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Wednesday, March 16, 2011

A volte le monarchie sono preziose

PER LA LIBIA UNA SOLUZIONE SPAGNOLA?

di Mauro Suttora

Oggi, 16 marzo 2011

Nella storia recente ci sono casi di monarchie felicemente restaurate dopo le dittature. La più famosa è quella spagnola. Il dittatore fascista Francisco Franco, che governò dal 1937 fino alla morte al 1975, decise di preparare con molto anticipo una transizione morbida dal suo regime a quello della monarchia parlamentare. Per questo volle accanto a sè il giovane Juan Carlos di Borbone, che allevò come successore. Tutto filò liscio, tranne il farsesco tentativo di golpe del tenente colonnello Antonio Tejero nel 1981, che irruppe nell’aula del Parlamento. Fu ripristinata la democrazia con tutte le libertà fonamentali, e la figura del re servì per placare le paure dei franchisti anche dopo l’arrivo dei socialisti al potere.

C’è poi il caso di re rientrati in patria dopo un lungo esilio vincendo elezioni col proprio partito. È accaduto a Simeone di Bulgaria, sovrano dal 1943 al ‘46, e poi premier dal 2001 al 2005.
Nel caso della Libia, un re senussita servirebbe da figura unificante non solo dal punto di vista politico, per conciliare Tripolitania e Cirenaica, ma anche per ragioni religiose.

Wednesday, December 15, 2010

L'ultima lettera di Benito

MA CHE COSA SI SCRIVEVANO CLARA E IL DITTATORE?

Un libro di Pasquale Chessa e Barbara Raggi

di Mauro Suttora

Oggi, 8 dicembre 2010

È un grande colpo storiografico quello messo a segno da Pasquale Chessa e Barbara Raggi con il libro L’ultima lettera di Benito (ed. Mondadori, € 19,50). A distanza di 65 anni, infatti, vengono pubblicate le 318 lettere che Mussolini scrisse a Clara Petacci fra l’autunno 1943 e l’aprile ‘45, quando entrambi vivevano sul lago di Garda a pochi chilometri l’uno dall’altra: il dittatore a Gargnano (Brescia) nella villa Feltrinelli (oggi hotel posseduto da russi), l’amante a Gardone nella villa Fiordaliso (anch’essa ora albergo di lusso).

Sono i 600 lugubri giorni della repubblica di Salò. Mussolini è in pratica prigioniero dei nazisti e Clara, dopo essere finita in prigione nel ‘43, assurge al rango di sua consigliera anche politica: capeggia una delle fazioni che si fronteggiano fra i collaborazionisti dei tedeschi, e spinge il duce a negare la grazia al genero Galeazzo Ciano: «Per rifare l’Italia ci vuole il sangue dei traditori», gli scrive. Quanto a Edda Mussolini, la definisce «degna compagna delle azioni del marito». I due nutrono ancora la speranza di vincere la guerra grazie alle «armi segrete» di Hitler: lo scrive Benito a Clara nel giugno ‘44, dopo la liberazione di Roma da parte degli alleati.

Quando la fine si avvicina, ecco i progetti (finora sconosciuti) di fuggire all’estero: in Ungheria con l’aiuto del fratello Marcello Petacci, in Svizzera, in Giappone. Nella sua ultima lettera del 18 aprile ‘45 Mussolini scrive a Clara che l’ingrato Francisco Franco rifiuta di ospitarlo in Spagna, dove avrebbe voluto costituire un governo in esilio.

In quello stesso giorno il duce scappa a Milano, e Clara invece di prendere l’ultimo aereo per Barcellona con la famiglia lo segue. Prima, però, fa seppellire i propri diari (pubblicati nel libro Mussolini segreto, ed. Bur Rizzoli, 2010) con il carteggio nel giardino di un’amica. Disobbedisce così a Benito, che voleva distruggere le lettere. Tutto è stato poi trovato nel ‘50 e conservato dall’Archivio centrale dello Stato, garante dell’autenticità.

Mauro Suttora

Monday, December 21, 2009

Il Mattino: Le ossessioni private di Mussolini

Nelle memorie della Petacci, amante del duce, le conferme dei ricordi di Bottai e Ciano. Il dittatore si sfogava contro ebrei e francesi e si vantava del suo petto che piaceva alle donne

di Aurelio Lepre

Il Mattino (Napoli), domenica 20 dicembre 2009

La biografia di un uomo politico, la ricerca delle motivazioni personali che ne determinano l'azione, è tanto più importante quanto più potere ha concentrato nelle sue mani. Per questo motivo, anche i particolari della vita di Mussolini che potrebbero sembrare insignificanti devono essere attentamente studiati. Senza i diari di Bottai e di Ciano la sua personalità non potrebbe essere illuminata a sufficienza: dal loro ravvicinato punto di vista, i due gerarchi del fascismo osservavano Mussolini con notevole perspicuità.

Claretta Petacci, l'amante del duce, non aveva certo le capacità intellettuali di Bottai e di Ciano e il suo diario, di cui viene ora pubblicata una edizione ridotta, è perciò meno interessante dei diari dei due gerarchi. Ma non privo di utilità. Anzitutto per diverse conferme. Alcuni giudizi di Mussolini - per esempio sugli ebrei, sui rapporti con la Chiesa, su Pio XI, su Hitler, sulla Spagna di Franco - che in Ciano e Bottai appaiono più sfumati, perché passati attraverso il filtro di chi sa che un giorno le sue pagine potranno essere lette come un documento storico, nel diario della Petacci risultano molto più forti.

Mussolini s'infuriava leggendo le rassegne della stampa estera e di quella antifascista; si abbandonava a lunghe e minacciose tirate contro gli ebrei, così da sembrarne quasi ossessionato quanto ne era Hitler; esprimeva sul re e su casa Savoia giudizi aspri e sprezzanti.

Quando si metteva in pantofole, Mussolini diventava ancora più battagliero di quando calzava gli stivali. Voleva sterminare tutti gli ebrei, si scagliava con violenza contro gli italiani che nell'Africa orientale convivevano con donne nere: "Questi schifosi di italiani distruggeranno in meno di sette anni un impero. Non hanno coscienza della razza, non hanno dignità".
Tuonava contro i francesi: "Porci schifosi questi francesi, lurida gente, ora si mangiano il fegato dalla bile che io li ho mollati del tutto. Del resto pagano il fio della sterilità voluta dalle loro donne".

In queste pagine c'è, naturalmente, anche un Mussolini diverso, intimo. Si diverte ai film di Stanlio e Ollio, ma non capisce i cartoni animati. Fa l'amante appassionato e qualche volta un po' lamentoso per gelosia (anche se, nello stesso tempo, tradisce la Petacci).

Si preoccupa di come appare al pubblico: "La mia voce era metallica, dura, decisa?"; "È vero che ho una bella bocca? Sai, lo ha detto il dentista a mia moglie, pensa". Un uomo sulla spiaggia gli dice: "Mussolini, tu hai il torso più perfetto di tutta la spiaggia". E lui corregge: "D'Italia". Ma poi ammette: "Le gambe storte mi rovinano".
Per questo, forse. riempie l'Italia dei suoi busti di marmo e si fa filmare a torso nudo mentre trebbia il grano.

La parte del diario che viene ora pubblicata termina il 20 dicembre del 1938. Manca meno di un anno allo scoppio della seconda guerra mondiale, ma non se ne avverte nessun presentimento.

Wednesday, December 02, 2009

El Pais: Mussolini íntimo y despiadado

Los diarios rescatados de la amante, Claretta Petacci, descubren a un Duce racista, cínico y violento - El dictador italiano consideraba a Franco "un idiota"

El Pais

Lucia Magi - Roma - 17/11/2009

"¿Sabes, amor? Anoche en el teatro te desnudé por lo menos tres veces. Te miraba, te quitaba la ropa mentalmente y te deseaba como un loco".
Podría parecer un fragmento de las conversaciones telefónicas interceptadas recientemente entre un ostentoso galán de nombre Silvio Berlusconi y sus jóvenes y bien pagadas acompañantes. El fogoso amante en cuestión es otro político italiano, Benito Mussolini. Estas palabras, que reproducen una apasionada y sensual declaración del dictador fascista, fueron apuntadas en su diario por Claretta Petacci, con la que el Duce engañó a su mujer toda la vida. Era el 5 de enero de 1938. La relación entre la esbelta mujer de pelo azabache y sonrisa ancha y el dictador nació en 1932 y llegó hasta final: los partisanos los ahorcaron codo con codo el 25 de abril de 1945, tras 20 años de régimen.

Durante toda la unión, Claretta plasmó diligentemente sus intimidades de joven mujer y, lo que es más importante, las reveladoras confesiones que pintan a un Mussolini racista, desdeñoso, violento y despiadado, en unos cuadernos, guardados hasta principios de este año en los archivos históricos y protegidos por el secreto de Estado. Este insustituible testimonio de primera mano sobre la vida privada de Mussolini llega mañana a las librerías italianas de mano del periodista Mauro Suttora y bajo el título Mussolini segreto.

"Estudié durante muchos meses más de 2.000 páginas escritas por Claretta, con una grafía estrecha y difícil", cuenta el autor en una conversación telefónica desde Milán. A finales de la guerra de Liberación, cuando la pareja tenía el agua al cuello y tuvo que escapar de Salò, donde se había refugiado tras la caída del Gobierno de Mussolini con la ilusión de resucitar al fascismo, la amante del Duce entregó los diarios a una amiga de confianza. Ésta los escondió y fueron encontrados en 1950.

El libro promete levantar ampollas. No sólo por las audaces fantasías eróticas, bien detalladas. Eso, hoy, en Italia pasaría inadvertido. Lo que "es explosivo" -según el autor- es que las palabras de Claretta destruyen de una vez por todas la imagen de un dictador humano, un afable fascista a escala reducida, una especie de hermano menor y menos despiadado de Hitler, alguien que se vio uncido al carro nazi a su pesar, que aprobó leyes contra los judíos sólo para complacer al aliado alemán, y muy devoto y complaciente con la Iglesia.

Claretta describe en sus diarios un perfil muy distinto del Duce. Muestra a un hombre violento en su pensamiento político y en sus sentimientos, ferozmente antisemita, que reivindica un racismo avant la lettre, furioso con Pío XI, megalómano, que no ahorra su cínica agresividad a nadie y nada. Tampoco a Franco.
Escribe Claretta el 22 de diciembre de 1937: "Ese Franco es un idiota. Cree haber ganado la guerra con una victoria diplomática, porque algunos países le han reconocido, pero tiene al enemigo en casa. Si sólo tuvieran la mitad de la fuerza de los japoneses hubiera acabado todo hace cuatro meses. Son apáticos, indolentes, tienen mucho de los árabes. Hasta 1480 en España dominaron los árabes, ocho siglos de dominación musulmana. Ahí está la razón de por qué comen y duermen tanto".

El 4 de agosto de 1938 Claretta pone en boca del dictador: "Yo era racista ya en 1921, no sé cómo pueden pensar que imito a Hitler si él ni siquiera había nacido. Los italianos tendrían que tener más sentido de la raza, para no crear mestizos, que van a estropear lo bonito que tenemos".
Hacía 20 días había salido el Manifesto della razza, que teorizaba sobre la superioridad de la etnia itálica. Y en contra del papa Pío XI: "Si siguen así los del Vaticano voy a romper todo tipo de relación con ellos. Son unos miserables hipócritas. Prohibí los matrimonios mixtos y ahora el Papa me pide casar a un italiano y una negra. ¡No! ¡Voy a romperles la cara a todos!".

Saturday, November 21, 2009

Il Piccolo (Trieste): Perché Diari segreti?

Perché i diari di Claretta sono rimasti invisibili per oltre sessant'anni?

il Piccolo
pagina 23 sezione Cultura

Trieste, 21 novembre 2009

Per oltre sessant’anni nessuno ha potuto leggerli. Perchè sui diari di Claretta Petacci è stato imposto il segreto di Stato. E adesso? Finalmente il veto è caduto, ma solo per quanto riguarda il periodo che va dal 1932 al 1938. Le altre carte, che raccontano il periodo più difficile (quello delle leggi razziali, dell’entrata in guerra, dell’8 settembre, dell’arresto di Benito Mussolini, della Repubblica di Salò, fino alla morte, rimasta avvolta nel mistero) sono ancora inaccessibili. Su quei diari ha lavorato a lungo Mauro Suttora, giornalista del gruppo Rcs. Che pubblica adesso un’ampia selezione dei documenti nel libro Claretta Petacci ”Mussolini segreto” (Rizzoli, pagg. 533, euro 21).

A invogliare alla lettura, se ce ne fosse bisogno, è la prefazione scritta da Ferdinando Petacci, nipote dell’amante del Duce, che vive da tempo in Arizona. Da bambino, quando aveva tre anni e mezzo, si ritrovò a viaggiare nel piccolo corteo di macchine che il 27 aprile del 1945 portò il capo del fascismo e la sua amante dritti verso la morte. Da allora si è sempre chiesto: perché lo Stato italiano ha fatto scendere il silenzio sulle carte di sua zia? Claretta Petacci era solo un’amante o una spia degli inglesi? O, addirittura, insieme al fratello Marcello «collaborarono con Mussolini per arrivare a una pace separata con l’Inghilterra»? La merce di scambio sarebbe stato il carteggio tra il Duce e Winston Churchill, «molto compromettente per il premier britannico».

Insomma, dopo una prefazione del genere, inutile negare che viene voglia di lanciarsi alla disperata a leggere i diari di Claretta. Che, purtroppo, deluderanno il lettore fin dalle prime pagine. Che cosa emerge da questa carte? Una marea di promesse d’amore fatte da un uomo profondamente infedele, una sorta di ”serial lover”, alla sua giovanissima, gelosissima amante. E poi il ritratto di un uomo, Mussolini, che pensa soprattutto ad apparire forte, virile, che è terrorizzato dal fatto di invecchiare e parla spesso della morte. E che non evita gli scivolini nel ridicolo. Come quando lamenta i dolori dell’ulcera provocati dal polverone che si è alzato attorno all’omicidio di Matteotti. O come quando frigna che gli stivaloni, indossati per avere un aspetto più virile, lo fanno soffrire molto.

Nei diari di Claretta, i grandi eventi del ’900 passano in secondo piano rispetto alla girandola di amanti di Mussolini e alla gelosia ossessiva della Petacci. Il Duce le racconta di alcuni imbarazzanti incontri con la principessa Maria José, che si distendeva mezza nuda vicino a lui sulla spiaggia quasi a volersi offrire. Sparla spesso e volentieri di donna Rachele, la moglie: «Una contadina». Spara a zero sugli antifascisti, se la prende con Franco che tentenna in Spagna, manda insulti e maledizioni agli ebrei. Si mostra amico di Hitler, anche se lo teme profondamente. Ma, soprattutto, tempesta di telefonate la sua Claretta. A ogni ora del giorno, della notte. Per prometterle che non la tradirà più. Anche se sa benissimo che, quando gli arriverà la prima donna disponibile, la tradirà di nuovo. ( a.m.l.)

Tuesday, November 17, 2009

commento di Giordano Bruno Guerri

Errori, vanterie, esagerazioni: sono carte da valutare con attenzione

Il Giornale, martedì 17 novembre 2009

di Giordano Bruno Guerri

Ecco dunque i diari di Claretta Petacci, che tanti aspettavano come possibile fonte di chi sa quali rivelazioni, di chi sa quale Mussolini diverso da quello che già conosciamo. C’è chi giura sulla loro autenticità, ma è pur vero che sono arrivati all’Archivio centrale dello Stato dopo un lungo e tortuoso percorso. Come tutti i diari, d’altra parte, potrebbero essere autentici ma manipolati dalla stessa autrice, contemporaneamente o successivamente ai fatti. Certo, potrebbero essere anche genuini, ma questo non garantisce affatto la loro validità e importanza storiografica.

Per esempio, già alla seconda annotazione pubblicata in questa pagina, quella del 2 settembre 1938, si dà una notizia clamorosamente, indubitabilmente falsa. «Ben» avrebbe detto a Claretta: «Ti dà l’idea del mio razzismo il fatto che nel 1929, all’inaugurazione dell’Accademia, dichiarai che mai e poi mai si sarebbe fatto un accademico ebreo». È vero che il duce non nominò mai accademici di razza ebraica, ma il discorso inaugurale dell’Accademia d'Italia - tenuto il 28 ottobre del 1929 - venne pubblicato già il giorno dopo e non fa il minimo accenno alle razze né, tanto meno, agli ebrei. Al contrario, contiene un passaggio di apertura a tutte le energie intellettuali: «L’importanza di un’Accademia nella vita di un popolo può essere immensa, specialmente se essa convogli tutte le energie, le scopra, le disciplini, le elevi a dignità».

Anche se è indubbio che le leggi e le persecuzioni razziali ci siano state, per esplicita volontà di Mussolini, in nessun’altra testimonianza si trovano, da parte del duce, parole tanto cariche di odio verso gli ebrei: in toni e quantità talmente eccessivi da far sospettare che Claretta volesse accreditarsi come protettrice illuminata dei perseguitati. Infatti leggiamo, il 4 agosto 1938, una frase che le avrebbe detto Mussolini: «Tu non sei mai stata antisemita. Anzi, abbiamo avuto delle discussioni perché li hai difesi dicendo: “Poveretti, lasciali vivere, che colpa ne hanno di essere ebrei”». Strano davvero. Mussolini era del parere che le donne non dovessero occuparsi di politica: mentre in questo diario i discorsi politici, virgolettati quasi più da stenografa che da amante, sono lunghi, spesso troppo lunghi.

In attesa delle verifiche, delle collazioni e dei controlli accuratissimi che si devono svolgere su questo tipo di opere, le prime due domande cui si può rispondere sono: il diario, contiene novità storiografiche importanti? No, non le contiene.

La risposta alla seconda domanda - il Mussolini che ne esce, è diverso da quello noto? - deve essere più sfumata. Nella sostanza, tutto corrisponde. I giudizi livorosi verso inglesi e francesi (per non dire quelli sugli italiani); il rispetto verso i tedeschi, accresciuto (almeno fino al 1939) dall’ammirazione che gli manifestavano; la scarsissima considerazione verso altri capi politici, Franco, Schuschnigg, Eden, Blum; la disistima per i gerarchi fascisti; la convinzione della necessità delle guerre; la passione per i filmetti comici; l’odio purissimo verso la borghesia e l’uggia che gli procura la famiglia, in particolare la moglie Rachele.

Tutto vero, tutto giusto, ma espresso in un modo così enfatico, eccessivo, esagerato, da suscitare un sospetto, anche escludendo il falso puro e semplice: che l’autore del falso sia stato lo stesso Mussolini, enfatizzando e esagerando le proprie posizioni, decisioni, idee.

Benito non aveva alcun bisogno di sedurre Claretta, innamorata persa di lui fin da quando era ragazzina. Però sembra voler alimentare quell’adorazione - più per compiacere lei che se stesso - portando tutto oltre misura: per esempio, quando racconta dell’ambasciatore cinese che gli chiede disperatamente aiuto contro i giapponesi, come se davvero Mussolini potesse qualcosa in quella guerra. Per non dire delle vanterie amorose: «C'è stato un periodo che avevo quattordici donne, e ne prendevo tre-quattro per sera, una dopo l’altra». Niente di strano per un uomo - sia pure duce - di 56 anni con un’amante di 25.