Dopo le docce gelate: ecco la vita quotidiana di una malata
“MIA MAMMA HA LA SLA: È UN INCUBO”
«Noi familiari siamo lasciati soli», denuncia Silvia Giordano, deputata 5 stelle. «La ricerca è importante, ma intanto bisogna assistere i pazienti. Perciò propongo di raddoppiare i fondi»
di Mauro Suttora
Oggi, 10 settembre 2014
«Quattro anni fa, un dolore al piede destro». Da allora è iniziata la via crucis. Silvia Giordano, 28 anni, deputata 5 Stelle dal 2013, assiste a casa a Salerno la mamma 62enne, colpita da Sla (Sclerosi laterale amiotrofica). La malattia, che paralizza progressivamente i muscoli e non lascia scampo, si è manifestata quattro anni fa. La signora ha dovuto sottoporsi a tracheotomia per respirare e a gastrostomia per essere nutrita. «Per parlare chiude gli occhi quando le mostriamo la lettera giusta con le dita».
La Giordano ora lancia la campagna «SLAsfida» (www.slasfida.it) per la raccolta fondi sia per la ricerca, sia per l’assistenza, e chiede al governo di portare il Fondo per la non autosufficienza da 300 a 600 milioni annui.
La vera «doccia fredda», per la famiglia Giordano di Salerno, arrivò quattro anni fa. «Mia madre iniziò ad accusare dolori al piede destro», racconta Silvia, 28 anni, deputata 5 Stelle dal 2013. «Ogni tanto perdeva l’equilibrio, cadeva. Io la prendevo in giro pensando che fosse solo più distratta del solito. Con la testa tra le nuvole. Ma le cadute continuavano, e una le causò una frattura.
All’epoca vivevo solo io con lei. Pensavo: “È una frattura, passerà”. Un giorno, però, voleva dirmi di non mettere troppo caffè nel latte. Aprì la bocca, emise dei suoni, ma non riuscivo a capirla. Pensavo che anche quello fosse un semplice momento, ma giorno dopo giorno mi accorsi che le cose peggioravano. Parlava male e controllava sempre meno il suo corpo. Facemmo dei controlli. Era la Sla, sclerosi laterale amiotrofica».
E lì cominciò l’incubo.
«Sì. Chiamai mia sorella e mio fratello per capire cosa fare. Ci ritrovammo soli, del tutto soli. Non sapevamo a chi rivolgerci, cosa aspettarci. A Salerno sembrava impossibile trovare un aiuto. L’unico dottore che ci aiutò a capire vagamente cosa sarebbe accaduto fu un neurologo,che dopo i vari esami disse: “Signora lei ha la Sla, presto non si muoverà più, non riuscirà a parlare, le dovranno fare la tracheotomia per respirare e nel giro di tre anni probabilmente morirà”».
Fu così diretto?
«Quelle furono le sue parole. Mia madre cadde in depressione. Noi figli cercavamo di darle forza, di farla uscire, facevamo di tutto per vederla almeno sorridere. Nulla. Da allora decise di non uscire più di casa, se non per le visite mediche. La vedevo ogni giorno piangere o bloccarsi. Ogni tanto provava a parlare, ma si innervosiva perché non riuscivamo a capir- la. A luglio 2013 pesava 43 chili, per respirare aveva una mascherina collegata a una macchinetta che le copriva il volto. Decidemmo di farle fare una tracheo e una Peg, cioè una gastrostomia endoscopica percutanea, perché non riusciva più a mangiare normalmente. Da allora migliorò, mise peso, respirava meglio. Un sollievo, si era stabilizzata. Ma poi sono iniziate le avventure più assurde».
Cioè?
«Dottori che non si trovano, assistenza domiciliare praticamente assente, perso- nale dell’Asl che non sa usare i nuovi sistemi informatici e quindi non possono prescrivere l’ossigeno, infermiere che sbagliano il cambio del catetere, per non parlare dei laboratori che sbagliano a prelevare l’urina per l’esame. Mi sono sentita dire che il problema è che in Campania c’è “abuso d’ossigeno”».
Che vuol dire?
«Non si sa. E poi, il semplice permesso per disabili per l’auto. Per averlo devo andare con mia madre all’ufficio di medicina legale. Lì c’è un solo parcheggio per disabili perennemente occupato, il che è ovvio. L’ufficio è al primo piano. C’è l’ascensore, ma dopo sei scalini. Ma fa nulla, questo è il minimo. Gliene dico un’altra: hanno aggiustato le strade del quartiere dove abito, un bel lavoro davvero, mi hanno messo anche una palma sotto casa. Peccato che il parcheggio per disabili che prima avevo sotto il portone adesso sia scomparso. Ma sdrammatizziamo, è solo folklore. Perché altrimenti dovrei dire incompetenza, mancanza di rispetto...»
La sua mamma non parla più?
«No. Ora ha 85 di pressione massima, l’emoglobina a 8, e un’infezione batterica di 100.000 germi/ml. Non parla. Parliamo noi per lei utilizzando le dita della mano. Ogni dito è una lettera dell’alfabeto, quando pronunciamo quella che lei ha in mente chiude gli occhi. E poi ripartiamo. Lettera per lettera, parola per parola».
Non ci sono i puntatori oculari?
«Dovrebbe passarlo l’Asl, ma qui a Salerno nessuno conosce la procedura. Comprarlo? Impossibile. Costa attorno a 20 mila euro, e i nostri soldi li impieghiamo per alcuni medicinali, ma soprattutto per pagare persone che possano aiutarci, visto che l’assistenza, l’Italia in genere, e la Campania in particolare, non sa neanche cosa sia».
Insomma, assistere migliaia di malati non autosufficienti costa.
«Io nonostante tutto mi ritengo fortunata, ho una famiglia che mi aiuta, ho uno stipendio e ringraziando il cielo mia madre ha una pensione. Ho lo sguardo di mia madre, che vale più di mille altre cose. Ma soprattutto ho la coscienza pulita e non ho bisogno di pulirla con una secchiata di acqua gelida».
Che cosa propone?
«Avere i servizi che ci spettano, non vedere calpestati i diritti dei malati perché il governo preferisce dare soldi per gli aerei da guerra F35 o per gli azionisti della banca d’Italia. Capisco che cantanti o attori facciano pubblicità per le donazioni con l’Ice bucket, ma chi è al governo ha il potere di cambiare le cose».
Quindi, in concreto?
«Ho lanciato la campagna SLAsfida (www.slasfida.it) con il Movimento 5 stelle per raddoppiare a 600 milioni di euro il tetto minimo del Fondo per la non autosufficienza. Dal sito si possono fare donazioni all’Aisla, l’Associazione italiana per la Sla. Affinché anche i malati che non hanno i mezzi per farsi assistere, o una famiglia facoltosa alle spalle, possano essere trattati decentemente».
Mauro Suttora
LE CIFRE: MALATI, SOLDI, POLEMICHE
• In Italia non si sa quanti siano i malati di Sla, perché non esiste un registro nazionale: le stime variano da 4 a 6 mila. L’unica certezza è che ogni anno ci sono un migliaio di nuovi casi (due ogni 100 mila abitanti).
• «In un mese abbiamo ricevuto quanto raccogliamo in un anno», dice Alberto Fontana, tesoriere dell’Aisla (Associazione Italiana Sla), «una vera sorpresa che aiuta la ricerca medica perché, come spesso accade, su questo tipo di malattie le case farmaceutiche non hanno un interesse commerciale». In concreto, il tormentone delle secchiate di acqua gelida ha fruttato finora un milione e mezzo di euro in Italia e oltre cento milioni negli Stati Uniti. La raccolta continua almeno fino al 21 settembre, Giornata nazionale della Sla.
• L’Aisla, presieduta dall’ex calciatore, dirigente sportivo e deputato Pd Massimo Mauro, nel 2013 ha raccolto 1,8 milioni. Di questi, 1,1 milioni sono andati a ricerca e assistenza. Il personale è costato 373 mila euro. I dirigenti non percepiscono stipendio.
• Negli Usa la Sla Foundation è accusata di destinare solo il 27% dei fondi in ricerca, e il 20% in assistenza ai malati. Il resto va alla formazione professionale (32%), al fundraising (14%) e al personale (7%). La presidente Jane Gilbert ha uno stipendio di 339 mila dollari.
• Malati di sla sono stati il calciatore Stefano Borgonovo e Luca Coscioni, fondatore dell’omonima associazione radicale che si batte per la libertà di ricerca e l’adeguamento del «nomenclatore tariffario» (ausili per i disabili). La Fondazione Vialli Mauro finanzia ricerche su Sla ma anche sul cancro, e opera nello sport.