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Wednesday, November 17, 2021

Nessun segnale di speranza per i diritti civili a Cuba

“Inutile girarci attorno: abbiamo perso" è lo sconsolato messaggio di un dissidente


di Mauro Suttora

HuffPost, 17 novembre 2021


“Inutile girarci attorno: abbiamo perso. Molti di noi non sono riusciti neanche a uscire di casa. Altri che manifestazione! Siamo demoralizzati. Ci vorranno mesi prima di riuscire a organizzare un’altra protesta. Forse anni”. Da Cuba arriva sconsolato il messaggio di un dissidente. I cortei pacifici che lunedì avrebbero dovuto replicare dopo quattro mesi il sollevamento spontaneo di luglio sono falliti.

Il nuovo presidente Miguel Diaz-Canel, che da aprile ha rimpiazzato Raul Castro, fratello di Fidel, ha per ora sgominato la resistenza nata dalla crisi economica e dall’assenza di libertà. Ormai manca il cibo, l’elettricità va e viene con blackout di ore, i turisti sono spariti e pochi torneranno questo inverno come tutti speravano, perché la quarta ondata del virus in Europa rallenta le prenotazioni.

Perfino la sanità è crollata davanti al covid: ora la curva si è abbassata, ma fino a metà settembre i morti rasentavano i cento al giorno. Che per un Paese di undici milioni di abitanti equivalgono a 600 in Italia.

La mobilitazione nazionale era stata annunciata pubblicamente dagli oppositori con largo anticipo, cosicché il regime ha avuto il tempo per prepararsi, dispiegando tutta la forza dell’apparato repressivo collaudato in 63 anni di dittatura. I dissidenti più noti come Saily Gonzalez Velazquez sono stati bloccati in casa già il giorno prima. Yunior Garcia non ha potuto neanche affacciarsi alla finestra: i vicini ‘patrioti’ del piano di sopra gliel’hanno oscurata srotolando una grande bandiera cubana. 

Soltanto una dozzina gli arrestati, fra cui Agustin Figueroa Galindo del blog Primavera Digital e Berta Soler Fernandez, leader delle Damas de Blanco, mogli e figlie di prigionieri politici. Di bianco avrebbero dovuto vestirsi i manifestanti lunedì, scendendo nelle strade. Che invece si sono riempite di agenti in borghese e militanti del partito comunista, che a Cuba conta un milione di iscritti. Così gli oppositori hanno mestamente ripiegato su un video online in cui mostrano lenzuola bianche, e su pentole con cui battere ogni sera alle nove.

“I delatori hanno fatto il loro mestiere, e hanno spifferato i nostri piani alla polizia”, si lamenta il dissidente. “Sapevano tutto di noi: orari, punti di incontro, indirizzi dei coordinatori all’Avana e nelle altre città. Non possiamo fidarci di nessuno, le spie sono dappertutto. Possono essere i nostri amici, parenti, vicini di casa. Ormai, per essere sicuri di non essere intercettati, dobbiamo mandare i bambini a consegnare messaggi. Siamo tornati indietro di un secolo, a prima del telefono. Altro che internet e chat. Perfino se ci parliamo di persona siamo ascoltati da microspie, in casa o nei bar, e dai radar dei poliziotti all’aria aperta”.

Quindi l’unica vostra arma resta la sorpresa. “Sì, come a luglio. Ma in quel caso perdiamo il controllo, c’è violenza, gruppi di vandali si scatenano e danno la scusa ai poliziotti di intervenire con durezza. Invece ci sono due cose su cui tutti i movimenti riuniti nella piattaforma Archipielago concordano: vogliamo manifestazioni pacifiche, e niente aiuti dall’estero. Cioè dai fuoriusciti cubani in Florida: fra loro ci sono troppi fascisti”.

Chi può, scappa. Un mese fa nove giocatori di baseball cubani hanno chiesto asilo politico in Messico durante la Coppa del Mondo under 23. Sono però ancora mezzo migliaio gli incarcerati dopo i disordini dell′11 luglio. Alcuni di loro sono stati processati e colpiti con sentenze devastanti: anche trent’anni di carcere per avere sfidato la quiete del regime.

Insomma, non c’è alcun segnale di speranza per i diritti civili a Cuba. Il governo riesce a censurare perfino la parola ‘libertad’ quando appare nei messaggi delle chat, in una continua lotta fra aperture e chiusure di gruppi WhatsApp, Telegram e Facebook. Ma tutti i provider hanno l’obbligo di segnalare ogni “attività controrivoluzionaria”.

Dal Venezuela alla Cina, dalla Corea del Nord alla Birmania, dal Vietnam all’Arabia Saudita, le dittature sembrano controllare la situazione in questi ultimi anni. Anche perché quando i dittatori cadono, come Saddam e Gheddafi, non sempre il risultato è positivo in termini di ordine pubblico e sicurezza. E Cuba non fa eccezione a questa tendenza mondiale.

Mauro Suttora 

Wednesday, July 14, 2021

A Cuba mancano polli e uova. E da 62 anni la libertà

Se gli Usa togliessero l'embargo andrebbe un po' meglio. Ma la dittatura resterebbe

di Mauro Suttora

HuffPost

, 14 luglio 2021

È colpa degli Stati Uniti. No, di Obama che non ha tolto tutto l’embargo. No, di Trump che lo ha inasprito. No, di Biden che non ha tolto gli inasprimenti di Trump. Macché, i cubani si rivoltano perché la pandemia ha fatto sparire i turisti, principale fonte di reddito.

È buffo leggere le spiegazioni sulle proteste a Cuba. Di solito manca sempre una parola. Una parolina semplice, antica, tremenda: dittatura.

Da 62 anni nella maggiore isola caraibica non c’è libertà. Ma poiché la libertà non si mangia, i nostalgici del comunismo sono convinti che i cubani scendano in piazza perché invece mancano polli, uova ed elettricità.

Il che è vero. Ed è anche vero che se gli Usa togliessero l’embargo l’economia andrebbe meglio. Ma Cuba resterebbe una dittatura. E peggio di una dittatura c’è soltanto una dittatura ereditaria. Come quella dei Duvalier haitiani o dei Kim coreani.

I fratelli Castro cubani dimostrano che il potere assoluto allunga la vita. Fidel è morto a 90 anni, Raul li ha compiuti un mese fa. Ma ad aprile ha compiuto un errore imperdonabile: ha passato lo scettro di segretario del partito comunista a Miguel Diaz.

Perché un errore? Perché peggio di una dittatura ereditaria c’è solo una dittatura senza dittatori. Miguel non ha carisma, e un Paese che ha prodotto il più grande mito del ’900, il comandante Che Guevara, non può essere comandato da un burocrate poliziesco laureato in ingegneria elettronica.

Il quale l’altro ieri ha compiuto il secondo errore. Invece di rispondere ai giovani rivoltosi “Avete ragione, vi daremo più polli, più uova, meno controlli su internet e più visti per gli Usa”, ha detto: “Cari giovani libertari, ora arrivano i miei squadristi in borghese, i guardiani della rivoluzione cubana invece che iraniana, e vi menano”.

Può anche darsi che ce la faccia. In Venezuela Maduro è da anni sull’orlo del crollo, la fame è la stessa, ma i suoi poliziotti, militari e manganellatori fanno il loro mestiere.

Il mestiere più difficile è però quello di presidente degli Stati Uniti. Il gigante che sta a cento miglia da quella grande prigione a cielo aperto che è Cuba, la quale a sua volta contiene la piccola prigione Usa di Guantanamo.

Le hanno tentate tutte. Il volenteroso Obama ha tolto metà embargo, ha ‘aperto’ alla dittatura, ha portato quasi un milione di ricchi turisti Usa di nuovo a Cuba in crociera, e i cubani con i dollari hanno comprato tanti polli e uova. Ma niente libertà: sempre divise, soldati, burocrati, partito unico, carcere per artisti, intellettuali, dissidenti. Per i gay un po’ meglio, ma guardate il film ‘Prima che sia notte’ di Julian Schnabel.

Il sesso a pagamento sul Malecon ora è per ogni gusto. Gli ultimi difensori del castrismo, attestati sull’obiezione multiuso “E allora Batista?” (invece delle foibe), sanno bene che ai tempi del precedente dittatore filo-Usa, nel 1958, il numero delle prostitute cubane equivaleva all’attuale. Stessa fame.

Il povero Obama era anche andato a Cuba, come il papa, gli Stones e Madonna. Niente da fare, non hanno innescato alcuna glasnost e perestroika cubana. Permessa solo la piccola proprietà privata di ristoranti e b&b.

Poi Trump, per ringraziare i fascisti cubani in esilio che lo fecero vincere in Florida, ripristinò le chiusure, compresa quella delle preziose rimesse dall’estero (stipendio medio cubano: 80€).

Ora Biden è indeciso fra carota e bastone. Da 60 anni il regime cubano dà la colpa del proprio disastro all’embargo Usa. Togliere l’alibi può servire?

Da noi gli illusi del ‘socialismo tropicale’ sono pari ai delusi. Commovente l’anno scorso l’ingenuità con cui abbiamo accolto a Crema i 50 medici e infermieri spediti dalla propaganda cubana ad “aiutarci”. Fingendo di non sapere che i due terzi dei loro stipendi portavano valuta al governo.

Ora scopriamo che l’“ottima” sanità dell’Avana ha vaccinato solo il 15%, e che il virus impazza. L′11 luglio Cuba ha avuto 6.923 nuovi casi e 47 morti. Anche le terapie intensive sono più delle nostre.

Ma è da trent’anni, dal crollo dell’Urss, che il regime cubano è in rianimazione. Magari adesso, dopo i fratelli sovietici e venezuelani, arriverà la falce e martello dei cinesi con nuove bombole di ossigeno.

Mauro Suttora 

Wednesday, October 07, 2015

Ciclone Francesco

IL VIAGGIO DEL PONTEFICE NEGLI STATI UNITI 

Ecco perché le parole del Papa hanno emozionato tutti gli americani       

Pena di morte, vendita delle armi, inquinamento, immigrati: mai nella storia un capo della cristianità aveva colpito così duro. «Ma ho ricordato solo quel che dice il vangelo»

di Mauro Suttora 

Washington, 30 settembre 2015

Un trionfo. A mezzo secolo esatto dalla prima visita di un Papa all’Onu e in America (Paolo VI, 4 ottobre 1965), Papa Francesco ha ottenuto applausi ovunque. Nei nove giorni del suo viaggio a Cuba e negli Stati Uniti ha mosso folle, scosso la coscienza di milioni di fedeli, pronunciato frasi storiche.

«Non si servono le ideologie, ma le persone», ha detto a Cuba, che ha avviato la normalizzazione con gli Stati Uniti dopo 55 anni di tensione, ma resta un Paese comunista. Accusato di essere stato troppo tenero con i fratelli Fidel e Raul Castro, tuttora padroni di Cuba, Bergoglio ha detto: «Io predico il Vangelo. Se i comunisti dicono le stesse cose, sono loro che adottano il Vangelo».

«Armi vendute per soldi pieni di sangue»
Paolo VI implorò genericamente le Nazioni Unite: «Mai più la guerra!». Francesco invece ha accusato la prima superpotenza mondiale direttamente nel Congresso di Washington, dove nessun Papa era mai stato invitato, davanti a tutti i senatori e deputati degli Stati Uniti in seduta congiunta: «Perché vengono vendute armi letali a coloro che provocano sofferenze incredibili? Semplicemente per soldi, soldi che sono inzuppati nel sangue, spesso sangue innocente. Il silenzio è vergognoso e colpevole, abbiamo il dovere di fermare il commercio di armi».
Bergoglio condanna non solo i traffici internazionali, ma anche la vendita individuale di fucili e pistole, che in America è libera. E infatti il giorno dopo John Boehner, presidente repubblicano cattolico della Camera, artefice della storica visita del pontefice, si è dimesso in polemica con la destra del proprio partito.

«Difendiamo la vita umana a ogni stadio del suo sviluppo», ha poi esortato il Papa. E gli antiabortisti hanno applaudito. Ma subito dopo Bergoglio ha chiesto l’abolizione della pena di morte, proprio «perché la vita è sacra». Argomento controverso, in un Paese che in maggioranza è favorevole alla pena capitale.

Poi sono arrivate le mazzate sull’inquinamento: «È il momento di azioni coraggiose per contrastare i gravi effetti del degrado ambientale causati dall’attività umana». 

Parole che suonano banali per noi europei, ma che negli Stati Uniti suscitano divisione. Infatti la destra repubblicana (che ha la maggioranza in Congresso, contro il presidente Barack Obama) fa fatica perfino a riconoscere che le emissioni di anidride carbonica provocano riscaldamento globale e cambio climatico.

Ecco infine un tema bruciante anche nel nostro continente, gli immigrati: «Non devono spaventarci i loro numeri, dobbiamo guardarli come persone, osservare i loro volti, ascoltare le loro storie».

«Sono anch’io figlio di immigrati (italiani)»
E qui il Papa parla anche delle proprie origini italiane: «Ve lo dico da figlio di immigrati, sapendo che molti di voi discendono da immigrati. Migliaia di persone continuano a viaggiare verso nord in cerca di una vita migliore. Non è quello che vogliamo noi stessi?»

Per capire quanto sia stato rivoluzionario papa Francesco nella sua visita americana bisogna tener presente che la Chiesa cattolica degli Stati Uniti è potentissima e ricchissima. Soltanto il 20 per cento degli statunitensi la segue, ma nel Vaticano continua a essere la prima contribuente come finanziamenti. Non è un caso che il cardinale Marcinkus, capo della banca Ior, fosse americano.

Qui i cattolici sono sempre stati divisi: da una parte i conservatori, figli dei primi immigrati italiani e irlandesi, dall’altra i progressisti ispanici. Il papa ha dato una potente sterzata in favore di questi ultimi, meno vicini al potere e più attenti ai problemi sociali.

Mauro Suttora 

Tuesday, January 05, 2010

Fidel e Gheddafi, dittatori eterni

La revolucion cubana compie 51 anni. Ma anche il despota libico scala la classifica

di Mauro Suttora

Libero, 2 gennaio 2010

A Capodanno la revolucion cubana compie 51 anni, e Fidel Castro consolida la sua posizione in testa alla classifica dei dittatori più longevi del mondo. Certo, da due anni ha lasciato il potere al fratello Raul. Dispotismi dinastici, come nella Corea del Nord dei Kim padre e figlio, o nell’autoritaria Singapore. Ma Fidel è ancora presidente del partito comunista, e a 84 anni continua la sua serena vecchiaia, anche se qualche perfido lo chiama «coma andante». Spirerà tranquillo nel proprio letto. Come tutti i tiranni moderni tranne Hitler, Mussolini, Saddam Hussein e Ceausescu (eliminati dopo la sconfitta, però). Insomma, di tirannicidi nel mondo moderno neanche l’ombra.

Il 67enne Muammar Gheddafi, che imperversa in Libia da ben quattro decenni, è lanciatissimo in classifica: ha appena scavalcato l’albanese Hoxha e fra due anni supererà Bongo del Gabon, morto di tumore a giugno. Meglio di lui solo il sultano del Brunei, l’uomo più ricco del mondo che promette di durare a lungo, visto che ha 63 anni.

Dopo il crollo del comunismo nel 1989 sembrava che per gli stati totalitari di ogni colore i giorni fossero contati. Invece oggi non solo Amnesty International registra ben 80 dittature nel mondo (su 192 stati membri dell’Onu), ma la professione di tiranno resta una delle più sicure e fruttuose. Anche quando si viene cacciati e spediti in esilio. È capitato ai peggiori: Bokassa, Idi Amin, Pol Pot. Per non parlare di Stalin, Mao o Franco, accuditi e riveriti fino all’ultimo respiro.

Le dittature più coriacee rimangono quelle comuniste. La Cina ha appena condannato il dissidente Liu Xiaobo a undici anni per un semplice reato d’opinione. Vietnam e Laos, come Cuba, sono ancora oppressi da falce e martello. Ed è difficile definire ideologicamente i generali birmani che tengono prigioniera la Nobel della Pace Aung San Suu Kyi da vent’anni, quando vinse le elezioni. Però stanno in piedi grazie all’appoggio della Cina.

E pensare che quella del «dittatore» è un’invenzione italiana: sia 2.500 anni fa, sia con Mussolini che ha riproposto il duce contemporaneo. Aristotele individuò tre tipi di tiranno: il demagogo che esercita il potere in nome degli umili, l’eletto legittimamente che poi si avvinghia alla poltrona, e il monarca degenerato che aumenta i privilegi dei ricchi. Nel primo caso si può individuare il prototipo del moderno dittatore di sinistra (Lenin, Mao, oggi il venezuelano Chavez), nel secondo quello di destra (Mussolini, Hitler), e nell’ultimo figure come lo scià di Persia Reza Pahlevi (ottavo nella nostra classifica). Dove situare l’iraniano Ahmadinejad è più complicato: despota laico per conto di una teocrazia collettiva.

Non sempre la parola ‘dittatore’ ha avuto connotati negativi. Garibaldi, per esempio, nel 1860 di proclamò tale dopo aver conquistato le Due Sicilie, e mezza Italia applaudì. Ma anche oggi in alcuni ambienti desiderosi di «stabilità» (nonché di treni puntuali) risultano appetibili figure come quella del tiranno soft di Singapore Lee Kuan Yew e di suo figlio, celebrati perfino da Fareed Zakaria, direttore del settimanale americano Newsweek. Viceversa, secondo Freedom House le otto dittature peggiori sono: Birmania, Corea del Nord, Cuba, Libia, Somalia, Sudan, Turkmenistan e Uzbekistan.

«D’altra parte, due Paesi su cinque nel Consiglio di sicurezza dell’Onu – quello più vasto e quello più popolato, Russia e Cina – sono dittature, o almeno regimi autoritari», conclude sconsolato il professor Larry Diamond dell’università di Stanford (California). «E bloccano col veto quasi tutte le proposte di condanna per violazioni di diritti umani da parte delle Nazioni Unite». Tranquilli, quindi, comandante Fidel e colonnello Muammar: lunga vita a voi e ai vostri simili.

Tuesday, January 08, 2002

Dittatori

LIBERTARIA
trimestrale anarchico
diretto da Luciano Lanza

2002

Dove sono finiti gli anarchici di una volta? Quelli che praticavano il tirannicidio, e che fino a un secolo fa non si facevano troppi problemi nell’infliggere un castigo ritenuto legittimo non solo dagli antichi filosofi greci (i quali giustificavano l’eliminazione violenta dei satrapi), ma perfino dalla Chiesa cattolica?

La classifica che pubblichiamo è desolante. I dittatori del XX secolo (giustamente definito «secolo delle dittature») hanno goduto di vita lunga, sono quasi tutti morti nel proprio letto, e i pochissimi che ci hanno rimesso la pelle sono stati giustiziati solo dopo aver perso il potere (Mussolini, Ceausescu). L’ultrasettuagenario Fidel Castro (soprannominato ormai «Coma andante») si avvia a conquistare il primo posto in questa graduatoria di durata: ancora sei anni, e toglierà a Kim Il Sung lo scettro di tiranno al potere più longevo del mondo. Anche per lui, d’altronde, si intravede una successione in famiglia: gli subentrerà il fratello Raul, così come ai nordcoreani è toccato il figlio di Kim. Insomma, sembra proprio che per i dittatori il potere assoluto rappresenti il miglior elisir di lunga vita..

Attenzione: questa classifica prescinde totalmente dal grado di crudeltà dei singoli regimi. Anzi, quelli che sono correntemente considerati come i tiranni più sanguinari sono addirittura fuori lista: Hitler durò «soltanto» 12 anni, il centrafricano Jean-Bedel Bokassa 14 (dal 1965 al ‘79), Idi Amin Dada oppresse l’Uganda dal ‘71 al ‘79 e Pol Pot sterminò i cambogiani in soli quattro anni, dal ‘75 al ‘79. Buona annata per gli amanti della libertà, il 1979: quell’anno perse il potere anche il nicaraguense Anastasio Somoza, che fu poi giustiziato da un emissario sandinista nel suo esilio di Miami. Ma rimane un’eccezione: Idi Amin è ancora vivo (esiliato in Arabia Saudita), mentre Bokassa è morto di attacco cardiaco nel ‘96 a 75 anni, libero nella propria villa, e Pol Pot si è spento tranquillamente per malattia nella jungla quattro anni fa.

Nella classifica abbiamo inserito anche alcuni personaggi, come re Hassan II del Marocco o l’ex presidente Lee Kuan Yew di Singapore, che non da tutti vengono correntemente definiti «dittatori». Ma per ritenere tale il sovrano marocchino non c’è bisogno di aver letto il devastante libro «Notre ami le roi», né il fatto che Lee abbia da qualche anno abbandonato formalmente il potere diretto significa che la sua presa d’acciaio non continui a opprimere la città-stato asiatica.

Viceversa, altri governanti dalle maniere assai spicce come il giordano re Hussein o l’egiziano Mubarak se la cavano grazie alle graduatorie di Amnesty, Human Rights Watch e Freedom House, che hanno giudicato i loro Paesi «parzialmente liberi». Ma il crinale è certo molto stretto: tecnicamente, anche i capi dello stato del Vaticano dovrebbero figurare nel nostro elenco. Al contrario del serbo Slobodan Milosevic o del croato Franjo Tudjman, i quali sono stati eletti negli anni ‘90 con votazioni dalla regolarità non disprezzabile, perlomeno secondo i criteri balcanici...

Fidel Castro può a ragione gloriarsi di aver visto transitare per la Casa Bianca ben dieci presidenti statunitensi, nove dei quali (tutti tranne il primo, Dwight Eisenhower) hanno cercato in vario modo di eliminarlo. Ma anche Saddam Hussein, dodici anni dopo la guerra del Golfo, è tuttora sul trono in Irak: ancora pochi mesi e riuscirà a entrare nella nostra Top Ten, avendo debuttato nel ‘68. Lo tallona Muammar Gheddafi, mentre l’altro componente del terzetto dei «militari laici arabi», il siriano Hafez Assad, è morto nel Duemila dopo trent’anni di potere: uno più di Stalin, tre più di Mao.

La loro lunga permanenza al governo dimostra un’altra ineffabile legge storica: tutti i dittatori presi via via di mira dagli Stati Uniti come i «cattivi» da eliminare restano saldamente al potere. E’ successo così, oltre che con Castro, Saddam, Gheddafi e Assad, anche con Kim Il Sung, sopravvissuto alla guerra di Corea scatenata nel 1950, con i comunisti vietnamiti tuttora al governo (Ho Chi Minh è deceduto per cause naturali,il generale Vo Nguyen Giap compie 90 anni nel 2002), con l’iraniano Khomeini individuato come il diavolo ma anch’egli morto di vecchiaia, e con tutti gli «evil empires» dell’ultimo mezzo secolo: perfino Osama bin Laden e il mullah Omar hanno perso l’Afghanistan, ma sono liberi. Uniche eccezioni Milosevic (anche se gli Usa vedono come il fumo il Tribunale Onu dell’Aia che lo sta processando), e Manuel Noriega, il caudillo panamense costretto all’esilio a Miami nell’89 (ma con la rivincita dei norieghisti a Panama cinque anni dopo).

E’ impressionante constatare come la classifica accomuni, grazie a un criterio casuale come quello della durata, autocrati di stampo diversissimo fra loro: si va dal dittatore comunista al caudillo sudamericano, dal generale golpista al satrapo asiatico, dal califfo mediorientale al tiranno fascista, dal rispettabile «liberatore» anticolonialista africano degradatosi in vecchio bizzoso e inamovibile (il tunisino Habib Bourguiba, il tanzaniano Julius Nyerere) al narcomafioso (il birmano Ne Win). Una lista sterminata che per motivi di spazio lascia fuori personaggi celebri come l’etiope Menghistu, il polacco Gomulka o l’algerino Boumedienne (14 anni al potere), Nikita Kruscev (11), Juan Domingo Peron (nove, ma con un ritorno democratico nel ‘73), il generale polacco Wojciech Jaruzelski (8), Nicolaj Lenin e il colonnello greco Georgios Papadopoulos (7), il portoghese Marcelo Caetano (6) e i suoi rivali dell’indipendenza mozambicana Samora Machel (11 anni) e angolana Agostinho Neto (4), fino ai re sauditi e ai famigerati generali della «junta» argentina Emilio Massera, Jorge Videla e Leopoldo Galtieri, cacciati nel 1983 dopo la guerra delle Falkland/Malvinas persa contro la «lady di ferro» Margaret Thatcher.

Fantasmi del passato? Mica tanto: spesso ritornano, com’è successo nello sfortunato Congo ex Zaire, dove dopo gli interminabili 32 anni di Mobutu Sese Seko nel 1997 sono iniziati gli altrettanto devastanti quattro anni di Laurent Desiré Kabila, e dove l’attuale Joseph Kabila non sembra meglio. Il mestiere di dittatore, insomma, conviene: durata molta, sfarzi notevoli, rischi pochi...

CLASSIFICA DITTATORI DEL XX SECOLO al gennaio 2002

Paese al potere anni

1) Kim Il Sung (Corea del Nord) 1945-94† 49
2) Fidel Castro (Cuba) 1959-in carica 43
3) Enver Hoxha (Albania) 1945-85† 40
4) Francisco Franco (Spagna) 1936-75† 39
5) Reza Pahlevi (Iran) 1941-79 39
6) Hassan II (Marocco) 1961-99† 38
7) Lee Kuan Yew (Singapore) 1965-in carica 37
8) Antonio Salazar (Portogallo) 1932-68† 36
9) Gnassingbe Eyadéma(Togo) 1967-in carica 35

10)Hassanal Bolkiah (Brunei) 1967-in carica 35
11)Omar Bongo (Gabon) 1967-in carica 35
12)Josip Broz Tito (Jugoslavia) 1945-80† 35
13)Todor Zivkov (Bulgaria) 1954-89 35
14)Alfredo Stroessner (Paraguay) 1954-89 35
15)Saddam Hussein (Irak) 1968-in carica 34
16)Muammar Gheddafi (Libia) 1969-in carica 33
17)F.Houphouet-Boigny(Costa D’Avorio) 1960-93 33
18)Janos Kadar (Ungheria) 1956-89 33
19)Suharto (Indonesia) 1965-98 33

20)Mobutu Sese Seko (Zaire) 1965-97 32
21)Rafael Trujillo (Rep.Dominicana) 1930-61 31
22)Abdal Aziz Saud (Arabia Saudita) 1932-53 31
23)H.Kamuzu Banda (Malawi) 1964-94 30
24)Stalin (Urss) 1924-53† 29
25)Hafez Assad (Siria) 1970-2000† 30
26)Isa Al Khalifah (Bahrain) 1971-99 28
26)Kenneth Kaunda (Zambia) 1964-91 27
27)Mao Tse Tung (Cina) 1949-76† 27
28)Seku Turé (Guinea) 1958-84 26
29)Chiang Kai Shek (Taiwan) 1949-75† 26

30)Ne Win (Birmania) 1962-88 26
31)Walter Ulbricht (Germania Est) 1946-71 25
32)Nicolae Ceausescu (Romania) 1965-89 24
33)Ho Chi Minh (Vietnam del Nord) 1945-69† 24
34)Benito Mussolini (Italia) 1922-45 23
35)Didier Ratsiraka (Madagascar) 1975-in carica 23
36)Eduardo Dos Santos(Angola) 1979-in carica 23
37)Mussa Traoré (Mali) 1968-91 23
38)Robert Mugabe (Zimbabwe) 1980-in carica 22
39)Siad Barre (Somalia) 1969-91 22

40)Deng Xiaoping (Cina) 1976-97† 21
41)Ferdinand Marcos (Filippine) 1965-86 21
42)Julius Nyerere (Tanzania) 1964-85 21
43)Paul Biya (Camerun) 1982-in carica 20
44)Habib Bourghiba (Tunisia) 1957-87 20
45)Ahmadou Ahidjo (Camerun) 1962-82 20
46)Gustav Husak (Cecoslovacchia) 1969-89 20
47)G. Gheorghiu-Dej (Romania) 1945-65† 20
48)Erich Honecker (Germania Est) 1971-89 18
49)Leonid Breznev (Urss) 1964-82† 18

50)Kemal Ataturk (Turchia) 1920-38 18
51)Gamal Nasser (Egitto) 1952-70† 18
52)Saparmurad Niyazov(Turkmenistan) 1985-in carica 17
53)Augusto Pinochet (Cile) 1973-90 17
54)Zin Abidin Ben Ali (Tunisia) 1986-in carica 16
55)Giafar Nimeiry (Sudan) 1969-85 16
56)Jomo Kenyatta (Kenia) 1963-78 15
57)J.-Claude Duvalier(Haiti) 1971-86 15
58)François Duvalier (Haiti) 1957-71 14
59)Menghistu Haile M.(Etiopia) 1977-91 14

60)Jean Bedel Bokassa(Rep.Centrafricana) 1965-79 (†96-75) 14
61)Wladislaw Gomulka (Polonia) 1956-70 14
62)Chun Doo Hwan (Corea del Sud) 1979-93 14
63)Roh Tae Woo (Corea del Sud) 1979-93 14
64)Houari Boumedienne(Algeria) 1965-79 14
65)Chadli Bendjedid (Algeria) 1979-92 13
66)Omar el-Bechir (Sudan) 1989-in carica 13
67)Idris Déby (Ciad) 1990-in carica 12
68)Adolf Hitler (Germania) 1933-45† 12
69)Anastasio Somoza (Nicaragua) 1967-79 12

70)Samora Machel (Mozambico) 1975-86† 11
71)Re Feisal (Arabia Saudita) 1964-75 11
72)Nikita Kruscev (Unione Sovietica) 1953-64 11
73)Ruhollah Khomeini (Iran) 1979-89 10
74)Chiang Ching-Kuo (Taiwan) 1978-88 10
75)Juan Domingo Peron (Argentina) 1946-55 9
76)Idi Amin Dada (Uganda) 1971-79 8
77)Wojciech Jaruzelski(Polonia) 1981-89 8
78)Boris III (Bulgaria) 1935-43 8
79)Hugo Banzer (Bolivia) 1971-78 †2002 7

80)G.Papadopoulos (Grecia) 1967-74 7
81)Nikolaj Lenin (Unione Sovietica) 1917-24† 7
82)Emilio E. Massera (Argentina) 1976-83 7
83)Jorge Videla (Argentina) 1976-82? 6
84)Marcelo Caetano (Portogallo) 1968-74 6
85)Pol Pot (Cambogia) 1975-79 (†‘98) 4
86)Agostinho Neto (Mozambico) 1975-79 4
87)Georgi Dimitrov (Bulgaria) 1946-49 3
88)Alexander Stamboliski (Bulgaria) 1920-23 3
89)Alexander Tsankov (Bulgaria) 1923-26 3
90)Raul Cedras (Haiti) ?-94 ?