VITA QUOTIDIANA A RAQQA, NUOVA CAPITALE DEL CALIFFATO
di Mauro Suttora
Oggi, 8 ottobre 2014
Fino a due anni fa Raqqa era una tranquilla città di 200mila
abitanti in mezzo al deserto siriano. Sulle rive dell'Eufrate crescevano le
palme, l'acqua irrigava i campi di cotone. Gran traffico di camion di
contrabbandieri fra Siria, Iraq e Turchia. Poi è arrivata la guerra civile
contro il dittatore Assad. E nel 2013 sono arrivati gli estremisti musulmani.
Prima quelli di Al Nusra, sezione siriana di Al Qaeda. Poi, ancora peggio: i
guerrieri santi dell'Isis (Stato islamico di Iraq e Siria). Che hanno
l'obiettivo di tornare indietro di 1.400 anni. Al Califfato fondato da
Maometto.
Raqqa fu capitale di quel Califfato per tredici anni, a
cavallo dell'800 dopo Cristo, quando da noi c'era Carlo Magno. Il califfo
Rashid la fece diventare più bella e più grande di Bagdad e Damasco. Poi piano
piano la sabbia la inghiottì. Oggi è ridiventata capitale del Califfato. Quello
dei tagliagole di ostaggi occidentali e degli sterminatori di cristiani e
curdi.
Da mezzo mese Raqqa viene bombardata da aerei americani,
sauditi e degli Emirati arabi. «Ma non fanno molti morti fra i civili», dicono
gli abitanti sui blog che sfuggono al controllo degli estremisti. «Le bombe,
diversamente da quelle di Assad, sono precise e colpiscono obiettivi militari e
dell'Isis. Però i jihadisti li hanno abbandonati per nascondersi fra noi. Le
loro famiglie le hanno già spedite via».
Di giorno, la vita continua. Una misteriosa donna
completamente velata tranne una fessura sugli occhi (è il niqab nero) ha messo
su internet un video di due minuti girato con telecamera nascosta. La si vede mentre
viene bloccata in strada da un'auto della polizia. Un uomo armato la ammonisce:
dovrebbe comportarsi meglio in pubblico. La ragione dell'avvertimento? Il suo
viso, seppure nascosto dal velo, si vede ancora troppo. Lei prontamente si
scusa per la troppa trasparenza, e l'uomo a sua volta replica: «Bisogna
prestare molta attenzione nel coprirsi. Dio ama le donne che sono coperte».
Non è un avvertimento bonario. Come in Arabia Saudita e in
Iran (i due feudi contrapposti di sunniti e sciiti che si stanno combattendo in
Medio Oriente), anche l'Isis ha introdotto nei territori occupati di Siria e
Iraq la sharia, la legge religiosa. A Raqqa la corte islamica che la
somministra si è installata nel centro sportivo. Ma i tagliagole hanno dovuto
importare dall'Egitto, per le preghiere e le prediche del venerdì, un imam
abbastanza estremista per loro: evidentemente nei laici Siria e Iraq non ne
hanno trovati.
«In qualsiasi momento una persona normale può essere presa e
giustiziata senza validi motivi», avverte Abu Ibrahim Raqqawi, abitante di
Raqqa. «L’Isis incassa le tasse dai cittadini e controlla che tutti paghino.
Chi evade le imposte viene ucciso nella piazza principale: l’esecuzione è
pubblica e si svolge il venerdì dopo la preghiera».
Poi i fanatici appendono i cadaveri ai crocifissi, oppure ne
tagliano le teste e le infilzano sulle inferriate del giardino pubblico in
centro. Allo «spettacolo» assistono famiglie con bambini.
I peccati più gravi commessi dalle donne (adulterio) sono
puniti con la lapidazione. Quelli veniali con la frusta. Le donne in pubblico
non possono fare quasi più nulla. Se sono sposate devono essere accompagnate
dal marito, e mostrare il certificato di matrimonio agli agenti. Oppure devono
farsi scortare dal padre, da un fratello, da un cugino. Guidare un'auto non se
ne parla, come in Arabia Saudita. Le femmine, piccole e grandi, non possono
neppure sedersi sulle altalene: provocazione che spingerebbe gli uomini a
molestarle.
I ristoranti che non separano uomini e donne, osano offrire
vino (anche solo ai clienti stranieri non musulmani), o ancora peggio
superalcolici, vengono bruciati e chiusi. Vietate le tv satellitari: con la
scusa di controllare se ci sono i poliziotti possono piombare nelle case
private a qualsiasi ora. Segregazione uomo/donna in tutti gli ambienti pubblici
e di lavoro. L'Isis ha installato molte telecamere per sorvegliare perfino i
marciapiedi.
Alcuni divieti sono grotteschi: niente elemosina ai
mendicanti durante il Ramadan, proibito pregare per la propria squadra del
cuore o indossare cravatte, usare cosmetici, bikini in spiaggia per le donne e
stare a torso nudo per gli uomini. A San Valentino, per ostacolare la festa
degli innamorati, i fiorai hanno dovuto tenere chiusi i negozi, le rose rosse
non potevano essere vendute neppure per strada, e così i peluches e i
cioccolatini. Nel mirino anche i commercianti che espongono manichini, proibiti
perché "provocano" bassi istinti. Niente trucco per le donne che
appaiono alla tv di Stato.
L'Isis ha emanato quattro decreti appositi per vietare
musica, sigarette, pipe (anche i narghilè al semplice vapore acqueo), e far
chiudere i negozi dieci minuti prima dell'inizio delle preghiere. I pochi
cristiani non fuggiti devono pagare una tassa per praticare, ma non in chiesa:
solo in privato. Anche le altre minoranze (alauiti, drusi) sono scappate.
«Non pochi si sono rifiutati di obbedire», dice Abu
al-Bara’a al-Furati, studente di 22 anni. «Ma la gente tutto sommato è contenta
perché l'Isis garantisce ordine pubblico, sicurezza, acqua, pane da quattro
forni diversi ed elettricità: prima dei bombardamenti non c'erano più di sei
ore di blackout giornaliero». I commercianti apprezzano che siano svanite le
stecche che dovevano pagare ai funzionari corrotti di Assad.
A Raqqa anni fa un originale aveva aperto un casinò.
Ovviamente i fondamentalisti lo hanno chiuso subito. I weekend andavano dal
venerdì al sabato, ora sono giovedì e venerdì per distinguersi da cristiani ed
ebrei. Gruppi di educazione islamica organizzano festival nelle moschee per
incoraggiare i giovani a unirsi alla causa. Ai ragazzi sono mostrati video di
decapitazioni per abituarli alla violenza, e avvertirli delle conseguenze se
resistono ai jihadisti.
Nel filmato si vedono uomini armati con fucili d'assalto e
kalashnikov andare ovunque in città. Anche una donna, che porta i bambini al
parco, è armata di fucile: pronta a difendere, come tutti gli altri, il loro
rigido e spaventoso regime. Centocinquanta donne francesi hanno scelto
spontaneamente di lasciare la patria per vivere nello Stato Islamico. Entrando
in un internet cafè si sente una di esse parlare con la famiglia: «Non voglio
tornare indietro, mamma, ve lo dico senza mezzi termini. Dovete farvene una
ragione, io non torno. Non c'è nulla di cui aver paura, sto bene qui. Tutto
quello che si vede in tv è falso. La tv esagera sempre».
I combattenti stranieri che infestano Raqqa, spesso più
crudeli e fanatici dei locali, vengono da Sud Africa, Olanda, Australia,
Cecenia, Inghilterra, Germania, Balcani, e anche dagli Stati Uniti. Dicono che
siano loro a tenere prigionieri gli ostaggi internazionali, fra i quali
potrebbero esserci le due ragazze italiane Greta Ramelli di Varese e Vanessa
Marzullo di Bergamo. Ma la voce più agghiacciante è che il boia che ha segato
la gola a tre ostaggi opererebbe in periferia, in un campo vicino a un
cimitero, non lontano dall’università Altihad, ateneo della città.
Mauro Suttora