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Wednesday, February 03, 2010

Berlusconi e Craxi a Portofino

SILVIO APPRENDISTA DA BETTINO

Oggi, 25 gennaio 2010

«Ricordo bene quella giornata. Era un sabato di giugno 1988 e con mio padre stavamo tornando da Bologna a Milano. Ci chiamò Berlusconi e ci invitò a Portofino. Così con l’aereo atterrammo a Genova invece che a Milano. Fu una serata piacevolissima, tutta fra uomini. Non c’erano né mia madre, né mia sorella né Veronica, che di solito partecipavano agli incontri di famiglia. Berlusconi ci ospitò nella sua villa e mio padre ripartì la mattina dopo perché aveva un impegno. Io invece tornai a Milano con i Berlusconi».

Abbiamo chiesto a Bobo Craxi di commentare e situare le foto esclusive di queste pagine. Che descrivono bene l’atmosfera dei festosi anni Ottanta, quando tutto sembrava facile e il successo arrideva ai socialisti.
Oggi, nel decennale della morte di Craxi, metà Italia lo condanna come «latitante pregiudicato», mentre l’altra metà vorrebbe riabilitarlo come statista, intestandogli una strada. «Fu un protagonista della storia della Repubblica», ha commentato Berlusconi, «ed era mio amico».

All’apogeo del potere

Craxi era diventato presidente del Consiglio nel 1983, suscitando grandi speranze: per la prima volta un uomo di sinistra a capo del governo, dopo vent’anni di democristiani a guidare le coalizioni di centrosinistra. Sandro Pertini primo presidente della Repubblica nel 1978, Giovanni Spadolini primo premier laico tre anni dopo.
Infine Craxi. Che nell’87, dopo quattro anni di governo, deve cederlo ai democristiani in nome della «staffetta»: prima a Fanfani, poi a Goria, infine all’arcinemico Ciriaco de Mita. Ma Bettino continuava a essere l’uomo politico più importante e riverito d’Italia. Nonché detestato, dalle opposizioni.

Alla sua ombra, stava crescendo un certo Silvio Berlusconi. Imprenditore di successo, ma anche debitore di favori da parte del Psi. Se nel 1984 Craxi in persona non lo avesse salvato con un decreto d’urgenza, le sue tre televisioni sarebbero state oscurate dai pretori. La legge italiana, infatti, a quel tempo non permetteva la trasmissione in contemporanea di segnali tv su tutto il territorio nazionale da parte di privati.

Amici di famiglia

«Con Berlusconi eravamo amici di famiglia», ricorda Bobo. «Ci si vedeva a Milano e io ero amico di Dudi [Pier Silvio, ndr], anche se la differenza di età non ci permetteva di avere interessi in comune. Più che altro l’amicizia era cementata dalla comune fede milanista: in seguito Berlusconi mi fece entrare nel consiglio d’amministrazione del Milan. Ci vedevamo allo stadio, quindi, e spesso nelle trasferte del Milan in Coppa dei Campioni. Era lo squadrone di Sacchi e Gullit, ricordo la prima volta che lo seguimmo in una partita internazionale. Eravamo andati a Gijon, nelle Asturie».

E a Portofino le famiglie Craxi e Berlusconi non si frequentavano?
«No, che io ricordi quella fu la prima sera assieme. Noi, quando andavamo a Portofino, di solito eravamo ospiti della famiglia Recchi. Berlusconi invece a quell’epoca aveva una villa diversa dall’attuale, piuttosto scomoda da raggiungere perché ci si approdava solo in barca. Poi l’ha venduta agli stilisti Dolce e Gabbana. Ricordo che quella sera fu abbastanza complicato tornare a casa, imbarcandoci di notte dopo la cena».

Scena della classica «schitarrata», il ristorante più classico di Portofino: Puny, il locale di Luigi Miroli nella piazzetta centrale. Adesso Puny è in chiusura invernale, ma Miroli da casa sua ricorda quei tempi: «Ero onorato di avere spesso fra i miei ospiti sia Craxi, sia Berlusconi. Ma forse quella fu la prima sera che fecero tavolata assieme».

Ugole socialiste

Il nome del chitarrista, l’Apicella di allora, non se lo ricorda più nessuno. «Ma ho bene in mente il repertorio», dice Bobo, «perché era quello per cui andavano pazzi sia Berlusconi, sia mio padre: Yves Montand, Henri Salvador, Charles Trenet, e qualsiasi nota che profumasse di Francia anni Cinquanta».

Craxi non cantava, ma amava circondarsi di cantanti: alla corte del Garofano non mancavano le serate all’insegna dell’ugola, fosse quella di Caterina Caselli o di Tony Renis. E in questo mondo conviviale e festaiolo Berlusconi ci sguazzava felice, potendo stare al centro dell’attenzione grazie alle proprie doti canore.

Amicizia a parte, sul rapporto Craxi-Berlusconi sono stati scritti libri. In queste foto, specialmente in quella in cui Silvio si tiene a rispettosa distanza da Craxi padre e figlio che posano assieme, si intuisce il senso di gratitudine e di deferenza che l’attuale premier aveva per il capo socialista. Probabilmente l’unico uomo politico di professione che lui, imprenditore brianzolo, non solo riusciva a sopportare, ma ammirava sinceramente.

«Eppure venivano da mondi totalmente diversi», commenta Bobo. «Mio padre era un politico di razza, dotato di profonda cultura storica e democratica. Era il classico figlio dei partiti e del partito. Berlusconi, al contrario, era un self made man. L’unico tratto comune che vedo fra i due, in politica, è che Berlusconi ha perfezionato il modello di “leader carismatico” iniziato da mio padre. Ma per il resto, considerarlo l’erede di Craxi non mi pare corretto. Berlusconi ha ereditato più Dc che Psi. La maggioranza dei socialisti, infatti, non è entrata in Forza Italia».
In queste foto, però, c’è l’idea di un Berlusconi «apprendista» di Craxi. E che cinque anni più tardi, alla caduta rovinosa del Psi e di mezza Dc, ne colmerà il vuoto.

Litigata sulla droga

Fra i personaggi di quella stagione a Portofino appare anche Francesco Cardella, fondatore di una comunità per il recupero di tossicodipendenti a Trapani. «Proprio la droga in quel periodo mi fece litigare con mio padre», ricorda Bobo, «perché io non condivisi la linea dura adottata dal Psi nell’88. Lui si arrabbiò molto con me, ma io lo avvertii che ci stavamo allontanando dai giovani». Si allontanava anche la stagione del «movimentismo» Psi con i radicali, che aveva portato al referendum contro il nucleare l’anno precedente. Craxi non era più capo del governo e aveva rifiutato di abbassarsi a diventare ministro in quelli di Goria e De Mita. Ma rimaneva più in sella che mai, e quando De Mita cadde promosse l’alleanza del Caf (Craxi-Andreotti-Forlani), che guidò l’Italia per un quadriennio. Fino al crollo di Tangentopoli. Che fece improvvisamente ingiallire tutte queste foto.
Mauro Suttora