di Mauro Suttora
3 ottobre 2014
numero speciale di Dissensi e Discordanze, direttore Mauro della Porta Raffo
articolo originale su Dissensi e Discordanze
3 ottobre 2014
numero speciale di Dissensi e Discordanze, direttore Mauro della Porta Raffo
articolo originale su Dissensi e Discordanze
Quando avevo quattro anni, i pedalò sul lago a Lugano.
E la parola Monteceneri scritta sulla grande radio a valvole di mio padre.
Quarant’anni dopo, Fox Town e Serfontana.
Questa è la Svizzera che ci fa sognare.
Noi lombardi che almeno una volta abbiamo votato Lega sperando che, senza la zavorra Roma+Sud, la Lombardia diventi un grande Canton Ticino.
Noi cinefili che ogni agosto ci siamo consolati delle mancate vacanze correndo una sera a Locarno per una magica proiezione in piazza.
Noi ecologisti che festeggiammo il no svizzero alle centrali atomiche nel referendum del 1990 (Vittorio Feltri, allora mio direttore all’Europeo, nuclearista disarmante: «Radioattività? Tanto di qualcosa bisogna morire»).
Noi anarchici sulle orme di Bakunin e Kropotkin, noi libertari in pellegrinaggio steineriano al monte Verità di Ascona.
Noi federalisti che ammiriamo l’autonomia dei cantoni (Glarus può decidere addirittura che non desidera immigrati slavi).
E perfino noi grillini (scettici), studenti di democrazia diretta negli unici due posti al mondo dove si vota in piazza alzando la mano: Glarona e Appenzello.
Poi, ovviamente, abbiamo anche letto Jean Ziegler, e sappiamo che le banche svizzere “lavano più bianco”.
Abbiamo passeggiato nelle città elvetiche dopo le sei del pomeriggio o al sabato, la domenica: c’è più vita in un cenotafio.
Ma l’amore per la Svizzera resta immenso.
Da trent’anni, una volta al mese, come giornalista propongo: “Andiamo a vedere come fanno lì”.
Così nel 1987 feci vincere un premio a Gianfranco Moroldo, fotografo di Oriana Fallaci, che riuscì a inquadrare un soldato svizzero appostato accanto a una mucca durante una nostra inchiesta dell'Europeo sull’esercito ‘di popolo’. [articolo sull'Europeo]
Poi, nel 1999, il beatle George Harrison che scelse Lugano per farsi curare il tumore.
Due anni fa un’altra occasione triste: visita alla clinica della dolce morte dove Lucio Magri si fece eutanasizzare.
Ogni volta che posso mi faccio invitare dalla mia amica Januaria Piromallo nella sua villa di Gstaad.
Lì, acquattati negli hotel, stanno tutti i miliardari greci che, se riportassero i loro patrimoni a casa, risolverebbero la crisi del loro Paese.
Durante l’ultimo viaggio tornando da Strasburgo, aprile 2014, una fantastica scoperta: l’ascolto guidato, alla radio Svizzera italiana, di una sinfonia di Mendelsohn.
Sono questi i piaceri della vita, oltre all’erba rasata a zero e i fiori perfetti nelle aiuole.
Mauro Suttora