia: il Mussolini socialista, prima di divenire il duce, spiegava che la chiesa era contro la scienza: scrisse
infiniti articoli su Galilei e Giordano Bruno, e si dilettò nel confermare il materialismo di Marx alla luce di Darwin
in un articolo intitolato “Centenario darwiniano”. Si riteneva molto scientifico. Infatti volle che il Manifesto della Razza del 1938 avesse il crisma della scienza: fu firmato non dai “pipistrelli” che hanno paura della scienza, dalle “pallide ombre del medioevo”, come il giovane Benito chiamava i sacerdoti, ma da dieci scienziati-scientisti, tra i più “in” dell’epoca: antropologi, medici e zoologi.
Il Foglio, 28 gennaio 2010
di Francesco Agnoli
La prima: da tempo alcuni parlamentari che furono di An si battono per il divorzio breve. Tra costoro Maria Ida Germontani, i cui disegni di legge sono applauditi dall’associazione radicale per il divorzio breve. I dati sono questi: i divorzi crescono ogni anno e con essi le problematiche connesse all’equilibrato sviluppo psicologico di figli che possiedono un solo o più di due genitori. Quanto a quest’ultimi, secondo il presidente nazionale dell’Ami, l’associazione matrimonialisti italiani, “ogni anno in Italia si separano circa 160 mila persone e centomila sono i nuovi divorziati. “E’ un fenomeno che riguarda per lo più operai, impiegati ed insegnanti. Le separazioni e i divorzi, dati gli obblighi economici e le spese che determinano, trasformano questi lavoratori in veri e propri ‘clochard’”.
Secondo l’Ami il 25 per cento degli ospiti delle mense dei poveri sono separati e divorziate. Nell’80 per cento dei casi si tratta di padri separati, obbligati a mantenere moglie e figli e senza più risorse per sopravvivere. Molti di questi dormono in auto e i più fortunati (circa 500 mila) sono tornati nelle loro famiglie d’origine (fonte Apcom).
Di fronte a questo disastro non sarebbe meglio, piuttosto che facilitare ancora il divorzio, puntare su una rinascita del senso della famiglia, che renda quantomeno meno frequenti certi drammi umani?
In verità le battaglie della Germontani rammentano quanto racconta il vaticanista Benny Lai nel suo “Il mio Vaticano” (Rubbettino). All’indomani della consultazione referendaria sul divorzio del 1974, l’ex ministro degli Esteri e Guardasigilli fascista Dino Grandi espresse a Benny Lai la sua soddisfazione per l’esito, spiegandogli che si era giunti finalmente a quello che anche lui e Mussolini avrebbero voluto, tanti anni prima:
“Mussolini pretendeva che la Santa Sede, la quale aveva rafforzato la sua stretta neutralità dopo l’intervento dell’Italia in guerra, si schierasse a favore delle potenze dell’Asse. A sua volta Hitler insisteva, con la sua nota stupidità, che l’Italia rompesse con la Santa Sede. A quel tempo… toccava a me provvedere alla redazione del nuovo codice civile. Ebbene, ricevetti ordini perentori da Mussolini di stendere gli articoli relativi
al matrimonio in modo che fossero in contrasto all’articolo 34 del concordato…
Allora mi ribellai, mi ribellai per ragioni tattiche”, così che alla fine Mussolini disse: “Questi preti mi hanno fregato. Forse tu hai ragione (a dire che non è questo il momento opportuno, ndr) ma la prima cosa che farò dopo la guerra sarà la denuncia del concordato”.
Seconda riflessione: non molto tempo fa Gianfranco Fini ebbe a spiegare che la chiesa non aveva fatto abbastanza contro le leggi razziali del 1938. Un’accusa singolare. Ancora più singolare vista l’idea di Fini, ripetuta più volte, sulla necessità che la chiesa non invada spazi che non le appartengono. Recentemente è uscito il diario di Claretta Petacci, “Mussolini segreto”, a cura di Mauro Suttora (Rizzoli). Ne consiglio la lettura al presidente della Camera. Potrà trovarci ad esempio queste frasi: “8 ottobre 1938. Mussolini è indignato con Pio XI, che ha dichiarato ‘spiritualmente siamo tutti semiti’ e chiede di riconoscere la validità dei matrimoni religiosi misti tra ebrei e cattolici. ‘Tu non sai il male che fa questo Papa alla chiesa. Mai Papa fu tanto nefasto alla religione come questo. Ci sono cattolici profondi che lo ripudiano. Ha perduto quasi tutto il mondo. La Germania completamente… E lui fa cose indegne. Come quella di dire che noi siamo simili ai semiti. Come, li abbiamo combattuti per secoli, li odiamo, e siamo come loro. Abbiamo lo stesso sangue! Ah! Credi, è nefasto’.
‘Adesso sta facendo una campagna contraria per questa cosa dei matrimoni. Vorrei vedere che un italiano si sposasse con una negra… Lui dia pure il permesso, io non darò mai il consenso…Ha scontentato tutti i cattolici, fa discorsi cattivi e sciocchi. Quello dice: ‘Compiangere gli ebrei’, e dice: ‘Io mi sento simile a loro’… E’ il colmo’”.
10 novembre 1938. Il governo approva il decreto legge sulla razza che entrerà in vigore una settimana dopo. Benito ne parla a Claretta: “‘Oggi abbiamo trattato la questione degli ebrei. Certamente sua santità solleverà delle proteste, perché non riconosceremo i matrimoni misti. Se la Chiesa vorrà farne, faccia pure’”.
“16 novembre 1938. Nuovo sfogo contro Pio XI. ‘Ah no! Qui il Vaticano vuole la rottura. Ed io romperò, se continuano così. Troncherò ogni rapporto, torno indietro, distruggo il patto. Sono dei miserabili ipocriti. Ho proibito i matrimoni misti, e il Papa mi chiede di far sposare un italiano con una negra’”.
Per la storia: il Mussolini socialista, prima di divenire il duce, spiegava che la chiesa era contro la scienza: scrisse
infiniti articoli su Galilei e Giordano Bruno, e si dilettò nel confermare il materialismo di Marx alla luce di Darwin
in un articolo intitolato “Centenario darwiniano”. Si riteneva molto scientifico. Infatti volle che il Manifesto della Razza del 1938 avesse il crisma della scienza: fu firmato non dai “pipistrelli” che hanno paura della scienza, dalle “pallide ombre del medioevo”, come il giovane Benito chiamava i sacerdoti, ma da dieci scienziati-scientisti, tra i più “in” dell’epoca: antropologi, medici e zoologi.
Wednesday, January 27, 2010
Mentana torna a Mediaset?
IMPERO MEDIASET, IL FONDATORE DEL TG5 E IL PARTITO DELL'AMORE
Un anno fa Mentana se ne andava da Matrix tra dure polemiche. Ora, le clamorose voci di un ritorno. E Feltri, a sorpesa, lo benedice
di Mauro Suttora
Oggi, 27 gennaio 2010
Vittorio Feltri, ha sentito che Enrico Mentana torna a Mediaset?
«Davvero? A me non risulta».
A noi sì: ci sarebbe già stato un incontro diretto Mentana-Silvio Berlusconi, poi uno con Fedele Confalonieri, e adesso la pace attende solo di essere ratificata da Berlusconi junior, Pier Silvio.
«Mah, se succederà, sarà un bene per tutti: con Mentana in Tv ci guadagna la Tv, e soprattutto lui. È un conduttore capacissimo, un fuoriclasse. Un po' meno bravo come ospite: l'ho visto a disagio ultimamente».
Fra i giornalisti berlusconiani lui è considerato il moderato, lei l'estremista.
«Ma facciamo due mestieri diversi. Io dirigo un giornale d'opinione, lui a Matrix metteva lì cinque ospiti e li faceva parlare. Io mi devo esporre, altrimenti senza opinioni che razza di giornale d' opinione farei? E devono essere opinioni forti, che non facciano addormentare i lettori, se no loro smettono di comprare il Giornale. Mentana invece prima faceva un telegiornale che doveva accontentare tutti senza sbilanciarsi troppo. Perché in prima serata sei obbligato a essere ecumenico, non puoi fare il fazioso. E poi Matrix, in cui non doveva prendere posizione. Questo non vuol dire disistima da parte mia verso Mentana, anzi: ripeto che è bravissimo».
Il ritorno di Mentana all'ovile è il primo risultato del «partito dell'amore»? Berlusconi dopo l' assalto subìto il 13 dicembre ha annunciato che «l'amore trionferà contro l'odio e l'invidia». Ha cominciato lui, perdonando il figliol prodigo?
«Berlusconi fa le cose che reputa convenienti, e ha una speciale abilità nel farlo. Come Mentana, d'altronde».
Però dopo la cacciata di un anno fa da Matrix Mentana era molto arrabbiato. Non sono neppure riusciti a mettersi d'accordo su che cosa fosse successo, se dimissioni o licenziamento. Poi si è sfogato scrivendo contro Berlusconi un intero libro, in cui ha accusato le Tv Mediaset di essere militarizzate, al servizio dei suoi interessi politici.
«Erano anni che Mentana non si trovava bene a Mediaset. E quando sei irritato, lasci anche solo per un'impuntatura. Era un rapporto che si poteva benissimo rappattumare, ma sotto incazzatura detesti tutto e tutti. Mentana aveva bisogno di sfogarsi, e lo ha fatto scrivendo un libro fondamentale di cui non è fregato nulla a nessuno».
E allora cosa sarà successo, per farli riavvicinare?
«Ma niente, il tempo medica tutto. È come quando si litiga con la moglie: lì per lì la vuoi lasciare, poi ci ripensi e si fa la pace. Mentana ha capito di avere pestato una m... Pardon, poi dicono che sono volgare... Ha capito di essere scivolato su una buccia di banana, e siccome oltre che a essere bravo è anche intelligente, è tornato sui suoi passi. Inutile stare lì a rodersi e a far niente. Sempre che questo ritorno si avveri».
"USATO SICURO COME RONALDINHO"?
Ma per Mediaset il recupero di Mentana non rischia di essere una minestra riscaldata?
«Mentana rappresenta sempre una garanzia. Come quei grandi campioni un po' usati ma sicuri, tipo Ronaldinho...».
Tornerà a Matrix, al posto del povero Alessio Vinci che non ha fatto grandi ascolti e viene regolarmente battuto da Bruno Vespa?
«Alessio Vinci è tutt'altro che un fesso, è bravo a fare Tv di qualità e sicuramente avrà successo con un programma diverso».
A proposito, Feltri, lei come si trova con un giornale diverso?
«Quand'ero a Libero dicevano che ero il grillo parlante di Berlusconi. Ora invece mi accusano di prendere ordini da lui. Però gli stessi dicono anche che lo danneggio perché ho criticato Fini. Insomma, che si mettano d' accordo con loro stessi. Ultimamente, poi, quando ho criticato anche Berlusconi perché non abbassa le tasse, a Repubblica si sono stupiti per la mia indipendenza, ed eccoli tutti lì a chiedersi cosa c'è sotto. Non capiscono, forse perché non sanno bene cos'è l'indipendenza...».
IL FIGLIOL PRODIGO: PERSONAGGI E INTERPRETI
Fedele Confalonieri, 72 anni, presidente di Mediaset, con Enrico Mentana, 55, e Pier Silvio Berlusconi, 40, vicepresidente Mediaset. Il premier Silvio Berlusconi, 73, padrone delle tv Mediaset, e Vittorio Feltri, 66, direttore del quotidiano Il Giornale, di proprietà della famiglia Berlusconi.
Nel febbraio 2009 Mentana aveva lasciato burrascosamente Mediaset dopo il rifiuto di trasmettere uno speciale di Matrix su Eluana Englaro in prima serata su Canale 5. Nel suo libro Passionaccia (Rizzoli), uscito a maggio, Mentana scrive che Mediaset è un «comitato elettorale».
Mauro Suttora
Un anno fa Mentana se ne andava da Matrix tra dure polemiche. Ora, le clamorose voci di un ritorno. E Feltri, a sorpesa, lo benedice
di Mauro Suttora
Oggi, 27 gennaio 2010
Vittorio Feltri, ha sentito che Enrico Mentana torna a Mediaset?
«Davvero? A me non risulta».
A noi sì: ci sarebbe già stato un incontro diretto Mentana-Silvio Berlusconi, poi uno con Fedele Confalonieri, e adesso la pace attende solo di essere ratificata da Berlusconi junior, Pier Silvio.
«Mah, se succederà, sarà un bene per tutti: con Mentana in Tv ci guadagna la Tv, e soprattutto lui. È un conduttore capacissimo, un fuoriclasse. Un po' meno bravo come ospite: l'ho visto a disagio ultimamente».
Fra i giornalisti berlusconiani lui è considerato il moderato, lei l'estremista.
«Ma facciamo due mestieri diversi. Io dirigo un giornale d'opinione, lui a Matrix metteva lì cinque ospiti e li faceva parlare. Io mi devo esporre, altrimenti senza opinioni che razza di giornale d' opinione farei? E devono essere opinioni forti, che non facciano addormentare i lettori, se no loro smettono di comprare il Giornale. Mentana invece prima faceva un telegiornale che doveva accontentare tutti senza sbilanciarsi troppo. Perché in prima serata sei obbligato a essere ecumenico, non puoi fare il fazioso. E poi Matrix, in cui non doveva prendere posizione. Questo non vuol dire disistima da parte mia verso Mentana, anzi: ripeto che è bravissimo».
Il ritorno di Mentana all'ovile è il primo risultato del «partito dell'amore»? Berlusconi dopo l' assalto subìto il 13 dicembre ha annunciato che «l'amore trionferà contro l'odio e l'invidia». Ha cominciato lui, perdonando il figliol prodigo?
«Berlusconi fa le cose che reputa convenienti, e ha una speciale abilità nel farlo. Come Mentana, d'altronde».
Però dopo la cacciata di un anno fa da Matrix Mentana era molto arrabbiato. Non sono neppure riusciti a mettersi d'accordo su che cosa fosse successo, se dimissioni o licenziamento. Poi si è sfogato scrivendo contro Berlusconi un intero libro, in cui ha accusato le Tv Mediaset di essere militarizzate, al servizio dei suoi interessi politici.
«Erano anni che Mentana non si trovava bene a Mediaset. E quando sei irritato, lasci anche solo per un'impuntatura. Era un rapporto che si poteva benissimo rappattumare, ma sotto incazzatura detesti tutto e tutti. Mentana aveva bisogno di sfogarsi, e lo ha fatto scrivendo un libro fondamentale di cui non è fregato nulla a nessuno».
E allora cosa sarà successo, per farli riavvicinare?
«Ma niente, il tempo medica tutto. È come quando si litiga con la moglie: lì per lì la vuoi lasciare, poi ci ripensi e si fa la pace. Mentana ha capito di avere pestato una m... Pardon, poi dicono che sono volgare... Ha capito di essere scivolato su una buccia di banana, e siccome oltre che a essere bravo è anche intelligente, è tornato sui suoi passi. Inutile stare lì a rodersi e a far niente. Sempre che questo ritorno si avveri».
"USATO SICURO COME RONALDINHO"?
Ma per Mediaset il recupero di Mentana non rischia di essere una minestra riscaldata?
«Mentana rappresenta sempre una garanzia. Come quei grandi campioni un po' usati ma sicuri, tipo Ronaldinho...».
Tornerà a Matrix, al posto del povero Alessio Vinci che non ha fatto grandi ascolti e viene regolarmente battuto da Bruno Vespa?
«Alessio Vinci è tutt'altro che un fesso, è bravo a fare Tv di qualità e sicuramente avrà successo con un programma diverso».
A proposito, Feltri, lei come si trova con un giornale diverso?
«Quand'ero a Libero dicevano che ero il grillo parlante di Berlusconi. Ora invece mi accusano di prendere ordini da lui. Però gli stessi dicono anche che lo danneggio perché ho criticato Fini. Insomma, che si mettano d' accordo con loro stessi. Ultimamente, poi, quando ho criticato anche Berlusconi perché non abbassa le tasse, a Repubblica si sono stupiti per la mia indipendenza, ed eccoli tutti lì a chiedersi cosa c'è sotto. Non capiscono, forse perché non sanno bene cos'è l'indipendenza...».
IL FIGLIOL PRODIGO: PERSONAGGI E INTERPRETI
Fedele Confalonieri, 72 anni, presidente di Mediaset, con Enrico Mentana, 55, e Pier Silvio Berlusconi, 40, vicepresidente Mediaset. Il premier Silvio Berlusconi, 73, padrone delle tv Mediaset, e Vittorio Feltri, 66, direttore del quotidiano Il Giornale, di proprietà della famiglia Berlusconi.
Nel febbraio 2009 Mentana aveva lasciato burrascosamente Mediaset dopo il rifiuto di trasmettere uno speciale di Matrix su Eluana Englaro in prima serata su Canale 5. Nel suo libro Passionaccia (Rizzoli), uscito a maggio, Mentana scrive che Mediaset è un «comitato elettorale».
Mauro Suttora
Emma Bonino e Renata Polverini
LAZIO, LA DISFIDA DELLE RAGAZZE
Chi sono (davvero) le due donne che si contendono Roma
Da una parte c'è la sindacalista di Destra spesso apprezzata anche dalla Sinistra. Dall'altra, la radicale valorizzata da Berlusconi. Ecco le protagoniste delle Regionali
di Mauro Suttora
Oggi, 27 gennaio 2010
La sede del suo sindacato, l'Ugl, è in via Margutta, la strada più chic di Roma. Come se a Milano i metalmeccanici stessero in via Montenapoleone. Ma non è l' unico miracolo compiuto da Renata Polverini, capa dell'Unione generale del lavoro (l'ex Cisnal neofascista). Milena Gabanelli, in Report, ha formulato dubbi sul numero reale dei suoi iscritti. La Ugl ne vanta più di due milioni. Qualcuno mormora che a questa cifra bisognerebbe togliere uno zero. E lei, Renata, non smentisce: «Non fatemi parlare, ne avrei di cose da raccontare...», minaccia. Come dire: così fan tutti, controllate anche i cinque milioni di iscritti alla Cgil, i quattro della Cisl, i due della Uil. Con tanto di moltiplicazione di poltrone (e stipendi) nei consigli di amministrazione Inps e di tutti gli altri enti dove ai sindacati spettano posti.
Il palazzo di via Margutta è di proprietà, come l'attiguo Hotel de Russie, dei conti Vaselli: palazzinari in affari per centinaia di milioni con il Comune di Roma. Uno di loro è stato condannato a quattro anni come complice di Ciancimino, e ha latitato per tre anni. Il canone d' affitto all'Ugl non è noto, ma potrebbe diventare fonte di conflitto d'interessi se Renata Polverini fosse eletta governatrice.
Emma Bonino, invece, di iscritti ne ha solo 200: tanti erano quelli al suo partito radicale a metà gennaio. C'è da dire che la tessera va rinnovata ogni anno e costa parecchio: 200 euro. Ma i numeri non sono mai stati un problema per lei e Marco Pannella. Anche con tremila iscritti e solo il tre per cento dei voti, negli ultimi quarant' anni hanno cambiato l' Italia: divorzio, aborto, obiezione di coscienza, diritti gay, nucleare, finanziamento pubblico ai partiti... Ora lottano per il testamento biologico, sull' onda dei casi di Piero Welby ed Eluana Englaro.
Il periodo d'oro di Emma (così la chiamavano tutti, finché la sua omonima Marcegaglia è diventata presidente Confindustria: ora bisogna specificare) è stato dal 1994 al '99, quando fu commissaria europea ai Diritti umani. Andò in Afghanistan nel '97, quando nessuno si preoccupava di al Qaeda e talebani. Ci litigò subito, loro la arrestarono. Per dieci anni ammonì invano sulle stragi nella ex Jugoslavia, finché la Nato dovette intervenire in Kosovo. Tutto il mondo la lodò, l'Economist scrisse addirittura che era stata la migliore commissaria Ue. Risultato: il governo italiano non le rinnovò il mandato. Altrimenti ci sarebbe lei ora sulla poltrona del Segretario generale Onu, al posto dell'incolore Ban Ki Moon.
«E pensare che in Europa l'ho mandata io, peccato ora averla contro», sospira Silvio Berlusconi. È vero: sedici anni fa, quando fu premier la prima volta, la preferì a (indovinate chi?) Giorgio Napolitano, anche lui in lizza per Bruxelles. Poi però nel ' 99 Silvio s'ingelosì perché alle Europee la Bonino pigliò l'8 per cento dei voti (con punte del 18 nelle città del Nord, secondo partito dopo Forza Italia). E le stroncò la carriera, insultandola come «protesi di Pannella».
Così i radicali si ributtarono a sinistra, dov' erano già stati fino agli anni ' 80, e nel 2006 Romano Prodi nominò Emma ministro delle Politiche comunitarie. Oggi la Bonino è vicepresidente del Senato, e sta simpatica a tutti: dagli industriali a Rifondazione comunista, dalle sorelle Fendi ai profughi uiguri del Turkestan cinese. Sarà un po' difficile per lei occuparsi di Frosinone dopo aver volato per vent' anni fra Il Cairo e New York. Ma a sinistra nessun altro se l'è sentita di candidarsi nel Lazio dopo lo scandalo trans di Piero Marrazzo.
Oltre all'inedito duello fra donne, quel che è incredibile è che la Polverini e la Bonino si stimano. Quindi, una volta tanto, niente risse sul nulla, e molta concretezza. Entrambe sono «trasversali», parola assai quotata nella Casta politica: di solito è sinonimo d' inciucio o trasformismo (oggi a destra, domani a sinistra, e viceversa). Nel loro caso, invece, è ammirazione sincera quella che gli avversari provano per le due «ragazze». Anche perché la Polverini si dichiara di destra, «ma socialista e antiliberista»: non per nulla, il Msi si chiamava Movimento «sociale». Per lei voteranno i diseredati delle borgate romane, ma forse non tutti i forzitalioti perché è finiana.
LIBERISTA DI SINISTRA
La Bonino, viceversa, anche se candidata della sinistra è liberista (contro l'articolo 18 ha promosso un referendum) e filo-Stati Uniti. Ma Paolo Ferrero (Rifondazione) dice: «Emma ci piace». Prima don na a capo di u n sindacato in Europa, la frangetta di Renata assomiglia a quella di un altro volto emergente della politica italiana: Debora Serracchiani, parrocchia opposta (democratica). Di solito le riunioni e le trattative sindacali vanno avanti per ore, fino a notte fonda. La Polverini ha introdotto una nuova regola: tutti a casa entro le cinque. Per non escludere le donne, con i figli che tornano da scuola. Un piccolo accorgimento che vale quanto un'intera legge per le pari opportunità. Insomma, quella fra Polverini e Bonino sarà una sfida tra due vere femministe.
Mauro Suttora
Figlia di sindacalista
RENATA POLVERINI
Nata a Roma nel 1962, sua madre era sindacalista Cisnal nel supermercato Sma dove lavorava. Cresciuta in collegio a Focene (Roma). Sposata senza figli, ha sempre lavorato come funzionaria Cisnal, il sindacato vicino al Msi che nel ' 95 si trasforma in Ugl. Nel 2006 diventa segretaria dell' Ugl, prima donna in Europa a guidare un sindacato nazionale. Vicina a Gianfranco Fini, è criticata dal Giornale di Feltri, ma appoggiata dall'Udc di Casini.
STA CON FINI, MA LE PIACE D' ALEMA
Renata Polverini, 47 anni, a una manifestazione Ugl al Circo Massimo. Ha seguito Gianfranco Fini nello sdoganamento dell' estrema destra. Ma le piace anche D' Alema (Pd): «È strutturato, dimostra ciò che pensa».
EMMA BONINO
Nata nel 1948 a Bra (Cuneo) da una famiglia di agricoltori. Nubile, laureata alla Bocconi, abortisce e finisce in carcere con Adele Faccio. Da sempre con i radicali, è entrata in Parlamento nel '76 in jeans e zoccoli da femminista. Due anni dopo con Adelaide Aglietta fa passare la legge sull' aborto. Eurodeputata dal 1979, è stata commissaria Ue. Si è battuta contro la fame nel mondo, per il tribunale Onu, contro l'infibulazione e per i diritti delle donne arabe.
COPPIA (POLITICA) CON PANNELLA
Emma Bonino, 61, con Marco Pannella, 79. La Bonino è una dei pochi radicali rimasti fedeli al capo. Tutti gli altri (Rutelli, Capezzone, Teodori, Quagliariello) se ne sono andati. Nel '99 l' exploit: 8 per cento alle Europee.
Chi sono (davvero) le due donne che si contendono Roma
Da una parte c'è la sindacalista di Destra spesso apprezzata anche dalla Sinistra. Dall'altra, la radicale valorizzata da Berlusconi. Ecco le protagoniste delle Regionali
di Mauro Suttora
Oggi, 27 gennaio 2010
La sede del suo sindacato, l'Ugl, è in via Margutta, la strada più chic di Roma. Come se a Milano i metalmeccanici stessero in via Montenapoleone. Ma non è l' unico miracolo compiuto da Renata Polverini, capa dell'Unione generale del lavoro (l'ex Cisnal neofascista). Milena Gabanelli, in Report, ha formulato dubbi sul numero reale dei suoi iscritti. La Ugl ne vanta più di due milioni. Qualcuno mormora che a questa cifra bisognerebbe togliere uno zero. E lei, Renata, non smentisce: «Non fatemi parlare, ne avrei di cose da raccontare...», minaccia. Come dire: così fan tutti, controllate anche i cinque milioni di iscritti alla Cgil, i quattro della Cisl, i due della Uil. Con tanto di moltiplicazione di poltrone (e stipendi) nei consigli di amministrazione Inps e di tutti gli altri enti dove ai sindacati spettano posti.
Il palazzo di via Margutta è di proprietà, come l'attiguo Hotel de Russie, dei conti Vaselli: palazzinari in affari per centinaia di milioni con il Comune di Roma. Uno di loro è stato condannato a quattro anni come complice di Ciancimino, e ha latitato per tre anni. Il canone d' affitto all'Ugl non è noto, ma potrebbe diventare fonte di conflitto d'interessi se Renata Polverini fosse eletta governatrice.
Emma Bonino, invece, di iscritti ne ha solo 200: tanti erano quelli al suo partito radicale a metà gennaio. C'è da dire che la tessera va rinnovata ogni anno e costa parecchio: 200 euro. Ma i numeri non sono mai stati un problema per lei e Marco Pannella. Anche con tremila iscritti e solo il tre per cento dei voti, negli ultimi quarant' anni hanno cambiato l' Italia: divorzio, aborto, obiezione di coscienza, diritti gay, nucleare, finanziamento pubblico ai partiti... Ora lottano per il testamento biologico, sull' onda dei casi di Piero Welby ed Eluana Englaro.
Il periodo d'oro di Emma (così la chiamavano tutti, finché la sua omonima Marcegaglia è diventata presidente Confindustria: ora bisogna specificare) è stato dal 1994 al '99, quando fu commissaria europea ai Diritti umani. Andò in Afghanistan nel '97, quando nessuno si preoccupava di al Qaeda e talebani. Ci litigò subito, loro la arrestarono. Per dieci anni ammonì invano sulle stragi nella ex Jugoslavia, finché la Nato dovette intervenire in Kosovo. Tutto il mondo la lodò, l'Economist scrisse addirittura che era stata la migliore commissaria Ue. Risultato: il governo italiano non le rinnovò il mandato. Altrimenti ci sarebbe lei ora sulla poltrona del Segretario generale Onu, al posto dell'incolore Ban Ki Moon.
«E pensare che in Europa l'ho mandata io, peccato ora averla contro», sospira Silvio Berlusconi. È vero: sedici anni fa, quando fu premier la prima volta, la preferì a (indovinate chi?) Giorgio Napolitano, anche lui in lizza per Bruxelles. Poi però nel ' 99 Silvio s'ingelosì perché alle Europee la Bonino pigliò l'8 per cento dei voti (con punte del 18 nelle città del Nord, secondo partito dopo Forza Italia). E le stroncò la carriera, insultandola come «protesi di Pannella».
Così i radicali si ributtarono a sinistra, dov' erano già stati fino agli anni ' 80, e nel 2006 Romano Prodi nominò Emma ministro delle Politiche comunitarie. Oggi la Bonino è vicepresidente del Senato, e sta simpatica a tutti: dagli industriali a Rifondazione comunista, dalle sorelle Fendi ai profughi uiguri del Turkestan cinese. Sarà un po' difficile per lei occuparsi di Frosinone dopo aver volato per vent' anni fra Il Cairo e New York. Ma a sinistra nessun altro se l'è sentita di candidarsi nel Lazio dopo lo scandalo trans di Piero Marrazzo.
Oltre all'inedito duello fra donne, quel che è incredibile è che la Polverini e la Bonino si stimano. Quindi, una volta tanto, niente risse sul nulla, e molta concretezza. Entrambe sono «trasversali», parola assai quotata nella Casta politica: di solito è sinonimo d' inciucio o trasformismo (oggi a destra, domani a sinistra, e viceversa). Nel loro caso, invece, è ammirazione sincera quella che gli avversari provano per le due «ragazze». Anche perché la Polverini si dichiara di destra, «ma socialista e antiliberista»: non per nulla, il Msi si chiamava Movimento «sociale». Per lei voteranno i diseredati delle borgate romane, ma forse non tutti i forzitalioti perché è finiana.
LIBERISTA DI SINISTRA
La Bonino, viceversa, anche se candidata della sinistra è liberista (contro l'articolo 18 ha promosso un referendum) e filo-Stati Uniti. Ma Paolo Ferrero (Rifondazione) dice: «Emma ci piace». Prima don na a capo di u n sindacato in Europa, la frangetta di Renata assomiglia a quella di un altro volto emergente della politica italiana: Debora Serracchiani, parrocchia opposta (democratica). Di solito le riunioni e le trattative sindacali vanno avanti per ore, fino a notte fonda. La Polverini ha introdotto una nuova regola: tutti a casa entro le cinque. Per non escludere le donne, con i figli che tornano da scuola. Un piccolo accorgimento che vale quanto un'intera legge per le pari opportunità. Insomma, quella fra Polverini e Bonino sarà una sfida tra due vere femministe.
Mauro Suttora
Figlia di sindacalista
RENATA POLVERINI
Nata a Roma nel 1962, sua madre era sindacalista Cisnal nel supermercato Sma dove lavorava. Cresciuta in collegio a Focene (Roma). Sposata senza figli, ha sempre lavorato come funzionaria Cisnal, il sindacato vicino al Msi che nel ' 95 si trasforma in Ugl. Nel 2006 diventa segretaria dell' Ugl, prima donna in Europa a guidare un sindacato nazionale. Vicina a Gianfranco Fini, è criticata dal Giornale di Feltri, ma appoggiata dall'Udc di Casini.
STA CON FINI, MA LE PIACE D' ALEMA
Renata Polverini, 47 anni, a una manifestazione Ugl al Circo Massimo. Ha seguito Gianfranco Fini nello sdoganamento dell' estrema destra. Ma le piace anche D' Alema (Pd): «È strutturato, dimostra ciò che pensa».
EMMA BONINO
Nata nel 1948 a Bra (Cuneo) da una famiglia di agricoltori. Nubile, laureata alla Bocconi, abortisce e finisce in carcere con Adele Faccio. Da sempre con i radicali, è entrata in Parlamento nel '76 in jeans e zoccoli da femminista. Due anni dopo con Adelaide Aglietta fa passare la legge sull' aborto. Eurodeputata dal 1979, è stata commissaria Ue. Si è battuta contro la fame nel mondo, per il tribunale Onu, contro l'infibulazione e per i diritti delle donne arabe.
COPPIA (POLITICA) CON PANNELLA
Emma Bonino, 61, con Marco Pannella, 79. La Bonino è una dei pochi radicali rimasti fedeli al capo. Tutti gli altri (Rutelli, Capezzone, Teodori, Quagliariello) se ne sono andati. Nel '99 l' exploit: 8 per cento alle Europee.
Wednesday, January 13, 2010
Presentazione libro a Napoli
Giovedì 4 febbraio 2010, ore 16
Istituto Italiano per gli Studi Filosofici
palazzo Serra di Cassano, via Monte di Dio 14, Napoli
presentazione-dibattito del libro "Mussolini segreto" (Rizzoli), i diari di Claretta Petacci
modera: Nico Pirozzi, giornalista
partecipano:
Prof. Clementina Gily, docente di Estetica al Dipartimento di Filosofia dell'Università Federico II di Napoli
Prof. Antonio Sarubbi, docente di Storia delle dottrine politiche
Prof. Antonio Alosco, docente di Storia contemporanea
Mauro Suttora, giornalista Rcs. curatore del libro
Istituto Italiano per gli Studi Filosofici
palazzo Serra di Cassano, via Monte di Dio 14, Napoli
presentazione-dibattito del libro "Mussolini segreto" (Rizzoli), i diari di Claretta Petacci
modera: Nico Pirozzi, giornalista
partecipano:
Prof. Clementina Gily, docente di Estetica al Dipartimento di Filosofia dell'Università Federico II di Napoli
Prof. Antonio Sarubbi, docente di Storia delle dottrine politiche
Prof. Antonio Alosco, docente di Storia contemporanea
Mauro Suttora, giornalista Rcs. curatore del libro
Alfano alle Maldive con la scorta
Il ministro della Giustizia, in vacanza con la famiglia, fa allontanare dei paparazzi. Abuso di potere? In realtà le cose stanno un po' diversamente...
di Mauro Suttora
Oggi, 13 gennaio 2009
Va bene che le Maldive sono un Paese di religione musulmana, ma è proprio necessaria una scorta di poliziotti italiani se un nostro politico ci va a trascorrere le vacanze private con la famiglia?
Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha scelto questo paradiso nell’oceano Indiano per le ultime ferie di Natale e Capodanno. Dieci giorni di relax con moglie e figli nel villaggio Valtur sull’isola di Kihad. Meta prediletta di vip italiani, soprattutto nei periodi di alta stagione. Quest’anno alle Maldive c’erano, fra gli altri, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, il presidente del Senato Renato Schifani, la cantante Carmen Consoli con la madre, e il giocatore del Milan Ronaldinho. Alta, quindi, anche la concentrazione di paparazzi nostrani. Compresi alcuni fra i più temibili, pure loro in trasferta da Roma: Maurizio Sorge e Massimiliano Scarfone. Quest’ultimo famoso per avere immortalato il portavoce di Romano Prodi Silvio Sircana con un trans, e più recentemente per l’altro scandalo trans con il governatore del Lazio Piero Marrazzo.
I due, come ha rivelato Gabriella Sassone sul Tempo e su Dagospia, erano sulle tracce di Eros Ramazzotti, a mollo in un altro atollo nonostante gli acquazzoni quasi perenni, con la nuova fidanzata bergamasca Marika Pellegrinelli e la figlia Aurora, con amichetta al seguito. «Ormai siamo degli habitués delle Maldive, ci veniamo ogni anno da tempo immemorabile», racconta Sorge a Oggi, «ma questa volta c’è stata una spiacevole novità per noi».
Avvisati dal loro «contatto» locale della presenza del ministro Alfano, i due fotografi hanno affittato un motoscafo da 400 cavalli e dopo tre ore di navigazione da Malè si sono appostati a qualche centinaio di metri dalla costa del villaggio Valtur, per immortalare il ministro sulla battigia. Ma i due agenti di scorta del ministro si sono accorti subito dei teleobiettivi che sbucavano dalle acque. E, come nel film di Vanzina Paparazzi, prima hanno raggiunto la barca dei fotografi intimando loro in modo piuttosto rude di allontanarsi. Poi hanno allertato la polizia maldiviana.
«In realtà siamo stati identificati grazie a un altro fotografo italiano che ha dato le nostre generalità alla polizia, per compiacenza», racconta Sorge. «Il nostro collaboratore maldiviano ci ha subito telefonato per dirci di tornarcene in Italia. La polizia aveva contattato anche lui per farci sapere che la prossima volta che torniamo alle Maldive a fare foto finiamo direttamente in galera. Ma che abbiamo fatto di male? Quale reato abbiamo commesso? Abbiamo bisogno pure noi di un Lodo Alfano? Mi pare incredibile che i politici italiani comandino anche all’estero...»
In effetti, è la prima volta che la scorta di un politico italiano allontana dei fotografi in suolo straniero. Ma al ministero dell’Interno l’Ucis (Ufficio centrale scorte) spiega che i poliziotti sono stati assegnati obbligatoriamente ad Alfano perché, come ministro della Giustizia, è particolarmente esposto alle minacce di mafiosi e camorristi. È lui, infatti, il titolare dell’applicazione dell’articolo 41 bis, cioè il regime di carcere duro che tanto fa infuriare i boss. «La scorta è indisponibile», dicono al Viminale: quindi la decide il Comitato per l’ordine e la sicurezza, e neppure il ministro stesso è libero di rinunciarci. Insomma, il suo non è stato un capriccio in nome della privacy.
Nei viaggi all’estero devono portarsi dietro sempre la scorta anche i presidenti della Repubblica, del Consiglio, e quelli di Camera e Senato. Ma loro per ragioni protocollari. Per i ministri più esposti, invece, decidono caso per caso i dirigenti della Pubblica sicurezza. E, paradossalmente, il fatto che le Maldive siano uno dei luoghi più tranquilli al mondo accresce, invece di diminuire, il rischio: un eventuale attentato potrebbe essere pianificato con più facilità.
Mauro Suttora
di Mauro Suttora
Oggi, 13 gennaio 2009
Va bene che le Maldive sono un Paese di religione musulmana, ma è proprio necessaria una scorta di poliziotti italiani se un nostro politico ci va a trascorrere le vacanze private con la famiglia?
Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha scelto questo paradiso nell’oceano Indiano per le ultime ferie di Natale e Capodanno. Dieci giorni di relax con moglie e figli nel villaggio Valtur sull’isola di Kihad. Meta prediletta di vip italiani, soprattutto nei periodi di alta stagione. Quest’anno alle Maldive c’erano, fra gli altri, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, il presidente del Senato Renato Schifani, la cantante Carmen Consoli con la madre, e il giocatore del Milan Ronaldinho. Alta, quindi, anche la concentrazione di paparazzi nostrani. Compresi alcuni fra i più temibili, pure loro in trasferta da Roma: Maurizio Sorge e Massimiliano Scarfone. Quest’ultimo famoso per avere immortalato il portavoce di Romano Prodi Silvio Sircana con un trans, e più recentemente per l’altro scandalo trans con il governatore del Lazio Piero Marrazzo.
I due, come ha rivelato Gabriella Sassone sul Tempo e su Dagospia, erano sulle tracce di Eros Ramazzotti, a mollo in un altro atollo nonostante gli acquazzoni quasi perenni, con la nuova fidanzata bergamasca Marika Pellegrinelli e la figlia Aurora, con amichetta al seguito. «Ormai siamo degli habitués delle Maldive, ci veniamo ogni anno da tempo immemorabile», racconta Sorge a Oggi, «ma questa volta c’è stata una spiacevole novità per noi».
Avvisati dal loro «contatto» locale della presenza del ministro Alfano, i due fotografi hanno affittato un motoscafo da 400 cavalli e dopo tre ore di navigazione da Malè si sono appostati a qualche centinaio di metri dalla costa del villaggio Valtur, per immortalare il ministro sulla battigia. Ma i due agenti di scorta del ministro si sono accorti subito dei teleobiettivi che sbucavano dalle acque. E, come nel film di Vanzina Paparazzi, prima hanno raggiunto la barca dei fotografi intimando loro in modo piuttosto rude di allontanarsi. Poi hanno allertato la polizia maldiviana.
«In realtà siamo stati identificati grazie a un altro fotografo italiano che ha dato le nostre generalità alla polizia, per compiacenza», racconta Sorge. «Il nostro collaboratore maldiviano ci ha subito telefonato per dirci di tornarcene in Italia. La polizia aveva contattato anche lui per farci sapere che la prossima volta che torniamo alle Maldive a fare foto finiamo direttamente in galera. Ma che abbiamo fatto di male? Quale reato abbiamo commesso? Abbiamo bisogno pure noi di un Lodo Alfano? Mi pare incredibile che i politici italiani comandino anche all’estero...»
In effetti, è la prima volta che la scorta di un politico italiano allontana dei fotografi in suolo straniero. Ma al ministero dell’Interno l’Ucis (Ufficio centrale scorte) spiega che i poliziotti sono stati assegnati obbligatoriamente ad Alfano perché, come ministro della Giustizia, è particolarmente esposto alle minacce di mafiosi e camorristi. È lui, infatti, il titolare dell’applicazione dell’articolo 41 bis, cioè il regime di carcere duro che tanto fa infuriare i boss. «La scorta è indisponibile», dicono al Viminale: quindi la decide il Comitato per l’ordine e la sicurezza, e neppure il ministro stesso è libero di rinunciarci. Insomma, il suo non è stato un capriccio in nome della privacy.
Nei viaggi all’estero devono portarsi dietro sempre la scorta anche i presidenti della Repubblica, del Consiglio, e quelli di Camera e Senato. Ma loro per ragioni protocollari. Per i ministri più esposti, invece, decidono caso per caso i dirigenti della Pubblica sicurezza. E, paradossalmente, il fatto che le Maldive siano uno dei luoghi più tranquilli al mondo accresce, invece di diminuire, il rischio: un eventuale attentato potrebbe essere pianificato con più facilità.
Mauro Suttora
Tuesday, January 05, 2010
Pravda: Mussolini segreto
href="http://http://www.pravda.ru/news/world/17-11-2009/330627-mussolini-0">
il libro verrà tradotto dalla casa editrice russa Ripol
Интимные фантазии Муссолини опубликованы в книге мемуаров
17.11.2009 | Источник: Правда.Ру
Книга под названием "Неизвестный Муссолини", в основу которой легли дневники любовницы Бенито Муссолини Кларетты Петаччи , опубликованы в Италии. В книгу вошли записи, сделанные Клареттой в период с 1932 по 1938 годы и до сих пор хранившиеся в архиве ее единственного наследника - племянника Фернандо, живущего в американском штате Аризона.
Кларетта Петаччи, отец которой был личным лечащим врачом Папы Римского Пия XI, познакомилась с Муссолини в 1932 году. Ей тогда было 20 лет, ему - 49 лет. Они поддерживали связь до самой своей смерти - до апреля 1945 года, когда их казнили итальянские партизаны, напоминает Associated Press.
Смотрите фоторепортаж о секретах Муссолини.
В своих дневниках Петаччи делала много замечаний относительно политических взглядов своего любовника - к примеру, писала, что он ненавидит арабов и евреев, не приемлет браки между итальянцами и темнокожими жителями североафриканских колоний.
Кроме того, Кларетта сделала записи о нескольких встречах Муссолини с Гитлером, процитировав в своем дневнике слова любовника о фюрере: "На самом деле он очень сентиментален. При виде меня он прослезился, потому что действительно мне симпатизирует. Правда, иногда у него случаются выпады ярости, которые могу контролировать только я".
Нашлось в дневниках Петаччи место и для интимных откровений. Она подробно описывала сексуальные фантазии итальянского диктатора и рассказывала, как Муссолини просил у нее прощения за свои измены.
il libro verrà tradotto dalla casa editrice russa Ripol
Интимные фантазии Муссолини опубликованы в книге мемуаров
17.11.2009 | Источник: Правда.Ру
Книга под названием "Неизвестный Муссолини", в основу которой легли дневники любовницы Бенито Муссолини Кларетты Петаччи , опубликованы в Италии. В книгу вошли записи, сделанные Клареттой в период с 1932 по 1938 годы и до сих пор хранившиеся в архиве ее единственного наследника - племянника Фернандо, живущего в американском штате Аризона.
Кларетта Петаччи, отец которой был личным лечащим врачом Папы Римского Пия XI, познакомилась с Муссолини в 1932 году. Ей тогда было 20 лет, ему - 49 лет. Они поддерживали связь до самой своей смерти - до апреля 1945 года, когда их казнили итальянские партизаны, напоминает Associated Press.
Смотрите фоторепортаж о секретах Муссолини.
В своих дневниках Петаччи делала много замечаний относительно политических взглядов своего любовника - к примеру, писала, что он ненавидит арабов и евреев, не приемлет браки между итальянцами и темнокожими жителями североафриканских колоний.
Кроме того, Кларетта сделала записи о нескольких встречах Муссолини с Гитлером, процитировав в своем дневнике слова любовника о фюрере: "На самом деле он очень сентиментален. При виде меня он прослезился, потому что действительно мне симпатизирует. Правда, иногда у него случаются выпады ярости, которые могу контролировать только я".
Нашлось в дневниках Петаччи место и для интимных откровений. Она подробно описывала сексуальные фантазии итальянского диктатора и рассказывала, как Муссолини просил у нее прощения за свои измены.
Fidel e Gheddafi, dittatori eterni
La revolucion cubana compie 51 anni. Ma anche il despota libico scala la classifica
di Mauro Suttora
Libero, 2 gennaio 2010
A Capodanno la revolucion cubana compie 51 anni, e Fidel Castro consolida la sua posizione in testa alla classifica dei dittatori più longevi del mondo. Certo, da due anni ha lasciato il potere al fratello Raul. Dispotismi dinastici, come nella Corea del Nord dei Kim padre e figlio, o nell’autoritaria Singapore. Ma Fidel è ancora presidente del partito comunista, e a 84 anni continua la sua serena vecchiaia, anche se qualche perfido lo chiama «coma andante». Spirerà tranquillo nel proprio letto. Come tutti i tiranni moderni tranne Hitler, Mussolini, Saddam Hussein e Ceausescu (eliminati dopo la sconfitta, però). Insomma, di tirannicidi nel mondo moderno neanche l’ombra.
Il 67enne Muammar Gheddafi, che imperversa in Libia da ben quattro decenni, è lanciatissimo in classifica: ha appena scavalcato l’albanese Hoxha e fra due anni supererà Bongo del Gabon, morto di tumore a giugno. Meglio di lui solo il sultano del Brunei, l’uomo più ricco del mondo che promette di durare a lungo, visto che ha 63 anni.
Dopo il crollo del comunismo nel 1989 sembrava che per gli stati totalitari di ogni colore i giorni fossero contati. Invece oggi non solo Amnesty International registra ben 80 dittature nel mondo (su 192 stati membri dell’Onu), ma la professione di tiranno resta una delle più sicure e fruttuose. Anche quando si viene cacciati e spediti in esilio. È capitato ai peggiori: Bokassa, Idi Amin, Pol Pot. Per non parlare di Stalin, Mao o Franco, accuditi e riveriti fino all’ultimo respiro.
Le dittature più coriacee rimangono quelle comuniste. La Cina ha appena condannato il dissidente Liu Xiaobo a undici anni per un semplice reato d’opinione. Vietnam e Laos, come Cuba, sono ancora oppressi da falce e martello. Ed è difficile definire ideologicamente i generali birmani che tengono prigioniera la Nobel della Pace Aung San Suu Kyi da vent’anni, quando vinse le elezioni. Però stanno in piedi grazie all’appoggio della Cina.
E pensare che quella del «dittatore» è un’invenzione italiana: sia 2.500 anni fa, sia con Mussolini che ha riproposto il duce contemporaneo. Aristotele individuò tre tipi di tiranno: il demagogo che esercita il potere in nome degli umili, l’eletto legittimamente che poi si avvinghia alla poltrona, e il monarca degenerato che aumenta i privilegi dei ricchi. Nel primo caso si può individuare il prototipo del moderno dittatore di sinistra (Lenin, Mao, oggi il venezuelano Chavez), nel secondo quello di destra (Mussolini, Hitler), e nell’ultimo figure come lo scià di Persia Reza Pahlevi (ottavo nella nostra classifica). Dove situare l’iraniano Ahmadinejad è più complicato: despota laico per conto di una teocrazia collettiva.
Non sempre la parola ‘dittatore’ ha avuto connotati negativi. Garibaldi, per esempio, nel 1860 di proclamò tale dopo aver conquistato le Due Sicilie, e mezza Italia applaudì. Ma anche oggi in alcuni ambienti desiderosi di «stabilità» (nonché di treni puntuali) risultano appetibili figure come quella del tiranno soft di Singapore Lee Kuan Yew e di suo figlio, celebrati perfino da Fareed Zakaria, direttore del settimanale americano Newsweek. Viceversa, secondo Freedom House le otto dittature peggiori sono: Birmania, Corea del Nord, Cuba, Libia, Somalia, Sudan, Turkmenistan e Uzbekistan.
«D’altra parte, due Paesi su cinque nel Consiglio di sicurezza dell’Onu – quello più vasto e quello più popolato, Russia e Cina – sono dittature, o almeno regimi autoritari», conclude sconsolato il professor Larry Diamond dell’università di Stanford (California). «E bloccano col veto quasi tutte le proposte di condanna per violazioni di diritti umani da parte delle Nazioni Unite». Tranquilli, quindi, comandante Fidel e colonnello Muammar: lunga vita a voi e ai vostri simili.
di Mauro Suttora
Libero, 2 gennaio 2010
A Capodanno la revolucion cubana compie 51 anni, e Fidel Castro consolida la sua posizione in testa alla classifica dei dittatori più longevi del mondo. Certo, da due anni ha lasciato il potere al fratello Raul. Dispotismi dinastici, come nella Corea del Nord dei Kim padre e figlio, o nell’autoritaria Singapore. Ma Fidel è ancora presidente del partito comunista, e a 84 anni continua la sua serena vecchiaia, anche se qualche perfido lo chiama «coma andante». Spirerà tranquillo nel proprio letto. Come tutti i tiranni moderni tranne Hitler, Mussolini, Saddam Hussein e Ceausescu (eliminati dopo la sconfitta, però). Insomma, di tirannicidi nel mondo moderno neanche l’ombra.
Il 67enne Muammar Gheddafi, che imperversa in Libia da ben quattro decenni, è lanciatissimo in classifica: ha appena scavalcato l’albanese Hoxha e fra due anni supererà Bongo del Gabon, morto di tumore a giugno. Meglio di lui solo il sultano del Brunei, l’uomo più ricco del mondo che promette di durare a lungo, visto che ha 63 anni.
Dopo il crollo del comunismo nel 1989 sembrava che per gli stati totalitari di ogni colore i giorni fossero contati. Invece oggi non solo Amnesty International registra ben 80 dittature nel mondo (su 192 stati membri dell’Onu), ma la professione di tiranno resta una delle più sicure e fruttuose. Anche quando si viene cacciati e spediti in esilio. È capitato ai peggiori: Bokassa, Idi Amin, Pol Pot. Per non parlare di Stalin, Mao o Franco, accuditi e riveriti fino all’ultimo respiro.
Le dittature più coriacee rimangono quelle comuniste. La Cina ha appena condannato il dissidente Liu Xiaobo a undici anni per un semplice reato d’opinione. Vietnam e Laos, come Cuba, sono ancora oppressi da falce e martello. Ed è difficile definire ideologicamente i generali birmani che tengono prigioniera la Nobel della Pace Aung San Suu Kyi da vent’anni, quando vinse le elezioni. Però stanno in piedi grazie all’appoggio della Cina.
E pensare che quella del «dittatore» è un’invenzione italiana: sia 2.500 anni fa, sia con Mussolini che ha riproposto il duce contemporaneo. Aristotele individuò tre tipi di tiranno: il demagogo che esercita il potere in nome degli umili, l’eletto legittimamente che poi si avvinghia alla poltrona, e il monarca degenerato che aumenta i privilegi dei ricchi. Nel primo caso si può individuare il prototipo del moderno dittatore di sinistra (Lenin, Mao, oggi il venezuelano Chavez), nel secondo quello di destra (Mussolini, Hitler), e nell’ultimo figure come lo scià di Persia Reza Pahlevi (ottavo nella nostra classifica). Dove situare l’iraniano Ahmadinejad è più complicato: despota laico per conto di una teocrazia collettiva.
Non sempre la parola ‘dittatore’ ha avuto connotati negativi. Garibaldi, per esempio, nel 1860 di proclamò tale dopo aver conquistato le Due Sicilie, e mezza Italia applaudì. Ma anche oggi in alcuni ambienti desiderosi di «stabilità» (nonché di treni puntuali) risultano appetibili figure come quella del tiranno soft di Singapore Lee Kuan Yew e di suo figlio, celebrati perfino da Fareed Zakaria, direttore del settimanale americano Newsweek. Viceversa, secondo Freedom House le otto dittature peggiori sono: Birmania, Corea del Nord, Cuba, Libia, Somalia, Sudan, Turkmenistan e Uzbekistan.
«D’altra parte, due Paesi su cinque nel Consiglio di sicurezza dell’Onu – quello più vasto e quello più popolato, Russia e Cina – sono dittature, o almeno regimi autoritari», conclude sconsolato il professor Larry Diamond dell’università di Stanford (California). «E bloccano col veto quasi tutte le proposte di condanna per violazioni di diritti umani da parte delle Nazioni Unite». Tranquilli, quindi, comandante Fidel e colonnello Muammar: lunga vita a voi e ai vostri simili.
Monday, December 28, 2009
Fiume negli anni Trenta
Nel romanzo Ti chiedo ancora 900 miglia (Bompiani) il novantenne Brunello Vandano ricorda gli amori di una civiltà magica
di Mauro Suttora
Oggi, 10 dicembre 2009
«Daniza Matcovich era una delle più belle tra le ragazze che in quella piccola città erano notate al passeggio, al ballo, d’estate al nuoto (...) Capelli quasi neri che al sole s’illuminavano di bronzo, zigomi rilevati che a sedici anni le toglievano la pienezza infantile della guancia, occhi notturni assottigliati dalle ciglia e da un accenno di plica mongolica, un viso che lui definiva da tartara, da attrice e da gatta. La pelle era esatto avorio, che d’estate diventava cioccolata. Era lunga, molto sottile ma non magra...»
Questa è la descrizione che fa sognare il protagonista di Ti chiedo ancora 900 miglia (Bompiani), romanzo di Brunello Vandano ambientato in buona parte nella Fiume degli anni Trenta. Che lo scrittore conosce bene, perché avendone oggi 90, di anni, ha fatto in tempo a crescere da liceale in quella magica cittadina conquistata da Gabriele D’Annunzio dopo la Prima guerra mondiale e persa dopo la Seconda. Che lo scrittore combattè in Russia.
«I 50 mila abitanti di Fiume erano quanto di più cosmopolita abbia mai avuto l’Italia», ricorda Vandano, autore di altri otto romanzi (fra cui I disperati del Don), giornalista di Epoca fino al 1972, poi in Rai, per tutta la vita appassionato velista. «I miei compagni di classe al liceo erano italiani meridionali e settentrionali, croati, sloveni, ebrei, tedeschi, ungheresi, austriaci... Ma mai nessuno che si accorgesse delle nostre differenze».
Nell’estate ’39 il protagonista, dopo la maturità, viene iniziato all’amore sullo yacht di una ricca principessa croata, Ilirija Frangipane. La quale poi fugge col marito ebreo, e verrà uccisa in una delle tante stragi che insanguinarono la Jugoslavia già nella seconda guerra mondiale - per loro anche civile, con il record europeo del numero di morti. Lo yacht resta al ragazzo, che ci porta la sua Daniza - più sorella che fidanzata - in gita fino alla splendida baia di Cigale, nell’isola di Lussino.
Poi altre avventure da non svelare, e l’esodo che svuota completamente Fiume. Il protagonista va a vivere a Roma, e nel 2002 ritrova per caso lo yacht, quasi abbandonato. Lo rimette in sesto, parte con tre amici per un’ultima crociera. Ma il cuore del romanzo è proustiano, e batte nelle struggenti descrizioni di quel civilissimo mondo austroungarico - troppo a nord per essere Dalmazia, troppo a sud per l’Istria - svanito nel ’45.
Che morale ne trae Vandano, ultimo testimone della grande storia del ’900?
«Che le masse più sono numerose, più diventano pericolose. L’unica salvezza è l’individuo, la singola persona. E l’unico valore è la sua vita, perché poter vivere è già felicità. Senza bisogno di ideologie».
Mauro Suttora
di Mauro Suttora
Oggi, 10 dicembre 2009
«Daniza Matcovich era una delle più belle tra le ragazze che in quella piccola città erano notate al passeggio, al ballo, d’estate al nuoto (...) Capelli quasi neri che al sole s’illuminavano di bronzo, zigomi rilevati che a sedici anni le toglievano la pienezza infantile della guancia, occhi notturni assottigliati dalle ciglia e da un accenno di plica mongolica, un viso che lui definiva da tartara, da attrice e da gatta. La pelle era esatto avorio, che d’estate diventava cioccolata. Era lunga, molto sottile ma non magra...»
Questa è la descrizione che fa sognare il protagonista di Ti chiedo ancora 900 miglia (Bompiani), romanzo di Brunello Vandano ambientato in buona parte nella Fiume degli anni Trenta. Che lo scrittore conosce bene, perché avendone oggi 90, di anni, ha fatto in tempo a crescere da liceale in quella magica cittadina conquistata da Gabriele D’Annunzio dopo la Prima guerra mondiale e persa dopo la Seconda. Che lo scrittore combattè in Russia.
«I 50 mila abitanti di Fiume erano quanto di più cosmopolita abbia mai avuto l’Italia», ricorda Vandano, autore di altri otto romanzi (fra cui I disperati del Don), giornalista di Epoca fino al 1972, poi in Rai, per tutta la vita appassionato velista. «I miei compagni di classe al liceo erano italiani meridionali e settentrionali, croati, sloveni, ebrei, tedeschi, ungheresi, austriaci... Ma mai nessuno che si accorgesse delle nostre differenze».
Nell’estate ’39 il protagonista, dopo la maturità, viene iniziato all’amore sullo yacht di una ricca principessa croata, Ilirija Frangipane. La quale poi fugge col marito ebreo, e verrà uccisa in una delle tante stragi che insanguinarono la Jugoslavia già nella seconda guerra mondiale - per loro anche civile, con il record europeo del numero di morti. Lo yacht resta al ragazzo, che ci porta la sua Daniza - più sorella che fidanzata - in gita fino alla splendida baia di Cigale, nell’isola di Lussino.
Poi altre avventure da non svelare, e l’esodo che svuota completamente Fiume. Il protagonista va a vivere a Roma, e nel 2002 ritrova per caso lo yacht, quasi abbandonato. Lo rimette in sesto, parte con tre amici per un’ultima crociera. Ma il cuore del romanzo è proustiano, e batte nelle struggenti descrizioni di quel civilissimo mondo austroungarico - troppo a nord per essere Dalmazia, troppo a sud per l’Istria - svanito nel ’45.
Che morale ne trae Vandano, ultimo testimone della grande storia del ’900?
«Che le masse più sono numerose, più diventano pericolose. L’unica salvezza è l’individuo, la singola persona. E l’unico valore è la sua vita, perché poter vivere è già felicità. Senza bisogno di ideologie».
Mauro Suttora
Monday, December 21, 2009
Il Mattino: Le ossessioni private di Mussolini
Nelle memorie della Petacci, amante del duce, le conferme dei ricordi di Bottai e Ciano. Il dittatore si sfogava contro ebrei e francesi e si vantava del suo petto che piaceva alle donne
di Aurelio Lepre
Il Mattino (Napoli), domenica 20 dicembre 2009
La biografia di un uomo politico, la ricerca delle motivazioni personali che ne determinano l'azione, è tanto più importante quanto più potere ha concentrato nelle sue mani. Per questo motivo, anche i particolari della vita di Mussolini che potrebbero sembrare insignificanti devono essere attentamente studiati. Senza i diari di Bottai e di Ciano la sua personalità non potrebbe essere illuminata a sufficienza: dal loro ravvicinato punto di vista, i due gerarchi del fascismo osservavano Mussolini con notevole perspicuità.
Claretta Petacci, l'amante del duce, non aveva certo le capacità intellettuali di Bottai e di Ciano e il suo diario, di cui viene ora pubblicata una edizione ridotta, è perciò meno interessante dei diari dei due gerarchi. Ma non privo di utilità. Anzitutto per diverse conferme. Alcuni giudizi di Mussolini - per esempio sugli ebrei, sui rapporti con la Chiesa, su Pio XI, su Hitler, sulla Spagna di Franco - che in Ciano e Bottai appaiono più sfumati, perché passati attraverso il filtro di chi sa che un giorno le sue pagine potranno essere lette come un documento storico, nel diario della Petacci risultano molto più forti.
Mussolini s'infuriava leggendo le rassegne della stampa estera e di quella antifascista; si abbandonava a lunghe e minacciose tirate contro gli ebrei, così da sembrarne quasi ossessionato quanto ne era Hitler; esprimeva sul re e su casa Savoia giudizi aspri e sprezzanti.
Quando si metteva in pantofole, Mussolini diventava ancora più battagliero di quando calzava gli stivali. Voleva sterminare tutti gli ebrei, si scagliava con violenza contro gli italiani che nell'Africa orientale convivevano con donne nere: "Questi schifosi di italiani distruggeranno in meno di sette anni un impero. Non hanno coscienza della razza, non hanno dignità".
Tuonava contro i francesi: "Porci schifosi questi francesi, lurida gente, ora si mangiano il fegato dalla bile che io li ho mollati del tutto. Del resto pagano il fio della sterilità voluta dalle loro donne".
In queste pagine c'è, naturalmente, anche un Mussolini diverso, intimo. Si diverte ai film di Stanlio e Ollio, ma non capisce i cartoni animati. Fa l'amante appassionato e qualche volta un po' lamentoso per gelosia (anche se, nello stesso tempo, tradisce la Petacci).
Si preoccupa di come appare al pubblico: "La mia voce era metallica, dura, decisa?"; "È vero che ho una bella bocca? Sai, lo ha detto il dentista a mia moglie, pensa". Un uomo sulla spiaggia gli dice: "Mussolini, tu hai il torso più perfetto di tutta la spiaggia". E lui corregge: "D'Italia". Ma poi ammette: "Le gambe storte mi rovinano".
Per questo, forse. riempie l'Italia dei suoi busti di marmo e si fa filmare a torso nudo mentre trebbia il grano.
La parte del diario che viene ora pubblicata termina il 20 dicembre del 1938. Manca meno di un anno allo scoppio della seconda guerra mondiale, ma non se ne avverte nessun presentimento.
di Aurelio Lepre
Il Mattino (Napoli), domenica 20 dicembre 2009
La biografia di un uomo politico, la ricerca delle motivazioni personali che ne determinano l'azione, è tanto più importante quanto più potere ha concentrato nelle sue mani. Per questo motivo, anche i particolari della vita di Mussolini che potrebbero sembrare insignificanti devono essere attentamente studiati. Senza i diari di Bottai e di Ciano la sua personalità non potrebbe essere illuminata a sufficienza: dal loro ravvicinato punto di vista, i due gerarchi del fascismo osservavano Mussolini con notevole perspicuità.
Claretta Petacci, l'amante del duce, non aveva certo le capacità intellettuali di Bottai e di Ciano e il suo diario, di cui viene ora pubblicata una edizione ridotta, è perciò meno interessante dei diari dei due gerarchi. Ma non privo di utilità. Anzitutto per diverse conferme. Alcuni giudizi di Mussolini - per esempio sugli ebrei, sui rapporti con la Chiesa, su Pio XI, su Hitler, sulla Spagna di Franco - che in Ciano e Bottai appaiono più sfumati, perché passati attraverso il filtro di chi sa che un giorno le sue pagine potranno essere lette come un documento storico, nel diario della Petacci risultano molto più forti.
Mussolini s'infuriava leggendo le rassegne della stampa estera e di quella antifascista; si abbandonava a lunghe e minacciose tirate contro gli ebrei, così da sembrarne quasi ossessionato quanto ne era Hitler; esprimeva sul re e su casa Savoia giudizi aspri e sprezzanti.
Quando si metteva in pantofole, Mussolini diventava ancora più battagliero di quando calzava gli stivali. Voleva sterminare tutti gli ebrei, si scagliava con violenza contro gli italiani che nell'Africa orientale convivevano con donne nere: "Questi schifosi di italiani distruggeranno in meno di sette anni un impero. Non hanno coscienza della razza, non hanno dignità".
Tuonava contro i francesi: "Porci schifosi questi francesi, lurida gente, ora si mangiano il fegato dalla bile che io li ho mollati del tutto. Del resto pagano il fio della sterilità voluta dalle loro donne".
In queste pagine c'è, naturalmente, anche un Mussolini diverso, intimo. Si diverte ai film di Stanlio e Ollio, ma non capisce i cartoni animati. Fa l'amante appassionato e qualche volta un po' lamentoso per gelosia (anche se, nello stesso tempo, tradisce la Petacci).
Si preoccupa di come appare al pubblico: "La mia voce era metallica, dura, decisa?"; "È vero che ho una bella bocca? Sai, lo ha detto il dentista a mia moglie, pensa". Un uomo sulla spiaggia gli dice: "Mussolini, tu hai il torso più perfetto di tutta la spiaggia". E lui corregge: "D'Italia". Ma poi ammette: "Le gambe storte mi rovinano".
Per questo, forse. riempie l'Italia dei suoi busti di marmo e si fa filmare a torso nudo mentre trebbia il grano.
La parte del diario che viene ora pubblicata termina il 20 dicembre del 1938. Manca meno di un anno allo scoppio della seconda guerra mondiale, ma non se ne avverte nessun presentimento.
Wednesday, December 16, 2009
El Mundo (Spagna): La gran amante de Mussolini
LA OTRA BIOGRAFÍA
El Mundo quotidiano
Madrid
22 noviembre 2009
IRENE HDEZ. VELASCO
«Soy esclavo de tu carne. Tiemblo mientras lo digo, siento fiebre al pensar en tu cuerpecito delicioso que me quiero comer entero a besos. Y tú tienes que adorar mi cuerpo, el de tu gigante. Te deseo como un loco».
El 1 de febrero de 1938 la más famosa querida de la Historia de Italia anotó en su diario esa frase. Se la había dicho su adorado Ben, como llamaba en la intimidad a Benito Mussolini, su amante. Y ella, Clara Petacci, tenía en la vida dos pasiones: su ardiente amor por el dictador fascista y la obsesión desenfrenada de poner sobre el papel todo lo que salía de la boca de su ilustre amante.
Sólo en 1938 escribió 1.810 páginas con todos los detalles de su relación con el Duce, 29 años mayor que ella y al que fue fiel hasta la muerte. No en vano la Petacci fue asesinada junto a Benito Mussolini en abril de 1945, y su cuerpo colgado bocabajo junto al de él en una plaza de Milán para público escarnio.
BAJO TIERRA
Pero, antes de seguir a su amado en ese último viaje, Clara Petacci tuvo una intuición y dejó su voluminoso diario al cuidado de la condesa Rina Cervis, quien lo enterró en el jardín de su villa en Brescia. Allí estuvo hasta que en 1950 fue descubierto por una patrulla de carabinieri y confiscado. Desde entonces, durante 70 larguísimos años, todos los Gobiernos italianos han impuesto el secreto de Estado sobre esas páginas. Pero ahora, por primera vez, parte del diario de la favorita del Duce ha sido desclasificado. Concretamente, el segmento que abarca desde 1932 hasta 1938.
Un periodista, Mauro Suttora, ha buceado en esa montaña de folios. Y con lo más jugoso de los mismos ha escrito Mussolini secreto, un libro de 521 páginas que el pasado miércoles salió a la venta en Italia de la mano de la editorial Rizzoli y que ofrece un retrato íntimo (y en muchos aspectos desconocido) del dictador fascista en el que los sentimientos, los celos y las fantasías eróticas se entremezclan con la historia y la tragedia del fascismo.
Un solo ejemplo: en 1938, el año en que Hitler invadió Austria y en el que se firmó el acuerdo de Munich que entregaba a la Alemania nazi parte de Checoslovaquia, Mussolini se dedicaba a telefonear al menos una docena de veces al día (a razón de una llamada cada hora, desde las 9.00 a las 21.00 horas, fines de semana incluidos) a la celosísima Clara, quien le acusaba -y con razón- de tener otras amantes.
Mientras preparaba junto a Hitler la mayor tragedia de la Historia de la humanidad, el dictador fascista tenía también que emplearse a fondo en negar aventuras sexuales y en inventarse excusas con las que tranquilizar a su amante.
FAENAS SEXUALES
Por no hablar de que las ocasiones en las que en plan vodevil, escondido en un rincón de su casa y aterrado ante la posibilidad de que su mujer pudiera descubrirlo, Il Duce susurraba palabras de amor a su Claretta a través del teléfono. O de los berridos en plan cordero degollado con que solía rematar sus faenas sexuales:
-Su rostro está rígido, sus ojos centellean. Yo estoy sentada en el suelo. Él se desliza del sillón y se echa sobre mí, curvo. Siento que todos sus nervios están tensos. Lo aprieto contra mí. Lo beso y hacemos el amor con tanta furia que sus gritos parecen los de un animal herido. Después, agotado, se deja caer sobre la cama. Incluso cuando descansa es fuerte -dejó escrito la Petacci el 27 de febrero de 1938.
Gracias precisamente a los diarios de esa mujer, hija del que fuera médico personal del Papa Pío XI, emerge a la luz un Mussolini privado terriblemente antisemita («Los judíos son una raza despreciable», le confesó el 4 de noviembre de 1938 a su concubina), que no soporta al rey Víctor Manuel III, absolutamente fascinado por la Alemania nazi, que se jacta de que la princesa María José (la esposa del príncipe heredero) le tira los tejos en el terreno sexual, que considera a Franco «un idiota» y que sostiene con evidente desprecio que los españoles «son como los árabes».
Fue el 24 de abril de 1932 cuando, por pura casualidad, en la vida de Clara Petacci se cruzó Mussolini. La joven, una niña bien que entonces tenía 20 años, iba en el coche de su familia junto a su madre y su hermana cuando, de repente, un Alfa Romeo conducido por el Duce en persona les adelantó. Clara, que había crecido con el mito de Mussolini, reconoció a su ídolo y pidió a su chófer que le siguiera.
El dictador, que entonces tenía 49 años, llevaba 17 casado con donna Rachele y era padre de cinco hijos, se sintió halagado por el inmenso entusiasmo de la joven, paró su coche y bajó a saludar a la muchacha. Cuatro años más tarde, en 1936 y después de que la Petacci se casara con el teniente Riccardo Federico, Claretta y el Duce se convirtieron en amantes.
«Mussolini secreto». Ofrece un retrato íntimo del dictador fascista (Ed. Rizzoli). A la venta en Italia desde el miércoles.
El Mundo quotidiano
Madrid
22 noviembre 2009
IRENE HDEZ. VELASCO
«Soy esclavo de tu carne. Tiemblo mientras lo digo, siento fiebre al pensar en tu cuerpecito delicioso que me quiero comer entero a besos. Y tú tienes que adorar mi cuerpo, el de tu gigante. Te deseo como un loco».
El 1 de febrero de 1938 la más famosa querida de la Historia de Italia anotó en su diario esa frase. Se la había dicho su adorado Ben, como llamaba en la intimidad a Benito Mussolini, su amante. Y ella, Clara Petacci, tenía en la vida dos pasiones: su ardiente amor por el dictador fascista y la obsesión desenfrenada de poner sobre el papel todo lo que salía de la boca de su ilustre amante.
Sólo en 1938 escribió 1.810 páginas con todos los detalles de su relación con el Duce, 29 años mayor que ella y al que fue fiel hasta la muerte. No en vano la Petacci fue asesinada junto a Benito Mussolini en abril de 1945, y su cuerpo colgado bocabajo junto al de él en una plaza de Milán para público escarnio.
BAJO TIERRA
Pero, antes de seguir a su amado en ese último viaje, Clara Petacci tuvo una intuición y dejó su voluminoso diario al cuidado de la condesa Rina Cervis, quien lo enterró en el jardín de su villa en Brescia. Allí estuvo hasta que en 1950 fue descubierto por una patrulla de carabinieri y confiscado. Desde entonces, durante 70 larguísimos años, todos los Gobiernos italianos han impuesto el secreto de Estado sobre esas páginas. Pero ahora, por primera vez, parte del diario de la favorita del Duce ha sido desclasificado. Concretamente, el segmento que abarca desde 1932 hasta 1938.
Un periodista, Mauro Suttora, ha buceado en esa montaña de folios. Y con lo más jugoso de los mismos ha escrito Mussolini secreto, un libro de 521 páginas que el pasado miércoles salió a la venta en Italia de la mano de la editorial Rizzoli y que ofrece un retrato íntimo (y en muchos aspectos desconocido) del dictador fascista en el que los sentimientos, los celos y las fantasías eróticas se entremezclan con la historia y la tragedia del fascismo.
Un solo ejemplo: en 1938, el año en que Hitler invadió Austria y en el que se firmó el acuerdo de Munich que entregaba a la Alemania nazi parte de Checoslovaquia, Mussolini se dedicaba a telefonear al menos una docena de veces al día (a razón de una llamada cada hora, desde las 9.00 a las 21.00 horas, fines de semana incluidos) a la celosísima Clara, quien le acusaba -y con razón- de tener otras amantes.
Mientras preparaba junto a Hitler la mayor tragedia de la Historia de la humanidad, el dictador fascista tenía también que emplearse a fondo en negar aventuras sexuales y en inventarse excusas con las que tranquilizar a su amante.
FAENAS SEXUALES
Por no hablar de que las ocasiones en las que en plan vodevil, escondido en un rincón de su casa y aterrado ante la posibilidad de que su mujer pudiera descubrirlo, Il Duce susurraba palabras de amor a su Claretta a través del teléfono. O de los berridos en plan cordero degollado con que solía rematar sus faenas sexuales:
-Su rostro está rígido, sus ojos centellean. Yo estoy sentada en el suelo. Él se desliza del sillón y se echa sobre mí, curvo. Siento que todos sus nervios están tensos. Lo aprieto contra mí. Lo beso y hacemos el amor con tanta furia que sus gritos parecen los de un animal herido. Después, agotado, se deja caer sobre la cama. Incluso cuando descansa es fuerte -dejó escrito la Petacci el 27 de febrero de 1938.
Gracias precisamente a los diarios de esa mujer, hija del que fuera médico personal del Papa Pío XI, emerge a la luz un Mussolini privado terriblemente antisemita («Los judíos son una raza despreciable», le confesó el 4 de noviembre de 1938 a su concubina), que no soporta al rey Víctor Manuel III, absolutamente fascinado por la Alemania nazi, que se jacta de que la princesa María José (la esposa del príncipe heredero) le tira los tejos en el terreno sexual, que considera a Franco «un idiota» y que sostiene con evidente desprecio que los españoles «son como los árabes».
Fue el 24 de abril de 1932 cuando, por pura casualidad, en la vida de Clara Petacci se cruzó Mussolini. La joven, una niña bien que entonces tenía 20 años, iba en el coche de su familia junto a su madre y su hermana cuando, de repente, un Alfa Romeo conducido por el Duce en persona les adelantó. Clara, que había crecido con el mito de Mussolini, reconoció a su ídolo y pidió a su chófer que le siguiera.
El dictador, que entonces tenía 49 años, llevaba 17 casado con donna Rachele y era padre de cinco hijos, se sintió halagado por el inmenso entusiasmo de la joven, paró su coche y bajó a saludar a la muchacha. Cuatro años más tarde, en 1936 y después de que la Petacci se casara con el teniente Riccardo Federico, Claretta y el Duce se convirtieron en amantes.
«Mussolini secreto». Ofrece un retrato íntimo del dictador fascista (Ed. Rizzoli). A la venta en Italia desde el miércoles.
Psicanalisi di Berlusconi e Fini
MELUZZI: "PUER AETERNUS CONTRO SENEX PRAECOX"
Oggi, 9 dicembre 2009
di Mauro Suttora
«Berlusconi è un puer aeternus, un bambino eterno. Fini invece è il suo esatto contrario: un senex praecox, vecchio precoce».
Utilizza la psicanalisi junghiana, Alessandro Meluzzi, per spiegare come mai Silvio e Gianfranco, il premier e il presidente della Camera, non vanno d’accordo.
Psichiatra torinese 54enne, Meluzzi li conosce bene entrambi. Quindici anni fa partecipò alla grande avventura della nascita di Forza Italia, e fece notizia perché sconfisse l’attuale sindaco di Torino Sergio Chiamparino proprio nel collegio degli operai di Mirafiori, bastione comunista. Parlamentare fino al 2001, oggi è tornato a esercitare la sua professione e fa l’opinionista tv. Gli abbiamo chiesto una psicanalisi parallela dei due fondatori del Popolo delle Libertà, in dissidio continuo.
«Lo dico senza offesa: il 73enne Berlusconi conserva la struttura psicologica dell’eterno adolescente. Ama il movimento, privilegia ancora la creatività e l’ingenuità rispetto alla virtù politica della prudenza. L’ormai quasi 58enne Fini, invece, è nato vecchio. Ha dovuto crescere sotto l’ala del segretario Msi Giorgio Almirante, indossare il doppiopetto Lebole, responsabilizzarsi subito».
Questa tipologia psicologica si riverbera anche sui caratteri: «Berlusconi è un estroverso extratensivo», spiega Meluzzi, «esprime all’esterno i propri conflitti interiori. È trasparente, divide immediatamente tutti quelli che lo conoscono: o lo si ama, o lo si odia. Viceversa, Fini è un introverso intratensivo. Lo si vede da come si muove, dai suoi gesti. Tiene le emozioni dentro, è un realista compresso. Mi ricorda l’Ombra della sera, il reperto etrusco nel museo di Volterra: l’immagine della malinconica. Berlusconi invece è vitale, dionisiaco, orientato verso l’euforia: potrebbe essere una statuetta pompeiana».
Un paragone enologico? «Berlusconi è creativo, pétillant come lo champagne. Fini è tanninico come un barbera barricato. Anzi, essendo emiliano, come il lambrusco… E arriviamo a un’altra differenza fondamentale: Berlusconi è profondamente milanese, brianzolo: la Lombardia di Craxi, Bossi, Turati, Pirelli, Falck, don Giussani. Un cristiano-liberale con gli elementi di trasgressività connaturati al cattolicesimo. Al contrario, Fini rimane terragnamente bolognese, come Bersani, Prodi, Casini. È un laico moralista, antropologicamente non sorprende che ora vada a sinistra».
Ma fino a quindici anni fa era il capo del Msi, partito neofascista. «E che c’entra, anche i fascisti Mussolini e Bombacci furono socialisti. Il nonno di Fini era un militante comunista, il padre socialdemocratico. E lui è laicista. Filosoficamente, la sua categoria è la legge, mentre quella di Berlusconi è lo spirito. Non parliamo poi della fisiognomica…»
Oddio, Meluzzi, ora tira fuori Lombroso? «No, Kretschmer e i suoi biotipi. Berlusconi è fisicamente un brachitipo, al quale psichicamente corrisponde il ciclotimico. È un genio, un monstrum nel senso latino del termine. Contemporaneamente euforico e ossessivo, per lui ogni ostacolo è superabile. Volge al successo qualsiasi sfida, fa prevalere il principio di piacere su quello della realtà. Può cadere solo per una mancanza di attenzione al dettaglio, e per questo analizza iper-razionalmente tutto. Non ho mai visto nessuno rimanere sveglio fino alle quattro del mattino facendo crollare giovani con quarant’anni di meno, solo per decidere il colore dell’angolo di un manifesto.
«Fini invece è il classico longitipo astenico, e come tutti gli schizotimici è caratterizzato da dissociazione e malinconie aggressive. È frustrato dalla dimensione dell’eterno secondo, del delfino. Rischia di finire in carpione, diventando aceto a forza di stare lì ad aspettare come il principe Carlo d’Inghilterra, oppure di subire il destino dei tonni nelle tonnare. Terza ipotesi: si trasforma in squalo, mordendo la mano che l’ha nutrito».
Beh, intanto presiede la Camera: terza carica dello Stato.
«Per carità, gli è venuta la sindrome Pivetti».
Cioè?
«Irene Pivetti, che occupò la stessa poltrona e cadde vittima di un meccanismo mimetico, una curiosa simbiosi subalterna al presidente della Repubblica: allora Scalfaro, oggi Napolitano. Fini si atteggia e si sente come un fratello minore di Napolitano. D’altra parte sono figli della stessa cultura, antitetica a quella di Berlusconi uomo d’impresa, che per questo li detesta: quella dei politici di professione. Seppure uno ex fascista, e l’altro ex comunista».
A proposito di ex: anche Forza Italia ne ha prodotti molti. Uno di questi, il generale Luigi Caligaris, fra i fondatori del partito, commenta con Oggi: «Fini accusa il Pdl di essere una caserma? Beh, neanche nell’esercito ho trovato tanto dogmatismo come in Forza Italia. Berlusconi ha un carisma indiscutibile, ma i suoi partiti non sono un posto per noi liberali».
Oggi, 9 dicembre 2009
di Mauro Suttora
«Berlusconi è un puer aeternus, un bambino eterno. Fini invece è il suo esatto contrario: un senex praecox, vecchio precoce».
Utilizza la psicanalisi junghiana, Alessandro Meluzzi, per spiegare come mai Silvio e Gianfranco, il premier e il presidente della Camera, non vanno d’accordo.
Psichiatra torinese 54enne, Meluzzi li conosce bene entrambi. Quindici anni fa partecipò alla grande avventura della nascita di Forza Italia, e fece notizia perché sconfisse l’attuale sindaco di Torino Sergio Chiamparino proprio nel collegio degli operai di Mirafiori, bastione comunista. Parlamentare fino al 2001, oggi è tornato a esercitare la sua professione e fa l’opinionista tv. Gli abbiamo chiesto una psicanalisi parallela dei due fondatori del Popolo delle Libertà, in dissidio continuo.
«Lo dico senza offesa: il 73enne Berlusconi conserva la struttura psicologica dell’eterno adolescente. Ama il movimento, privilegia ancora la creatività e l’ingenuità rispetto alla virtù politica della prudenza. L’ormai quasi 58enne Fini, invece, è nato vecchio. Ha dovuto crescere sotto l’ala del segretario Msi Giorgio Almirante, indossare il doppiopetto Lebole, responsabilizzarsi subito».
Questa tipologia psicologica si riverbera anche sui caratteri: «Berlusconi è un estroverso extratensivo», spiega Meluzzi, «esprime all’esterno i propri conflitti interiori. È trasparente, divide immediatamente tutti quelli che lo conoscono: o lo si ama, o lo si odia. Viceversa, Fini è un introverso intratensivo. Lo si vede da come si muove, dai suoi gesti. Tiene le emozioni dentro, è un realista compresso. Mi ricorda l’Ombra della sera, il reperto etrusco nel museo di Volterra: l’immagine della malinconica. Berlusconi invece è vitale, dionisiaco, orientato verso l’euforia: potrebbe essere una statuetta pompeiana».
Un paragone enologico? «Berlusconi è creativo, pétillant come lo champagne. Fini è tanninico come un barbera barricato. Anzi, essendo emiliano, come il lambrusco… E arriviamo a un’altra differenza fondamentale: Berlusconi è profondamente milanese, brianzolo: la Lombardia di Craxi, Bossi, Turati, Pirelli, Falck, don Giussani. Un cristiano-liberale con gli elementi di trasgressività connaturati al cattolicesimo. Al contrario, Fini rimane terragnamente bolognese, come Bersani, Prodi, Casini. È un laico moralista, antropologicamente non sorprende che ora vada a sinistra».
Ma fino a quindici anni fa era il capo del Msi, partito neofascista. «E che c’entra, anche i fascisti Mussolini e Bombacci furono socialisti. Il nonno di Fini era un militante comunista, il padre socialdemocratico. E lui è laicista. Filosoficamente, la sua categoria è la legge, mentre quella di Berlusconi è lo spirito. Non parliamo poi della fisiognomica…»
Oddio, Meluzzi, ora tira fuori Lombroso? «No, Kretschmer e i suoi biotipi. Berlusconi è fisicamente un brachitipo, al quale psichicamente corrisponde il ciclotimico. È un genio, un monstrum nel senso latino del termine. Contemporaneamente euforico e ossessivo, per lui ogni ostacolo è superabile. Volge al successo qualsiasi sfida, fa prevalere il principio di piacere su quello della realtà. Può cadere solo per una mancanza di attenzione al dettaglio, e per questo analizza iper-razionalmente tutto. Non ho mai visto nessuno rimanere sveglio fino alle quattro del mattino facendo crollare giovani con quarant’anni di meno, solo per decidere il colore dell’angolo di un manifesto.
«Fini invece è il classico longitipo astenico, e come tutti gli schizotimici è caratterizzato da dissociazione e malinconie aggressive. È frustrato dalla dimensione dell’eterno secondo, del delfino. Rischia di finire in carpione, diventando aceto a forza di stare lì ad aspettare come il principe Carlo d’Inghilterra, oppure di subire il destino dei tonni nelle tonnare. Terza ipotesi: si trasforma in squalo, mordendo la mano che l’ha nutrito».
Beh, intanto presiede la Camera: terza carica dello Stato.
«Per carità, gli è venuta la sindrome Pivetti».
Cioè?
«Irene Pivetti, che occupò la stessa poltrona e cadde vittima di un meccanismo mimetico, una curiosa simbiosi subalterna al presidente della Repubblica: allora Scalfaro, oggi Napolitano. Fini si atteggia e si sente come un fratello minore di Napolitano. D’altra parte sono figli della stessa cultura, antitetica a quella di Berlusconi uomo d’impresa, che per questo li detesta: quella dei politici di professione. Seppure uno ex fascista, e l’altro ex comunista».
A proposito di ex: anche Forza Italia ne ha prodotti molti. Uno di questi, il generale Luigi Caligaris, fra i fondatori del partito, commenta con Oggi: «Fini accusa il Pdl di essere una caserma? Beh, neanche nell’esercito ho trovato tanto dogmatismo come in Forza Italia. Berlusconi ha un carisma indiscutibile, ma i suoi partiti non sono un posto per noi liberali».
Tuesday, December 15, 2009
La Semana (Colombia): El diario de la amante
Bogotà, 5 dicembre 2009
Las memorias de Clara Petacci, la concubina favorita de Mussolini, revelan que este era tan antijudío como Hitler y que tenía una voracidad sexual mayor que la de Berlusconi.
En días pasados Patrizia D’Addario, la prostituta de lujo que escandalizó a Italia al revelar sus noches de pasión con Silvio Berlusconi, publicó su libro Disfrute, Primer Ministro. Allí asegura haber quedado estupefacta ante el insaciable apetito sexual de Il Cavaliere, capaz de pasar una noche con 20 mujeres dedicadas a satisfacerlo.
Pero Berlusconi no es el primer gobernante italiano tan obsesionado por el género femenino como por el poder. Lo ha recordado el diario íntimo de Clara Petacci, la inseparable compañera de Benito Mussolini, que acaba de salir a la luz. Algunos biógrafos calculan que sin tener la presencia de un don Juan, calvo, bajo de estatura y con una higiene personal dudosa, por la cama de Il Duce habrían pasado 5.000 mujeres: al menos una distinta cada noche, durante la mayor parte de su vida. Y es la preferida de sus amantes quien confirma tal poder de seducción a casi 65 años de su muerte.
Mauro Suttora, periodista del conglomerado italiano de medios Rizzoli Corriere della Sera editó los documentos que la mujer escribió entre 1932 y 1938 bajo el título ‘Mussolini secreto’, en 521 páginas que incluyen detalles explícitos de sus faenas de alcoba, sus fantasías eróticas y hasta reflexiones políticas de Mussolini sobre Hitler y la raza, que lo develan como un enemigo despiadado de los judíos.
El camino del diario ha sido largo: quizá presintiendo su final, Petacci le encomendó sus apuntes a su amiga la condesa Rina Cervis, quien los enterró en el jardín de su casa hasta cuando en 1950 fueron descubiertos por las autoridades. Suttora explicó a SEMANA que “su único heredero, Ferdinando Petacci, había estado pidiendo que se los entregaran, pero fueron secreto de Estado durante 70 años”. Ese es el plazo que, según las reglas italianas, se debe cumplir para hacer públicos documentos de importancia para la seguridad nacional. Por eso sólo recientemente se desclasificó la información.
“Clara quiso guardar copias de las cartas que le enviaba a Mussolini desde cuando lo conoció en 1932”, agrega Suttora. Cuando ese primer encuentro tuvo lugar, ella, hija del médico personal del Papa Pío XI, tenía 20 años, y Mussolini 49 y un matrimonio con cinco hijos. La joven siempre había sentido un gran respeto hacia el hombre que desde 1922 gobernaba Italia, y una tarde, durante un paseo con sus padres, su carro se cruzó con el Alfa Romeo del dictador. Ella lo reconoció y sacó la cabeza por la ventana mientras gritaba “Il Duce, Il Duce”. Ante tal prueba de devoción, Mussolini detuvo su auto para conversar con su admiradora. Al parecer, durante algunos años mantuvieron una relación platónica, tiempo en el cual ella se casó y se separó, hasta cuando se hicieron amantes en 1936. Desde entonces Claretta, como le decían cariñosamente, tuvo derecho a escoltas y a una habitación en el Palazzo Venezia, su sede oficial.
La Petacci transcribía en forma maniática cada conversación con su Ben, como lo llamaba en la intimidad, al punto de que en un solo año llenó más de 1.800 páginas de su diario. “Soy esclavo de tu carne. Siento un deseo febril por tu cuerpecito delicioso que me quiero comer entero a besos. Y tú tienes que adorar mi cuerpo, tu gigante”, registró ella una de las frases del mandatario.
Aunque Clara respetaba a Rachele, la esposa de Mussolini, no soportaba la idea de que él tuviera más mujeres. Lo celaba tanto, que en 1938, un año muy agitado para la política europea porque Hitler anexó Austria, y en el que se firmó el acuerdo de Munich que entregaba a la Alemania nazi parte de Checoslovaquia, a Il Duce le tocaba en promedio reportarse cada hora a su amante para comprobar que no estaba con otra. Sobraban motivos para dudar de la fidelidad del hombre.
El mismo Mussolini le confesó a ella que la idea de tener una sola conquista le parecía “inconcebible... Hubo una época en la que tuve 14 mujeres, y me acostaba con tres o cuatro cada noche, una tras otra...eso te dará una idea de mi sexualidad”. Además, en una especie de clase le explicó que “el orgasmo es muy bueno. Agudiza tus pensamientos, y ayuda al cerebro, lo hace fértil y brillante”. Ese apetito se habría desatado desde cuando perdió su virginidad, a los 17 años, con una prostituta, y aumentó en la cúspide del poder cuando le llovían cartas de damas ofreciéndosele. Como explicó al diario británico The Independent Nicholas Farrell, autor de Mussolini: A new life, hacía sus jugadas “a espaldas de Claretta”. El personal de seguridad clasificaba las misivas en mujeres conocidas o desconocidas. Luego el gobernante elegía entre las ‘nuevas’ las que le llamaran la atención para que se las llevaran al Palazzo como “visitantes fascistas”.
En su diario Claretta relata una de sus escenas de celos cuando lo pilló durmiendo con una ex novia llamada Alice de Fonseca Pallottelli, con quien habría tenido dos de sus hijos ilegítimos: “Está bien. Lo hice. No la había visto desde antes de Navidad. No creo que haya cometido un crimen. Sólo estuve 12 minutos con ella”, fue la manera de disculparse de Mussolini. “24 minutos”, lo corrigió ella. “Bien, 24, fue algo rápido. ¿A quién le importa? después de 17 años no hay nada de entusiasmo, es como cuando me acuesto con mi esposa”, concluyó él. En otra oportunidad le juró que nunca había amado a Romilda Ruspi, con quien habría tenido otro hijo: “Sólo fue algo físico, pura atracción sexual. Tenía relaciones con otras en frente de ella”. También le afirmó que durante un fin de semana en la playa la princesa María José de Bélgica, quien llegaría a ser reina de Italia y opositora del fascismo, se le insinuó, pero no pudo seducirlo. “Yo era como de palo. Ni un pelo de mi cuerpo estaba erecto... la encontré repulsiva”.
Sin embargo, el documento no sólo está causando polémica por su contenido sexual, sino porque acaba con la percepción popular de que Mussolini era un títere de Hitler que aprobó leyes contra los judíos por complacerlo. “He sido racista desde 1921. No sé por qué creen que soy un simple imitador de Hitler. Los italianos tendrían que tener más sentido de la raza, para no crear mestizos, que van a estropear nuestra belleza”, son palabras que Claretta pone en su boca, por los días en que salió el Manifiesto della razza, sobre la superioridad de la etnia itálica. Sin embargo, Mussolini reconocía que el líder nazi le agradaba: “Es una persona muy emocional. Cuando me vio hubo lágrimas en sus ojos”. Con el que no le iba muy bien era con Pío XI: “Si siguen así los del Vaticano, voy a romper relaciones con ellos. Prohibí los matrimonios mixtos y ahora el Papa me pide casar a un italiano con una negra”.
A los judíos se refería como “cerdos”, “reptiles”, “carroña”, y dijo que “habría que exterminarlos a todos. Voy a organizar una masacre”. También habló de “confinarlos en una pequeña isla”.
La que no está nada contenta con estas revelaciones es la nieta del fascista, la parlamentaria Alessandra Mussolini, quien ha dicho que “ni una sola palabra del diario es verdad” y que hoy Clara sería acusada de acoso. Pero, según Suttora, de lo que no se puede dudar es de “la autenticidad de los diarios, que fue certificada por el archivo estatal”. Por eso parece difícil controvertir que Il Duce le haya dicho a su amante “nací para ti y terminaré a tu lado”, como ella escribió. Más cuando juntos fueron ejecutados y colgados por los partisanos en abril de 1945.
Semana.com ©2009.
Todos los derechos reservados.
http://www.semana.com/noticias-gente/diario-amante/132331.aspx
Las memorias de Clara Petacci, la concubina favorita de Mussolini, revelan que este era tan antijudío como Hitler y que tenía una voracidad sexual mayor que la de Berlusconi.
En días pasados Patrizia D’Addario, la prostituta de lujo que escandalizó a Italia al revelar sus noches de pasión con Silvio Berlusconi, publicó su libro Disfrute, Primer Ministro. Allí asegura haber quedado estupefacta ante el insaciable apetito sexual de Il Cavaliere, capaz de pasar una noche con 20 mujeres dedicadas a satisfacerlo.
Pero Berlusconi no es el primer gobernante italiano tan obsesionado por el género femenino como por el poder. Lo ha recordado el diario íntimo de Clara Petacci, la inseparable compañera de Benito Mussolini, que acaba de salir a la luz. Algunos biógrafos calculan que sin tener la presencia de un don Juan, calvo, bajo de estatura y con una higiene personal dudosa, por la cama de Il Duce habrían pasado 5.000 mujeres: al menos una distinta cada noche, durante la mayor parte de su vida. Y es la preferida de sus amantes quien confirma tal poder de seducción a casi 65 años de su muerte.
Mauro Suttora, periodista del conglomerado italiano de medios Rizzoli Corriere della Sera editó los documentos que la mujer escribió entre 1932 y 1938 bajo el título ‘Mussolini secreto’, en 521 páginas que incluyen detalles explícitos de sus faenas de alcoba, sus fantasías eróticas y hasta reflexiones políticas de Mussolini sobre Hitler y la raza, que lo develan como un enemigo despiadado de los judíos.
El camino del diario ha sido largo: quizá presintiendo su final, Petacci le encomendó sus apuntes a su amiga la condesa Rina Cervis, quien los enterró en el jardín de su casa hasta cuando en 1950 fueron descubiertos por las autoridades. Suttora explicó a SEMANA que “su único heredero, Ferdinando Petacci, había estado pidiendo que se los entregaran, pero fueron secreto de Estado durante 70 años”. Ese es el plazo que, según las reglas italianas, se debe cumplir para hacer públicos documentos de importancia para la seguridad nacional. Por eso sólo recientemente se desclasificó la información.
“Clara quiso guardar copias de las cartas que le enviaba a Mussolini desde cuando lo conoció en 1932”, agrega Suttora. Cuando ese primer encuentro tuvo lugar, ella, hija del médico personal del Papa Pío XI, tenía 20 años, y Mussolini 49 y un matrimonio con cinco hijos. La joven siempre había sentido un gran respeto hacia el hombre que desde 1922 gobernaba Italia, y una tarde, durante un paseo con sus padres, su carro se cruzó con el Alfa Romeo del dictador. Ella lo reconoció y sacó la cabeza por la ventana mientras gritaba “Il Duce, Il Duce”. Ante tal prueba de devoción, Mussolini detuvo su auto para conversar con su admiradora. Al parecer, durante algunos años mantuvieron una relación platónica, tiempo en el cual ella se casó y se separó, hasta cuando se hicieron amantes en 1936. Desde entonces Claretta, como le decían cariñosamente, tuvo derecho a escoltas y a una habitación en el Palazzo Venezia, su sede oficial.
La Petacci transcribía en forma maniática cada conversación con su Ben, como lo llamaba en la intimidad, al punto de que en un solo año llenó más de 1.800 páginas de su diario. “Soy esclavo de tu carne. Siento un deseo febril por tu cuerpecito delicioso que me quiero comer entero a besos. Y tú tienes que adorar mi cuerpo, tu gigante”, registró ella una de las frases del mandatario.
Aunque Clara respetaba a Rachele, la esposa de Mussolini, no soportaba la idea de que él tuviera más mujeres. Lo celaba tanto, que en 1938, un año muy agitado para la política europea porque Hitler anexó Austria, y en el que se firmó el acuerdo de Munich que entregaba a la Alemania nazi parte de Checoslovaquia, a Il Duce le tocaba en promedio reportarse cada hora a su amante para comprobar que no estaba con otra. Sobraban motivos para dudar de la fidelidad del hombre.
El mismo Mussolini le confesó a ella que la idea de tener una sola conquista le parecía “inconcebible... Hubo una época en la que tuve 14 mujeres, y me acostaba con tres o cuatro cada noche, una tras otra...eso te dará una idea de mi sexualidad”. Además, en una especie de clase le explicó que “el orgasmo es muy bueno. Agudiza tus pensamientos, y ayuda al cerebro, lo hace fértil y brillante”. Ese apetito se habría desatado desde cuando perdió su virginidad, a los 17 años, con una prostituta, y aumentó en la cúspide del poder cuando le llovían cartas de damas ofreciéndosele. Como explicó al diario británico The Independent Nicholas Farrell, autor de Mussolini: A new life, hacía sus jugadas “a espaldas de Claretta”. El personal de seguridad clasificaba las misivas en mujeres conocidas o desconocidas. Luego el gobernante elegía entre las ‘nuevas’ las que le llamaran la atención para que se las llevaran al Palazzo como “visitantes fascistas”.
En su diario Claretta relata una de sus escenas de celos cuando lo pilló durmiendo con una ex novia llamada Alice de Fonseca Pallottelli, con quien habría tenido dos de sus hijos ilegítimos: “Está bien. Lo hice. No la había visto desde antes de Navidad. No creo que haya cometido un crimen. Sólo estuve 12 minutos con ella”, fue la manera de disculparse de Mussolini. “24 minutos”, lo corrigió ella. “Bien, 24, fue algo rápido. ¿A quién le importa? después de 17 años no hay nada de entusiasmo, es como cuando me acuesto con mi esposa”, concluyó él. En otra oportunidad le juró que nunca había amado a Romilda Ruspi, con quien habría tenido otro hijo: “Sólo fue algo físico, pura atracción sexual. Tenía relaciones con otras en frente de ella”. También le afirmó que durante un fin de semana en la playa la princesa María José de Bélgica, quien llegaría a ser reina de Italia y opositora del fascismo, se le insinuó, pero no pudo seducirlo. “Yo era como de palo. Ni un pelo de mi cuerpo estaba erecto... la encontré repulsiva”.
Sin embargo, el documento no sólo está causando polémica por su contenido sexual, sino porque acaba con la percepción popular de que Mussolini era un títere de Hitler que aprobó leyes contra los judíos por complacerlo. “He sido racista desde 1921. No sé por qué creen que soy un simple imitador de Hitler. Los italianos tendrían que tener más sentido de la raza, para no crear mestizos, que van a estropear nuestra belleza”, son palabras que Claretta pone en su boca, por los días en que salió el Manifiesto della razza, sobre la superioridad de la etnia itálica. Sin embargo, Mussolini reconocía que el líder nazi le agradaba: “Es una persona muy emocional. Cuando me vio hubo lágrimas en sus ojos”. Con el que no le iba muy bien era con Pío XI: “Si siguen así los del Vaticano, voy a romper relaciones con ellos. Prohibí los matrimonios mixtos y ahora el Papa me pide casar a un italiano con una negra”.
A los judíos se refería como “cerdos”, “reptiles”, “carroña”, y dijo que “habría que exterminarlos a todos. Voy a organizar una masacre”. También habló de “confinarlos en una pequeña isla”.
La que no está nada contenta con estas revelaciones es la nieta del fascista, la parlamentaria Alessandra Mussolini, quien ha dicho que “ni una sola palabra del diario es verdad” y que hoy Clara sería acusada de acoso. Pero, según Suttora, de lo que no se puede dudar es de “la autenticidad de los diarios, que fue certificada por el archivo estatal”. Por eso parece difícil controvertir que Il Duce le haya dicho a su amante “nací para ti y terminaré a tu lado”, como ella escribió. Más cuando juntos fueron ejecutados y colgados por los partisanos en abril de 1945.
Semana.com ©2009.
Todos los derechos reservados.
http://www.semana.com/noticias-gente/diario-amante/132331.aspx
Monday, December 14, 2009
Nuova Sardegna: Italia alcova, come oggi
IL DUCE, CLARETTA E CORRADO ALVARO: L'ITALIA TUTTA UN'ALCOVA, COME OGGI
di Massimo Onofri
La Nuova Sardegna, 14 dicembre 2009
I diari sono quelli di Claretta Petacci. Una scelta, "Mussolini segreto", è stata appena pubblicata da Rizzoli. Leggo alla data 26 aprile 1938 (solo per questo anno, secondo quanto scritto nella prefazione, abbiamo 1810 pagine). Il duce la informa che sul "Tevere" di Telesio Interlandi è uscita una di lei poesia. Poi riporta la voce, riferitagli da tale "signora Brambilla", che Claretta abbia domandato notizie di "un certo Corrado Alvaro" a una chiromante per sapere se costui la tradiva.
Claretta s'indigna: soprattutto per il fatto che le si addebiti la frequentazione di chiromanti. Mussolini la rassicura: "No amore, non inquietarti, non ci credo. E' una buffona, una donna senza neanche un filo di buonsenso. Questo Alvaro è un mostro, è orrendo, un muso da cane bulldog. Orribile. Anche se lo conoscessi, non sarebbe possibile. E' una stupida cattiva. Le ho fatto dire ancora che se ne andasse, partirà subito".
Meraviglioso: Claretta amante dello scrittore antifascista Corrado Alvaro. Un'ipotesi che ci accarezza. Vent'anni di antifascismo clandestino cancellato o segregato nelle prigioni finalmente vendicato, dal meno attendibile di tutti, l'"orrendo" Alvaro. Nel segreto di un'alcova. Ieri come oggi.
di Massimo Onofri
La Nuova Sardegna, 14 dicembre 2009
I diari sono quelli di Claretta Petacci. Una scelta, "Mussolini segreto", è stata appena pubblicata da Rizzoli. Leggo alla data 26 aprile 1938 (solo per questo anno, secondo quanto scritto nella prefazione, abbiamo 1810 pagine). Il duce la informa che sul "Tevere" di Telesio Interlandi è uscita una di lei poesia. Poi riporta la voce, riferitagli da tale "signora Brambilla", che Claretta abbia domandato notizie di "un certo Corrado Alvaro" a una chiromante per sapere se costui la tradiva.
Claretta s'indigna: soprattutto per il fatto che le si addebiti la frequentazione di chiromanti. Mussolini la rassicura: "No amore, non inquietarti, non ci credo. E' una buffona, una donna senza neanche un filo di buonsenso. Questo Alvaro è un mostro, è orrendo, un muso da cane bulldog. Orribile. Anche se lo conoscessi, non sarebbe possibile. E' una stupida cattiva. Le ho fatto dire ancora che se ne andasse, partirà subito".
Meraviglioso: Claretta amante dello scrittore antifascista Corrado Alvaro. Un'ipotesi che ci accarezza. Vent'anni di antifascismo clandestino cancellato o segregato nelle prigioni finalmente vendicato, dal meno attendibile di tutti, l'"orrendo" Alvaro. Nel segreto di un'alcova. Ieri come oggi.
Wednesday, December 09, 2009
Oggi: le polemiche su Mussolini razzista
Oggi, 9 dicembre 2009
di Mauro Suttora
QUANTO ERA RAZZISTA IL DUCE?
Il dittatore italiano parlò di "trucidare completamente" gli ebrei ben quattro anni prima che i gerarchi nazisti ne decidessero lo sterminio finale
«Porci ebrei, popolo destinato a essere trucidato completamente». Previsione o minaccia? Benito Mussolini pronunciò questa tremenda frase il Lunedì dell’Angelo 1938, nel suo studio a palazzo Venezia di fronte all’amante Claretta Petacci. La quale la annotò fedelmente nei suoi diari, appena desecretati dopo ben settant’anni sotto chiave nell’Archivio centrale dello Stato, e pubblicati nel libro Mussolini segreto (ed. Rizzoli).
Com’era prevedibile, queste parole hanno subito fatto il giro del mondo. Tutti i giornali più prestigiosi, dall’inglese Times al francese Le Monde, dallo spagnolo El Pais al tedesco Spiegel, hanno scritto lunghi articoli. Perché?
ATTENTI ALLE DATE
Attenzione alle date. La frase di Mussolini è del 18 aprile ’38. Cioè tre mesi prima del vergognoso Manifesto della razza del professor Nicola Pende e altri «scienziati» che diede il via alle persecuzioni contro gli ebrei, dapprima licenziati da ogni impiego pubblico, e infine avviati ai campi di sterminio.
Ma, soprattutto, l’auspicio del dittatore italiano è di quattro anni antecedente alla famigerata conferenza di Wannsee (Berlino) del gennaio ’42. Solo allora, infatti, i gerarchi nazisti decisero di «trucidare completamente» (per usare le parole del duce) gli ebrei.
FRASI AGGHIACCIANTI
Anche un appassionato di storia per diletto come me, quindi, è saltato sulla sedia quando si è imbattuto in questa frase trascrivendo i diari della Petacci per il libro che ho curato. Oltre ad altre successive, come: «Io ero razzista dal ‘21. Non so come possano pensare che imito Hitler, non era ancora nato [politicamente, ndr]. Mi fanno ridere. La razza dev’essere difesa» (4 agosto ’38). «Lo scopo è purificare la razza e far lavorare gli ariani ai posti sfruttati da loro» (2 settembre). «Porci ebrei, li ucciderò tutti» (9 ottobre). «Questi schifosi di ebrei, bisogna che li distrugga tutti. Farò una strage come hanno fatto i turchi [con gli armeni, ndr]. Del resto ho confinato settantamila arabi [in Libia], potrò confinare cinquantamila ebrei. Farò un isolotto, li chiuderò tutti là dentro. Sono carogne, nemici e vigliacchi. Vedranno cosa saprà fare il pugno d’acciaio di Mussolini. Li distruggo. È l’ora che gli italiani sentano che non devono più essere sfruttati da questi rettili» (11 ottobre).
COSA DICONO GLI STORICI
Secondo il prestigioso settimanale Economist, «i diari di Claretta sfidano la confortevole opinione che molti italiani hanno di un duce trascinato dall’alleato Hitler. E la reputazione di Mussolini conta ancora in un Paese che, per la maggior parte degli ultimi otto anni, è stato guidato da governi con dentro i suoi eredi “post-fascisti”».
«Questo tema sembra diventato tabù», ha scritto sul Corriere della Sera Giorgio Fabre, autore del libro Mussolini razzista (Garzanti, 2005). «Forse il dittatore viene considerato un padre della patria, un italiano rappresentativo».
«Si riteneva che le leggi razziali fossero solo uno strumento, non una politica in cui [Mussolini] credeva sinceramente. Questi diari suggeriscono il contrario», ha detto all’Economist Paul Corner, professore di Storia europea all’università di Siena. E Sergio Luzzatto, storico dell’università di Torino: «Pur con tutte le cautele, perché scritti da un’amante, i diari sono una sveglia. Svelano la vera malvagità di Mussolini».
di Mauro Suttora
QUANTO ERA RAZZISTA IL DUCE?
Il dittatore italiano parlò di "trucidare completamente" gli ebrei ben quattro anni prima che i gerarchi nazisti ne decidessero lo sterminio finale
«Porci ebrei, popolo destinato a essere trucidato completamente». Previsione o minaccia? Benito Mussolini pronunciò questa tremenda frase il Lunedì dell’Angelo 1938, nel suo studio a palazzo Venezia di fronte all’amante Claretta Petacci. La quale la annotò fedelmente nei suoi diari, appena desecretati dopo ben settant’anni sotto chiave nell’Archivio centrale dello Stato, e pubblicati nel libro Mussolini segreto (ed. Rizzoli).
Com’era prevedibile, queste parole hanno subito fatto il giro del mondo. Tutti i giornali più prestigiosi, dall’inglese Times al francese Le Monde, dallo spagnolo El Pais al tedesco Spiegel, hanno scritto lunghi articoli. Perché?
ATTENTI ALLE DATE
Attenzione alle date. La frase di Mussolini è del 18 aprile ’38. Cioè tre mesi prima del vergognoso Manifesto della razza del professor Nicola Pende e altri «scienziati» che diede il via alle persecuzioni contro gli ebrei, dapprima licenziati da ogni impiego pubblico, e infine avviati ai campi di sterminio.
Ma, soprattutto, l’auspicio del dittatore italiano è di quattro anni antecedente alla famigerata conferenza di Wannsee (Berlino) del gennaio ’42. Solo allora, infatti, i gerarchi nazisti decisero di «trucidare completamente» (per usare le parole del duce) gli ebrei.
FRASI AGGHIACCIANTI
Anche un appassionato di storia per diletto come me, quindi, è saltato sulla sedia quando si è imbattuto in questa frase trascrivendo i diari della Petacci per il libro che ho curato. Oltre ad altre successive, come: «Io ero razzista dal ‘21. Non so come possano pensare che imito Hitler, non era ancora nato [politicamente, ndr]. Mi fanno ridere. La razza dev’essere difesa» (4 agosto ’38). «Lo scopo è purificare la razza e far lavorare gli ariani ai posti sfruttati da loro» (2 settembre). «Porci ebrei, li ucciderò tutti» (9 ottobre). «Questi schifosi di ebrei, bisogna che li distrugga tutti. Farò una strage come hanno fatto i turchi [con gli armeni, ndr]. Del resto ho confinato settantamila arabi [in Libia], potrò confinare cinquantamila ebrei. Farò un isolotto, li chiuderò tutti là dentro. Sono carogne, nemici e vigliacchi. Vedranno cosa saprà fare il pugno d’acciaio di Mussolini. Li distruggo. È l’ora che gli italiani sentano che non devono più essere sfruttati da questi rettili» (11 ottobre).
COSA DICONO GLI STORICI
Secondo il prestigioso settimanale Economist, «i diari di Claretta sfidano la confortevole opinione che molti italiani hanno di un duce trascinato dall’alleato Hitler. E la reputazione di Mussolini conta ancora in un Paese che, per la maggior parte degli ultimi otto anni, è stato guidato da governi con dentro i suoi eredi “post-fascisti”».
«Questo tema sembra diventato tabù», ha scritto sul Corriere della Sera Giorgio Fabre, autore del libro Mussolini razzista (Garzanti, 2005). «Forse il dittatore viene considerato un padre della patria, un italiano rappresentativo».
«Si riteneva che le leggi razziali fossero solo uno strumento, non una politica in cui [Mussolini] credeva sinceramente. Questi diari suggeriscono il contrario», ha detto all’Economist Paul Corner, professore di Storia europea all’università di Siena. E Sergio Luzzatto, storico dell’università di Torino: «Pur con tutte le cautele, perché scritti da un’amante, i diari sono una sveglia. Svelano la vera malvagità di Mussolini».
Thursday, December 03, 2009
Der Spiegel: In Bett mit Ben
articolo del settimanale tedesco:
26.11.09
Im Bett mit Ben
Alexander Von Smoltczyk
Mussolinis Geliebte Clara Petacci kannte die Geheimnisse des "Duce". Ihr Tagebuch beschreibt einen sexsüchtigen Judenhasser, der Hitler "sehr sympathisch" fand.
Einmal ließ den "Duce" sein kleiner Führer doch im Stich: "Ich war wie aus Holz. Nicht ein Haar hat sich mir aufgestellt", so staunt Benito Mussolini über sich selbst. Dabei tat Maria José di Savoia, Gattin des späteren Königs Umberto II., wirklich alles, um den Chef der italienischen Faschisten am Strand zu verführen. Benito konnte nicht: "Ich war kein Mann, sondern ein Politiker." Armer Potentat.
So soll Mussolini, der 21 Jahre lang Ministerpräsident und "il Duce" war, die Szene jedenfalls hinterher seiner Lebensgeliebten Clara "Claretta" Petacci geschildert haben. Und die schrieb es dann in ihre Tagebücher.
Vergangene Woche sind die erstmals veröffentlicht worden - zum nicht geringen Entsetzen manches Nachgeborenen*. "Diese Frau würde heute wegen Stalkings verurteilt werden", so die Duce-Enkelin Alessandra Mussolini. "Kein Wort" glaube sie von dem, was da über ihren Opa geschrieben stehe.
Die Mussolinis waren noch nie gut zu sprechen auf Claretta Petacci, die einzige Frau, die Mussolini buchstäblich bis zum Tod die Treue gehalten hat.
Ihr Vater war Arzt im Vatikan, sie selbst schwärmte schon als Teenie für den "Duce, mio grandissimo Duce" und wurde mit 19 Jahren seine Geliebte. Nach einer zweijährigen Trennung avancierte sie 1936 zur Haupt- und Dauerkonkubine. Der einzigen mit Anrecht auf Personenschutz, Chauffeur und Zimmer im Palazzo Venezia.
Sie nennt ihn "Ben", er spricht von sich bescheiden als "dein Gigant". Bei Claretta beklagt er sich über die engen Stiefel, die er immer tragen muss. Sie ist seine Vertraute und Beichtmätresse. Ihre Geschichte wurde 1984 verkitscht verfilmt, mit Claudia Cardinale in der Hauptrolle.
Mussolini war vom Sex so besessen wie von der eigenen Macht. Bis zum Tag seiner Absetzung, am 25. Juli 1943, ließ er sich "täglich eine Frau, jeden Nachmittag" liefern, so erinnerte sich sein Kammerdiener Quinto Navarra. Im Gästebuch wurden sie als "faschistische Besucherinnen" geführt.
"Es gab eine Zeit, da hatte ich 14 Frauen und nahm mir 3, 4 jeden Abend, eine nach der anderen." Aber jetzt, mit Claretta, gebe es nur noch sie für ihn: "Amore, warum willst du mir nicht glauben?"
Die Nacht, bevor Österreich am 13. März 1938 ans Deutsche Reich "angeschlossen" wurde, verbringt Mussolini im Wesentlichen damit, Claretta ihre Eifersucht auszureden, mit Erfolg: "Wir machen Liebe wie noch nie, bis er Herzschmerzen hat und danach noch einmal. Dann schläft er erschöpft und selig ein."
Mussolini selbst ist maßlos eifersüchtig und lässt jeden Schritt seiner 29 Jahre jüngeren "bambina" observieren: "Dein köstliches Körperchen soll nur für mich zittern." Die Wartezeit auf ihn vertreibt sich Petacci mit Schreiben. In schneller Schrift füllt sie die Seiten, fast 2000 allein im Jahr 1938. Das Schreiben sei für sie "Therapie" gewesen, so Herausgeber Mauro Suttora, "weil sie ihre Tage nur damit verbringt, für Mussolini zu leben".
Zum großen Teil ist das Bettkantengeplauder, gespickt mit Ausfällen gegen die Mussolini-Gattin Ráchele, ansonsten ein Zeugnis von Sexsucht, Verblendung und Heuchelei. So etwa, als Mussolini unter Tränen die Schrecken des Krieges in Spanien beklagt, wo gerade 150 Kinder unter Luftbomben starben: "Denk nur, ganze Gebäude zerstört, als wären sie aus Pappe." Dabei hatte Italien gerade die Verstärkung der Bombardierungen befohlen.
Es hat in den letzten Jahren einige fragwürdige Veröffentlichungen gegeben, die Mussolini als Getriebenen zeigen, als tragische Gestalt, die von Hitler zur Judenverfolgung genötigt wurde. Auch Petaccis Notizen aus dem Lotterbett räumen mit solchen Legenden auf: "Ich war Rassist seit 1921", so habe ihr Mussolini im August 1938 anvertraut. "Ich weiß nicht, wie sie glauben können, ich würde Hitler nur nachahmen, der war damals noch gar nicht geboren. Man muss den Italienern ein Gefühl für die Rasse geben, damit sie keine Mischlinge hervorbringen, damit sie nicht ruinieren, was schön ist in uns."
Zurückgekehrt von der Münchner Konferenz 1938, ruft er Claretta zu sich: "Der Führer ist sehr sympathisch", so zitiert sie den Duce: "Hitler ist im Grunde ein Gefühlsmensch. Als er mich sah, hatte er Tränen in den Augen. Er hat mich wirklich sehr gern."
Nur dessen Wutanfälle irritierten Mussolini etwas: "Funken sprühten aus seinen Augen, er zitterte, riss sich nur mühsam zusammen. Ich dagegen blieb völlig ruhig." Im Grunde, so Mussolini, habe er die Konferenz gerettet: "Immer war ich es, der sie auf den Punkt zurückgeführt hat, sie verloren sich in der Diskussion. Hitler verehrt mich aufrichtig."
Nach der Konferenz machen beide Urlaub am Strand. Mussolini blättert in französischen Zeitungen und bekommt schlechte Laune: "Diese ekelhaften Juden, man muss sie alle vernichten. Ich werde ein Blutbad anrichten wie einst die Türken. Ich werde sie isolieren und einsperren. Sie werden die stählerne Faust von Mussolini kennenlernen. Es ist an der Zeit, dass die Italiener merken, dass sie nicht mehr von diesen Schlangen ausgebeutet werden dürfen."
Fünf Wochen später lässt er ein weiteres Rassengesetz beschließen, das "Mischehen" für ungültig erklärt. Die Proteste von Papst Pius XI. regen ihn maßlos auf: "Noch nie hat ein Papst der Religion so geschadet wie dieser. Fast die ganze Welt hat er schon verloren." Und: "Er macht unwürdige Sachen. Wie kann er sagen, wir seien den Semiten gleich. Wir haben sie jahrhundertelang bekämpft, wir hassen sie."
Nicht nur der von Petacci kolportierte Satz "Ich bin wie Napoleon" könnte auch von einem seiner Nachfolger stammen. Der eine nennt sich Duce, der andere Cavaliere oder "Papi".
Es ist eine altbekannte und nicht nur italienische Geschichte: kleine große Männer, die ihr Herz zwischen den Beinen tragen, sich mit Showgirls umgeben und letztlich doch nur angezogen sind von allem, was noch mächtiger ist und noch skrupelloser als sie.
Nach seinem Sturz 1943 errichtet Mussolini mit Hitlers Hilfe die Marionettenrepublik von Salò am Gardasee. Carletta bleibt in Rom zurück, nach Flucht und Haft trifft sie ihren Duce im April 1945 wieder, diesmal für immer.
Ihre Tagebücher hat Petacci der Gräfin Rina Cervis anvertraut, aus deren Garten sie 1950 von Carabinieri ausgegraben wurden. Seither wurden sie in einer Schachtel im Staatsarchiv aufbewahrt, freizugeben erst 70 Jahre nach Niederschrift.
Wirklich nur "Mätressengeplapper", wie einige Duce-Experten meinen? Nach dem altrömischen Motto: Sage der Geliebten alles, nur nicht die Wahrheit?
"Über das Liebesgeflüster braucht man natürlich nicht zu reden. Interessant aber sind die angeblichen Aussagen zur Politik", sagt dagegen Lutz Klinkhammer vom Deutschen Historischen Institut in Rom. "Denn weshalb hätte Mussolini hier etwas vortäuschen sollen? Politik interessierte die Petacci nicht. Ihre Notizen etwa zum Antisemitismus des Duce bestätigen im Grunde unsere jüngsten Forschungen."
Als im April 1945 auch die Miniaturrepublik von Salò am Ende war, bot Mussolini seiner Geliebten die Flucht nach Spanien an. Petacci lehnte ab. Wenig später hing sie neben dem Duce kopfüber über dem Piazzale Loreto in Mailand, erschossen von Partisanen. Überliefert ist die Bemerkung einer Passantin: "Das muss man ihr lassen: Schöne Beine hatte sie."
ALEXANDER SMOLTCZYK
* Mauro Suttora (Hg.): "Clara Petacci: 'Mussolini segreto'". Verlag Rizzoli, Mailand; 523 Seiten; 21 Euro.
traduzione inglese:
IN BED WITH BENITO
Sex Diaries Reveal Mussolini's Soft Side
settimanale De Spiegel (Germania), 26.11.2009
By Alexander Smoltczyk
Mussolini's mistress, Clara Petacci, recorded intimate details of her affair with Il Duce in her journal. Her newly published diary reveals Mussolini as a sex-addicted anti-Semite who found Hitler "very likeable" -- and who occasionally suffered from impotence.
On one occasion, Il Duce's little Führer apparently let him down. "It was as if I were made of wood. Not even a hair on my body was erect," Benito Mussolini said in amazement. Maria José di Savoia, the wife of the later King Umberto II, had done absolutely everything in her power to seduce the leader of the Italian fascists on the beach. But Benito simply couldn't rise to the occasion. "I wasn't a man, but a politician," he said.
This, at least, was the way Mussolini, who was prime minister of Italy for 21 years and was known as "Il Duce," later described the scene to his mistress Clara "Claretta" Petacci, who then recorded his words in her diaries.
Those diaries were published for the first time last week, to the considerable consternation of one of Mussolini's descendents. "This woman would be convicted of stalking today," says Alessandra Mussolini, Il Duce's granddaughter. She insists that "not a word" of what Petacci wrote about her grandfather is true.
'Your Giant'
The Mussolinis never had a very high opinion of Petacci, the only woman who was faithful to Mussolini literally to the bitter end.
Her father was a doctor at the Vatican, and as a teenager she rhapsodized about the "Duce, mio grandissimo Duce." She became his mistress at 19. In 1936, after a two-year separation, she became Mussolini's principal and permanent concubine, the only one who was entitled to bodyguards, a chauffeur and quarters at the Palazzo Venezia.
She called him "Ben," and he referred to himself, none too modestly, as "your giant." He would complain to Claretta, his confidante, about the tight boots he always had to wear. A sentimentalized version of her story was made into a film in 1984, with Claudia Cardinale as the lead.
Mussolini was as obsessed with sex as he was with his own power. Until the day of his removal from power, July 25, 1943, he had "a woman brought to him every day, every afternoon," as his valet Quinto Navarra recalls. The women were recorded in the guest book as "fascist visitors."
"There was a time when I had 14 women and took three or four them every evening, one after the other," Mussolini said. But now, he insisted, Claretta was the only one. "Amore," he said, "why do you refuse to believe me?"
Mussolini spent much of the night before March 13, 1938, when Austria was annexed into the German Reich in the Anschluss, trying to persuade Claretta not to be jealous, and his efforts were successful. As she wrote: "We make love as we have never made love before, until he has heart pain, and then we do it again. Then he falls asleep, exhausted and blissful."
'Your Precious Little Body Shall Only Tremble for Me'
Mussolini himself was intensely jealous and had his "bambina's" every movement observed. "Your precious little body shall only tremble for me," he told Claretta, who was 29 years his junior. Petacci wrote to pass the time she spent waiting for him. She wrote quickly and copiously, writing almost 2,000 pages in 1938 alone. Writing was "therapy" for Petacci, according to publisher Mauro Suttora, "because she spent her days doing nothing but living for Mussolini."
For the most part, however, the pillow talk Petacci describes, interspersed with diatribes against Mussolini's wife Ráchele, is a record of sex addiction, infatuation and hypocrisy. In one instance, for example, Mussolini weeps as he describes the horrors of the war in Spain, where 150 children had just been killed during an air raid. "Just think, entire buildings destroyed, as if they were made of cardboard." But Italy had just ordered the intensification of the bombing.
There have been several questionable publications in recent years that portray Mussolini as a driven man, a tragic figure coerced into persecuting the Jews by Hitler. But Petacci's notes from their love nest leave little doubt that Mussolini was anti-Semitic through and through. "I have been a racist since 1921," Mussolini confided to Petacci in August 1938. "I don't know how they can believe that I am merely imitating Hitler, who wasn't even born at the time. One must give the Italians a sense of race, so that they don't produce any mongrels, so that they don't ruin what is beautiful in us."
'Hitler Really Likes Me a Lot'
After returning from the Munich Conference in 1938, he summoned Claretta. "The Führer is very likeable," Il Duce told his mistress. "Hitler is an emotional person at heart. When he saw me, there were tears in his eyes. He really likes me a lot."
Mussolini was, however, somewhat irritated by Hitler's fits of rage. "Sparks flew from his eyes, his body was shaking and he could only pull himself together with difficulty. I, on the other hand, remained completely calm." In Mussolini's opinion, it was he who had saved the conference. "I was always the one who brought them back to the matter at hand, they got lost in discussion. Hitler sincerely adores me."
After the conference, Mussolini and Petacci went on a vacation to the beach. Mussolini, while flipping through French newspapers, suddenly got into a bad mood. "These disgusting Jews, they should all be destroyed," he said. "I will create a bloodbath the way the Turks once did. I will isolate them and imprison them. They will come to know the steel fist of Mussolini. It is time that the Italians realize that can no longer exploited by these snakes."
Five weeks later, he had pushed through a new race law that declared "mixed marriages" invalid. When Pope Pius XI objected, he became enraged. "Never before has a pope done so much harm to religion as this one. He has already lost almost the entire world." And, he continued, "he does dishonorable things. How can he say that we are the same as the Semites? We have fought with them for hundreds of years, and we hate them."
It is an age-old story and not one that is exclusive to Italy: The story of short, powerful men who wear their hearts between their legs, surround themselves with showgirls and, in the end, are only attracted by anything that is even more powerful and unscrupulous than they are. One sentence that Petacci attributed to Mussolini, "I am like Napoleon," could just as easily have been uttered by one of his modern-day successors, someone who likes to be called, not il Duce, but il Cavaliere or "Papi."
Sweet Nothings
After he was deposed in 1943, Mussolini, with Hitler's help, established the puppet state of the Republic of Salò on Lake Garda. Carletta remained behind in Rome, but the couple eventually reunited and, after fleeing and being arrested by Italian partisans, she and Il Duce were executed together in April 1945.
Petacci entrusted her diaries to the countess Rina Cervis. In 1950 the police unearthed them from where they had been hidden in the countess's garden. After that, they were kept in a box in the national archive, not to be released until 70 years after they had been written.
But was it truly just "pillow talk," as some Il Duce experts contend? And, in Petacci's case, did the old Roman saying hold true: Tell your lover everything, just not the truth?
"Of course, the sweet nothings aren't worth discussing. But the supposed remarks on politics are interesting," says Lutz Klinkhammer of the German Historical Institute in Rome. "When it came to politics, why would Mussolini want to hide anything from her?" he asks. "Petacci wasn't interested in politics. For instance, her notes on Il Duce's anti-Semitism essentially confirm the conclusions of our most recent research."
When the miniature Salò Republic came to an end in April 1945, Mussolini offered his mistress the option of fleeing to Spain, but Petacci declined. A short time later, she was hanging upside-down next to Il Duce above the Piazzale Loreto in Milan, shot by partisans. A passerby is believed to have said: "One thing you can say for her: She did have nice legs."
Translated from the German by Christopher Sultan
© SPIEGEL 2009
All Rights Reserved
Reproduction only allowed with the permission of SPIEGELnet GmbH
traduzione portoghese:
Diários sexuais revelam o lado suave de Mussolini
Alexander Smoltczyk
"Il Duce" Os diários da amante Carla Petacci, recém-publicados, revelam um Mussolini viciado
em sexo e antissemita, que achava Hitler "muito agradável" - e ocasionalmente sofria de impotência
Leia outras reportagens do UOL Internacional
A amante de Mussolini, Clara Petacci, registrou detalhes íntimos do seu relacionamento com "Il Duce" no seu diário. Os diários dela, recém-publicados, revelam Mussolini como sendo um viciado em sexo e antissemita que achava Hitler "muito agradável" - e que ocasionalmente sofria de impotência.
Em determinada ocasião, o "pequeno Führer" de Il Duce aparentemente o deixou na mão. "Era como se eu fosse feito de madeira. Nem um só pelo do meu corpo ficou ereto", disse Benito Mussolini, surpreso. Maria José di Savoia, a mulher do rei Umberto 2º, fez tudo o que pode para seduzir o líder dos fascistas italianos na praia. Mas Benito simplesmente não foi capaz de corresponder às iniciativas de Maria José. "Eu não era um homem, mas sim um político", disse ele.
Pelo menos foi dessa forma que Mussolini, que foi o primeiro-ministro da Itália durante 21 anos e que era conhecido como "Il Duce", descreveu mais tarde a cena para a sua amante Clara "Claretta" Petacci, que a seguir registrou as palavras dele no seu diário.
Esses diários foram publicados pela primeira vez na semana passada, provocando uma consternação considerável em um dos descendentes de Mussolini. "Hoje em dia essa mulher seria condenada por espreitar os outros", afirma Alessandra Mussolini, neta de Il Duce. Ela insiste que "nem uma só palavra" escrita por Petacci sobre o seu avô é verdadeira.
"O seu gigante"
Os Mussolini nunca tiveram muita simpatia por Petacci, a única mulher que foi fiel a Mussolini literalmente até o final amargo.
O pai dela era um médico do Vaticano, e, quando adolescente, ela escrevia poemas sobre o "Duce, mio grandissimo Duce". Ela tornou-se amante dele aos 19 anos. Em 1936, após uma separação de dois anos, ela tornou-se a principal e permanente concubina de Mussolini, a única que tinha direito a guarda-costas, um motorista e aposentos no Palazzo Venezia.
Ela o chamava de "Ben", e ele referia-se a si próprio, de forma nada modesta, como "o seu gigante". Diante de Claretta, sua confidente, ele reclamava das botas apertadas que tinha que usar sempre. Uma versão sentimentalizada da história dela foi transformada em filme em 1984, tendo Claudia Cardinale no papel principal.
Mussolini tinha tanta obsessão por sexo quanto pelo seu próprio poder. Até o dia da sua remoção do poder, 25 de julho de 1943, "todas as tardes uma mulher era trazida para ele", recorda-se o seu criado, Quinto Navarra. As mulheres eram registradas no livro de hóspedes como "visitantes fascistas".
"Houve ocasiões em que eu tive 14 mulheres, e pegava três ou quatro delas todas as noites, uma após a outra", disse Mussolini. Mas agora, insistiu ele, Claretta era a única. "Amore", disse ele. "Por que você se recusa a acreditar em mim?".
Mussolini passou grande parte da noite anterior a 13 de março de 1938, quando a Áustria foi anexada ao Reich alemão no Anschluss, tentando persuadir Claretta a não ser ciumenta, e os seus esforços tiveram sucesso. Ela escreveu: "Nós fizemos amor como nunca antes, até ele sentir dor no coração, e depois fizemos de novo. Depois disso ele adormeceu, exausto e feliz".
"O seu precioso corpinho só tremerá para mim"
O próprio Mussolini era altamente ciumento e certificava-se de que cada movimento da sua "bambina" fosse observado. "O seu precioso corpinho só tremerá para mim", disse ele a Claretta, que era 29 anos mais nova do que ele. Petacci escreveu para passar o tempo que ficava esperando por ele. Ela escrevia rápida e abundantemente, tendo redigido quase 2.000 páginas só em 1938. Escrever era uma "terapia" para Petacci, segundo o editor Mauro Suttora, "porque ela passava os dias sem fazer nada, a não ser viver para Mussolini".
Entretanto, em sua maioria as conversas de alcova registradas por Petacci, intercaladas de críticas à mulher de Mussolini, Ráchele, são um registro de vício em sexo, paixão inconsequente e hipocrisia. Em uma ocasião, por exemplo, Mussolini chora ao descrever os horrores da guerra na Espanha, onde 150 crianças tinham acabado de ser mortas em um bombardeio aéreo. "Imagine só, prédios inteiros destruídos, como se fossem feitos de papelão". Mas a Itália havia ordenado a intensificação do bombardeio.
Houve várias publicações questionáveis nos últimos anos descrevendo Mussolini como um homem induzido, uma figura trágica que foi obrigada por Hitler a perseguir os judeus. Mas as notas de alcova de Petacci deixam pouca dúvida de que Mussolini era um completo antissemita. "Eu sou racista desde 1921", confidenciou Mussolini a Petacci em agosto de 1938. "Eu não sei como eles podem acreditar que estou simplesmente imitando Hitler, que naquela época não tinha sequer nascido. É preciso dar aos italianos um senso de raça, de forma que eles não produzam mestiços, e não arruínem aquilo que há de belo em nós".
"Hitler realmente gosta muito de mim"
Após retornar da Conferência de Munique em 1938, ele declarou a Claretta. "O Führer é muito agradável", disse Il Duce à sua amante. "Hitler é no fundo uma pessoa emotiva. Quando ele me viu, brotaram lágrimas dos seus olhos. Ele realmente gosta muito de mim".
No entanto, Mussolini ficava meio irritado com as explosões de fúria de Hitler. "Centelhas saíram dos olhos dele, o seu corpo tremia, e ele só conseguiu se controlar com dificuldade. Eu, por outro lado, permaneci completamente calmo". Na opinião de Mussolini, foi ele que salvou a conferência. "Fui eu que os trouxe de volta à questão pertinente. Eles se perderam na discussão. Hitler sinceramente me adora".
Depois da conferência, Mussolini e Petacci tiraram férias em uma praia. Mussolini, enquanto folheava jornais franceses, ficou de repente de mau humor. "Esses judeus repulsivos... Eles deveriam ser todos destruídos", disse Mussolini. "Eu criarei um banho de sangue da mesma forma que os turcos fizeram. Eu os isolarei e os aprisionarei. Eles conhecerão o punho de ferro de Mussolini. É hora de os italianos perceberem que não podem mais ser explorados por essas serpentes".
Cinco semanas depois, ele colocou em vigor uma nova lei racial que declarava os "casamentos mistos" inválidos. Quando o papa Pio 11 fez objeções, Mussolini ficou furioso. "Nunca antes um papa prejudicou tanto a religião. Ele já perdeu quase o mundo inteiro". E Mussolini continuou: "Ele faz coisas desonrosas. Como ele pode dizer que nós e os semitas somos iguais? Nós lutamos contra eles durante centenas de anos, e os odiamos".
Essa é uma história antiga, e que não é exclusiva da Itália: a história de homens baixos e poderosos que têm o coração entre as pernas, cercam-se de garotas de cabaré e, no final, só sentem atração por coisas que são ainda mais poderosas e inescrupulosas do que eles. Uma sentença que Petacci atribuiu a Mussolini, "Eu sou como Napoleão", poderia muito bem ter sido proferida por um dos seus sucessores modernos, alguém que gosta de ser chamado, não de Il Duce, mas de Il Cavaliere ou "Papi".
Doces nulidades
Após ter sido deposto em 1943, Mussolini, com o auxílio de Hitler, criou o Estado fantoche da República de Salò, no Lago Garda. Carletta ficou para trás, em Roma, mas o casal acabou se reunindo e, após fugirem e serem presos por militantes italianos, ela e Il Duce foram executados juntos em abril de 1945.
Petacci entregou os seus diários à condessa Rina Cervis. Em 1950, a polícia os desenterrou no lugar onde tinham sido escondidos, no jardim da condessa. Depois disso, eles foram mantidos em uma caixa no arquivo nacional, e só foram divulgados 70 anos após terem sido redigidos.
Mas será que os registros não passam de "conversas de alcova", como alegam alguns especialistas em Il Duce? E, no caso de Petacci, será que o velho ditado romano se aplica? "Diga à sua amante tudo, e não apenas a verdade".
"É claro que não vale a pena discutir as doces nulidades. Mas as supostas observações sobre politica são interessantes", afirma Lutz Klinkhammer, do Instituto Histórico Alemão em Roma. "Quando se trata de política, por que Mussolini desejaria esconder tudo dela?" questiona Klinkhammer. "Pettaci não estava interessada em política. Por exemplo, as anotações dela sobre o antissemitismo de Il Duce basicamente confirmam as conclusões das nossas mais recentes pesquisas".
Quando a minúscula República Salò chegou ao fim, em abril de 1945, Mussolini ofereceu à sua amante a opção de fugir para a Espanha, mas Petacci recusou. Pouco tempo depois, ela estava pendurada de cabeça para baixo, ao lado de Il Duce, sobre a Piazzale Loreto, em Milão, tendo sido fuzilada por militantes. Um homem que estava no local teria dito: "Uma coisa pode ser afirmada a respeito dela: ela tinha belas pernas".
Tradução: UOL
26.11.09
Im Bett mit Ben
Alexander Von Smoltczyk
Mussolinis Geliebte Clara Petacci kannte die Geheimnisse des "Duce". Ihr Tagebuch beschreibt einen sexsüchtigen Judenhasser, der Hitler "sehr sympathisch" fand.
Einmal ließ den "Duce" sein kleiner Führer doch im Stich: "Ich war wie aus Holz. Nicht ein Haar hat sich mir aufgestellt", so staunt Benito Mussolini über sich selbst. Dabei tat Maria José di Savoia, Gattin des späteren Königs Umberto II., wirklich alles, um den Chef der italienischen Faschisten am Strand zu verführen. Benito konnte nicht: "Ich war kein Mann, sondern ein Politiker." Armer Potentat.
So soll Mussolini, der 21 Jahre lang Ministerpräsident und "il Duce" war, die Szene jedenfalls hinterher seiner Lebensgeliebten Clara "Claretta" Petacci geschildert haben. Und die schrieb es dann in ihre Tagebücher.
Vergangene Woche sind die erstmals veröffentlicht worden - zum nicht geringen Entsetzen manches Nachgeborenen*. "Diese Frau würde heute wegen Stalkings verurteilt werden", so die Duce-Enkelin Alessandra Mussolini. "Kein Wort" glaube sie von dem, was da über ihren Opa geschrieben stehe.
Die Mussolinis waren noch nie gut zu sprechen auf Claretta Petacci, die einzige Frau, die Mussolini buchstäblich bis zum Tod die Treue gehalten hat.
Ihr Vater war Arzt im Vatikan, sie selbst schwärmte schon als Teenie für den "Duce, mio grandissimo Duce" und wurde mit 19 Jahren seine Geliebte. Nach einer zweijährigen Trennung avancierte sie 1936 zur Haupt- und Dauerkonkubine. Der einzigen mit Anrecht auf Personenschutz, Chauffeur und Zimmer im Palazzo Venezia.
Sie nennt ihn "Ben", er spricht von sich bescheiden als "dein Gigant". Bei Claretta beklagt er sich über die engen Stiefel, die er immer tragen muss. Sie ist seine Vertraute und Beichtmätresse. Ihre Geschichte wurde 1984 verkitscht verfilmt, mit Claudia Cardinale in der Hauptrolle.
Mussolini war vom Sex so besessen wie von der eigenen Macht. Bis zum Tag seiner Absetzung, am 25. Juli 1943, ließ er sich "täglich eine Frau, jeden Nachmittag" liefern, so erinnerte sich sein Kammerdiener Quinto Navarra. Im Gästebuch wurden sie als "faschistische Besucherinnen" geführt.
"Es gab eine Zeit, da hatte ich 14 Frauen und nahm mir 3, 4 jeden Abend, eine nach der anderen." Aber jetzt, mit Claretta, gebe es nur noch sie für ihn: "Amore, warum willst du mir nicht glauben?"
Die Nacht, bevor Österreich am 13. März 1938 ans Deutsche Reich "angeschlossen" wurde, verbringt Mussolini im Wesentlichen damit, Claretta ihre Eifersucht auszureden, mit Erfolg: "Wir machen Liebe wie noch nie, bis er Herzschmerzen hat und danach noch einmal. Dann schläft er erschöpft und selig ein."
Mussolini selbst ist maßlos eifersüchtig und lässt jeden Schritt seiner 29 Jahre jüngeren "bambina" observieren: "Dein köstliches Körperchen soll nur für mich zittern." Die Wartezeit auf ihn vertreibt sich Petacci mit Schreiben. In schneller Schrift füllt sie die Seiten, fast 2000 allein im Jahr 1938. Das Schreiben sei für sie "Therapie" gewesen, so Herausgeber Mauro Suttora, "weil sie ihre Tage nur damit verbringt, für Mussolini zu leben".
Zum großen Teil ist das Bettkantengeplauder, gespickt mit Ausfällen gegen die Mussolini-Gattin Ráchele, ansonsten ein Zeugnis von Sexsucht, Verblendung und Heuchelei. So etwa, als Mussolini unter Tränen die Schrecken des Krieges in Spanien beklagt, wo gerade 150 Kinder unter Luftbomben starben: "Denk nur, ganze Gebäude zerstört, als wären sie aus Pappe." Dabei hatte Italien gerade die Verstärkung der Bombardierungen befohlen.
Es hat in den letzten Jahren einige fragwürdige Veröffentlichungen gegeben, die Mussolini als Getriebenen zeigen, als tragische Gestalt, die von Hitler zur Judenverfolgung genötigt wurde. Auch Petaccis Notizen aus dem Lotterbett räumen mit solchen Legenden auf: "Ich war Rassist seit 1921", so habe ihr Mussolini im August 1938 anvertraut. "Ich weiß nicht, wie sie glauben können, ich würde Hitler nur nachahmen, der war damals noch gar nicht geboren. Man muss den Italienern ein Gefühl für die Rasse geben, damit sie keine Mischlinge hervorbringen, damit sie nicht ruinieren, was schön ist in uns."
Zurückgekehrt von der Münchner Konferenz 1938, ruft er Claretta zu sich: "Der Führer ist sehr sympathisch", so zitiert sie den Duce: "Hitler ist im Grunde ein Gefühlsmensch. Als er mich sah, hatte er Tränen in den Augen. Er hat mich wirklich sehr gern."
Nur dessen Wutanfälle irritierten Mussolini etwas: "Funken sprühten aus seinen Augen, er zitterte, riss sich nur mühsam zusammen. Ich dagegen blieb völlig ruhig." Im Grunde, so Mussolini, habe er die Konferenz gerettet: "Immer war ich es, der sie auf den Punkt zurückgeführt hat, sie verloren sich in der Diskussion. Hitler verehrt mich aufrichtig."
Nach der Konferenz machen beide Urlaub am Strand. Mussolini blättert in französischen Zeitungen und bekommt schlechte Laune: "Diese ekelhaften Juden, man muss sie alle vernichten. Ich werde ein Blutbad anrichten wie einst die Türken. Ich werde sie isolieren und einsperren. Sie werden die stählerne Faust von Mussolini kennenlernen. Es ist an der Zeit, dass die Italiener merken, dass sie nicht mehr von diesen Schlangen ausgebeutet werden dürfen."
Fünf Wochen später lässt er ein weiteres Rassengesetz beschließen, das "Mischehen" für ungültig erklärt. Die Proteste von Papst Pius XI. regen ihn maßlos auf: "Noch nie hat ein Papst der Religion so geschadet wie dieser. Fast die ganze Welt hat er schon verloren." Und: "Er macht unwürdige Sachen. Wie kann er sagen, wir seien den Semiten gleich. Wir haben sie jahrhundertelang bekämpft, wir hassen sie."
Nicht nur der von Petacci kolportierte Satz "Ich bin wie Napoleon" könnte auch von einem seiner Nachfolger stammen. Der eine nennt sich Duce, der andere Cavaliere oder "Papi".
Es ist eine altbekannte und nicht nur italienische Geschichte: kleine große Männer, die ihr Herz zwischen den Beinen tragen, sich mit Showgirls umgeben und letztlich doch nur angezogen sind von allem, was noch mächtiger ist und noch skrupelloser als sie.
Nach seinem Sturz 1943 errichtet Mussolini mit Hitlers Hilfe die Marionettenrepublik von Salò am Gardasee. Carletta bleibt in Rom zurück, nach Flucht und Haft trifft sie ihren Duce im April 1945 wieder, diesmal für immer.
Ihre Tagebücher hat Petacci der Gräfin Rina Cervis anvertraut, aus deren Garten sie 1950 von Carabinieri ausgegraben wurden. Seither wurden sie in einer Schachtel im Staatsarchiv aufbewahrt, freizugeben erst 70 Jahre nach Niederschrift.
Wirklich nur "Mätressengeplapper", wie einige Duce-Experten meinen? Nach dem altrömischen Motto: Sage der Geliebten alles, nur nicht die Wahrheit?
"Über das Liebesgeflüster braucht man natürlich nicht zu reden. Interessant aber sind die angeblichen Aussagen zur Politik", sagt dagegen Lutz Klinkhammer vom Deutschen Historischen Institut in Rom. "Denn weshalb hätte Mussolini hier etwas vortäuschen sollen? Politik interessierte die Petacci nicht. Ihre Notizen etwa zum Antisemitismus des Duce bestätigen im Grunde unsere jüngsten Forschungen."
Als im April 1945 auch die Miniaturrepublik von Salò am Ende war, bot Mussolini seiner Geliebten die Flucht nach Spanien an. Petacci lehnte ab. Wenig später hing sie neben dem Duce kopfüber über dem Piazzale Loreto in Mailand, erschossen von Partisanen. Überliefert ist die Bemerkung einer Passantin: "Das muss man ihr lassen: Schöne Beine hatte sie."
ALEXANDER SMOLTCZYK
* Mauro Suttora (Hg.): "Clara Petacci: 'Mussolini segreto'". Verlag Rizzoli, Mailand; 523 Seiten; 21 Euro.
traduzione inglese:
IN BED WITH BENITO
Sex Diaries Reveal Mussolini's Soft Side
settimanale De Spiegel (Germania), 26.11.2009
By Alexander Smoltczyk
Mussolini's mistress, Clara Petacci, recorded intimate details of her affair with Il Duce in her journal. Her newly published diary reveals Mussolini as a sex-addicted anti-Semite who found Hitler "very likeable" -- and who occasionally suffered from impotence.
On one occasion, Il Duce's little Führer apparently let him down. "It was as if I were made of wood. Not even a hair on my body was erect," Benito Mussolini said in amazement. Maria José di Savoia, the wife of the later King Umberto II, had done absolutely everything in her power to seduce the leader of the Italian fascists on the beach. But Benito simply couldn't rise to the occasion. "I wasn't a man, but a politician," he said.
This, at least, was the way Mussolini, who was prime minister of Italy for 21 years and was known as "Il Duce," later described the scene to his mistress Clara "Claretta" Petacci, who then recorded his words in her diaries.
Those diaries were published for the first time last week, to the considerable consternation of one of Mussolini's descendents. "This woman would be convicted of stalking today," says Alessandra Mussolini, Il Duce's granddaughter. She insists that "not a word" of what Petacci wrote about her grandfather is true.
'Your Giant'
The Mussolinis never had a very high opinion of Petacci, the only woman who was faithful to Mussolini literally to the bitter end.
Her father was a doctor at the Vatican, and as a teenager she rhapsodized about the "Duce, mio grandissimo Duce." She became his mistress at 19. In 1936, after a two-year separation, she became Mussolini's principal and permanent concubine, the only one who was entitled to bodyguards, a chauffeur and quarters at the Palazzo Venezia.
She called him "Ben," and he referred to himself, none too modestly, as "your giant." He would complain to Claretta, his confidante, about the tight boots he always had to wear. A sentimentalized version of her story was made into a film in 1984, with Claudia Cardinale as the lead.
Mussolini was as obsessed with sex as he was with his own power. Until the day of his removal from power, July 25, 1943, he had "a woman brought to him every day, every afternoon," as his valet Quinto Navarra recalls. The women were recorded in the guest book as "fascist visitors."
"There was a time when I had 14 women and took three or four them every evening, one after the other," Mussolini said. But now, he insisted, Claretta was the only one. "Amore," he said, "why do you refuse to believe me?"
Mussolini spent much of the night before March 13, 1938, when Austria was annexed into the German Reich in the Anschluss, trying to persuade Claretta not to be jealous, and his efforts were successful. As she wrote: "We make love as we have never made love before, until he has heart pain, and then we do it again. Then he falls asleep, exhausted and blissful."
'Your Precious Little Body Shall Only Tremble for Me'
Mussolini himself was intensely jealous and had his "bambina's" every movement observed. "Your precious little body shall only tremble for me," he told Claretta, who was 29 years his junior. Petacci wrote to pass the time she spent waiting for him. She wrote quickly and copiously, writing almost 2,000 pages in 1938 alone. Writing was "therapy" for Petacci, according to publisher Mauro Suttora, "because she spent her days doing nothing but living for Mussolini."
For the most part, however, the pillow talk Petacci describes, interspersed with diatribes against Mussolini's wife Ráchele, is a record of sex addiction, infatuation and hypocrisy. In one instance, for example, Mussolini weeps as he describes the horrors of the war in Spain, where 150 children had just been killed during an air raid. "Just think, entire buildings destroyed, as if they were made of cardboard." But Italy had just ordered the intensification of the bombing.
There have been several questionable publications in recent years that portray Mussolini as a driven man, a tragic figure coerced into persecuting the Jews by Hitler. But Petacci's notes from their love nest leave little doubt that Mussolini was anti-Semitic through and through. "I have been a racist since 1921," Mussolini confided to Petacci in August 1938. "I don't know how they can believe that I am merely imitating Hitler, who wasn't even born at the time. One must give the Italians a sense of race, so that they don't produce any mongrels, so that they don't ruin what is beautiful in us."
'Hitler Really Likes Me a Lot'
After returning from the Munich Conference in 1938, he summoned Claretta. "The Führer is very likeable," Il Duce told his mistress. "Hitler is an emotional person at heart. When he saw me, there were tears in his eyes. He really likes me a lot."
Mussolini was, however, somewhat irritated by Hitler's fits of rage. "Sparks flew from his eyes, his body was shaking and he could only pull himself together with difficulty. I, on the other hand, remained completely calm." In Mussolini's opinion, it was he who had saved the conference. "I was always the one who brought them back to the matter at hand, they got lost in discussion. Hitler sincerely adores me."
After the conference, Mussolini and Petacci went on a vacation to the beach. Mussolini, while flipping through French newspapers, suddenly got into a bad mood. "These disgusting Jews, they should all be destroyed," he said. "I will create a bloodbath the way the Turks once did. I will isolate them and imprison them. They will come to know the steel fist of Mussolini. It is time that the Italians realize that can no longer exploited by these snakes."
Five weeks later, he had pushed through a new race law that declared "mixed marriages" invalid. When Pope Pius XI objected, he became enraged. "Never before has a pope done so much harm to religion as this one. He has already lost almost the entire world." And, he continued, "he does dishonorable things. How can he say that we are the same as the Semites? We have fought with them for hundreds of years, and we hate them."
It is an age-old story and not one that is exclusive to Italy: The story of short, powerful men who wear their hearts between their legs, surround themselves with showgirls and, in the end, are only attracted by anything that is even more powerful and unscrupulous than they are. One sentence that Petacci attributed to Mussolini, "I am like Napoleon," could just as easily have been uttered by one of his modern-day successors, someone who likes to be called, not il Duce, but il Cavaliere or "Papi."
Sweet Nothings
After he was deposed in 1943, Mussolini, with Hitler's help, established the puppet state of the Republic of Salò on Lake Garda. Carletta remained behind in Rome, but the couple eventually reunited and, after fleeing and being arrested by Italian partisans, she and Il Duce were executed together in April 1945.
Petacci entrusted her diaries to the countess Rina Cervis. In 1950 the police unearthed them from where they had been hidden in the countess's garden. After that, they were kept in a box in the national archive, not to be released until 70 years after they had been written.
But was it truly just "pillow talk," as some Il Duce experts contend? And, in Petacci's case, did the old Roman saying hold true: Tell your lover everything, just not the truth?
"Of course, the sweet nothings aren't worth discussing. But the supposed remarks on politics are interesting," says Lutz Klinkhammer of the German Historical Institute in Rome. "When it came to politics, why would Mussolini want to hide anything from her?" he asks. "Petacci wasn't interested in politics. For instance, her notes on Il Duce's anti-Semitism essentially confirm the conclusions of our most recent research."
When the miniature Salò Republic came to an end in April 1945, Mussolini offered his mistress the option of fleeing to Spain, but Petacci declined. A short time later, she was hanging upside-down next to Il Duce above the Piazzale Loreto in Milan, shot by partisans. A passerby is believed to have said: "One thing you can say for her: She did have nice legs."
Translated from the German by Christopher Sultan
© SPIEGEL 2009
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traduzione portoghese:
Diários sexuais revelam o lado suave de Mussolini
Alexander Smoltczyk
"Il Duce" Os diários da amante Carla Petacci, recém-publicados, revelam um Mussolini viciado
em sexo e antissemita, que achava Hitler "muito agradável" - e ocasionalmente sofria de impotência
Leia outras reportagens do UOL Internacional
A amante de Mussolini, Clara Petacci, registrou detalhes íntimos do seu relacionamento com "Il Duce" no seu diário. Os diários dela, recém-publicados, revelam Mussolini como sendo um viciado em sexo e antissemita que achava Hitler "muito agradável" - e que ocasionalmente sofria de impotência.
Em determinada ocasião, o "pequeno Führer" de Il Duce aparentemente o deixou na mão. "Era como se eu fosse feito de madeira. Nem um só pelo do meu corpo ficou ereto", disse Benito Mussolini, surpreso. Maria José di Savoia, a mulher do rei Umberto 2º, fez tudo o que pode para seduzir o líder dos fascistas italianos na praia. Mas Benito simplesmente não foi capaz de corresponder às iniciativas de Maria José. "Eu não era um homem, mas sim um político", disse ele.
Pelo menos foi dessa forma que Mussolini, que foi o primeiro-ministro da Itália durante 21 anos e que era conhecido como "Il Duce", descreveu mais tarde a cena para a sua amante Clara "Claretta" Petacci, que a seguir registrou as palavras dele no seu diário.
Esses diários foram publicados pela primeira vez na semana passada, provocando uma consternação considerável em um dos descendentes de Mussolini. "Hoje em dia essa mulher seria condenada por espreitar os outros", afirma Alessandra Mussolini, neta de Il Duce. Ela insiste que "nem uma só palavra" escrita por Petacci sobre o seu avô é verdadeira.
"O seu gigante"
Os Mussolini nunca tiveram muita simpatia por Petacci, a única mulher que foi fiel a Mussolini literalmente até o final amargo.
O pai dela era um médico do Vaticano, e, quando adolescente, ela escrevia poemas sobre o "Duce, mio grandissimo Duce". Ela tornou-se amante dele aos 19 anos. Em 1936, após uma separação de dois anos, ela tornou-se a principal e permanente concubina de Mussolini, a única que tinha direito a guarda-costas, um motorista e aposentos no Palazzo Venezia.
Ela o chamava de "Ben", e ele referia-se a si próprio, de forma nada modesta, como "o seu gigante". Diante de Claretta, sua confidente, ele reclamava das botas apertadas que tinha que usar sempre. Uma versão sentimentalizada da história dela foi transformada em filme em 1984, tendo Claudia Cardinale no papel principal.
Mussolini tinha tanta obsessão por sexo quanto pelo seu próprio poder. Até o dia da sua remoção do poder, 25 de julho de 1943, "todas as tardes uma mulher era trazida para ele", recorda-se o seu criado, Quinto Navarra. As mulheres eram registradas no livro de hóspedes como "visitantes fascistas".
"Houve ocasiões em que eu tive 14 mulheres, e pegava três ou quatro delas todas as noites, uma após a outra", disse Mussolini. Mas agora, insistiu ele, Claretta era a única. "Amore", disse ele. "Por que você se recusa a acreditar em mim?".
Mussolini passou grande parte da noite anterior a 13 de março de 1938, quando a Áustria foi anexada ao Reich alemão no Anschluss, tentando persuadir Claretta a não ser ciumenta, e os seus esforços tiveram sucesso. Ela escreveu: "Nós fizemos amor como nunca antes, até ele sentir dor no coração, e depois fizemos de novo. Depois disso ele adormeceu, exausto e feliz".
"O seu precioso corpinho só tremerá para mim"
O próprio Mussolini era altamente ciumento e certificava-se de que cada movimento da sua "bambina" fosse observado. "O seu precioso corpinho só tremerá para mim", disse ele a Claretta, que era 29 anos mais nova do que ele. Petacci escreveu para passar o tempo que ficava esperando por ele. Ela escrevia rápida e abundantemente, tendo redigido quase 2.000 páginas só em 1938. Escrever era uma "terapia" para Petacci, segundo o editor Mauro Suttora, "porque ela passava os dias sem fazer nada, a não ser viver para Mussolini".
Entretanto, em sua maioria as conversas de alcova registradas por Petacci, intercaladas de críticas à mulher de Mussolini, Ráchele, são um registro de vício em sexo, paixão inconsequente e hipocrisia. Em uma ocasião, por exemplo, Mussolini chora ao descrever os horrores da guerra na Espanha, onde 150 crianças tinham acabado de ser mortas em um bombardeio aéreo. "Imagine só, prédios inteiros destruídos, como se fossem feitos de papelão". Mas a Itália havia ordenado a intensificação do bombardeio.
Houve várias publicações questionáveis nos últimos anos descrevendo Mussolini como um homem induzido, uma figura trágica que foi obrigada por Hitler a perseguir os judeus. Mas as notas de alcova de Petacci deixam pouca dúvida de que Mussolini era um completo antissemita. "Eu sou racista desde 1921", confidenciou Mussolini a Petacci em agosto de 1938. "Eu não sei como eles podem acreditar que estou simplesmente imitando Hitler, que naquela época não tinha sequer nascido. É preciso dar aos italianos um senso de raça, de forma que eles não produzam mestiços, e não arruínem aquilo que há de belo em nós".
"Hitler realmente gosta muito de mim"
Após retornar da Conferência de Munique em 1938, ele declarou a Claretta. "O Führer é muito agradável", disse Il Duce à sua amante. "Hitler é no fundo uma pessoa emotiva. Quando ele me viu, brotaram lágrimas dos seus olhos. Ele realmente gosta muito de mim".
No entanto, Mussolini ficava meio irritado com as explosões de fúria de Hitler. "Centelhas saíram dos olhos dele, o seu corpo tremia, e ele só conseguiu se controlar com dificuldade. Eu, por outro lado, permaneci completamente calmo". Na opinião de Mussolini, foi ele que salvou a conferência. "Fui eu que os trouxe de volta à questão pertinente. Eles se perderam na discussão. Hitler sinceramente me adora".
Depois da conferência, Mussolini e Petacci tiraram férias em uma praia. Mussolini, enquanto folheava jornais franceses, ficou de repente de mau humor. "Esses judeus repulsivos... Eles deveriam ser todos destruídos", disse Mussolini. "Eu criarei um banho de sangue da mesma forma que os turcos fizeram. Eu os isolarei e os aprisionarei. Eles conhecerão o punho de ferro de Mussolini. É hora de os italianos perceberem que não podem mais ser explorados por essas serpentes".
Cinco semanas depois, ele colocou em vigor uma nova lei racial que declarava os "casamentos mistos" inválidos. Quando o papa Pio 11 fez objeções, Mussolini ficou furioso. "Nunca antes um papa prejudicou tanto a religião. Ele já perdeu quase o mundo inteiro". E Mussolini continuou: "Ele faz coisas desonrosas. Como ele pode dizer que nós e os semitas somos iguais? Nós lutamos contra eles durante centenas de anos, e os odiamos".
Essa é uma história antiga, e que não é exclusiva da Itália: a história de homens baixos e poderosos que têm o coração entre as pernas, cercam-se de garotas de cabaré e, no final, só sentem atração por coisas que são ainda mais poderosas e inescrupulosas do que eles. Uma sentença que Petacci atribuiu a Mussolini, "Eu sou como Napoleão", poderia muito bem ter sido proferida por um dos seus sucessores modernos, alguém que gosta de ser chamado, não de Il Duce, mas de Il Cavaliere ou "Papi".
Doces nulidades
Após ter sido deposto em 1943, Mussolini, com o auxílio de Hitler, criou o Estado fantoche da República de Salò, no Lago Garda. Carletta ficou para trás, em Roma, mas o casal acabou se reunindo e, após fugirem e serem presos por militantes italianos, ela e Il Duce foram executados juntos em abril de 1945.
Petacci entregou os seus diários à condessa Rina Cervis. Em 1950, a polícia os desenterrou no lugar onde tinham sido escondidos, no jardim da condessa. Depois disso, eles foram mantidos em uma caixa no arquivo nacional, e só foram divulgados 70 anos após terem sido redigidos.
Mas será que os registros não passam de "conversas de alcova", como alegam alguns especialistas em Il Duce? E, no caso de Petacci, será que o velho ditado romano se aplica? "Diga à sua amante tudo, e não apenas a verdade".
"É claro que não vale a pena discutir as doces nulidades. Mas as supostas observações sobre politica são interessantes", afirma Lutz Klinkhammer, do Instituto Histórico Alemão em Roma. "Quando se trata de política, por que Mussolini desejaria esconder tudo dela?" questiona Klinkhammer. "Pettaci não estava interessada em política. Por exemplo, as anotações dela sobre o antissemitismo de Il Duce basicamente confirmam as conclusões das nossas mais recentes pesquisas".
Quando a minúscula República Salò chegou ao fim, em abril de 1945, Mussolini ofereceu à sua amante a opção de fugir para a Espanha, mas Petacci recusou. Pouco tempo depois, ela estava pendurada de cabeça para baixo, ao lado de Il Duce, sobre a Piazzale Loreto, em Milão, tendo sido fuzilada por militantes. Um homem que estava no local teria dito: "Uma coisa pode ser afirmada a respeito dela: ela tinha belas pernas".
Tradução: UOL
Wednesday, December 02, 2009
Economist: Not just Hitler's fool
A mistress’s diary shows Benito Mussolini was a rabid anti-Semite
Nov 19th 2009 | ROME
From The Economist print edition
articolo originale sul sito dell'Economist
“THESE disgusting Jews, I must destroy them all.” Adolf Hitler’s dinnertime conversation? No. This is one of several anti-Semitic rants ascribed to Italy’s fascist leader, Benito Mussolini, by his mistress, Clara Petacci. Both were executed by partisans at the end of the second world war. The diaries of “Claretta”, published as a book (“Mussolini segreto”) on November 18th, after more than 50 years in the state archives, challenge the comforting view that many Italians have of the Duce as a leader misled by Hitler, his ally. Mussolini’s reputation still matters in a country which, for most of the past eight years, has been led by governments incorporating his “post-fascist” heirs.
In 2004 his son, Romano, published a memoir, “My Father, Il Duce”, which presented Mussolini as a caring family man, largely ignoring the dark side of the leader who had occupied Ethiopia in 1935-36 and, during his final years as Hitler’s puppet, sent thousands of Jews to Nazi death camps. In 2007 Marcello Dell’Utri, a close aide to Silvio Berlusconi, the prime minister, claimed to have found Mussolini’s diaries. Most historians said they were fakes, but not before Italians were told of contents which, in the words of Romano’s daughter, Alessandra Mussolini, showed “all the efforts made by grandfather to avoid the war”.
Italian television documentaries generally go easy on the Duce too, often reflecting the view that his government’s anti-Jewish “racial laws”, passed in 1938, were an aberration. Mr Berlusconi’s own opinion, given in a 2003 interview, is that Mussolini “never killed anyone”.
So for many Italians, it comes as a jolt to read of Il Duce boasting that “I’ve been a racist since ’21.” His mistress even recorded a remark by Mussolini in 1938 that foreshadowed the Final Solution: “I shall carry out a massacre, like the Turks did”—an apparent allusion to the mass killing of Armenians in 1915.
“People have always assumed the racial laws were a political instrument; not part of a policy in which he sincerely believed. This would suggest quite the opposite,” says Paul Corner, professor of European history at the University of Siena. As a lover’s account, the diaries should be treated with due caution, says Sergio Luzzatto, an historian from the University of Turin. “But they are a kind of wake-up call. They reveal Mussolini’s true gravity and wickedness.”
Nov 19th 2009 | ROME
From The Economist print edition
articolo originale sul sito dell'Economist
“THESE disgusting Jews, I must destroy them all.” Adolf Hitler’s dinnertime conversation? No. This is one of several anti-Semitic rants ascribed to Italy’s fascist leader, Benito Mussolini, by his mistress, Clara Petacci. Both were executed by partisans at the end of the second world war. The diaries of “Claretta”, published as a book (“Mussolini segreto”) on November 18th, after more than 50 years in the state archives, challenge the comforting view that many Italians have of the Duce as a leader misled by Hitler, his ally. Mussolini’s reputation still matters in a country which, for most of the past eight years, has been led by governments incorporating his “post-fascist” heirs.
In 2004 his son, Romano, published a memoir, “My Father, Il Duce”, which presented Mussolini as a caring family man, largely ignoring the dark side of the leader who had occupied Ethiopia in 1935-36 and, during his final years as Hitler’s puppet, sent thousands of Jews to Nazi death camps. In 2007 Marcello Dell’Utri, a close aide to Silvio Berlusconi, the prime minister, claimed to have found Mussolini’s diaries. Most historians said they were fakes, but not before Italians were told of contents which, in the words of Romano’s daughter, Alessandra Mussolini, showed “all the efforts made by grandfather to avoid the war”.
Italian television documentaries generally go easy on the Duce too, often reflecting the view that his government’s anti-Jewish “racial laws”, passed in 1938, were an aberration. Mr Berlusconi’s own opinion, given in a 2003 interview, is that Mussolini “never killed anyone”.
So for many Italians, it comes as a jolt to read of Il Duce boasting that “I’ve been a racist since ’21.” His mistress even recorded a remark by Mussolini in 1938 that foreshadowed the Final Solution: “I shall carry out a massacre, like the Turks did”—an apparent allusion to the mass killing of Armenians in 1915.
“People have always assumed the racial laws were a political instrument; not part of a policy in which he sincerely believed. This would suggest quite the opposite,” says Paul Corner, professor of European history at the University of Siena. As a lover’s account, the diaries should be treated with due caution, says Sergio Luzzatto, an historian from the University of Turin. “But they are a kind of wake-up call. They reveal Mussolini’s true gravity and wickedness.”
El Pais: Mussolini íntimo y despiadado
Los diarios rescatados de la amante, Claretta Petacci, descubren a un Duce racista, cínico y violento - El dictador italiano consideraba a Franco "un idiota"
El Pais
Lucia Magi - Roma - 17/11/2009
"¿Sabes, amor? Anoche en el teatro te desnudé por lo menos tres veces. Te miraba, te quitaba la ropa mentalmente y te deseaba como un loco".
Podría parecer un fragmento de las conversaciones telefónicas interceptadas recientemente entre un ostentoso galán de nombre Silvio Berlusconi y sus jóvenes y bien pagadas acompañantes. El fogoso amante en cuestión es otro político italiano, Benito Mussolini. Estas palabras, que reproducen una apasionada y sensual declaración del dictador fascista, fueron apuntadas en su diario por Claretta Petacci, con la que el Duce engañó a su mujer toda la vida. Era el 5 de enero de 1938. La relación entre la esbelta mujer de pelo azabache y sonrisa ancha y el dictador nació en 1932 y llegó hasta final: los partisanos los ahorcaron codo con codo el 25 de abril de 1945, tras 20 años de régimen.
Durante toda la unión, Claretta plasmó diligentemente sus intimidades de joven mujer y, lo que es más importante, las reveladoras confesiones que pintan a un Mussolini racista, desdeñoso, violento y despiadado, en unos cuadernos, guardados hasta principios de este año en los archivos históricos y protegidos por el secreto de Estado. Este insustituible testimonio de primera mano sobre la vida privada de Mussolini llega mañana a las librerías italianas de mano del periodista Mauro Suttora y bajo el título Mussolini segreto.
"Estudié durante muchos meses más de 2.000 páginas escritas por Claretta, con una grafía estrecha y difícil", cuenta el autor en una conversación telefónica desde Milán. A finales de la guerra de Liberación, cuando la pareja tenía el agua al cuello y tuvo que escapar de Salò, donde se había refugiado tras la caída del Gobierno de Mussolini con la ilusión de resucitar al fascismo, la amante del Duce entregó los diarios a una amiga de confianza. Ésta los escondió y fueron encontrados en 1950.
El libro promete levantar ampollas. No sólo por las audaces fantasías eróticas, bien detalladas. Eso, hoy, en Italia pasaría inadvertido. Lo que "es explosivo" -según el autor- es que las palabras de Claretta destruyen de una vez por todas la imagen de un dictador humano, un afable fascista a escala reducida, una especie de hermano menor y menos despiadado de Hitler, alguien que se vio uncido al carro nazi a su pesar, que aprobó leyes contra los judíos sólo para complacer al aliado alemán, y muy devoto y complaciente con la Iglesia.
Claretta describe en sus diarios un perfil muy distinto del Duce. Muestra a un hombre violento en su pensamiento político y en sus sentimientos, ferozmente antisemita, que reivindica un racismo avant la lettre, furioso con Pío XI, megalómano, que no ahorra su cínica agresividad a nadie y nada. Tampoco a Franco.
Escribe Claretta el 22 de diciembre de 1937: "Ese Franco es un idiota. Cree haber ganado la guerra con una victoria diplomática, porque algunos países le han reconocido, pero tiene al enemigo en casa. Si sólo tuvieran la mitad de la fuerza de los japoneses hubiera acabado todo hace cuatro meses. Son apáticos, indolentes, tienen mucho de los árabes. Hasta 1480 en España dominaron los árabes, ocho siglos de dominación musulmana. Ahí está la razón de por qué comen y duermen tanto".
El 4 de agosto de 1938 Claretta pone en boca del dictador: "Yo era racista ya en 1921, no sé cómo pueden pensar que imito a Hitler si él ni siquiera había nacido. Los italianos tendrían que tener más sentido de la raza, para no crear mestizos, que van a estropear lo bonito que tenemos".
Hacía 20 días había salido el Manifesto della razza, que teorizaba sobre la superioridad de la etnia itálica. Y en contra del papa Pío XI: "Si siguen así los del Vaticano voy a romper todo tipo de relación con ellos. Son unos miserables hipócritas. Prohibí los matrimonios mixtos y ahora el Papa me pide casar a un italiano y una negra. ¡No! ¡Voy a romperles la cara a todos!".
El Pais
Lucia Magi - Roma - 17/11/2009
"¿Sabes, amor? Anoche en el teatro te desnudé por lo menos tres veces. Te miraba, te quitaba la ropa mentalmente y te deseaba como un loco".
Podría parecer un fragmento de las conversaciones telefónicas interceptadas recientemente entre un ostentoso galán de nombre Silvio Berlusconi y sus jóvenes y bien pagadas acompañantes. El fogoso amante en cuestión es otro político italiano, Benito Mussolini. Estas palabras, que reproducen una apasionada y sensual declaración del dictador fascista, fueron apuntadas en su diario por Claretta Petacci, con la que el Duce engañó a su mujer toda la vida. Era el 5 de enero de 1938. La relación entre la esbelta mujer de pelo azabache y sonrisa ancha y el dictador nació en 1932 y llegó hasta final: los partisanos los ahorcaron codo con codo el 25 de abril de 1945, tras 20 años de régimen.
Durante toda la unión, Claretta plasmó diligentemente sus intimidades de joven mujer y, lo que es más importante, las reveladoras confesiones que pintan a un Mussolini racista, desdeñoso, violento y despiadado, en unos cuadernos, guardados hasta principios de este año en los archivos históricos y protegidos por el secreto de Estado. Este insustituible testimonio de primera mano sobre la vida privada de Mussolini llega mañana a las librerías italianas de mano del periodista Mauro Suttora y bajo el título Mussolini segreto.
"Estudié durante muchos meses más de 2.000 páginas escritas por Claretta, con una grafía estrecha y difícil", cuenta el autor en una conversación telefónica desde Milán. A finales de la guerra de Liberación, cuando la pareja tenía el agua al cuello y tuvo que escapar de Salò, donde se había refugiado tras la caída del Gobierno de Mussolini con la ilusión de resucitar al fascismo, la amante del Duce entregó los diarios a una amiga de confianza. Ésta los escondió y fueron encontrados en 1950.
El libro promete levantar ampollas. No sólo por las audaces fantasías eróticas, bien detalladas. Eso, hoy, en Italia pasaría inadvertido. Lo que "es explosivo" -según el autor- es que las palabras de Claretta destruyen de una vez por todas la imagen de un dictador humano, un afable fascista a escala reducida, una especie de hermano menor y menos despiadado de Hitler, alguien que se vio uncido al carro nazi a su pesar, que aprobó leyes contra los judíos sólo para complacer al aliado alemán, y muy devoto y complaciente con la Iglesia.
Claretta describe en sus diarios un perfil muy distinto del Duce. Muestra a un hombre violento en su pensamiento político y en sus sentimientos, ferozmente antisemita, que reivindica un racismo avant la lettre, furioso con Pío XI, megalómano, que no ahorra su cínica agresividad a nadie y nada. Tampoco a Franco.
Escribe Claretta el 22 de diciembre de 1937: "Ese Franco es un idiota. Cree haber ganado la guerra con una victoria diplomática, porque algunos países le han reconocido, pero tiene al enemigo en casa. Si sólo tuvieran la mitad de la fuerza de los japoneses hubiera acabado todo hace cuatro meses. Son apáticos, indolentes, tienen mucho de los árabes. Hasta 1480 en España dominaron los árabes, ocho siglos de dominación musulmana. Ahí está la razón de por qué comen y duermen tanto".
El 4 de agosto de 1938 Claretta pone en boca del dictador: "Yo era racista ya en 1921, no sé cómo pueden pensar que imito a Hitler si él ni siquiera había nacido. Los italianos tendrían que tener más sentido de la raza, para no crear mestizos, que van a estropear lo bonito que tenemos".
Hacía 20 días había salido el Manifesto della razza, que teorizaba sobre la superioridad de la etnia itálica. Y en contra del papa Pío XI: "Si siguen así los del Vaticano voy a romper todo tipo de relación con ellos. Son unos miserables hipócritas. Prohibí los matrimonios mixtos y ahora el Papa me pide casar a un italiano y una negra. ¡No! ¡Voy a romperles la cara a todos!".
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