Nella palude della burocrazia
ANCHE LA TOMBA DI CLARETTA È RIMASTA ORFANA
L'unico erede dei Petacci ha scritto dagli Usa alla direzione del Verano per pagare la manutenzione, senza però ricevere risposta. Intanto fa scalpore la prima biografia in inglese dell'amante del duce
di Mauro Suttora
Libero, 2 marzo 2017
Più che minacciare di demolire la tomba di Claretta Petacci al cimitero Verano di Roma, bisognerebbe demolire la burocrazia che impedisce di ripararla.
Da due anni, periodicamente, qualcuno lancia l'allarme sullo stato d'abbandono in cui versa la cappella che custodisce i resti dell'amante di Benito Mussolini. Si è anche formato un comitato di nostalgici disposti a raccogliere i fondi necessari ai lavori.
L'unico erede della famiglia Petacci, Ferdinando, ha 74 anni e vive vicino a Phoenix, Arizona. È figlio di Marcello, fratello di Claretta, ed era con i genitori e il fratellino in un'auto del convoglio di gerarchi fascisti che fuggivano lungo il lago di Como alla fine dell'aprile 1945. Ha visto suo padre trucidato dai partigiani mentre cercava di fuggire a nuoto nel lago a Dongo. Sua madre, la bellissima Zita Ritossa, rimase prigioniera dei comunisti per tre giorni assieme ai figli. Non ha mai voluto parlare di quel che le fecero. Ma il fratello maggiore di Ferdinando non si riprese più dallo choc. Zia Claretta aveva lasciato l'Alfa Romeo per riunirsi al suo Benito, e farsi ammazzare assieme a lui.
"Ho scritto un anno fa alla direzione del cimitero Verano fornendo il mio recapito, e dichiarandomi disponibile ad affrontare tutti i lavori necessari per la manutenzione della tomba", ci ha risposto esasperato Ferdinando Petacci dall'Arizona dopo che gli abbiamo riferito dell'ennesimo allarme sullo stato della cappella. Ha allegato fotocopie della sua lettera e della ricevuta di ritorno.
Il personaggio di Claretta continua ad appassionare gli storici. Proprio un mese fa e' uscita la sua prima biografia in inglese, scritta dal professore australiano Richard Bosworth per la Yale University Press. Hanno fatto scalpore su tutti i giornali britannici e americani i dettagli sugli aspetti animaleschi del rapporto che legava Mussolini alla esile ventenne, figlia del medico del Papa.
"A letto con le donne sono una belva", si vantava il duce con lei, magnificando le proprie doti sessuali. E lei, ossessionata dall'amore cieco per il suo Benito, ogni sera scriveva sul suo diario tutto quello che lui le diceva.
Per questo i veri diari di Mussolini non sono quelli apocrifi acquistati da Marcello Dell'Utri e avventatamente pubblicati da Bompiani nel 2010, ma quelli di Claretta Petacci dati alle stampe da Rizzoli un anno prima. Sicuramente autentici: l'Archivio di stato li sequestrò nel dopoguerra, ne studiò e garantì la veridicità, e ne permise la pubblicazione solo a 70 anni di distanza dalla loro compilazione, per proteggere la privacy dei tanti personaggi citati (fra cui insospettabili amanti dell'inesauribile Benito che la gelosissima Claretta via via scopriva, con tanto di figli segreti).
Su questi diari della Petacci si basa la biografia di Bosworth, e sulle tante inedite e clamorose confidenze di Mussolini ("Sterminerò gli ebrei", "La principessa Maria Jose' tentò di sedurmi", "Hitler è pazzo e inaffidabile"). Tutte notizie non reperibili ai tempi della pur ottima prima biografia di Claretta, scritta da Roberto Gervaso negli anni '80.
Altra coincidenza: proprio dieci giorni fa e' scomparso Pasquale Squitieri, regista del film Claretta (1984), interpretata dalla sua Claudia Cardinale. Una delle prime volte in cui non si demonizzava il capo del fascismo. Per questo Squitieri, fino ad allora di sinistra, fu criticato dai comunisti. È da lì maturò la sua svolta a destra, fino all'elezione come senatore di An.
Una delle scene madri del film Claretta la vede fronteggiare quella che lei pensava fosse l'ultima amante di Mussolini, Elena Curti, una bella bionda 23enne che era accanto a lui nell'autoblindo in fuga da Como. Claretta le urla contro, finché i gerarchi le spiegano che si tratta della sua figlia segreta.
Oggi la 95enne Elena Curti, lucida e combattiva, vive ad Acquapendente (Viterbo). È l'ultima sopravvissuta di quella generazione. Che, per quante disgrazie e distruzioni abbia causato all'Italia, incarna un tipo di vita avventurosa che affascina lettori, appassionati di storia e semplici curiosi. Non capita tutti i giorni che una donna giovane, bella e intelligente come Claretta si innamori a tal punto di un dittatore da volersi far uccidere assieme a lui a 33 anni. Per questo le traversie della sua tomba fanno ancora notizia.
Mauro Suttora
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Thursday, March 02, 2017
Friday, September 19, 2014
Catalogo dei viventi 2015
MAURO SUTTORA
• Milano 8 settembre 1959. Giornalista. Scrittore. Inviato di Oggi (corrispondente da New York dal 2002 al 2006), collabora con Sette, in passato con L’Europeo, Il Foglio, Libero, Newsweek; columnist di The New York Observer. Tra i suoi libri: Pannella & Bonino Spa (Kaos, 2001), No Sex in the City (Cairo, 2006), Mussolini segreto, diari di Claretta Petacci (Rizzoli, 2009).
«Mi sono imbattuto per caso nella vicenda dei diari. Nel 2003 andai a intervistare Ferdinando Petacci, il nipote di Claretta, a Phoenix, dove vive. Lui mi parlò di queste carte chiuse negli archivi di Stato. Dovevano passare 70 anni prima di poterle leggere. Abbiamo aspettato e poi visionato e trascritto quelle pagine che non sono più coperte da segreto, e cioè quelle che arrivano fino al 1938. Il risultato? Sorprendente».
• «Dopo aver “frequentato e votato sessantottini e radicali, verdi, leghisti e dipietristi”, come scrive su Sette, si è “affidato abbastanza disperato a Grillo”, infiltrandosi da “interno” alle riunioni e constatando che ai meet-up “non c’è mai tempo per parlare guardandosi negli occhi. Solo Web, computer e Smartphone per gente sempre connessa. Ma connessa a cosa, mi domando…”»
(Marianna Rizzini) [Foglio 10/12/12].
• «Per uscire dalla cuccia calda della corrispondenza ci vuole coraggio, Suttora l’ha avuto, ed è stato premiato. Nei media di New York sanno chi è (...) Alcune intuizioni sono folgoranti. Racconta che troppe donne newyorkesi “parlano con la voce di Topolino” (un fenomeno che la scienza non ha ancora spiegato); che i ristoranti francesi sono in crisi, e quelli italiani no; che la tariffa fissa telefonica (flat rate) è una jattura, perché i taxisti di Manhattan sono sempre al cellulare, e confabulano come zombie in lingue misteriose, disinteressandosi di chi hanno a bordo» (Beppe Severgnini).
Giorgio Dell’Arti
Catalogo dei viventi 2015 (in preparazione)
scheda aggiornata al 18 settembre 2014
da Lorenzo Stellini
Catalogo dei viventi 2015 (in preparazione)
scheda aggiornata al 18 settembre 2014
da Lorenzo Stellini
Monday, March 15, 2010
recensione Eco di Bergamo
CLARETTA PETACCI: "MUSSOLINI SEGRETO"
a cura di Mauro Suttora
1 febbraio 2010
Tre i livelli di lettura di 'Claretta Petacci. Mussolini segreto' (Rizzoli, pagg. 533, euro 21) a cura di Mauro Suttora, giornalista del Gruppo Rizzoli Corriere della Sera.
Il volume rappresenta solo una parte dei diari dell'amante del Duce, quelli scritti dal 1932 al 1938 e ora liberati dal segreto di Stato. Ebbene, possono intrigare sia per la vicenda privata (quasi in 'diretta', con i suoi risvolti anche da vaudeville), sia per il contesto storico delle cronache quotidiane che svelano un Mussolini decisamente razzista e antisemita, sia per il dubbio lanciato nella prefazione da Ferdinando Petacci, nipote dell'amante del Duce, che vive da tempo in Arizona.
Quando aveva tre anni e mezzo Ferdinando viaggiò nelle stesse automobili che il 27 aprile del 1945 portarono suo padre e il capo del fascismo con Claretta incontro alla morte. Da allora si è sempre chiesto: perché lo Stato italiano ha fatto scendere il silenzio sugli scritti di sua zia? Claretta Petacci era solo un'amante, oppure una spia degli inglesi? O, addirittura, insieme al fratello Marcello, "collaborarono con Mussolini per arrivare a una pace separata con l'Inghilterra"? La merce di scambio sarebbe stato il carteggio tra il Duce e Winston Churchill, "molto compromettente per il premier britannico"...
Dal primo livello di lettura si coglie un Mussolini involontariamente caricaturale: un amante che ogni ora è costretto da una Claretta gelosissima a testimoniare il suo amore per telefono, mentre è un uomo profondamente infedele che pensa soprattutto ad apparire forte, virile (ma frigna che gli stivaloni, indossati per avere un aspetto più 'macho', lo fanno soffrire molto) e terrorizzato dall'età che avanza. Recrimina contro la moglie Rachele e indulge con alcune vanterie erotiche: sostiene che Maria Josè di Savoia, moglie del principe Umberto, avrebbe tentato di sedurlo...
Quanto al contesto storico, emergono responsabilità precise. Se riguardo all'omicidio di Matteotti si lamenta solo per i dolori dell'ulcera provocati dalle reazioni dell'opposizione a questo efferato delitto, ecco altre 'perle' del Mussolini-pensiero: "Hitler è un sentimentalone. Questo Papa (ndr Pio XI, Papa Ratti che difende gli ebrei) è nefasto, l'entusiasmo degli italiani è un'apparenza, li conosco bene".
E ancora "Porci ebrei, popolo destinato a essere trucidato completamente": Mussolini pronuncia questa frase, pesante come un macigno, il LunedÏ dell'Angelo 1938, nel suo studio a palazzo Venezia di fronte a Claretta.
Il 4 agosto 1938 - venti giorni prima è uscito il 'Manifesto della razza' - mentre i due amanti sono in barca, così Mussolini si vanta: "Io ero razzista dal '21. Non so come possano pensare che imito Hitler, non era ancora nato. Mi fanno ridere. Bisogna dare il senso della razza agli italiani, che non creino dei meticci, che non guastino ciò che c'è di bello in noi"...
Ines Turani
a cura di Mauro Suttora
1 febbraio 2010
Tre i livelli di lettura di 'Claretta Petacci. Mussolini segreto' (Rizzoli, pagg. 533, euro 21) a cura di Mauro Suttora, giornalista del Gruppo Rizzoli Corriere della Sera.
Il volume rappresenta solo una parte dei diari dell'amante del Duce, quelli scritti dal 1932 al 1938 e ora liberati dal segreto di Stato. Ebbene, possono intrigare sia per la vicenda privata (quasi in 'diretta', con i suoi risvolti anche da vaudeville), sia per il contesto storico delle cronache quotidiane che svelano un Mussolini decisamente razzista e antisemita, sia per il dubbio lanciato nella prefazione da Ferdinando Petacci, nipote dell'amante del Duce, che vive da tempo in Arizona.
Quando aveva tre anni e mezzo Ferdinando viaggiò nelle stesse automobili che il 27 aprile del 1945 portarono suo padre e il capo del fascismo con Claretta incontro alla morte. Da allora si è sempre chiesto: perché lo Stato italiano ha fatto scendere il silenzio sugli scritti di sua zia? Claretta Petacci era solo un'amante, oppure una spia degli inglesi? O, addirittura, insieme al fratello Marcello, "collaborarono con Mussolini per arrivare a una pace separata con l'Inghilterra"? La merce di scambio sarebbe stato il carteggio tra il Duce e Winston Churchill, "molto compromettente per il premier britannico"...
Dal primo livello di lettura si coglie un Mussolini involontariamente caricaturale: un amante che ogni ora è costretto da una Claretta gelosissima a testimoniare il suo amore per telefono, mentre è un uomo profondamente infedele che pensa soprattutto ad apparire forte, virile (ma frigna che gli stivaloni, indossati per avere un aspetto più 'macho', lo fanno soffrire molto) e terrorizzato dall'età che avanza. Recrimina contro la moglie Rachele e indulge con alcune vanterie erotiche: sostiene che Maria Josè di Savoia, moglie del principe Umberto, avrebbe tentato di sedurlo...
Quanto al contesto storico, emergono responsabilità precise. Se riguardo all'omicidio di Matteotti si lamenta solo per i dolori dell'ulcera provocati dalle reazioni dell'opposizione a questo efferato delitto, ecco altre 'perle' del Mussolini-pensiero: "Hitler è un sentimentalone. Questo Papa (ndr Pio XI, Papa Ratti che difende gli ebrei) è nefasto, l'entusiasmo degli italiani è un'apparenza, li conosco bene".
E ancora "Porci ebrei, popolo destinato a essere trucidato completamente": Mussolini pronuncia questa frase, pesante come un macigno, il LunedÏ dell'Angelo 1938, nel suo studio a palazzo Venezia di fronte a Claretta.
Il 4 agosto 1938 - venti giorni prima è uscito il 'Manifesto della razza' - mentre i due amanti sono in barca, così Mussolini si vanta: "Io ero razzista dal '21. Non so come possano pensare che imito Hitler, non era ancora nato. Mi fanno ridere. Bisogna dare il senso della razza agli italiani, che non creino dei meticci, che non guastino ciò che c'è di bello in noi"...
Ines Turani
Tuesday, December 15, 2009
La Semana (Colombia): El diario de la amante
Bogotà, 5 dicembre 2009
Las memorias de Clara Petacci, la concubina favorita de Mussolini, revelan que este era tan antijudío como Hitler y que tenía una voracidad sexual mayor que la de Berlusconi.
En días pasados Patrizia D’Addario, la prostituta de lujo que escandalizó a Italia al revelar sus noches de pasión con Silvio Berlusconi, publicó su libro Disfrute, Primer Ministro. Allí asegura haber quedado estupefacta ante el insaciable apetito sexual de Il Cavaliere, capaz de pasar una noche con 20 mujeres dedicadas a satisfacerlo.
Pero Berlusconi no es el primer gobernante italiano tan obsesionado por el género femenino como por el poder. Lo ha recordado el diario íntimo de Clara Petacci, la inseparable compañera de Benito Mussolini, que acaba de salir a la luz. Algunos biógrafos calculan que sin tener la presencia de un don Juan, calvo, bajo de estatura y con una higiene personal dudosa, por la cama de Il Duce habrían pasado 5.000 mujeres: al menos una distinta cada noche, durante la mayor parte de su vida. Y es la preferida de sus amantes quien confirma tal poder de seducción a casi 65 años de su muerte.
Mauro Suttora, periodista del conglomerado italiano de medios Rizzoli Corriere della Sera editó los documentos que la mujer escribió entre 1932 y 1938 bajo el título ‘Mussolini secreto’, en 521 páginas que incluyen detalles explícitos de sus faenas de alcoba, sus fantasías eróticas y hasta reflexiones políticas de Mussolini sobre Hitler y la raza, que lo develan como un enemigo despiadado de los judíos.
El camino del diario ha sido largo: quizá presintiendo su final, Petacci le encomendó sus apuntes a su amiga la condesa Rina Cervis, quien los enterró en el jardín de su casa hasta cuando en 1950 fueron descubiertos por las autoridades. Suttora explicó a SEMANA que “su único heredero, Ferdinando Petacci, había estado pidiendo que se los entregaran, pero fueron secreto de Estado durante 70 años”. Ese es el plazo que, según las reglas italianas, se debe cumplir para hacer públicos documentos de importancia para la seguridad nacional. Por eso sólo recientemente se desclasificó la información.
“Clara quiso guardar copias de las cartas que le enviaba a Mussolini desde cuando lo conoció en 1932”, agrega Suttora. Cuando ese primer encuentro tuvo lugar, ella, hija del médico personal del Papa Pío XI, tenía 20 años, y Mussolini 49 y un matrimonio con cinco hijos. La joven siempre había sentido un gran respeto hacia el hombre que desde 1922 gobernaba Italia, y una tarde, durante un paseo con sus padres, su carro se cruzó con el Alfa Romeo del dictador. Ella lo reconoció y sacó la cabeza por la ventana mientras gritaba “Il Duce, Il Duce”. Ante tal prueba de devoción, Mussolini detuvo su auto para conversar con su admiradora. Al parecer, durante algunos años mantuvieron una relación platónica, tiempo en el cual ella se casó y se separó, hasta cuando se hicieron amantes en 1936. Desde entonces Claretta, como le decían cariñosamente, tuvo derecho a escoltas y a una habitación en el Palazzo Venezia, su sede oficial.
La Petacci transcribía en forma maniática cada conversación con su Ben, como lo llamaba en la intimidad, al punto de que en un solo año llenó más de 1.800 páginas de su diario. “Soy esclavo de tu carne. Siento un deseo febril por tu cuerpecito delicioso que me quiero comer entero a besos. Y tú tienes que adorar mi cuerpo, tu gigante”, registró ella una de las frases del mandatario.
Aunque Clara respetaba a Rachele, la esposa de Mussolini, no soportaba la idea de que él tuviera más mujeres. Lo celaba tanto, que en 1938, un año muy agitado para la política europea porque Hitler anexó Austria, y en el que se firmó el acuerdo de Munich que entregaba a la Alemania nazi parte de Checoslovaquia, a Il Duce le tocaba en promedio reportarse cada hora a su amante para comprobar que no estaba con otra. Sobraban motivos para dudar de la fidelidad del hombre.
El mismo Mussolini le confesó a ella que la idea de tener una sola conquista le parecía “inconcebible... Hubo una época en la que tuve 14 mujeres, y me acostaba con tres o cuatro cada noche, una tras otra...eso te dará una idea de mi sexualidad”. Además, en una especie de clase le explicó que “el orgasmo es muy bueno. Agudiza tus pensamientos, y ayuda al cerebro, lo hace fértil y brillante”. Ese apetito se habría desatado desde cuando perdió su virginidad, a los 17 años, con una prostituta, y aumentó en la cúspide del poder cuando le llovían cartas de damas ofreciéndosele. Como explicó al diario británico The Independent Nicholas Farrell, autor de Mussolini: A new life, hacía sus jugadas “a espaldas de Claretta”. El personal de seguridad clasificaba las misivas en mujeres conocidas o desconocidas. Luego el gobernante elegía entre las ‘nuevas’ las que le llamaran la atención para que se las llevaran al Palazzo como “visitantes fascistas”.
En su diario Claretta relata una de sus escenas de celos cuando lo pilló durmiendo con una ex novia llamada Alice de Fonseca Pallottelli, con quien habría tenido dos de sus hijos ilegítimos: “Está bien. Lo hice. No la había visto desde antes de Navidad. No creo que haya cometido un crimen. Sólo estuve 12 minutos con ella”, fue la manera de disculparse de Mussolini. “24 minutos”, lo corrigió ella. “Bien, 24, fue algo rápido. ¿A quién le importa? después de 17 años no hay nada de entusiasmo, es como cuando me acuesto con mi esposa”, concluyó él. En otra oportunidad le juró que nunca había amado a Romilda Ruspi, con quien habría tenido otro hijo: “Sólo fue algo físico, pura atracción sexual. Tenía relaciones con otras en frente de ella”. También le afirmó que durante un fin de semana en la playa la princesa María José de Bélgica, quien llegaría a ser reina de Italia y opositora del fascismo, se le insinuó, pero no pudo seducirlo. “Yo era como de palo. Ni un pelo de mi cuerpo estaba erecto... la encontré repulsiva”.
Sin embargo, el documento no sólo está causando polémica por su contenido sexual, sino porque acaba con la percepción popular de que Mussolini era un títere de Hitler que aprobó leyes contra los judíos por complacerlo. “He sido racista desde 1921. No sé por qué creen que soy un simple imitador de Hitler. Los italianos tendrían que tener más sentido de la raza, para no crear mestizos, que van a estropear nuestra belleza”, son palabras que Claretta pone en su boca, por los días en que salió el Manifiesto della razza, sobre la superioridad de la etnia itálica. Sin embargo, Mussolini reconocía que el líder nazi le agradaba: “Es una persona muy emocional. Cuando me vio hubo lágrimas en sus ojos”. Con el que no le iba muy bien era con Pío XI: “Si siguen así los del Vaticano, voy a romper relaciones con ellos. Prohibí los matrimonios mixtos y ahora el Papa me pide casar a un italiano con una negra”.
A los judíos se refería como “cerdos”, “reptiles”, “carroña”, y dijo que “habría que exterminarlos a todos. Voy a organizar una masacre”. También habló de “confinarlos en una pequeña isla”.
La que no está nada contenta con estas revelaciones es la nieta del fascista, la parlamentaria Alessandra Mussolini, quien ha dicho que “ni una sola palabra del diario es verdad” y que hoy Clara sería acusada de acoso. Pero, según Suttora, de lo que no se puede dudar es de “la autenticidad de los diarios, que fue certificada por el archivo estatal”. Por eso parece difícil controvertir que Il Duce le haya dicho a su amante “nací para ti y terminaré a tu lado”, como ella escribió. Más cuando juntos fueron ejecutados y colgados por los partisanos en abril de 1945.
Semana.com ©2009.
Todos los derechos reservados.
http://www.semana.com/noticias-gente/diario-amante/132331.aspx
Las memorias de Clara Petacci, la concubina favorita de Mussolini, revelan que este era tan antijudío como Hitler y que tenía una voracidad sexual mayor que la de Berlusconi.
En días pasados Patrizia D’Addario, la prostituta de lujo que escandalizó a Italia al revelar sus noches de pasión con Silvio Berlusconi, publicó su libro Disfrute, Primer Ministro. Allí asegura haber quedado estupefacta ante el insaciable apetito sexual de Il Cavaliere, capaz de pasar una noche con 20 mujeres dedicadas a satisfacerlo.
Pero Berlusconi no es el primer gobernante italiano tan obsesionado por el género femenino como por el poder. Lo ha recordado el diario íntimo de Clara Petacci, la inseparable compañera de Benito Mussolini, que acaba de salir a la luz. Algunos biógrafos calculan que sin tener la presencia de un don Juan, calvo, bajo de estatura y con una higiene personal dudosa, por la cama de Il Duce habrían pasado 5.000 mujeres: al menos una distinta cada noche, durante la mayor parte de su vida. Y es la preferida de sus amantes quien confirma tal poder de seducción a casi 65 años de su muerte.
Mauro Suttora, periodista del conglomerado italiano de medios Rizzoli Corriere della Sera editó los documentos que la mujer escribió entre 1932 y 1938 bajo el título ‘Mussolini secreto’, en 521 páginas que incluyen detalles explícitos de sus faenas de alcoba, sus fantasías eróticas y hasta reflexiones políticas de Mussolini sobre Hitler y la raza, que lo develan como un enemigo despiadado de los judíos.
El camino del diario ha sido largo: quizá presintiendo su final, Petacci le encomendó sus apuntes a su amiga la condesa Rina Cervis, quien los enterró en el jardín de su casa hasta cuando en 1950 fueron descubiertos por las autoridades. Suttora explicó a SEMANA que “su único heredero, Ferdinando Petacci, había estado pidiendo que se los entregaran, pero fueron secreto de Estado durante 70 años”. Ese es el plazo que, según las reglas italianas, se debe cumplir para hacer públicos documentos de importancia para la seguridad nacional. Por eso sólo recientemente se desclasificó la información.
“Clara quiso guardar copias de las cartas que le enviaba a Mussolini desde cuando lo conoció en 1932”, agrega Suttora. Cuando ese primer encuentro tuvo lugar, ella, hija del médico personal del Papa Pío XI, tenía 20 años, y Mussolini 49 y un matrimonio con cinco hijos. La joven siempre había sentido un gran respeto hacia el hombre que desde 1922 gobernaba Italia, y una tarde, durante un paseo con sus padres, su carro se cruzó con el Alfa Romeo del dictador. Ella lo reconoció y sacó la cabeza por la ventana mientras gritaba “Il Duce, Il Duce”. Ante tal prueba de devoción, Mussolini detuvo su auto para conversar con su admiradora. Al parecer, durante algunos años mantuvieron una relación platónica, tiempo en el cual ella se casó y se separó, hasta cuando se hicieron amantes en 1936. Desde entonces Claretta, como le decían cariñosamente, tuvo derecho a escoltas y a una habitación en el Palazzo Venezia, su sede oficial.
La Petacci transcribía en forma maniática cada conversación con su Ben, como lo llamaba en la intimidad, al punto de que en un solo año llenó más de 1.800 páginas de su diario. “Soy esclavo de tu carne. Siento un deseo febril por tu cuerpecito delicioso que me quiero comer entero a besos. Y tú tienes que adorar mi cuerpo, tu gigante”, registró ella una de las frases del mandatario.
Aunque Clara respetaba a Rachele, la esposa de Mussolini, no soportaba la idea de que él tuviera más mujeres. Lo celaba tanto, que en 1938, un año muy agitado para la política europea porque Hitler anexó Austria, y en el que se firmó el acuerdo de Munich que entregaba a la Alemania nazi parte de Checoslovaquia, a Il Duce le tocaba en promedio reportarse cada hora a su amante para comprobar que no estaba con otra. Sobraban motivos para dudar de la fidelidad del hombre.
El mismo Mussolini le confesó a ella que la idea de tener una sola conquista le parecía “inconcebible... Hubo una época en la que tuve 14 mujeres, y me acostaba con tres o cuatro cada noche, una tras otra...eso te dará una idea de mi sexualidad”. Además, en una especie de clase le explicó que “el orgasmo es muy bueno. Agudiza tus pensamientos, y ayuda al cerebro, lo hace fértil y brillante”. Ese apetito se habría desatado desde cuando perdió su virginidad, a los 17 años, con una prostituta, y aumentó en la cúspide del poder cuando le llovían cartas de damas ofreciéndosele. Como explicó al diario británico The Independent Nicholas Farrell, autor de Mussolini: A new life, hacía sus jugadas “a espaldas de Claretta”. El personal de seguridad clasificaba las misivas en mujeres conocidas o desconocidas. Luego el gobernante elegía entre las ‘nuevas’ las que le llamaran la atención para que se las llevaran al Palazzo como “visitantes fascistas”.
En su diario Claretta relata una de sus escenas de celos cuando lo pilló durmiendo con una ex novia llamada Alice de Fonseca Pallottelli, con quien habría tenido dos de sus hijos ilegítimos: “Está bien. Lo hice. No la había visto desde antes de Navidad. No creo que haya cometido un crimen. Sólo estuve 12 minutos con ella”, fue la manera de disculparse de Mussolini. “24 minutos”, lo corrigió ella. “Bien, 24, fue algo rápido. ¿A quién le importa? después de 17 años no hay nada de entusiasmo, es como cuando me acuesto con mi esposa”, concluyó él. En otra oportunidad le juró que nunca había amado a Romilda Ruspi, con quien habría tenido otro hijo: “Sólo fue algo físico, pura atracción sexual. Tenía relaciones con otras en frente de ella”. También le afirmó que durante un fin de semana en la playa la princesa María José de Bélgica, quien llegaría a ser reina de Italia y opositora del fascismo, se le insinuó, pero no pudo seducirlo. “Yo era como de palo. Ni un pelo de mi cuerpo estaba erecto... la encontré repulsiva”.
Sin embargo, el documento no sólo está causando polémica por su contenido sexual, sino porque acaba con la percepción popular de que Mussolini era un títere de Hitler que aprobó leyes contra los judíos por complacerlo. “He sido racista desde 1921. No sé por qué creen que soy un simple imitador de Hitler. Los italianos tendrían que tener más sentido de la raza, para no crear mestizos, que van a estropear nuestra belleza”, son palabras que Claretta pone en su boca, por los días en que salió el Manifiesto della razza, sobre la superioridad de la etnia itálica. Sin embargo, Mussolini reconocía que el líder nazi le agradaba: “Es una persona muy emocional. Cuando me vio hubo lágrimas en sus ojos”. Con el que no le iba muy bien era con Pío XI: “Si siguen así los del Vaticano, voy a romper relaciones con ellos. Prohibí los matrimonios mixtos y ahora el Papa me pide casar a un italiano con una negra”.
A los judíos se refería como “cerdos”, “reptiles”, “carroña”, y dijo que “habría que exterminarlos a todos. Voy a organizar una masacre”. También habló de “confinarlos en una pequeña isla”.
La que no está nada contenta con estas revelaciones es la nieta del fascista, la parlamentaria Alessandra Mussolini, quien ha dicho que “ni una sola palabra del diario es verdad” y que hoy Clara sería acusada de acoso. Pero, según Suttora, de lo que no se puede dudar es de “la autenticidad de los diarios, que fue certificada por el archivo estatal”. Por eso parece difícil controvertir que Il Duce le haya dicho a su amante “nací para ti y terminaré a tu lado”, como ella escribió. Más cuando juntos fueron ejecutados y colgados por los partisanos en abril de 1945.
Semana.com ©2009.
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Tuesday, December 01, 2009
Jutarnji List (Croazia): Tajni Mussolini
DUCEOVA LJUBAVNICA
Clara: Šaptao mi je na jastuku da mrzi Židove više od Hitlera
24.11.2009
Inoslav Bešker
Optužbama protiv talijanskog diktatora Benita Mussolinija nesvjesno se pridružila i njegova ljubavnica Clara Petacci
RIM - Najteže optužbe protiv Benita Mussolinija zapisala je, dakako, povijest, ali joj se u tom poslu sasvim neočekivano pridružila i Clara Petacci, “Claretta”, žena koja je sa svojim “Benom” podijelila ne samo posljednje godine života, nego i smrt i posmrtnu kalvariju njihovih tjelesa. U svojim dnevnicima 1932-1938, koje je Mauro Suttora iskoristio za svoju netom objavljenu knjigu “Tajni Mussolini” (Mussolini segreto), Claretta je opisala Mussolinija kao rasista gorega i zagriženijega i od Hitlera.
Dugo već traju pokušaji da se Mussolinija prikaže žrtvom okolnosti. Umanjivanje njegovih zločina ponekad poprima groteskne razmjere. Može biti ljudski jasno što je Romano Mussolini, jazzist, napisao prilično toplo intoniranu knjigu “Moj otac Duce”, s nježnim detaljima iz obiteljskog života, preskačući bojne otrove po Etiopiji, strijeljanja deset za jednoga u Dalmaciji, te finalno slanje Židovâ u njemačke logore istrebljenja.
Može biti jasno, politički, što je Silvio Berlusconi objašnjavao da talijanski fašizam nije bio strašan, da “Mussolini nije nikoga ubio” i da je, u najgoru ruku, slao ljude na ljetovanje u konfinaciju. Manje je jasno što je Berlusconijev dugogodišnji najbliži suradnik senator Marcello Dell’Utri pokušao podvaliti lažne Mussolinijeve dnevnike koji su Ducea rehabilitirali (manje jasno, jer je mafija dugo bila ogorčena neprijateljica fašizma, jedine politike kojoj nije trebala jer je sve to znala i sama).
Prezir prema Hitleru
Ali može biti jasno, i politički i ljudski, što je Romanova kći i Berlusconijeva saveznica Alessandra Mussolini to dočekala kao pokazatelj što je sve njezin djed učinio da bi izbjegao rat (preskačući činjenicu da je u rat u Grčkoj ušao iako ga je Hitler molio da to ne učini, pa je onda Njemačka morala intervenirati, otvarajući frontu i u Jugoslaviji, a sve to je zajedno pridonijelo da kobno zakasni njemački napad na dotadašnje sovjetske saveznike).
Dok su svi takvi, pa i Mussolinijev zet i žrtva Galeazzo Ciano, citirali riječi Duceova prezira spram Hitlera, ili citat da je “rasizam stvar plavokosih”, sugerirajući da je Mussolini rasne zakone napisao (i Kralju dao na potpis) pod Hitlerovim pritiskom - njegova ljubavnica, glavna svećenica kulta Mussolinijeva tijela, pokupila je u ložnici sasvim drukčije iskaze, na primjer: “Što taj Hitler?! Pa ja sam bio rasist od 1921!”, Ili: “Ti odvratni Židovi! Sve ih moram uništiti!”
Nije to bio samo usamljen krik ljutnje. Drugom prilikom je 1938. rekao, tvrdi Claretta: “Provest ću masakr kakav su Turci proveli!”, posve jasno aludirajući na genocid nad Armencima 1915.
Uostalom, nije bio bitno blaži ni u svome znamenitom govoru u Trstu, kada je obećao maknuti slavenske barbare s talijanskoga Jadranskog mora. Pa su fašisti natjerali u egzodus 50-60 tisuća Slovenaca i Hrvata iz Istre, otvorivši sezonu fojbi u Pazinu i drugdje, protiv onih koji su imali “morbin” govoriti slavenski.
Njegovao kult tijela
Poslije su fojbe dobile i talijanske žrtve: Mussolinijev virus bio je priljepčiv gore i od svinjske gripe.
Petacci je pokazala neistinitost teze da su rasni zakoni bili politički instrument a ne suštinski dio politike u koju je Mussolini vjerovao.
Naravno, ne može se sve što je vjerna ljubavnica napisala smatrati žeženim zlatom istine.
Možda joj je Mussolini zaista rekao da ga njegova žena Rachele ne voli, da je prva imala ljubavnika itd. Mussolini je i javno govorio da je “u ratu i u ljubavi sve dopušteno”. Vjerojatno je i tvrdio da ga je buduća kraljica Maria José faćkala. To je Duce sve mogao lagati Claretti - ali teško bi bilo vjerovati da joj je njezin “Ben” lagao i mazao kad je iznosio političke sudove.
S druge strane, sam Mussolini je gradio kult sebe kao ljubavnika, koji može zadovoljiti i 12 žena na dan, sve u pauzama državničkih poslova, na brzaka, ni ne skinuvši čizme.
To je bila jedna strana kulta tijela koje se, s druge strane, vidjelo golo do pojasa u žetvi, ili kako jaše konja, muževnost nada sve.
Na kraju je kult tijela dobio svoju apoteozu u suprotnom smjeru: strijeljanog Mussolinija i strijeljanu Clarettu su prvo bacili na asfalt milanskoga Loretskog trga, gdje su ih Talijani gledali u nevjerici, a onda su se odvažili nogama tući Mussolinijevu glavu, kad su bili sigurni da neće skočiti i razbiti im njušku. Hrabrost je navrla tako žestoko da su tijela partizani objesili za noge na benzinsku crpku, da ih gledaju a da se pritom ne izgaze.
Sljedeći nastavak 2015.
Po nekima, Mussolinija je trebalo strijeljati da ne progovori pred sudom, sada, kad su svi naprasno postali antifašisti. Stigao je, eto, glas iz groba, od Clarette koju su također objesili za noge, iako se ne zna još da je osobno počinila neki zločin. Njezini dnevnici sada polako izlaze na vidjelo, kako prolazi 70 godina zabrane objavljivanja.
Njezin nećak Ferdinando Petacci, jedini nasljednik, najavljuje da će biti još senzacionalnijih otkrića, u nastavcima do 1945, tj. 2015.
Mussoliniju je Pio XI. bio antifašist
Mussolini je brzo zaboravio da ga je papa Pio XI. nazvao “čovjekom Providnosti”, da je podržavao Franca u Španjolskoj, da je osudio enciklikama i naciste, i komuniste, i meksičke nacionaliste, ali nikada fašiste. Sve to Duceu nije bilo dovoljno.
Piše Claretta Petacci u dnevniku 8. listopada 1938. da joj je Mussolini rekao: “Nisi svjesna koliko zla ovaj Papa nanosi Crkvi. Nikada neki papa nije bio tako poguban za religiju kao ovaj. Iskreni katolici ga se odriču. Izgubio je gotovo sav svijet. Njemačku potpuno. Nije ju znao zadržati, sve je pogriješio. Mi smo sada jedini, ja sam jedini koji podržavam tu religiju koja teži gašenju. A on čini nedostojne stvari. Kad kaže, na primjer, da sličimo semitima. Kako? Tukli smo ih stoljećima. Mrzimo ih. A sada smo isti kao oni, imamo istu krv?!”
Prijetnja raskidom
Pio XI. je rekao da smo svi duhovno semiti, što je kršćanima notorna činjenica: Biblija je židovska, Židovi su bili Odabrani narod, u njemu se rodio Isus Krist.
To Mussolini nije mogao podnijeti.
Uzrujavala ga je i Papina oporba automatskom razvrgavanju katoličko-židovskih brakova.
“Sada vodi kampanju protiv toga”, veli Mussolini ljubavnici i dodaje, nimalo proročki: “Htio bih vidjeti Talijana u braku s crnom!” Da ga nisu strijeljali, da je imao proces od 15 do 20 godina, stigao bi vidjeti i to, ali i vladu sa Sjevernom ligom, s ministrom Bossijem koji crnce zove “bingo bongo”. Imao bi utjehu da nije baš sve izgubljeno, papama i antifašistima uprkos.
Mussolini je 16. studenoga 1938. urlao: “Ne! Pa Vatikan hoće raskid! I raskinut ću, ako nastave tako. Raskinut ću svaki odnos.
‘Razbit ću im njuške’
Vratit ću se nazad, razvrgnut ću ugovore… Zabranio sam mješovite brakove, a sada mi Papa traži da dam vjenčati Talijana sa crnkinjom, samo zato jer je ona katolkinja! A ne! Makar im svima razbio njušku!”
Copyright © Jutarnji list.
http://jlpub.optimit.hr/clara--saptao-mi-je-na-jastuku-da-mrzi-zidove-vise-od-hitlera/367182/
Clara: Šaptao mi je na jastuku da mrzi Židove više od Hitlera
24.11.2009
Inoslav Bešker
Optužbama protiv talijanskog diktatora Benita Mussolinija nesvjesno se pridružila i njegova ljubavnica Clara Petacci
RIM - Najteže optužbe protiv Benita Mussolinija zapisala je, dakako, povijest, ali joj se u tom poslu sasvim neočekivano pridružila i Clara Petacci, “Claretta”, žena koja je sa svojim “Benom” podijelila ne samo posljednje godine života, nego i smrt i posmrtnu kalvariju njihovih tjelesa. U svojim dnevnicima 1932-1938, koje je Mauro Suttora iskoristio za svoju netom objavljenu knjigu “Tajni Mussolini” (Mussolini segreto), Claretta je opisala Mussolinija kao rasista gorega i zagriženijega i od Hitlera.
Dugo već traju pokušaji da se Mussolinija prikaže žrtvom okolnosti. Umanjivanje njegovih zločina ponekad poprima groteskne razmjere. Može biti ljudski jasno što je Romano Mussolini, jazzist, napisao prilično toplo intoniranu knjigu “Moj otac Duce”, s nježnim detaljima iz obiteljskog života, preskačući bojne otrove po Etiopiji, strijeljanja deset za jednoga u Dalmaciji, te finalno slanje Židovâ u njemačke logore istrebljenja.
Može biti jasno, politički, što je Silvio Berlusconi objašnjavao da talijanski fašizam nije bio strašan, da “Mussolini nije nikoga ubio” i da je, u najgoru ruku, slao ljude na ljetovanje u konfinaciju. Manje je jasno što je Berlusconijev dugogodišnji najbliži suradnik senator Marcello Dell’Utri pokušao podvaliti lažne Mussolinijeve dnevnike koji su Ducea rehabilitirali (manje jasno, jer je mafija dugo bila ogorčena neprijateljica fašizma, jedine politike kojoj nije trebala jer je sve to znala i sama).
Prezir prema Hitleru
Ali može biti jasno, i politički i ljudski, što je Romanova kći i Berlusconijeva saveznica Alessandra Mussolini to dočekala kao pokazatelj što je sve njezin djed učinio da bi izbjegao rat (preskačući činjenicu da je u rat u Grčkoj ušao iako ga je Hitler molio da to ne učini, pa je onda Njemačka morala intervenirati, otvarajući frontu i u Jugoslaviji, a sve to je zajedno pridonijelo da kobno zakasni njemački napad na dotadašnje sovjetske saveznike).
Dok su svi takvi, pa i Mussolinijev zet i žrtva Galeazzo Ciano, citirali riječi Duceova prezira spram Hitlera, ili citat da je “rasizam stvar plavokosih”, sugerirajući da je Mussolini rasne zakone napisao (i Kralju dao na potpis) pod Hitlerovim pritiskom - njegova ljubavnica, glavna svećenica kulta Mussolinijeva tijela, pokupila je u ložnici sasvim drukčije iskaze, na primjer: “Što taj Hitler?! Pa ja sam bio rasist od 1921!”, Ili: “Ti odvratni Židovi! Sve ih moram uništiti!”
Nije to bio samo usamljen krik ljutnje. Drugom prilikom je 1938. rekao, tvrdi Claretta: “Provest ću masakr kakav su Turci proveli!”, posve jasno aludirajući na genocid nad Armencima 1915.
Uostalom, nije bio bitno blaži ni u svome znamenitom govoru u Trstu, kada je obećao maknuti slavenske barbare s talijanskoga Jadranskog mora. Pa su fašisti natjerali u egzodus 50-60 tisuća Slovenaca i Hrvata iz Istre, otvorivši sezonu fojbi u Pazinu i drugdje, protiv onih koji su imali “morbin” govoriti slavenski.
Njegovao kult tijela
Poslije su fojbe dobile i talijanske žrtve: Mussolinijev virus bio je priljepčiv gore i od svinjske gripe.
Petacci je pokazala neistinitost teze da su rasni zakoni bili politički instrument a ne suštinski dio politike u koju je Mussolini vjerovao.
Naravno, ne može se sve što je vjerna ljubavnica napisala smatrati žeženim zlatom istine.
Možda joj je Mussolini zaista rekao da ga njegova žena Rachele ne voli, da je prva imala ljubavnika itd. Mussolini je i javno govorio da je “u ratu i u ljubavi sve dopušteno”. Vjerojatno je i tvrdio da ga je buduća kraljica Maria José faćkala. To je Duce sve mogao lagati Claretti - ali teško bi bilo vjerovati da joj je njezin “Ben” lagao i mazao kad je iznosio političke sudove.
S druge strane, sam Mussolini je gradio kult sebe kao ljubavnika, koji može zadovoljiti i 12 žena na dan, sve u pauzama državničkih poslova, na brzaka, ni ne skinuvši čizme.
To je bila jedna strana kulta tijela koje se, s druge strane, vidjelo golo do pojasa u žetvi, ili kako jaše konja, muževnost nada sve.
Na kraju je kult tijela dobio svoju apoteozu u suprotnom smjeru: strijeljanog Mussolinija i strijeljanu Clarettu su prvo bacili na asfalt milanskoga Loretskog trga, gdje su ih Talijani gledali u nevjerici, a onda su se odvažili nogama tući Mussolinijevu glavu, kad su bili sigurni da neće skočiti i razbiti im njušku. Hrabrost je navrla tako žestoko da su tijela partizani objesili za noge na benzinsku crpku, da ih gledaju a da se pritom ne izgaze.
Sljedeći nastavak 2015.
Po nekima, Mussolinija je trebalo strijeljati da ne progovori pred sudom, sada, kad su svi naprasno postali antifašisti. Stigao je, eto, glas iz groba, od Clarette koju su također objesili za noge, iako se ne zna još da je osobno počinila neki zločin. Njezini dnevnici sada polako izlaze na vidjelo, kako prolazi 70 godina zabrane objavljivanja.
Njezin nećak Ferdinando Petacci, jedini nasljednik, najavljuje da će biti još senzacionalnijih otkrića, u nastavcima do 1945, tj. 2015.
Mussoliniju je Pio XI. bio antifašist
Mussolini je brzo zaboravio da ga je papa Pio XI. nazvao “čovjekom Providnosti”, da je podržavao Franca u Španjolskoj, da je osudio enciklikama i naciste, i komuniste, i meksičke nacionaliste, ali nikada fašiste. Sve to Duceu nije bilo dovoljno.
Piše Claretta Petacci u dnevniku 8. listopada 1938. da joj je Mussolini rekao: “Nisi svjesna koliko zla ovaj Papa nanosi Crkvi. Nikada neki papa nije bio tako poguban za religiju kao ovaj. Iskreni katolici ga se odriču. Izgubio je gotovo sav svijet. Njemačku potpuno. Nije ju znao zadržati, sve je pogriješio. Mi smo sada jedini, ja sam jedini koji podržavam tu religiju koja teži gašenju. A on čini nedostojne stvari. Kad kaže, na primjer, da sličimo semitima. Kako? Tukli smo ih stoljećima. Mrzimo ih. A sada smo isti kao oni, imamo istu krv?!”
Prijetnja raskidom
Pio XI. je rekao da smo svi duhovno semiti, što je kršćanima notorna činjenica: Biblija je židovska, Židovi su bili Odabrani narod, u njemu se rodio Isus Krist.
To Mussolini nije mogao podnijeti.
Uzrujavala ga je i Papina oporba automatskom razvrgavanju katoličko-židovskih brakova.
“Sada vodi kampanju protiv toga”, veli Mussolini ljubavnici i dodaje, nimalo proročki: “Htio bih vidjeti Talijana u braku s crnom!” Da ga nisu strijeljali, da je imao proces od 15 do 20 godina, stigao bi vidjeti i to, ali i vladu sa Sjevernom ligom, s ministrom Bossijem koji crnce zove “bingo bongo”. Imao bi utjehu da nije baš sve izgubljeno, papama i antifašistima uprkos.
Mussolini je 16. studenoga 1938. urlao: “Ne! Pa Vatikan hoće raskid! I raskinut ću, ako nastave tako. Raskinut ću svaki odnos.
‘Razbit ću im njuške’
Vratit ću se nazad, razvrgnut ću ugovore… Zabranio sam mješovite brakove, a sada mi Papa traži da dam vjenčati Talijana sa crnkinjom, samo zato jer je ona katolkinja! A ne! Makar im svima razbio njušku!”
Copyright © Jutarnji list.
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Saturday, November 21, 2009
Il Piccolo (Trieste): Perché Diari segreti?
Perché i diari di Claretta sono rimasti invisibili per oltre sessant'anni?
il Piccolo
pagina 23 sezione Cultura
Trieste, 21 novembre 2009
Per oltre sessant’anni nessuno ha potuto leggerli. Perchè sui diari di Claretta Petacci è stato imposto il segreto di Stato. E adesso? Finalmente il veto è caduto, ma solo per quanto riguarda il periodo che va dal 1932 al 1938. Le altre carte, che raccontano il periodo più difficile (quello delle leggi razziali, dell’entrata in guerra, dell’8 settembre, dell’arresto di Benito Mussolini, della Repubblica di Salò, fino alla morte, rimasta avvolta nel mistero) sono ancora inaccessibili. Su quei diari ha lavorato a lungo Mauro Suttora, giornalista del gruppo Rcs. Che pubblica adesso un’ampia selezione dei documenti nel libro Claretta Petacci ”Mussolini segreto” (Rizzoli, pagg. 533, euro 21).
A invogliare alla lettura, se ce ne fosse bisogno, è la prefazione scritta da Ferdinando Petacci, nipote dell’amante del Duce, che vive da tempo in Arizona. Da bambino, quando aveva tre anni e mezzo, si ritrovò a viaggiare nel piccolo corteo di macchine che il 27 aprile del 1945 portò il capo del fascismo e la sua amante dritti verso la morte. Da allora si è sempre chiesto: perché lo Stato italiano ha fatto scendere il silenzio sulle carte di sua zia? Claretta Petacci era solo un’amante o una spia degli inglesi? O, addirittura, insieme al fratello Marcello «collaborarono con Mussolini per arrivare a una pace separata con l’Inghilterra»? La merce di scambio sarebbe stato il carteggio tra il Duce e Winston Churchill, «molto compromettente per il premier britannico».
Insomma, dopo una prefazione del genere, inutile negare che viene voglia di lanciarsi alla disperata a leggere i diari di Claretta. Che, purtroppo, deluderanno il lettore fin dalle prime pagine. Che cosa emerge da questa carte? Una marea di promesse d’amore fatte da un uomo profondamente infedele, una sorta di ”serial lover”, alla sua giovanissima, gelosissima amante. E poi il ritratto di un uomo, Mussolini, che pensa soprattutto ad apparire forte, virile, che è terrorizzato dal fatto di invecchiare e parla spesso della morte. E che non evita gli scivolini nel ridicolo. Come quando lamenta i dolori dell’ulcera provocati dal polverone che si è alzato attorno all’omicidio di Matteotti. O come quando frigna che gli stivaloni, indossati per avere un aspetto più virile, lo fanno soffrire molto.
Nei diari di Claretta, i grandi eventi del ’900 passano in secondo piano rispetto alla girandola di amanti di Mussolini e alla gelosia ossessiva della Petacci. Il Duce le racconta di alcuni imbarazzanti incontri con la principessa Maria José, che si distendeva mezza nuda vicino a lui sulla spiaggia quasi a volersi offrire. Sparla spesso e volentieri di donna Rachele, la moglie: «Una contadina». Spara a zero sugli antifascisti, se la prende con Franco che tentenna in Spagna, manda insulti e maledizioni agli ebrei. Si mostra amico di Hitler, anche se lo teme profondamente. Ma, soprattutto, tempesta di telefonate la sua Claretta. A ogni ora del giorno, della notte. Per prometterle che non la tradirà più. Anche se sa benissimo che, quando gli arriverà la prima donna disponibile, la tradirà di nuovo. ( a.m.l.)
il Piccolo
pagina 23 sezione Cultura
Trieste, 21 novembre 2009
Per oltre sessant’anni nessuno ha potuto leggerli. Perchè sui diari di Claretta Petacci è stato imposto il segreto di Stato. E adesso? Finalmente il veto è caduto, ma solo per quanto riguarda il periodo che va dal 1932 al 1938. Le altre carte, che raccontano il periodo più difficile (quello delle leggi razziali, dell’entrata in guerra, dell’8 settembre, dell’arresto di Benito Mussolini, della Repubblica di Salò, fino alla morte, rimasta avvolta nel mistero) sono ancora inaccessibili. Su quei diari ha lavorato a lungo Mauro Suttora, giornalista del gruppo Rcs. Che pubblica adesso un’ampia selezione dei documenti nel libro Claretta Petacci ”Mussolini segreto” (Rizzoli, pagg. 533, euro 21).
A invogliare alla lettura, se ce ne fosse bisogno, è la prefazione scritta da Ferdinando Petacci, nipote dell’amante del Duce, che vive da tempo in Arizona. Da bambino, quando aveva tre anni e mezzo, si ritrovò a viaggiare nel piccolo corteo di macchine che il 27 aprile del 1945 portò il capo del fascismo e la sua amante dritti verso la morte. Da allora si è sempre chiesto: perché lo Stato italiano ha fatto scendere il silenzio sulle carte di sua zia? Claretta Petacci era solo un’amante o una spia degli inglesi? O, addirittura, insieme al fratello Marcello «collaborarono con Mussolini per arrivare a una pace separata con l’Inghilterra»? La merce di scambio sarebbe stato il carteggio tra il Duce e Winston Churchill, «molto compromettente per il premier britannico».
Insomma, dopo una prefazione del genere, inutile negare che viene voglia di lanciarsi alla disperata a leggere i diari di Claretta. Che, purtroppo, deluderanno il lettore fin dalle prime pagine. Che cosa emerge da questa carte? Una marea di promesse d’amore fatte da un uomo profondamente infedele, una sorta di ”serial lover”, alla sua giovanissima, gelosissima amante. E poi il ritratto di un uomo, Mussolini, che pensa soprattutto ad apparire forte, virile, che è terrorizzato dal fatto di invecchiare e parla spesso della morte. E che non evita gli scivolini nel ridicolo. Come quando lamenta i dolori dell’ulcera provocati dal polverone che si è alzato attorno all’omicidio di Matteotti. O come quando frigna che gli stivaloni, indossati per avere un aspetto più virile, lo fanno soffrire molto.
Nei diari di Claretta, i grandi eventi del ’900 passano in secondo piano rispetto alla girandola di amanti di Mussolini e alla gelosia ossessiva della Petacci. Il Duce le racconta di alcuni imbarazzanti incontri con la principessa Maria José, che si distendeva mezza nuda vicino a lui sulla spiaggia quasi a volersi offrire. Sparla spesso e volentieri di donna Rachele, la moglie: «Una contadina». Spara a zero sugli antifascisti, se la prende con Franco che tentenna in Spagna, manda insulti e maledizioni agli ebrei. Si mostra amico di Hitler, anche se lo teme profondamente. Ma, soprattutto, tempesta di telefonate la sua Claretta. A ogni ora del giorno, della notte. Per prometterle che non la tradirà più. Anche se sa benissimo che, quando gli arriverà la prima donna disponibile, la tradirà di nuovo. ( a.m.l.)
Tuesday, November 17, 2009
Mussolini segreto: bugie private, pubblici segreti
Il duce ritratto dalla Petacci divide gli storici
di Dino Messina
Corriere della Sera, 17.11.09
Amatore instancabile e all’improvviso diventato fedelissimo, antisemita della prima ora, avversario di Pio XI, buonista con il «sentimentalone» Hitler. Il primo assaggio dei diari di Claretta Petacci dal 1932 al 1938, Mussolini segreto, a cura di Mauro Suttora, in uscita domani da Rizzoli e anticipato ieri dal «Corriere», ci consegna un ritratto del Duce, tra il pubblico e il privato, che darà nuovo lavoro agli storici. Intanto è già cominciata la discussione sull’autenticità, sulla quale non vi dovrebbero essere molti dubbi, poi sull’attendibilità delle annotazioni, che, osserva un biografo del dittatore, Aurelio Lepre, autore di "Mussolini l’italiano" (Mondadori), «andranno verificate e messe a confronto per esempio con quelle dei diari di Giuseppe Bottai e Galeazzo Ciano. Allo stesso modo il confronto andrà fatto con le affermazioni contenute nel libro "L’orecchio del Duce" (Mursia), in cui Ugo Guspini riportava le intercettazioni di conversazioni telefoniche tra il dittatore e la sua amante, non sempre ritenute veritiere».
Questo lavoro incrociato sulle fonti diventerà sempre più complicato a mano a mano che si arriverà al tragico epilogo del 28 aprile 1945, la fucilazione degli amanti a Giulino di Mezzegra. Ferdinando Petacci, figlio del fratello di Claretta, Marcello, nell’introduzione al volume ipotizza per la zia un ruolo di spia degli inglesi. Così si spiegherebbe la precisione di certe annotazioni e l’attenzione maniacale per i fatti politici. Una spia che avrebbe subito confessato il suo ruolo all’amante, il quale a sua volta l’avrebbe utilizzata tramite Winston Churchill, anche per la questione del famoso carteggio. La fantomatica corrispondenza tra il premier britannico e il dittatore italiano sarebbe servita a quest’ultimo come merce di scambio nella trattativa per una pace separata. Ma di questa vicenda ci sarà tempo per discutere, giacché, visto il contenuto privato di molte pagine dei diari, custoditi all’Archivio di Stato, devono passare settant’anni per la pubblicazione.
Gli storici concordano sul fatto che questi documenti sono più importanti per la ricostruzione della personalità privata che per il profilo pubblico del dittatore. La pensa così Giovanni Sabbatucci, che precisa: «Non ho motivo di dubitare dell’autenticità dei diari, ciò che può far dubitare è il contenuto del resoconto della Petacci, che non so fino a quanto attendibile, dato che non sappiamo il grado di veridicità delle confidenze di Mussolini alla sua amante». Sicuramente Mussolini mentiva quando giurava alla sua giovane amante fedeltà assoluta, dicendo di aver fatto il deserto intorno a sé. E Claretta prontamente ironizzava: un deserto con qualche cammello!
Il duce mentiva anche quando faceva risalire il suo antisemitismo al 1921? Rispondere a questa domanda significa risolvere una delle annose discussioni storiografiche intorno a Mussolini: quanto cioè il suo razzismo e la sua avversione per gli ebrei dipendessero dalla recente alleanza con la Germania nazista. «Anche su questo aspetto — osserva Lepre — c’è modo di stabilire se Mussolini mentiva, ma quel che conta è il contributo che i diari della Petacci portano al profilo psicologico del dittatore, tanto più che la testimonianza viene da una persona così vicina».
Scettico sull’attendibilità dei diari della Petacci è un suo biografo, Roberto Gervaso, autore nel 1981 di "Claretta, la donna che morì per Mussolini" (Rizzoli): «Secondo me — ha dichiarato Gervaso all’Adnkronos — su temi come le leggi razziali, Pio XI e Hitler i diari di Claretta non possono essere considerati una fonte di prima mano per conoscere il pensiero di Benito. Mussolini era innamorato pazzamente, aveva perso la testa dietro a una ragazza conosciuta quando lei aveva 20 anni e lui 49. Nel loro rapporto questa era l’unica cosa che contava».
Dà ragione a Gervaso il professor Sabbatucci quando afferma che Mussolini si comportava come il più classico degli italiani: un amante che «riempiva di balle» l’amata. Ma le bugie di Mussolini non rendono certo meno interessante questo ritratto del dittatore visto anche dalla camera da letto.
di Dino Messina
Corriere della Sera, 17.11.09
Amatore instancabile e all’improvviso diventato fedelissimo, antisemita della prima ora, avversario di Pio XI, buonista con il «sentimentalone» Hitler. Il primo assaggio dei diari di Claretta Petacci dal 1932 al 1938, Mussolini segreto, a cura di Mauro Suttora, in uscita domani da Rizzoli e anticipato ieri dal «Corriere», ci consegna un ritratto del Duce, tra il pubblico e il privato, che darà nuovo lavoro agli storici. Intanto è già cominciata la discussione sull’autenticità, sulla quale non vi dovrebbero essere molti dubbi, poi sull’attendibilità delle annotazioni, che, osserva un biografo del dittatore, Aurelio Lepre, autore di "Mussolini l’italiano" (Mondadori), «andranno verificate e messe a confronto per esempio con quelle dei diari di Giuseppe Bottai e Galeazzo Ciano. Allo stesso modo il confronto andrà fatto con le affermazioni contenute nel libro "L’orecchio del Duce" (Mursia), in cui Ugo Guspini riportava le intercettazioni di conversazioni telefoniche tra il dittatore e la sua amante, non sempre ritenute veritiere».
Questo lavoro incrociato sulle fonti diventerà sempre più complicato a mano a mano che si arriverà al tragico epilogo del 28 aprile 1945, la fucilazione degli amanti a Giulino di Mezzegra. Ferdinando Petacci, figlio del fratello di Claretta, Marcello, nell’introduzione al volume ipotizza per la zia un ruolo di spia degli inglesi. Così si spiegherebbe la precisione di certe annotazioni e l’attenzione maniacale per i fatti politici. Una spia che avrebbe subito confessato il suo ruolo all’amante, il quale a sua volta l’avrebbe utilizzata tramite Winston Churchill, anche per la questione del famoso carteggio. La fantomatica corrispondenza tra il premier britannico e il dittatore italiano sarebbe servita a quest’ultimo come merce di scambio nella trattativa per una pace separata. Ma di questa vicenda ci sarà tempo per discutere, giacché, visto il contenuto privato di molte pagine dei diari, custoditi all’Archivio di Stato, devono passare settant’anni per la pubblicazione.
Gli storici concordano sul fatto che questi documenti sono più importanti per la ricostruzione della personalità privata che per il profilo pubblico del dittatore. La pensa così Giovanni Sabbatucci, che precisa: «Non ho motivo di dubitare dell’autenticità dei diari, ciò che può far dubitare è il contenuto del resoconto della Petacci, che non so fino a quanto attendibile, dato che non sappiamo il grado di veridicità delle confidenze di Mussolini alla sua amante». Sicuramente Mussolini mentiva quando giurava alla sua giovane amante fedeltà assoluta, dicendo di aver fatto il deserto intorno a sé. E Claretta prontamente ironizzava: un deserto con qualche cammello!
Il duce mentiva anche quando faceva risalire il suo antisemitismo al 1921? Rispondere a questa domanda significa risolvere una delle annose discussioni storiografiche intorno a Mussolini: quanto cioè il suo razzismo e la sua avversione per gli ebrei dipendessero dalla recente alleanza con la Germania nazista. «Anche su questo aspetto — osserva Lepre — c’è modo di stabilire se Mussolini mentiva, ma quel che conta è il contributo che i diari della Petacci portano al profilo psicologico del dittatore, tanto più che la testimonianza viene da una persona così vicina».
Scettico sull’attendibilità dei diari della Petacci è un suo biografo, Roberto Gervaso, autore nel 1981 di "Claretta, la donna che morì per Mussolini" (Rizzoli): «Secondo me — ha dichiarato Gervaso all’Adnkronos — su temi come le leggi razziali, Pio XI e Hitler i diari di Claretta non possono essere considerati una fonte di prima mano per conoscere il pensiero di Benito. Mussolini era innamorato pazzamente, aveva perso la testa dietro a una ragazza conosciuta quando lei aveva 20 anni e lui 49. Nel loro rapporto questa era l’unica cosa che contava».
Dà ragione a Gervaso il professor Sabbatucci quando afferma che Mussolini si comportava come il più classico degli italiani: un amante che «riempiva di balle» l’amata. Ma le bugie di Mussolini non rendono certo meno interessante questo ritratto del dittatore visto anche dalla camera da letto.
Monday, November 16, 2009
Corriere della Sera: libro 'Mussolini segreto'
DOCUMENTI INEDITI DAL ’32 AL ’38.
LE CONFIDENZE DEL CAPO DEL FASCISMO
Mussolini segreto nei diari della Petacci
Furibondo con ebrei e Pio XI, spavaldo nelle fantasie erotiche: le confessioni del Duce alla sua amante
Corriere della Sera, 16 novembre 2009
Avete presente il Benito Mussolini descritto nei ricordi di seguaci e parenti, o quello che emerge dai suoi pretesi «diari» acquistati da Marcello Dell’Utri, di cui gli storici negano l’autenticità? Un uomo bonario, attaccato alla famiglia, diffidente verso i nazisti, ossequioso nei riguardi del Papa, generoso con gli ebrei e dubbioso sulle leggi razziali.
Ebbene, dai diari della sua amante, Claretta Petacci, esce un ritratto opposto in tutto e per tutto: un Duce ferocemente antisemita, che rivendica il suo razzismo di lunga data, sprezzante verso la moglie, insofferente dei Savoia, ammaliato dalla potenza del Terzo Reich, furibondo con Pio XI per le sue parole in difesa degli ebrei.
Le eloquenti confidenze del Duce, trascritte dalla Petacci e qui anticipate, provengono dal volume Mussolini segreto (Rizzoli, pp. 521, € 21), in uscita dopodomani, nel quale Mauro Suttora ha raccolto una sintesi dei diari di Claretta dal 1932 al 1938. Per i primi anni si tratta di biglietti e brevi annotazioni, ma dall’ottobre 1937 il resoconto diventa fluviale. Naturalmente non tutto il contenuto dei diari può essere preso per oro colato. Sulla sincerità dei proclami di amore eterno, delle recriminazioni di Mussolini verso la moglie (afferma di essere stato tradito per lungo tempo) o di certe vanterie erotiche (sostiene che Maria José di Savoia, moglie del principe Umberto, avrebbe tentato di sedurlo) è lecito nutrire dubbi. Ma non si vede perché il Duce avrebbe dovuto alterare i suoi giudizi politici parlando con Claretta.
Oggetto di un lungo contenzioso tra lo Stato e la famiglia Petacci, che non ha mai smesso di rivendicarli, ma ha visto respingere le sue richieste, i diari si trovano all’Archivio di Stato, «la cui lunga custodia di questi documenti — sottolinea Suttora — ne garantisce l’autenticità».
Dopo il primo blocco, altre annate saranno desecretate «allo scadere dei settant’anni dalla loro compilazione». E secondo Ferdinando Petacci, nipote e oggi unico erede di Claretta, potrebbero contenere novità esplosive, tali da far ritenere che l’amante del Duce fosse in qualche modo collegata a Winston Churchill. Ma anche se l’ipotesi si rivelasse infondata, il contributo di queste carte alla conoscenza dell’uomo Mussolini resta indiscutibile.
Antonio Carioti
LE CONFIDENZE DEL CAPO DEL FASCISMO
Mussolini segreto nei diari della Petacci
Furibondo con ebrei e Pio XI, spavaldo nelle fantasie erotiche: le confessioni del Duce alla sua amante
Corriere della Sera, 16 novembre 2009
Avete presente il Benito Mussolini descritto nei ricordi di seguaci e parenti, o quello che emerge dai suoi pretesi «diari» acquistati da Marcello Dell’Utri, di cui gli storici negano l’autenticità? Un uomo bonario, attaccato alla famiglia, diffidente verso i nazisti, ossequioso nei riguardi del Papa, generoso con gli ebrei e dubbioso sulle leggi razziali.
Ebbene, dai diari della sua amante, Claretta Petacci, esce un ritratto opposto in tutto e per tutto: un Duce ferocemente antisemita, che rivendica il suo razzismo di lunga data, sprezzante verso la moglie, insofferente dei Savoia, ammaliato dalla potenza del Terzo Reich, furibondo con Pio XI per le sue parole in difesa degli ebrei.
Le eloquenti confidenze del Duce, trascritte dalla Petacci e qui anticipate, provengono dal volume Mussolini segreto (Rizzoli, pp. 521, € 21), in uscita dopodomani, nel quale Mauro Suttora ha raccolto una sintesi dei diari di Claretta dal 1932 al 1938. Per i primi anni si tratta di biglietti e brevi annotazioni, ma dall’ottobre 1937 il resoconto diventa fluviale. Naturalmente non tutto il contenuto dei diari può essere preso per oro colato. Sulla sincerità dei proclami di amore eterno, delle recriminazioni di Mussolini verso la moglie (afferma di essere stato tradito per lungo tempo) o di certe vanterie erotiche (sostiene che Maria José di Savoia, moglie del principe Umberto, avrebbe tentato di sedurlo) è lecito nutrire dubbi. Ma non si vede perché il Duce avrebbe dovuto alterare i suoi giudizi politici parlando con Claretta.
Oggetto di un lungo contenzioso tra lo Stato e la famiglia Petacci, che non ha mai smesso di rivendicarli, ma ha visto respingere le sue richieste, i diari si trovano all’Archivio di Stato, «la cui lunga custodia di questi documenti — sottolinea Suttora — ne garantisce l’autenticità».
Dopo il primo blocco, altre annate saranno desecretate «allo scadere dei settant’anni dalla loro compilazione». E secondo Ferdinando Petacci, nipote e oggi unico erede di Claretta, potrebbero contenere novità esplosive, tali da far ritenere che l’amante del Duce fosse in qualche modo collegata a Winston Churchill. Ma anche se l’ipotesi si rivelasse infondata, il contributo di queste carte alla conoscenza dell’uomo Mussolini resta indiscutibile.
Antonio Carioti
Wednesday, March 19, 2003
E' sparito il diario di Claretta
Il furto dell' epistolario Mussolini Petacci ha ragioni politiche?
"Quel carteggio scotta. Mia zia sapeva che gli inglesi avevano chiesto aiuto a Mussolini per l' armistizio con Hitler", rivelò un mese fa a Oggi il nipote della Petacci, Ferdinando (a lato, col nostro cronista) "Hanno rubato i documenti che potevano mettere in imbarazzo gli inglesi", dice lo storico Luciano Garibaldi
di Mauro Suttora
Oggi 19/03/2003
Il giallo si complica. E i misteri sulla morte di Benito Mussolini, invece di dissolversi, si infittiscono. Il nuovo soprintendente dell' Archivio di Stato, Maurizio Fallace, ha denunciato ai carabinieri il furto di tutta l' annata 1937 del carteggio fra il dittatore fascista e la sua amante, Claretta Petacci, e del diario di quest' ultima. L' unico erede della Petacci, il nipote sessantenne Ferdinando che vive a Phoenix, in Arizona, un mese fa aveva lanciato proprio dalle colonne del nostro giornale, in un' intervista esclusiva, l' allarme sul destino degli scottanti documenti: "Qualcuno non vuole che la verità esca fuori" (Oggi n. 6, 5 febbraio 2003). E adesso la notizia che diario e lettere sono già stati saccheggiati da mani ignote fa lievitare i sospetti.
Ma cosa contiene di così esplosivo il carteggio Mussolini Petacci?
"In teoria, nessuno dovrebbe saperlo", risponde lo storico Luciano Garibaldi, uno dei massimi esperti di quel periodo e autore di molti libri (gli ultimi: La pista inglese, edizioni Ares, e Un secolo di guerre, ed. White Star), "perché da 58 anni tutti i governi lo hanno coperto con il segreto di Stato. Che però per legge dura solo cinquant' anni. Cosicché alla sua scadenza, nel 1995, chiesi di esaminarlo. Ma l' Archivio mi impedì la consultazione, accampando un ulteriore periodo di vent' anni per proteggere la privacy delle persone coinvolte. Allora mi rivolsi direttamente al ministro degli Interni dell' epoca, Giorgio Napolitano, specificando che mi sarei accontentato di sfogliare, sotto il vigile occhio dei funzionari dell' Archivio, soltanto alcune pagine dei diari fra gli ultimi mesi del 1944 e il gennaio del 1945".
Perché questa autolimitazione ?
"Perché ero venuto in possesso delle trascrizioni delle telefonate fra Mussolini e Claretta, intercettate dai tedeschi che controllavano tutto. Da quei colloqui emergono i contatti segreti che il Duce aveva con emissari inglesi di Winston Churchill. "Riuscirò a convincere Hitler", dice Mussolini alla sua amante, che in quel periodo drammatico era diventata anche la sua confidente politica. Lui si sfogava con lei perché ormai non si poteva fidare quasi più di nessuno".
Cosa voleva Churchill da Mussolini?
"Bloccare l' Unione Sovietica che stava dilagando troppo velocemente in Europa, mentre gli occidentali erano ancora fermi sul Reno".
E lei cosa voleva scoprire nei diari segreti di Claretta?
"Quello che scrisse, almeno nei giorni corrispondenti alle date delle telefonate intercettate dai nazisti. Lei ascoltava tutto, e durante le sue lunghe notti insonni a villa Fiordaliso, sul lago di Garda, scriveva moltissimo. Infatti i suoi diari hanno una mole mostruosa, ben 15 mila pagine: mille per ogni diario, come confidava alla sorella Miriam".
E perché Napolitano non le ha permesso di consultarli, visto che il periodo del segreto di Stato è scaduto e il suo lavoro è di tipo storico scientifico, non certo alla ricerca di pettegolezzi privati ?
"La sua è stata una risposta curiosa. Sosteneva che i funzionari dell' Archivio avevano già provveduto a consultare i diari e non avevano trovato nulla di ciò che ci interessava".
Quindi qualcuno ha già letto e studiato i documenti segreti. E come mai è sparito proprio l' anno 1937 ?
"Le lettere di quell' anno non dovrebbero contenere rivelazioni importanti dal punto di vista politico. Con tutta probabilità si tratta veramente di corrispondenza d' amore e di lamentele da parte dell' amante di un uomo che faceva ancora il galletto e si concedeva altre avventure galanti. Magari saranno state vendute a caro prezzo a qualche collezionista privato miliardario. Ce ne sono tanti, in giro per il mondo".
Il valore commerciale del carteggio e del diario, quindi, potrebbe essere alto. È per questo che il nipote Ferdinando chiede di riaverli ?
"Petacci ha tutto il diritto di rientrarne in possesso, come unico erede vivente. Scaduto il termine dei cinquant' anni di segreto di Stato, se non gli vengono restituiti è un furto".
Ferdinando Petacci aveva soltanto tre anni quando l' auto su cui si trovava assieme alla zia Claretta, al padre Marcello Petacci, alla madre e al fratellino venne bloccata a Dongo, sulla riva del lago di Como, nell' aprile 1945. Suo padre venne fucilato, nonostante avesse dichiarato di essere in contatto con gli inglesi (o forse proprio per questo), la mamma violentata dai partigiani e il fratello non si riprese più dallo choc. Ora vive in Arizona e pretende che i suoi diritti vengano rispettati. Anche quello alla privacy: come si fa, infatti, a opporlo proprio ai parenti più stretti ?
Ma l' Archivio di Stato ha intenzioni differenti: "Quest' anno, trascorsi settant' anni, renderemo consultabili i primi atti del carteggio e del diario, quelli relativi al 1933", annuncia il sovrintendente Fallace. Ed è stato proprio durante una riunione preparatoria per questa pubblicazione che è stato scoperto il furto.
Luciano Garibaldi avverte però: "Già nel 1950, quando i documenti vennero scoperti dai carabinieri sotterrati in un baule nel giardino della villa dei conti Cervis, ai quali Claretta li aveva affidati prima di fuggire da Gardone, qualcuno si premurò di purgarli delle parti più compromettenti. D' altra parte, questo è stato il destino subito da tutti i documenti che potevano provare qualcosa di imbarazzante per gli inglesi. Quelli che Mussolini aveva consegnato al fidato ambasciatore giapponese Shinrokuro Hidaka per esempio: vent' anni fa gliene chiedemmo conto, e lui rispose sibillino di avere consegnato tutto al suo governo. Che naturalmente oppose anch' esso il segreto di Stato. Ugualmente sparite nel nulla sono poi le copie fotografiche che Mussolini consegnava al ministro Carlo Alberto Biggini".
Ma siamo sicuri che esistano le prove dei contatti fra Mussolini e Churchill?
"Non bisogna certo pensare a lettere dirette che iniziavano "Caro Winston" o "Caro Benito", ma sui rapporti tramite emissari nessuno può più dubitare. Pietro Carradori, l' autista del Duce, mi ha rivelato nel ' 94 di averlo trasportato due volte la notte, di nascosto, da Salò a Ponte Tresa al confine con la Svizzera per incontrarli. E anche i partigiani che parteciparono a quelle vicende, ormai anziani, negli anni Novanta hanno cominciato a incrinare il muro di omertà alzato per mezzo secolo: Urbano Lazzaro, il famoso comandante Bill che catturò sia Mussolini che Marcello Petacci, ha scritto due libri. Peccato che l' Istituto Storico della Resistenza di Pavia non permetta ancora l' ascolto delle cassette con la testimonianza di un altro partigiano, ormai deceduto".
Insomma, i misteri sull' oro di Dongo (il tesoro sparito dei gerarchi fascisti) e sulle uccisioni dei partigiani che non accettarono la versione ufficiale continuano. Dureranno ancora per dodici anni, se il governo non si decide a togliere il segreto (che negli Stati Uniti dura solo trent' anni). E forse per sempre, se malauguratamente si verificherà qualche altro strano "furto".
Mauro Suttora
"Quel carteggio scotta. Mia zia sapeva che gli inglesi avevano chiesto aiuto a Mussolini per l' armistizio con Hitler", rivelò un mese fa a Oggi il nipote della Petacci, Ferdinando (a lato, col nostro cronista) "Hanno rubato i documenti che potevano mettere in imbarazzo gli inglesi", dice lo storico Luciano Garibaldi
di Mauro Suttora
Oggi 19/03/2003
Il giallo si complica. E i misteri sulla morte di Benito Mussolini, invece di dissolversi, si infittiscono. Il nuovo soprintendente dell' Archivio di Stato, Maurizio Fallace, ha denunciato ai carabinieri il furto di tutta l' annata 1937 del carteggio fra il dittatore fascista e la sua amante, Claretta Petacci, e del diario di quest' ultima. L' unico erede della Petacci, il nipote sessantenne Ferdinando che vive a Phoenix, in Arizona, un mese fa aveva lanciato proprio dalle colonne del nostro giornale, in un' intervista esclusiva, l' allarme sul destino degli scottanti documenti: "Qualcuno non vuole che la verità esca fuori" (Oggi n. 6, 5 febbraio 2003). E adesso la notizia che diario e lettere sono già stati saccheggiati da mani ignote fa lievitare i sospetti.
Ma cosa contiene di così esplosivo il carteggio Mussolini Petacci?
"In teoria, nessuno dovrebbe saperlo", risponde lo storico Luciano Garibaldi, uno dei massimi esperti di quel periodo e autore di molti libri (gli ultimi: La pista inglese, edizioni Ares, e Un secolo di guerre, ed. White Star), "perché da 58 anni tutti i governi lo hanno coperto con il segreto di Stato. Che però per legge dura solo cinquant' anni. Cosicché alla sua scadenza, nel 1995, chiesi di esaminarlo. Ma l' Archivio mi impedì la consultazione, accampando un ulteriore periodo di vent' anni per proteggere la privacy delle persone coinvolte. Allora mi rivolsi direttamente al ministro degli Interni dell' epoca, Giorgio Napolitano, specificando che mi sarei accontentato di sfogliare, sotto il vigile occhio dei funzionari dell' Archivio, soltanto alcune pagine dei diari fra gli ultimi mesi del 1944 e il gennaio del 1945".
Perché questa autolimitazione ?
"Perché ero venuto in possesso delle trascrizioni delle telefonate fra Mussolini e Claretta, intercettate dai tedeschi che controllavano tutto. Da quei colloqui emergono i contatti segreti che il Duce aveva con emissari inglesi di Winston Churchill. "Riuscirò a convincere Hitler", dice Mussolini alla sua amante, che in quel periodo drammatico era diventata anche la sua confidente politica. Lui si sfogava con lei perché ormai non si poteva fidare quasi più di nessuno".
Cosa voleva Churchill da Mussolini?
"Bloccare l' Unione Sovietica che stava dilagando troppo velocemente in Europa, mentre gli occidentali erano ancora fermi sul Reno".
E lei cosa voleva scoprire nei diari segreti di Claretta?
"Quello che scrisse, almeno nei giorni corrispondenti alle date delle telefonate intercettate dai nazisti. Lei ascoltava tutto, e durante le sue lunghe notti insonni a villa Fiordaliso, sul lago di Garda, scriveva moltissimo. Infatti i suoi diari hanno una mole mostruosa, ben 15 mila pagine: mille per ogni diario, come confidava alla sorella Miriam".
E perché Napolitano non le ha permesso di consultarli, visto che il periodo del segreto di Stato è scaduto e il suo lavoro è di tipo storico scientifico, non certo alla ricerca di pettegolezzi privati ?
"La sua è stata una risposta curiosa. Sosteneva che i funzionari dell' Archivio avevano già provveduto a consultare i diari e non avevano trovato nulla di ciò che ci interessava".
Quindi qualcuno ha già letto e studiato i documenti segreti. E come mai è sparito proprio l' anno 1937 ?
"Le lettere di quell' anno non dovrebbero contenere rivelazioni importanti dal punto di vista politico. Con tutta probabilità si tratta veramente di corrispondenza d' amore e di lamentele da parte dell' amante di un uomo che faceva ancora il galletto e si concedeva altre avventure galanti. Magari saranno state vendute a caro prezzo a qualche collezionista privato miliardario. Ce ne sono tanti, in giro per il mondo".
Il valore commerciale del carteggio e del diario, quindi, potrebbe essere alto. È per questo che il nipote Ferdinando chiede di riaverli ?
"Petacci ha tutto il diritto di rientrarne in possesso, come unico erede vivente. Scaduto il termine dei cinquant' anni di segreto di Stato, se non gli vengono restituiti è un furto".
Ferdinando Petacci aveva soltanto tre anni quando l' auto su cui si trovava assieme alla zia Claretta, al padre Marcello Petacci, alla madre e al fratellino venne bloccata a Dongo, sulla riva del lago di Como, nell' aprile 1945. Suo padre venne fucilato, nonostante avesse dichiarato di essere in contatto con gli inglesi (o forse proprio per questo), la mamma violentata dai partigiani e il fratello non si riprese più dallo choc. Ora vive in Arizona e pretende che i suoi diritti vengano rispettati. Anche quello alla privacy: come si fa, infatti, a opporlo proprio ai parenti più stretti ?
Ma l' Archivio di Stato ha intenzioni differenti: "Quest' anno, trascorsi settant' anni, renderemo consultabili i primi atti del carteggio e del diario, quelli relativi al 1933", annuncia il sovrintendente Fallace. Ed è stato proprio durante una riunione preparatoria per questa pubblicazione che è stato scoperto il furto.
Luciano Garibaldi avverte però: "Già nel 1950, quando i documenti vennero scoperti dai carabinieri sotterrati in un baule nel giardino della villa dei conti Cervis, ai quali Claretta li aveva affidati prima di fuggire da Gardone, qualcuno si premurò di purgarli delle parti più compromettenti. D' altra parte, questo è stato il destino subito da tutti i documenti che potevano provare qualcosa di imbarazzante per gli inglesi. Quelli che Mussolini aveva consegnato al fidato ambasciatore giapponese Shinrokuro Hidaka per esempio: vent' anni fa gliene chiedemmo conto, e lui rispose sibillino di avere consegnato tutto al suo governo. Che naturalmente oppose anch' esso il segreto di Stato. Ugualmente sparite nel nulla sono poi le copie fotografiche che Mussolini consegnava al ministro Carlo Alberto Biggini".
Ma siamo sicuri che esistano le prove dei contatti fra Mussolini e Churchill?
"Non bisogna certo pensare a lettere dirette che iniziavano "Caro Winston" o "Caro Benito", ma sui rapporti tramite emissari nessuno può più dubitare. Pietro Carradori, l' autista del Duce, mi ha rivelato nel ' 94 di averlo trasportato due volte la notte, di nascosto, da Salò a Ponte Tresa al confine con la Svizzera per incontrarli. E anche i partigiani che parteciparono a quelle vicende, ormai anziani, negli anni Novanta hanno cominciato a incrinare il muro di omertà alzato per mezzo secolo: Urbano Lazzaro, il famoso comandante Bill che catturò sia Mussolini che Marcello Petacci, ha scritto due libri. Peccato che l' Istituto Storico della Resistenza di Pavia non permetta ancora l' ascolto delle cassette con la testimonianza di un altro partigiano, ormai deceduto".
Insomma, i misteri sull' oro di Dongo (il tesoro sparito dei gerarchi fascisti) e sulle uccisioni dei partigiani che non accettarono la versione ufficiale continuano. Dureranno ancora per dodici anni, se il governo non si decide a togliere il segreto (che negli Stati Uniti dura solo trent' anni). E forse per sempre, se malauguratamente si verificherà qualche altro strano "furto".
Mauro Suttora
Wednesday, February 05, 2003
parla il nipote di Claretta Petacci
Intervista a Ferdinando Petacci
"Il diario di zia Claretta dirà che fu Churchill a farla uccidere"
ESCLUSIVO Parla l' unico superstite di Dongo
"Lo Stato nasconde i suoi scritti e le lettere a Mussolini", dice Ferdinando (a lato, col nostro cronista) "Quei documenti proveranno gli accordi top secret tra il Duce e il premier inglese che, per evitarne la divulgazione, avrebbe ordinato l' eliminazione di Benito e dell' amante che sapeva"
"Violentarono mia madre e spararono alle spalle a papà"
dal nostro inviato a Phoenix (Arizona) Mauro Suttora
Oggi 5 febbraio 2003
Dopo sessant' anni bisogna venire fino in Arizona, a diecimila chilometri dall'Italia, per sapere qualcosa di più su uno dei grandi misteri del Ventesimo secolo: l'uccisione di Benito Mussolini e dell' amante Claretta Petacci. "Terra di sogni e di chimere" era definito questo Stato americano in una famosa canzone dell' era fascista, il Tango delle capinere. Ma il suo autore, Cesare Andrea Bixio, aveva scelto l' Arizona per far rima con una "chitarra che suona". E oggi arriviamo fra deserti e grand canyon solo perché qui abita l' unico erede vivente dei Petacci: Ferdinando, 61 anni, figlio di Marcello e nipote di Claretta.
C' era anche lui, bimbo di tre anni, sull' Alfa Romeo fermata a Dongo (Como) dai partigiani il 28 aprile 1945, assieme alla zia Claretta, a papà Marcello, alla mamma e al fratellino di cinque anni. Assassinati i primi due, violentata per giorni la madre, bloccato lo sviluppo mentale del fratello (morto poi giovane di cancro) perché aveva assistito alla fucilazione del padre, Ferdinando è il solo sopravvissuto al dramma. "Per decenni non ho voluto sapere nulla di quelle vicende", mi confessa nella hall dell' albergo dove abbiamo appuntamento, "anche se dopo aver perso la nostra casa di Merano mia madre dovette mandarmi in collegio sotto falso nome. Non sono fascista, non lo sono mai stato, mi sono costruito da solo la mia vita e la mia carriera di dirigente industriale. Mi sono sposato e ho avuto due figli che vivono negli Stati Uniti come me.
Poi, con l' età, mi sono reso conto che la nostra famiglia ha subito una grossa ingiustizia. Non c' era alcun motivo di uccidere Clara Petacci, che ebbe l' unico torto di amare un uomo. Non c' era alcun motivo di ammazzare mio padre, che non era un gerarca fascista: lo urlarono i ministri di Salò ai partigiani comunisti mentre li stavano fucilando. Mio padre riuscì a scappare, si tuffò nel lago, ma fu colpito mentre si allontanava. Dopo la morte di zia Miriam, una decina di anni fa, sono subentrato a lei nella richiesta allo Stato italiano di rientrare in possesso dei diari di mia zia e delle sue lettere a Mussolini".
E questo è il motivo per cui siamo qui. Lei si oppone alla pubblicazione di questo carteggio. Come mai?
"Perché lo Stato italiano ha preso in giro noi eredi per oltre mezzo secolo, e ancora adesso non vuole ridarci ciò che è di nostra legittima proprietà. Il diario e le lettere private, infatti, furono affidati da mia zia Clara a una sua cara amica, la contessa Cervis, prima di fuggire dal lago di Garda nell' aprile ' 45: vivevano assieme nel Vittoriale di D' Annunzio. La contessa seppellì il plico nel giardino della sua villa. Claretta, giunta a Milano, preferì restare con Mussolini, rifiutando di scappare in aereo per la Spagna con la sorella Miriam. Ma a lei si raccomandò: "Se mi capitasse qualcosa, i documenti sono lì". A guerra finita Miriam restò in Spagna e i carabinieri sequestrarono il carteggio. Ma qui cominciano i misteri. Perché dall' inventario del sequestro risulta che le lettere di Mussolini e le minute di quelle di mia zia fossero 600, mentre ora sono la metà. Dove sono finite le lettere mancanti ? Perché sono sparite ? Chi le ha prese ? E che cosa c' era scritto di così delicato da rendere necessario un trafugamento ?".
Lei non ha mai potuto neanche visionare il diario e le lettere ?
"No. Dicevano che c' era il segreto di Stato, che in Italia dura cinquant' anni. Ma nel ' 95, alla scadenza del termine, hanno trovato un' altra scusa per mantenere il segreto: Paola Carucci, sovrintendente dell' Archivio centrale dello Stato, mi ha scritto opponendo un fantomatico diritto alla privacy, che scadrebbe dopo settant' anni. Quindi, secondo loro, io dovrei aspettare ancora fino al 2015. Ma non solo io: tutti gli storici sono esclusi dalla consultazione. Perfino al più prestigioso fra loro, Renzo De Felice, è stato negato l' accesso a quelle preziose carte. Prima con la scusa del segreto, poi con quella della privacy. Proprio contro gli unici che potrebbero dolersene, e cioè i legittimi eredi".
La sovrintendente Carucci è stata sostituita cinque mesi fa dal governo Berlusconi.
"Ma anche i nuovi dirigenti mi deludono", dice Petacci, "quando annunciano che lettere e diari verranno pubblicati, senza restituirli ai legittimi proprietari: si tratterebbe di un ulteriore esproprio senza indennizzo ai danni della mia famiglia".
Si può facilmente immaginare il valore storico ma anche commerciale di una pubblicazione di questi documenti. I misteri sulla fine di Mussolini (dal famigerato "oro di Dongo", il tesoro che i gerarchi in fuga portavano con loro e poi scomparso, alla vera identità del colonnello Valerio, il presunto giustiziere del dittatore fascista, fino alle prove dei contatti segreti fra il premier britannico Winston Churchill e Mussolini e all' assassinio di vari testimoni di quelle vicende) hanno sempre messo in imbarazzo gli eredi dei partigiani comunisti che ammazzarono in quattro e quattr' otto l' ex Duce in fuga.
Perché tutta quella fretta di fare giustizia sommaria ? Sull' argomento sono state avanzate le ipotesi più inquietanti, come quelle contenute nei libri dell' ex capo partigiano Urbano Lazzaro (quello che catturò Mussolini) e dello storico Luciano Garibaldi. Quest' ultimo ne dà un panorama completo nella sua opera più recente, La pista inglese (edizioni Ares, 15 e).
Una pista, quella del coinvolgimento dei britannici, a cui crede anche Ferdinando Petacci: "Sono convinto che la decisione di uccidere Mussolini, mia zia e mio padre fu frutto di un accordo fra agenti inglesi e il colonnello Valerio, che secondo Lazzaro era Luigi Longo, numero due del Pci di Palmiro Togliatti e suo successore".
C' è anche chi ipotizza che Valerio, giunto a prendere i prigionieri per portarli a piazzale Loreto, li trovò già cadaveri. E che fu inscenata una macabra doppia fucilazione, perché i comunisti non volevano perdere il merito di avere giustiziato il Duce. Ha qualcosa da aggiungere sulla pista inglese rispetto agli storici ?
"La vicenda della mia famiglia. Mio padre Marcello ci aveva portati in salvo in Svizzera qualche tempo prima, attraversando di notte il confine nella Val d' Intelvi. Eppure ci fece tornare tutti in Italia, me, mia madre, mio fratello, per prendere mia zia Clara. Perché rischiare ? Mio padre non era certo un pazzo. Aveva dato a tutti noi un passaporto spagnolo, lui si faceva passare per un diplomatico di Madrid, e quando l' Alfa Romeo fu fermata dai partigiani soltanto l' intelligenza di Lazzaro, che era un' ex guardia di Finanza, abituato ai controlli di frontiera, gli fece scoprire un' incongruenza fra il passaporto personale di mia madre e quello collettivo. Così ci arrestarono. Altrimenti Clara Petacci si sarebbe salvata: nessuno l' aveva riconosciuta".
Perché Marcello Petacci era così tranquillo ?
"Perché fino alla sera prima aveva trattato a Milano con agenti spagnoli e inglesi. Churchill era ricattabile da Mussolini, col quale aveva condotto trattative segrete per tutto l' anno precedente. Lo statista inglese aveva capito che il pericolo del futuro non era più la Germania, ma l' Unione Sovietica di Stalin. Quindi aveva contattato Mussolini fin dal giugno 1944, subito dopo il successo dello sbarco in Normandia, con due obiettivi. Il primo era quello di una pace separata con l' Italia, che avrebbe permesso di liberare truppe preziose impegnate sul fronte degli Appennini, spostandole su quello francese per arrivare a Berlino prima di Stalin. Il secondo era quello di convincere Hitler, tramite Mussolini, a negoziare un armistizio a Ovest. Così la guerra sarebbe continuata solo fra nazisti e comunisti, sul fronte orientale. Di tutto questo era al corrente non solo mia zia, ma anche mio padre".
Prove?
"Non le deve chiedere a me, ma allo Stato italiano che nasconde da 58 anni il diario privato di Clara Petacci e le lettere Petacci Mussolini. Comunque esistono testimonianze inequivocabili di incontri segreti fra capi fascisti ed emissari inglesi sul lago d' Iseo. E lo stesso duce si recò due volte in auto di notte da Salò a Ponte Tresa, fra Varese e la Svizzera, per incontrare agenti britannici. Lo doveva fare di nascosto, eludendo la "scorta" delle SS. Anche le trascrizioni delle sue telefonate con Hitler dimostrano come cercasse di convincere il Fuehrer a un armistizio non solo sul fronte italiano, ma anche su quello francese. Hitler però non ne volle sapere".
Fra gli occidentali, gli Stati Uniti non erano disposti a un armistizio coi nazisti, né a tradire l' alleato Stalin. Pretendevano la resa di Hitler.
"Infatti. Per questo la posizione di Churchill era delicata. Se Mussolini avesse subito un processo pubblico, avrebbe esibito le prove delle trattative con il capo inglese, mettendolo in imbarazzo. Per questo gli agenti del controspionaggio inglese, ricevuta la notizia della sua cattura sul lago di Como, si attivarono per eliminarlo. E con lui dovettero uccidere mia zia, che era al corrente di tutto. Infatti lei negli ultimi tempi era diventata una sua stretta confidente anche per le vicende politiche: il diario e il carteggio lo dimostreranno. Non c' era alcun' altra ragione per ammazzarla. Né c' era ragione che Churchill si precipitasse sul lago di Como poche settimane dopo, nell' estate 1945, con la scusa di trascorrere le vacanze nella villa di Moltrasio che oggi appartiene ai Versace, a pochi chilometri da Dongo. È provato che il capo inglese incontrò il funzionario della banca dove era stata depositata la borsa di documenti dalla quale Mussolini non si separava mai: "Lì dentro c' è il futuro dell' Italia", si raccomandò il Duce col partigiano che gliela prese. Anche quei documenti sono spariti".
Mauro Suttora
"Il diario di zia Claretta dirà che fu Churchill a farla uccidere"
ESCLUSIVO Parla l' unico superstite di Dongo
"Lo Stato nasconde i suoi scritti e le lettere a Mussolini", dice Ferdinando (a lato, col nostro cronista) "Quei documenti proveranno gli accordi top secret tra il Duce e il premier inglese che, per evitarne la divulgazione, avrebbe ordinato l' eliminazione di Benito e dell' amante che sapeva"
"Violentarono mia madre e spararono alle spalle a papà"
dal nostro inviato a Phoenix (Arizona) Mauro Suttora
Oggi 5 febbraio 2003
Dopo sessant' anni bisogna venire fino in Arizona, a diecimila chilometri dall'Italia, per sapere qualcosa di più su uno dei grandi misteri del Ventesimo secolo: l'uccisione di Benito Mussolini e dell' amante Claretta Petacci. "Terra di sogni e di chimere" era definito questo Stato americano in una famosa canzone dell' era fascista, il Tango delle capinere. Ma il suo autore, Cesare Andrea Bixio, aveva scelto l' Arizona per far rima con una "chitarra che suona". E oggi arriviamo fra deserti e grand canyon solo perché qui abita l' unico erede vivente dei Petacci: Ferdinando, 61 anni, figlio di Marcello e nipote di Claretta.
C' era anche lui, bimbo di tre anni, sull' Alfa Romeo fermata a Dongo (Como) dai partigiani il 28 aprile 1945, assieme alla zia Claretta, a papà Marcello, alla mamma e al fratellino di cinque anni. Assassinati i primi due, violentata per giorni la madre, bloccato lo sviluppo mentale del fratello (morto poi giovane di cancro) perché aveva assistito alla fucilazione del padre, Ferdinando è il solo sopravvissuto al dramma. "Per decenni non ho voluto sapere nulla di quelle vicende", mi confessa nella hall dell' albergo dove abbiamo appuntamento, "anche se dopo aver perso la nostra casa di Merano mia madre dovette mandarmi in collegio sotto falso nome. Non sono fascista, non lo sono mai stato, mi sono costruito da solo la mia vita e la mia carriera di dirigente industriale. Mi sono sposato e ho avuto due figli che vivono negli Stati Uniti come me.
Poi, con l' età, mi sono reso conto che la nostra famiglia ha subito una grossa ingiustizia. Non c' era alcun motivo di uccidere Clara Petacci, che ebbe l' unico torto di amare un uomo. Non c' era alcun motivo di ammazzare mio padre, che non era un gerarca fascista: lo urlarono i ministri di Salò ai partigiani comunisti mentre li stavano fucilando. Mio padre riuscì a scappare, si tuffò nel lago, ma fu colpito mentre si allontanava. Dopo la morte di zia Miriam, una decina di anni fa, sono subentrato a lei nella richiesta allo Stato italiano di rientrare in possesso dei diari di mia zia e delle sue lettere a Mussolini".
E questo è il motivo per cui siamo qui. Lei si oppone alla pubblicazione di questo carteggio. Come mai?
"Perché lo Stato italiano ha preso in giro noi eredi per oltre mezzo secolo, e ancora adesso non vuole ridarci ciò che è di nostra legittima proprietà. Il diario e le lettere private, infatti, furono affidati da mia zia Clara a una sua cara amica, la contessa Cervis, prima di fuggire dal lago di Garda nell' aprile ' 45: vivevano assieme nel Vittoriale di D' Annunzio. La contessa seppellì il plico nel giardino della sua villa. Claretta, giunta a Milano, preferì restare con Mussolini, rifiutando di scappare in aereo per la Spagna con la sorella Miriam. Ma a lei si raccomandò: "Se mi capitasse qualcosa, i documenti sono lì". A guerra finita Miriam restò in Spagna e i carabinieri sequestrarono il carteggio. Ma qui cominciano i misteri. Perché dall' inventario del sequestro risulta che le lettere di Mussolini e le minute di quelle di mia zia fossero 600, mentre ora sono la metà. Dove sono finite le lettere mancanti ? Perché sono sparite ? Chi le ha prese ? E che cosa c' era scritto di così delicato da rendere necessario un trafugamento ?".
Lei non ha mai potuto neanche visionare il diario e le lettere ?
"No. Dicevano che c' era il segreto di Stato, che in Italia dura cinquant' anni. Ma nel ' 95, alla scadenza del termine, hanno trovato un' altra scusa per mantenere il segreto: Paola Carucci, sovrintendente dell' Archivio centrale dello Stato, mi ha scritto opponendo un fantomatico diritto alla privacy, che scadrebbe dopo settant' anni. Quindi, secondo loro, io dovrei aspettare ancora fino al 2015. Ma non solo io: tutti gli storici sono esclusi dalla consultazione. Perfino al più prestigioso fra loro, Renzo De Felice, è stato negato l' accesso a quelle preziose carte. Prima con la scusa del segreto, poi con quella della privacy. Proprio contro gli unici che potrebbero dolersene, e cioè i legittimi eredi".
La sovrintendente Carucci è stata sostituita cinque mesi fa dal governo Berlusconi.
"Ma anche i nuovi dirigenti mi deludono", dice Petacci, "quando annunciano che lettere e diari verranno pubblicati, senza restituirli ai legittimi proprietari: si tratterebbe di un ulteriore esproprio senza indennizzo ai danni della mia famiglia".
Si può facilmente immaginare il valore storico ma anche commerciale di una pubblicazione di questi documenti. I misteri sulla fine di Mussolini (dal famigerato "oro di Dongo", il tesoro che i gerarchi in fuga portavano con loro e poi scomparso, alla vera identità del colonnello Valerio, il presunto giustiziere del dittatore fascista, fino alle prove dei contatti segreti fra il premier britannico Winston Churchill e Mussolini e all' assassinio di vari testimoni di quelle vicende) hanno sempre messo in imbarazzo gli eredi dei partigiani comunisti che ammazzarono in quattro e quattr' otto l' ex Duce in fuga.
Perché tutta quella fretta di fare giustizia sommaria ? Sull' argomento sono state avanzate le ipotesi più inquietanti, come quelle contenute nei libri dell' ex capo partigiano Urbano Lazzaro (quello che catturò Mussolini) e dello storico Luciano Garibaldi. Quest' ultimo ne dà un panorama completo nella sua opera più recente, La pista inglese (edizioni Ares, 15 e).
Una pista, quella del coinvolgimento dei britannici, a cui crede anche Ferdinando Petacci: "Sono convinto che la decisione di uccidere Mussolini, mia zia e mio padre fu frutto di un accordo fra agenti inglesi e il colonnello Valerio, che secondo Lazzaro era Luigi Longo, numero due del Pci di Palmiro Togliatti e suo successore".
C' è anche chi ipotizza che Valerio, giunto a prendere i prigionieri per portarli a piazzale Loreto, li trovò già cadaveri. E che fu inscenata una macabra doppia fucilazione, perché i comunisti non volevano perdere il merito di avere giustiziato il Duce. Ha qualcosa da aggiungere sulla pista inglese rispetto agli storici ?
"La vicenda della mia famiglia. Mio padre Marcello ci aveva portati in salvo in Svizzera qualche tempo prima, attraversando di notte il confine nella Val d' Intelvi. Eppure ci fece tornare tutti in Italia, me, mia madre, mio fratello, per prendere mia zia Clara. Perché rischiare ? Mio padre non era certo un pazzo. Aveva dato a tutti noi un passaporto spagnolo, lui si faceva passare per un diplomatico di Madrid, e quando l' Alfa Romeo fu fermata dai partigiani soltanto l' intelligenza di Lazzaro, che era un' ex guardia di Finanza, abituato ai controlli di frontiera, gli fece scoprire un' incongruenza fra il passaporto personale di mia madre e quello collettivo. Così ci arrestarono. Altrimenti Clara Petacci si sarebbe salvata: nessuno l' aveva riconosciuta".
Perché Marcello Petacci era così tranquillo ?
"Perché fino alla sera prima aveva trattato a Milano con agenti spagnoli e inglesi. Churchill era ricattabile da Mussolini, col quale aveva condotto trattative segrete per tutto l' anno precedente. Lo statista inglese aveva capito che il pericolo del futuro non era più la Germania, ma l' Unione Sovietica di Stalin. Quindi aveva contattato Mussolini fin dal giugno 1944, subito dopo il successo dello sbarco in Normandia, con due obiettivi. Il primo era quello di una pace separata con l' Italia, che avrebbe permesso di liberare truppe preziose impegnate sul fronte degli Appennini, spostandole su quello francese per arrivare a Berlino prima di Stalin. Il secondo era quello di convincere Hitler, tramite Mussolini, a negoziare un armistizio a Ovest. Così la guerra sarebbe continuata solo fra nazisti e comunisti, sul fronte orientale. Di tutto questo era al corrente non solo mia zia, ma anche mio padre".
Prove?
"Non le deve chiedere a me, ma allo Stato italiano che nasconde da 58 anni il diario privato di Clara Petacci e le lettere Petacci Mussolini. Comunque esistono testimonianze inequivocabili di incontri segreti fra capi fascisti ed emissari inglesi sul lago d' Iseo. E lo stesso duce si recò due volte in auto di notte da Salò a Ponte Tresa, fra Varese e la Svizzera, per incontrare agenti britannici. Lo doveva fare di nascosto, eludendo la "scorta" delle SS. Anche le trascrizioni delle sue telefonate con Hitler dimostrano come cercasse di convincere il Fuehrer a un armistizio non solo sul fronte italiano, ma anche su quello francese. Hitler però non ne volle sapere".
Fra gli occidentali, gli Stati Uniti non erano disposti a un armistizio coi nazisti, né a tradire l' alleato Stalin. Pretendevano la resa di Hitler.
"Infatti. Per questo la posizione di Churchill era delicata. Se Mussolini avesse subito un processo pubblico, avrebbe esibito le prove delle trattative con il capo inglese, mettendolo in imbarazzo. Per questo gli agenti del controspionaggio inglese, ricevuta la notizia della sua cattura sul lago di Como, si attivarono per eliminarlo. E con lui dovettero uccidere mia zia, che era al corrente di tutto. Infatti lei negli ultimi tempi era diventata una sua stretta confidente anche per le vicende politiche: il diario e il carteggio lo dimostreranno. Non c' era alcun' altra ragione per ammazzarla. Né c' era ragione che Churchill si precipitasse sul lago di Como poche settimane dopo, nell' estate 1945, con la scusa di trascorrere le vacanze nella villa di Moltrasio che oggi appartiene ai Versace, a pochi chilometri da Dongo. È provato che il capo inglese incontrò il funzionario della banca dove era stata depositata la borsa di documenti dalla quale Mussolini non si separava mai: "Lì dentro c' è il futuro dell' Italia", si raccomandò il Duce col partigiano che gliela prese. Anche quei documenti sono spariti".
Mauro Suttora
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