Wednesday, May 13, 2015

Le multe impazzite


Incubi: decine di migliaia di italiani alle prese con sanzioni impazzite 

La multa esplosa: 
da tre a 268 euro 

Cinque anni fa è passata col rosso. Pagati 159 euro, la signora Bernetti era tranquilla. Ma a gennaio anche lei è rimasta vittima del «risveglio» di molti Comuni, che per rimpinguare le casse ricorrono a trucchi. Ecco quali 

Oggi, 6 maggio 2015

di Mauro Suttora

Si chiamano Can e Cad. Ma non sono personaggi dei fumetti. Le due sigle indicano quelle che per molti italiani sono diventate un incubo: le spese aggiuntive da pagare per le multe. Cifre minime, attorno ai tre euro: “Comunicazione di avvenuta notifica” e “Comunicazione di avvenuto deposito”. Le devono versare, oltre all’importo della multa stessa, chi riceve il bollettino a casa o, se irreperibile, all’ufficio postale più vicino.

È facile, se non si leggono tutte le postille in burocratese, dimenticare di aggiungerli alla somma dovuta. Il rischio? Vedersi recapitare cartelle esattoriali salatissime dopo anni e anni.

È quel che è capitato alla signora Paola Bernetti, che nel 2010 passò col rosso a Corsico (Milano). «Mi arrivò la multa, pagai i 159 euro, ma non mi accorsi che dovevo aggiungere i 3,40 euro del Cad. Infatti avevo ricevuto due bollettini, e pensavo che quello con tre euro di meno fosse per chi pagava subito».

Valanga di sanzioni vecchie a dicembre 2014

Nel dicembre 2014 anche la signora Bernetti, come centinaia di migliaia di italiani, riceve da Equitalia l’ingiunzione a pagare multe vecchie fino a cinque anni. I Comuni infatti, bisognosi di soldi, vogliono rastrellare gli arretrati delle multe stradali (che coprono il 15% dei loro bilanci) prima che scatti la prescrizione. La signora però viene invitata a versare 268 euro: la stessa multa di cinque anni prima con la cifra raddoppiata perché pagata dopo i 60 giorni, e detratti i 159 già versati.

Incredula, la signora va al comune di Corsico dove le confermano che, non avendo pagato per intero la multa del 2010, ora la deve ripagare tutta.

Ovviamente Paola Bernetti fa ricorso, e a giugno sulla vicenda deciderà il giudice di pace. Ma la signora ha già la vittoria in tasca. Il comune di Corsico infatti, in un soprassalto di saggezza, a marzo si è reso conto dell’assurdità della sua pretesa e ha deliberato che sotto una certa cifra le somme dovute per multe arretrate non debbano essere più pagate: «Costa di più la procedura per ottenerle che l’incasso effettivo».

«I Comuni ci provano, e la gente paga»

Contenta, signora Bernetti? «Assolutamente no. Intanto, i comuni ci provano. Se io non avessi conservato per anni le ricevute di tutte le multe pagate, non avrei potuto dimostrare di averlo fatto. Poi, la gente non si ricorda. Arriva un avviso di Equitalia, c’è lo spavento, e per quieto vivere molti pagano. E comunque, non tutti sono così battaglieri da fare ricorso al giudice di pace. Nel mio caso il comune di Corsico ha fatto marcia indietro, ma la giurisprudenza al riguardo è incerta».


COME DIFENDERSI: TENETE LE RICEVUTE DI TUTTE LE MULTE PAGATE

La contestazione delle multe stradali è lo sport nazionale degli italiani. E a ragione: in ballo ci sono due miliardi di euro annui (ma i Comuni riescono a incassarne solo la metà).

Se si ha torto conviene pagare subito.
Se non avete un buon motivo per contestare la multa, conviene pagare subito: da due anni, infatti, la sanzione viene ridotta. Non vale più l’abitudine di tirarla per le lunghe.
  
Non buttate via niente, almeno per cinque anni. 
Le multe si prescrivono dopo cinque anni,ma ora i Comuni stanno bene attenti a non farli trascorrere. E si svegliano poco prima della scadenza.

Non fatevi spaventare dai costi dei ricorsi.
Non lasciatevi spaventare dai costi per le opposizioni. Andate negli uffici a contestare. Poi, il ricorso al giudice di pace costa 40 euro.

Associazioni e avvocati specializzati.
Esistono associazioni dei consumatori e avvocati specializzati per le multe stradali. L’ultima loro vittoria riguarda le multe dei tutor autostradali, nulle se manca la foto dell’infrazione.

Informatevi, leggete, scrivete ai media.
Imitate la signora Bernetti: informatevi sui giornali o online sui casi simili ai vostri, e a vostra volta scrivete. Ma solo se siete sicuri di avere ragione.

Mauro Suttora

Prime impressioni dall'Expo

Prime impressioni dall'Expo
CHE MERAVIGLIA, QUESTI PADIGLIONI SONO OPERE D'ARTE

Ma per visitarli tutti non basta un giorno. Perciò l’ingresso a 39 euro è eccessivo. Guida alle curiosità, dalla foresta austriaca al gelato con vodka bielorusso

di Mauro Suttora e Alice Corti
Oggi, 6 maggio 2015

Munitevi di scarpe comode, perché a fine giornata avrete i piedi come zampogne. All’Expo si cammina molto, i 150 padiglioni sono sparsi su due chilometri. E preferite il passante ad auto e metro: meno di venti minuti da Milano centro.

Complimenti per la volata finale, nessuno si accorge che i lavori erano in ritardo. Ma si penta chi ha deciso biglietti d’entrata così alti: 39 euro, cento per una famiglia con due bambini. Che si aggiungono al cibo. I ristoranti regionali di Eataly sono splendidi, ma dieci euro per un mini-primo su un piattino di plastica e tre per un bicchiere di acqua è troppo. Finisce che si scappa da Coca Cola e McDonalds, un euro e mezzo a cheeseburger.

I padiglioni più belli sono Italia, Cina e Vietnam. Quelli di maggior successo: Brasile (grazie alla maxirete dove si cammina), Austria (per la foresta) e Nepal (per solidarietà). Quasi ogni Paese ha un suo ristorante tipico, ma non abbondano gli assaggi gratuiti.

Fila al ristorante Basmati nel cluster riso. I “cluster” sono padiglioni tematici con più Paesi. Ci sono pure cacao, caffè, frutta, spezie, tuberi. In quello delle isole, oltre a Caraibi, Maldive, Comore e Madagascar, chissà perché c’è uno stanzone per la Corea del Nord.

La povera Regione Sicilia è finita nel cluster Bio-Mediterraneo con Albania, Montenegro, Algeria, Egitto e altri. La pioggia passava dal tetto, hanno dovuto chiuderlo. Auguri.

Propaganda efficiente da Israele («Abbiamo inventato noi i pomodori-ciliegia»), mentre lo stand dell’Iran sta senza problemi davanti agli Usa.

Spingetevi in fondo, fino a Indonesia e Oman

Dall’ingresso principale vale la pena arrivare fino alla fine del Decumano per visitare Oman e Indonesia, mentre la Francia costringe a un fastidioso zigzag per entrare. Code anche per la Germania, perché il controllo è meticoloso, senza entrata libera. Gelato con vodka dalla Bielorussia.

Il dispiacere più grande è lasciare l’Expo avendo potuto visitare, per ragioni di tempo, soltanto la metà degli splendidi padiglioni: quasi tutti sono meraviglie architettoniche.
Mauro Suttora

Renzi: ma dura?


BISIGNANI RACCONTA I SEGRETI DELLA VITA PRIVATA DEL PREMIER

di Mauro Suttora

Oggi, 6 maggio 2015

Luigi Bisignani ha colpito ancora. Dopo le 160mila copie de L'uomo che sussurra ai potenti due anni fa, lui e Paolo Madron sono tornati in testa alle classifiche col loro nuovo libro, I potenti al tempo di Renzi. L'editore è Chiarelettere: lo stesso di Beppe Grillo, Gianroberto Casaleggio, Marco Travaglio e altri giornalisti estremisti di sinistra del Fatto Quotidiano. Sorprendente, per un faccendiere («Preferirei la definizione di triangolatore») democristiano come lui
.
Bisignani torna al mestiere che aveva praticato vent'anni all'agenzia Ansa: il giornalista. Svela un Matteo Renzi privato e segreto grazie alle preziose “gole profonde” che ha conosciuto nei decenni a palazzo Chigi: portinai, camerieri, funzionari anche di modesto livello. I quali, raccontando la vita quotidiana del presidente del Consiglio, riescono con piccoli aneddoti a spiegare il "renzismo" meglio di tanti politologi.

Le camicie bianche, per esempio: Renzi è capace di cambiarne anche sei nella stessa giornata, per mantenere immacolato il suo marchio di fabbrica. Con annesse lampade abbronzanti che gli fanno risaltare il viso sul bianco dei colletti.

Oppure le fiere rivalità che lancinano il suo “cerchio magico”: la povera Simona Bonafè, una volta sua fiera scudiera, ridotta ad autoesiliarsi all’Europarlamento (in cambio di uno stipendio d’oro) dopo essere stata sorpassata e distrutta da Maria Elena Boschi.

La quale, si chiede mezza Italia, avrà ammaliato anche Matteo con i suoi occhioni?
«Sulle donne e sui soldi non riusciranno mai a distruggere Renzi», taglia corto Bisignani. «Anche perché sua moglie Agnese è una gran donna, capace di tenere i piedi per terra. E cerca di farglieli tenere anche a lui: lo sgrida perché prende troppo spesso l’elicottero. “Quando torni a casa prendi il treno”, è il suo saggio consiglio».

Dopo le nove di sera Renzi si barrica nel suo appartamento privato di palazzo Chigi e fa entrare soltanto gli amici stretti. Lontano dai salotti romani carichi di tentazioni (la Boschi invece è stata avvistata chez Carlo De Benedetti, editore di Repubblica-Espresso), le sue serate finiscono spesso con pizze a domicilio e battute scherzose alla Amici miei

Con il fedelissimo Luca Lotti (sottosegretario che ha rimpiazzato Graziano Del Rio come numero due) e l’ex vigilessa avellinese Antonella Manzione, sorella del sottosegretario all’Interno Domenico, Renzi prende in giro avversari e alleati. Angelino Alfano, per esempio, è soprannominato Checco perché assomiglia a Zalone.

Durerà?
«Soltanto se allarga il suo cerchio magico. Ma non so se ne sarà capace, perché da quando aveva 25 anni - quindi da un quindicennio - si comporta allo stesso modo: rottama tutti, tranne gli amici».

Con un’energia impressionante.
«È come Berlusconi. Un rullo compressore. Nel 1984 il Cavaliere aveva già due reti tv, Canale 5 e Italia Uno. Comprò anche Retequattro da Mondadori, e tutti gli dissero: “Sei pazzo, non ti permetteranno di avere tre canali, ti distruggeranno”. Dopo due anni prese anche il Milan, di nuovo contro il parere di molti amici, con folle lucidità. Renzi è uguale».

Per questo Berlusconi lo ha corteggiato.
«Sì, lo avrebbe voluto in Forza Italia. Alla fine del 2010 ci fu il loro famoso incontro ad Arcore. Ma Renzi confidò a un amico: “Se vado nel Pdl, non potrò mai essere il numero uno”».

Da un anno e mezzo lo è.       
«Renzi stravince, ma con gli italiani. Nel Palazzo, invece, il giochino si è rotto. Lo accusano di voler fare “l’uomo solo al comando”, il duce, ma il 60 per cento della gente non capisce queste critiche».

Quindi lui va avanti come un carro armato.
«Con l'Italicum esce vincitore alla grande. Parla al Paese, non al Palazzo. E se c’è un minimo di ripresa economica vincerà le elezioni, a cominciare da quelle del 31 maggio in sette regioni. Sarà facile per Renzi battere i partiti del centrodestra, molto più difficile sconfiggere i suoi avversari interni del Pd, le varie minoranze».

Non era mai successo, nel dopoguerra.
«Oltre a Berlusconi, che però ha creato il suo partito personale, soltanto due politici italiani nel recente passato sono stati accentratori come Renzi: Craxi e De Mita. Ma sono durati pochi anni. E comunque, quello degli anni 80 era un altro mondo».
Mauro Suttora

Thursday, April 30, 2015

Rifugiati, l'esplosione 2014

di Mauro Suttora

Oggi, 29 aprile 2015
 
Ma i Paesi europei, in concreto, che cosa fanno per i rifugiati? Cioè per quei clandestini che approdano illegalmente sulle nostre coste, ma provengono da Paesi in guerra o con catastrofi interne, e quindi hanno diritto all’asilo politico?

Il problema è esploso nel 2014, perché i rifugiati che hanno chiesto asilo all’Europa sono aumentati del 44 per cento, a causa dei siriani: da 435mila a 626mila. È stata l’annata peggiore della storia dopo il 1992, quando la guerra nell’ex-Jugoslavia provocò la fuga di 672mila profughi, soprattutto verso Austria e Germania.

Anche adesso, come si vede dalla classifica che pubblichiamo, questi due Paesi sono le mete preferite dei profughi. Ma, attenzione: la vera graduatoria della «generosità» sta nella seconda colonna. Perché se in cifre assolute Germania, Svezia e Italia sembrano essere i Paesi più accoglienti, bisogna tener conto del numero di abitanti. Ovvio che gli 80 milioni di ricchi tedeschi possano assorbire molti più profughi di Paesi poveri o colpiti dalla crisi, come la Spagna con il suo 25% di disoccupati. Ma in realtà in cima alla classifica «vera» ci sono a sorpresa, oltre alla Svezia, Paesi come l’Ungheria considerata xenofoba e di destra (4.300 profughi per milione di abitanti) o la piccola Malta che non fa granché per soccorrere i barconi dalla Libia (3.180 per milione).

Scandaloso invece il disimpegno britannico. Sia in termini assoluti (31mila profughi, poco più delle piccole Austria e Olanda), sia relativi ai suoi abitanti: soltanto 495, metà dell’Italia, e meno perfino della malandata Grecia.

La quale Grecia è assai più severa di noi contro l’ondata migratoria. Oltre ai respingimenti sulle coste, Atene ha fatto costruire un muro contro i clandestini che cercano di entrare via terra dal confine con la Turchia.

 L’agenzia europea Frontex, che sorveglia le frontiere esterne dell’Unione, ha rifiutato di finanziarlo. Però il muro ha funzionato: le entrate terrestri in Grecia sono crollate. E si sono spostate verso l’adiacente Bulgaria, che infatti nel 2014 ha avuto il doppio dei richiedenti asilo della Grecia.

Un altro Paese a noi simile, ma assai meno accogliente, è la Spagna. La quale ha due enclaves in Africa, Ceuta e Melilla, prese periodicamente d’assalto dai clandestini. Ma le guardie di frontiera spagnole non esitano a respingerli con ogni mezzo.

L’agenzia Frontex, infine: i 36 milioni annui che spende per l’operazione Triton di sorveglianza sotto la Sicilia sono finanziati in base alle percentuali fisse dell’intero bilancio Ue. Quindi l’Italia contribuisce per il 12%, la Francia al 16%, la Germania al 18%, ciascuno in proporzione ai propri Pil. Anche qui, si distingue in negativo la Gran Bretagna. Che dai tempi di Margaret Thatcher ha ottenuto di contribuire all’Europa con appena il 10% del suo bilancio. 



DOMANDE DI ASILO NEL 2014
    
PAESE                TOTALE   PER MILIONE AB.
1) Germania          202.000    2.500
2) Svezia               81.000 8.400 
3) Italia                 64.000 1.065
4) Francia              62.000     955
5) Ungheria            42.000 4.300
6) G.Bretagna         31.000     495
7) Austria              28.000 3.295
8) Olanda              26.000 1.555
9) Svizzera             23.000 2.890
10) Belgio             22.000 2.025
11) Danimarca        14.000 2.600
12) Norvegia          13.000 2.585
13) Bulgaria           11.000 1.530
14) Grecia               9.000     860
15) Polonia             8.000     210
16) Spagna             5.600     120
17) Finlandia         3.600      665
18) Cipro              1.740 2.035
19) Romania           1.540      75
20) Irlanda             1.450     315
21) Malta              1.350 3.180
22) Lussemb.         1.150 2.090
23) Rep.Ceca         1.140    110
24) Croazia              450    105
25) Portogallo          440      40
26) Slovenia            380     185

Mauro Suttora

Wednesday, April 29, 2015

Sinistra, destra? No, la Resistenza è di tutti

«Prima sembrava che i partigiani fossero solo comunisti. ultimamente li hanno dipinti come criminali. La verità è che tutta l’italia si è ribellata ai nazifascisti», dice il giornalista-scrittore Aldo Cazzullo. E lo dimostra con un libro

di Mauro Suttora

Oggi, 22 aprile 2015

Fanno venire i brividi, le lettere dei condannati a morte della Resistenza. «Babbo adorato, se la mia vita fu serena e facile lo devo a te, che mi hai guidato col tuo amore, col tuo lavoro, col tuo esempio. Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra terra a essere onorata e stimata nel mondo intero».

Franco Balbis non era comunista, non faceva politica. Era capitano di carriera dell’esercito, aveva combattuto con valore in Africa e Croazia. Dopo l’8 settembre 1943 era entrato in clandestinità per combattere l’invasore. I fascisti lo presero nel marzo ’44, nella sacrestia del Duomo di Torino.

Tutti fucilati alla schiena
Poche ore dopo quella lettera, Balbis viene fucilato alla schiena con altri otto partigiani comandati dal generale Giuseppe Perotti. Uno solo di loro era comunista.

«In nessuna delle lettere c’è un’espressione di odio o anche solo di rancore verso i loro carnefici», dice Aldo Cazzullo, editorialista del Corriere della Sera.

Possa il mio sangue servire (Rizzoli) è il titolo del suo ultimo libro, che a 70 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale traccia un bilancio «non partigiano» della lotta di liberazione. 

«Gli uomini e le donne della Resistenza avevano ragione», dice Cazzullo, «fecero la scelta giusta, schierandosi contro l’invasore nazista e i suoi collaboratori. Eppure questa ovvietà, mai messa in discussione in nessuno dei Paesi occupati da Hitler, in Italia non viene accettata». 

Perché?
«Prima la Resistenza era considerata solo una “cosa di sinistra”: fazzoletto rosso e Bella Ciao. Poi, negli ultimi anni, i partigiani sono stati presentati come carnefici sanguinari che si accanirono su vittime innocenti, i “ragazzi di Salò”».

E invece?
«La Resistenza è patrimonio dell’intera nazione, non di una fazione. Fu fatta da comunisti, ma anche da cattolici, socialisti, liberali, monarchici, apolitici. E da donne, militari, suore, ebrei, preti, carabinieri. Case che si aprono nella notte, feriti curati nei pagliai, ricercati nascosti in cantina. Migliaia di episodi di eroismo che non si trovano nei libri».

Il 25 aprile ricordiamo 70 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, il 24 maggio cent’anni dall’inizio della Prima.

«Entrambe hanno avuto pagine eroiche e vergognose. Dopo l’8 settembre, su 810mila soldati italiani fatti prigionieri, meno di 200mila si schiereranno con Salò. La grande maggioranza sceglie le sofferenze della prigionia, piuttosto che schierarsi con gli occupanti nazisti».

E la strage di Porzûs, in Friuli?

«Va raccontata anche quella: partigiani comunisti che assassinarono partigiani cattolici come Guido Pasolini, fratello dello scrittore Pier Paolo, e Francesco De Gregori, zio del cantautore che ne porta il nome».
Mauro Suttora  

Wednesday, April 22, 2015

Expo, volata finale

EXPO: SIAMO ENTRATI IN INCOGNITO NEL CANTIERE / FOTO ESCLUSIVE

Per finire serve un miracolo

A 16 GIORNI DALL'INAUGURAZIONE, PALAZZO ITALIA ERA COSÌ. E DOPO LA RIVELAZIONE DI OGGI.IT SONO SCOPPIATE LE POLEMICHE PER I VISIBILI RITARDI. «MA LE PARTI DESTINATE AL PUBBLICO SARANNO PRONTE»

Oggi, 22 aprile 2015

di Mauro Suttora

Speravano che venisse il Papa, perché all'Expo c'è anche un padiglione del Vaticano. Niente da fare. Poi, vista la malparata, ha dato forfait anche il presidente Sergio Mattarella.
 
Ci salverà il camouflage. Parola usata dalle signore che si truccano, e che vuol dire «nascondere». Per far finta che il 1° maggio l'Expo sia pronta, si nasconderanno tutte le parti ancora in costruzione con simpatiche piante, barriere mobili e paraventi. Che costeranno altri due milioni e mezzo di euro, come da appalto approvato in fretta e furia un mese fa. 

IL PREVENTIVO È PASSATO DA 63 A 90 MILIONI 
Insomma, alla fine sarà un problema di soldi. Perché per concludere il Padiglione Italia, visto che non si può aprire un'Esposizione universale con la parte del Paese ospitante incompiuta, servono più operai e più turni. Poi, ci sono le varianti d'opera intervenute nell'ultimo anno. 

Il preventivo iniziale per il Padiglione Italia era 63 milioni di euro. Ora sono stati superati i 90 milioni: +50 per cento. Il commissario Diana Bracco però promette: «I costi supplementari saranno recuperati grazie a nuovi sponsor». 

Le foto che pubblichiamo, scattate di nascosto il 15 aprile nonostante il divieto imposto per quest'ultimo mese di volata finale, sono preoccupanti. Le abbiamo pubblicate immediatamente su oggi.it e, riprese da molti media, hanno rinfocolato le polemiche. 

Saranno parecchie le aree che verranno terminate solo a maggio inoltrato, lavorando di notte dopo l'uscita dei visitatori. Gli industriali bresciani hanno dovuto rinunciare alla prima delle sei giornate dedicate ai loro prodotti, che avrebbe dovuto tenersi il 7 maggio. Rimandata al 4 giugno.

Tuttavia Marco Balich, direttore artistico del Padiglione Italia, è tranquillo: «Ho gestito altri grandi eventi, si arriva sempre a fare le ultime cose la mattina dell'inaugurazione. Poi si parte e tutto funziona».

Ora sono al lavoro 800 uomini, su turni di 24 ore. Il doppio di quanti erano meno di due mesi fa. Non è facile non pestarsi i piedi. «Semplificare il possibile», è la parola d'ordine: magari con un montacarichi in meno, purché il resto funzioni. Tutte le parti destinate al pubblico saranno pronte: la piazza, lo spazio espositivo. E anche il lussuoso ristorante da 350 posti che Peck gestirà al quarto piano. Gli altri piani verranno completati con calma: quelli per gli uffici e per i servizi interni.

L'Albero della Vita, una volta terminato, avrebbe avuto bisogno di dieci giorni di collaudi. I tempi saranno ridotti all'osso, magari ce la si fa in cinque giorni.

Mauro Suttora

Wednesday, April 08, 2015

Fa arrestare il suo usuraio

Drammi sociali: quando il prestito si trasforma in una trappola

«Ho fatto arrestare il mio usuraio »

UNA COMMERCIANTE DI FIORI E PIANTE DI LA SPEZIA TROVA IL CORAGGIO DI DENUNCIARE IL SUO STROZZINO: VOLEVA INTERESSI DEL 147 PER CENTO SU 383 MILA EURO. 
LA SUA BATTAGLIA È DURATA OTTO ANNI, MA ORA IL «FINANZIATORE» È STATO CATTURATO

Oggi, 8 aprile 2015

di Mauro Suttora

Otto arrestati a Roma il 20 marzo: il clan Casamonica prestava soldi con interessi fino al 75 mila per cento. In cambio di 20 mila euro un imprenditore aveva dovuto versare 1,8 milioni. A Torre Annunziata (Napoli) arrestato lo zio del calciatore Ciro Immobile (Borussia Dortmund): accusato di usura ai danni di due avvocati. A Cuneo il 18 marzo iniziato il processo contro due funzionari della Bre Banca di Morozzo: denunciati da due imprenditori che subivano tassi usurari del 100% annuo (25% a trimestre).

Ogni giorno da tutta Italia arrivano notizie su strozzini che approfittano della crisi per prestar soldi con interessi assurdi. È una vera e propria piaga sociale, che si sta aggravando perché non tutti hanno il coraggio di denunciare gli «esattori», a volte mafiosi e camorristi. Quando succede, però, spesso le vittime ottengono giustizia.

«GLI AFFARI ANDAVANO, NON ERO IN DIFFICOLTA» 
È il caso di una fioraia di Varese Ligure (La Spezia), Raffaella Delpoio. È riuscita a far condannare il suo strozzino, Roberto Ceresa di Biella, a tre anni e sei mesi con sentenza definitiva nel 2012. E poche settimane fa Ceresa è stato catturato in Croazia, dov'era scappato. 

La vicenda della signora Delpoio è emblematica. Il suo "finanziatore" si era offerto di sostenerla spingendola ad ampliare la sua attività. Nel 2006 le aveva dato 383 mila euro, salvo pretenderne pochi mesi dopo 472 mila, con un interesse del 147%. «Mi ero fidata perché era un intermediatore finanziario consigliatomi da una banca», racconta la Delpoio, che sulla vicenda ha scritto un libro.

Non si trattava, infatti, di una commerciante in difficoltà: «Anzi, gli affari andavano così bene nella vendita di fiori e piante, che avevo deciso di espandermi nel settore biologico. All'inizio credevo perfino che il mio finanziatore fosse un amico. Invece in poco tempo creò un vorticoso giro di assegni, così l'ho denunciato alla Finanza di La Spezia». 

Aiutata dall'avvocato Luigi Pace e dalla sua amica deputata Paola De Micheli, la signora Delpoio ci ha messo anni per ottenere giustizia: «È stato un incubo, ho dovuto vendere tutto, anche gli oggetti personali, subire uno sfratto. Tornavo a casa da marito e figli e sorridevo facendo finta di nulla. Ora non è finita, attendo ancora un risarcimento, ma almeno ho vinto». Il volume della Delpoio inizia con queste righe: «Dedico questo libro al mio usuraio Roberto Ceresa affinché, leggendolo, possa con dignità chiedere scusa».
  

Come difendersi? Consigli pratici per le vittime dell'usura

Denunciare. Questo è il principale, se non unico consiglio che si può dare alle vittime dell'usura. Anche se quasi sempre assieme allo strozzinaggio ci sono altri reati come estorsione e violenze.
 
CONFCOMMERCIO E CONFINDUSTRIA AIUTANO
Le associazioni di commercianti e imprenditori aiutano i loro soci ad af rontare i processi, anche se è inutile nasconderlo: il coraggio bisogna trovarlo da soli.
 
LASCIARE SEMPRE PROVE, CON GLI ASSEGNI
«Intestate gli assegni dei pagamenti direttamente all'usuraio e non a terze persone», raccomanda la Delpoio nel suo libro, ? Oggi è la religione islamica a vietare non solo l'usura, ma anche i prestiti a interesse «scambiateli in presenza di qualcuno, usate i cellulari con registrazioni».
 
E SE MI ASPETTANO AL BUIO LA SERA?
«Non temete, i vostri aguzzini non verranno più a cercarvi dopo che avrete denunciato tutto alle Forze dell'ordine», dice la Delpoio, «perché sarete tutelati e protetti. Saranno loro stessi ad allontanarsi da voi, perché avete dimostrato che siete più forti. Saranno per una volta loro ad avere paura. Non è un'illusione, è vita vissuta».
 
CERCATE APPOGGI E RENDETE TUTTO PUBBLICO
Oltre a un buon avvocato, le vittime dell'usura devono farsi pubblicità in ogni modo su giornali, tv, Internet.

Mauro Suttora

Wednesday, April 01, 2015

Dante: 750 anni

ALIGHIERI COMPIE 750 ANNI ANCHE AL CINEMA

Biggio&Mandelli: I SOLITI IDIOTI SFIDANO DANTE 

I comici irriverenti (reduci da Sanremo) affrontano il Sommo poeta. E nel loro Solita Commedia scoprono i nuovi peccati e ci fanno ridere. «Ma stavolta senza parolacce», dicono. Mentre nel mondo...

di Mauro Suttora 

Oggi, 1 aprile 2015 

«Nel nostro film tutti potranno riconoscere i tanti peccatori che s'incontrano nella vita di ogni giorno: mariti che fanno i bambinoni, drogati di telefonini, poliziotti che sognano di caricare i cortei degli insegnanti. Tutti isterici, nevrotici, vacui, infelici. E violenti, perché si sentono in guerra».

Francesco Mandelli spiega a Oggi La solita Commedia, il film con cui i Soliti Idioti sono tornati nei cinema dopo i venti milioni di euro incassati dai loro due film del 2011-12. Sapevate che quest'anno si celebrano i 750 anni della nascita di Dante Alighieri? «Macché. Cercavamo solo un'idea per poter mettere in un film tanti personaggi diversi. Questo anniversario è un segno divino, o del destino».

I comici con gli incassi più alti d'Italia dopo Checco Zalone e Aldo, Giovanni e Giacomo non sono gli unici a ricordare quel 1265 da cui sono passati tre quarti di millennio. Il giorno esatto in cui nacque il Sommo poeta è sconosciuto, si sa soltanto che sta fra il 14 maggio e il 13 giugno. 

Ma già fra qualche settimana l'attore Tom Hanks e il regista Ron Howard arriveranno a Firenze per le riprese del terzo film tratto dai best seller mondiali di Dan Brown. Dopo il Codice Da Vinci e Angeli e Demoni, è la volta dell'Inferno: il professor Robert Langdon si lancerà alla ricerca di tracce dantesche nelle vie della città, in una spirale di misteri. 

E quanto sia attuale Dante nella cultura pop contemporanea lo hanno dimostrato anche il successo dei reading di Roberto Benigni, gli spot di Neri Marcorè per la Foxy con la Divina Commedia scritta su un rotolo di carta igienica, il videogioco Dante's Inferno, i Depeche Mode con il video della loro canzone Walking in My Shoes, Milla Jovovich con il suo debutto come cantante in The Divine Comedy...

Il più antico fra i recenti repechage è stato il Topolino-Dante del 1949-50, con Beatrice-Minnie e Virgilio-Pippo. Fra i più freschi, il protagonista della serie tv Mad Men che legge l'Inferno su una spiaggia hawaiana, e David Fincher, primo regista di The House of Cards nonché di Fight Club e The Social Network, i cui sette peccati capitali di Seven (con Brad Pitt, Kevin Spacey e Morgan Freeman) si ispiravano al Purgatorio.

«Onestamente, come tutti ho ricordi scolastici vaghi della Divina Commedia », ammette Mandelli, «buoni quelli dell' Inferno al terzo anno del liceo, mentre l'ultimo anno, nel '98, già lavoravo a Mtv come il "nongiovane" di Andrea Pezzi. Molte assenze, maturità con 37, e poco Paradiso ...»  

Nella Solita Commedia l'Inferno è nel caos: con il 2015 le sue porte si aprono a folle di peccatori sempre nuovi, che affollano l'ormai invivibile ufficio di Minosse. Una struttura burocratica così vecchia e antiquata non riesce a smaltire tali numeri e, dovendo trovare alle anime dannate una collocazione, mette a dura prova la resistenza dei suoi gironi istituzionali. 

Che fare? Chiamato a raccolta da Dio in persona (un Dio che fa affari, ristrutturazioni, pubblicità, rischia l'infarto, beve whisky e prende antidepressivi), Lucifero concorda sull'unica soluzione possibile: catalogare i nuovi peccatori in schiere inventate per l'occasione, destinandoli non più al sovraffollato Inferno, ma alla Terra. Il compito di trovare neonati gironi verrà affidato a Dante Alighieri-Mandelli che, più di ogni altro, per esperienza e cursus honorum può esaudire la richiesta.   

«Vi stupirete», assicura Mandelli, «perché scomparso il personaggio di Ruggero De Ceglie col suo turpiloquio continuo ed esagerato, in questo film non ci sono molte parolacce. Ma il risultato è ancora più graffiante e irriverente. Si può e si deve ridere di tutto: tic, idiozie, sensi di colpa». 

Insomma, i Soliti Idioti, dopo il passaggio a Sanremo con la canzone simil-Cochi e Renato, si rinnovano ma restano politicamente scorretti. E il duo Fabrizio Biggio-Mandelli diventa un trio: firma per la prima volta la regia, infatti, il compagno di scherzi di sempre Martino Ferro, già coautore nei precedenti.

E a Firenze rivive l'Inferno di Dante con Tom Hanks 
Vale 200 milioni di copie tradotte in 50 lingue e vendute in soli 15 anni, l'impero dello scrittore Dan Brown. E fra pochi giorni a Firenze iniziano le riprese di Inferno, terzo film tratto dai libri del 50enne romanziere americano dopo Il Codice Da Vinci (libro nel 2003, film tre anni dopo) e Angeli e Demoni (volume ambientato a Roma, nel 2000, pellicola del 2009). 

L'attesa è grande, perché questa vera e propria multinazionale letterario-cinematografi ca incassa miliardi di euro. Per la precisione, 750 milioni per il film Codice Da Vinci, e quasi 500 per Angeli e Demoni. Sempre con lo stesso autore, lo stesso protagonista (il professor Robert Langdon) interpretato dal medesimo attore (Tom Hanks) e diretti dallo stesso regista (Ron Howard, che da giovane fu indimenticato personaggio della serie tv Happy Days, amico di Fonzie). 

Dan Brown è innamorato dell'Italia. Con la scusa di scrivere i suoi best seller ci vive da parecchi anni per molti mesi all'anno. E ha fatto più di molti uf ci del turismo per promuovere il genio italiano nel mondo. Non che ne avesse bisogno, ma per esempio la Biblioteca Ambrosiana di Milano ha quadruplicato i visitatori (da 30 a 120 mila annui, per l'85% stranieri) con le mostre del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci dal 2009. Inferno sarà girato a Firenze, Venezia e Istanbul. Come sempre, Langdon avrà avversari spietati, fra misteri inquietanti, passaggi segreti e scienze occulte. E i puristi tremano per il povero Dante.   

È famosissimo in tutto il mondo 
Avete in tasca una moneta da due euro coniata in Italia? C'è Dante (1265-1321). Ma la fortuna del Sommo poeta (il cui vero nome era Durante) valica i confini nazionali. Il veicolo è la Società Dante Alighieri, che con i suoi 100 comitati in Italia e 450 nel resto del mondo è la principale scuola della nostra lingua per gli studenti stranieri. Solo negli ultimi 15 anni la Divina Commedia ha avuto sei nuove traduzioni inglesi.

Mauro Suttora  

Wednesday, March 18, 2015

Mario Draghi, weekend a Roma

IL GOVERNATORE DELLA BCE, PROBABILMENTE L'UOMO PIU' POTENTE D'EUROPA, HA SALVATO LA MONETA UNICA. RIUSCIRA' A FAR RIPARTIRE L'ECONOMIA ITALIANA?

di Mauro Suttora

Oggi, 11 marzo 2015

Mattina di esercizio fisico nella Capitale per Mario Draghi, dal 2011 presidente della Bce (Banca centrale europea), probabilmente l’uomo più potente del nostro continente. Accompagnato dal suo amato bracco ungherese, il banchiere ha percorso circa cinque chilometri fra corsetta, stretching e coccole al suo fedele amico, sempre protetto con discrezione dall’onnipresente scorta. Poi, un salto a cambiarsi nella casa romana dove torna da Francoforte nei pochi momenti liberi.
 
Infine, Draghi è andato con la moglie Maria Serenella in una pasticceria del centro, a compensare tanto salutismo con un bel peccato di gola.

Se lo merita, perché proprio in questi giorni sta raccogliendo i frutti di tre anni e mezzo di lavoro. Quando assunse la carica, infatti, l’euro era in crisi. Cinque dei 19 Paesi che hanno adottato la moneta unica traballavano. Dopo una cura severa, Spagna, Portogallo e Irlanda si sono rimesse in sesto. 

Anche l’Italia sta meglio: dall’inizio dell’anno è iniziata la risalita del Pil (Prodotto interno lordo). E la Grecia, nonostante le bizze del nuovo premier Alexis Tsipras e del suo pittoresco ministro Yanis Varoufakis, sta trattando le misure imposte dalla troika (Bce, Fmi e Commissione europea).

Lo aveva promesso, Draghi, con la famosa frase del luglio 2012 che rappresentò la svolta: «Faremo tutto quello che è necessario per sostenere l’euro». Bastarono quelle sue poche parole per zittire gli speculatori e far crollare lo spread. Un impegno che vale ancor oggi, contro i partiti populisti che vorrebbero l’uscita dalla moneta unica.

È bastato infatti l’annuncio di Draghi sulla manovra da 1.100 miliardi per sostenere i debiti pubblici europei (60 miliardi al mese per un anno e mezzo) a far scendere lo spread Italia/Germania a 90, e a far risalire le Borse. 

SuperMario ha piegato la resistenza dei tedeschi verso una maggiore solidarietà fiscale. Ma allo stesso tempo avverte: «I Paesi ancora in difficoltà, come l’Italia, devono fare le riforme». Infatti il prezzo del petrolio basso e l’euro debole non potranno sostenere per sempre le nostre esportazioni. E per abbassare le tasse che soffocano l’economia dobbiamo effettuare ancora sacrifici sulla spesa pubblica. 

Un piccolo sacrificio lo sta facendo anche lui. Lo stipendio di Draghi, infatti, è di “appena” 378 mila euro annui. Molto, ma niente rispetto alle decine di milioni dei suoi colleghi nelle banche private, dove lui ha lavorato fino al 2005. E meno del governatore della Banca d’Italia: 495 mila euro.

Il suo mandato a Francoforte finirà nel 2019. Allora avrà 72 anni. Andrà al Quirinale dopo Mattarella?
Mauro Suttora

Wednesday, March 11, 2015

Expo di notte


VISITA AI TURNI NOTTURNI DEI CANTIERI, A DUE MESI DALL'APERTURA

Oggi, 4 marzo 2015

di Mauro Suttora 

Speriamo che non piova. Mancano soltanto sette settimane all’inaugurazione dell’Expo di Milano, ma alcuni cantieri sono ancora indietro. Ognuno dei 145 Paesi partecipanti è responsabile per il proprio padiglione. Molti l’hanno terminato, altri sono ancora in alto mare. Quindi sono costretti a fare i turni notturni per rispettare i tempi. Ma troppi giorni di pioggia potrebbero ritardare i «cronoprogrammi», creando problemi.
 

Siamo andati a Rho, oltre la periferia nordovest di Milano, per vedere come si lavora di notte, alla luce dei fari. L’area dell’Expo sorge fra due autostrade: quella per Torino e quella di Como-Varese, verso la Svizzera. Ma si potrà arrivare anche con i mezzi pubblici: il capolinea della linea rossa della metropolitana è lo stesso che serve la Fiera. Grandi ponti portano alle entrate.

Tutto qui è gigantesco, e nell’oscurità sembra ancora più impressionante. Peccato che quasi tutte queste immense e preziose strutture servano per una manifestazione che durerà soltanto sei mesi. Uno dei padiglioni più grandi e strani, una vera e propria opera d’arte, è quello della Cina. Dal decumano, il viale centrale dell’Expo che prende il nome dall’antica Roma, per ora si vedono in lontananza grandi montagne russe di legno.

Ci avviciniamo. Il capocantiere del turno notturno, Mario Cannone, foggiano, ci spiega che le strutture curve in legno, prefabbricate in Friuli, sosterranno il tetto ricoperto di canne di bambù. Ma ce la farete? «Certo, è tutto programmato», sorride.
Lui arriva ogni mattina alla sette dal suo paese in provincia di Novara, e torna a mezzanotte. «In queste ore senza traffico ci metto solo venti minuti». La metà di quel che ci vuole per il centro di Milano. La sua famiglia lo vede pochi minuti di notte, ma lui è contento: «Il mio cantiere precedente era in Algeria, almeno adesso posso vivere a casa». 

Molti operai sono albanesi. Scopriamo un ingegnere bergamasco dell’impresa appaltante, la Bodino di Torino: «Quasi tutti i padiglioni dell’Expo sono in moduli prefabbricati, soprattutto in legno, così potranno essere smontati e ricostruiti altrove». La difficoltà più grossa, ci spiegano, è che il progetto cinese non prevede linee rette: «Solo curve, e per incastrare i pezzi con maxibulloni e viti dobbiamo rifinirli con le seghe al millimetro».

Il viavai di tir che consegnano i pezzi è continuo. Sarà così fino al primo maggio, quando arriverà il presidente Sergio Mattarella a inaugurare la festa. «Anzi, le ultime settimane saranno le più intense», ci spiega la nostra guida, il capufficio stampa Stefano Gallizzi, «perché molte nazioni hanno già finito i padiglioni, ma aspettano per arredare gli interni perché temono che lasciandoli lì vuoti si possano rovinare».

Insomma, ci sono addirittura i ritardi programmati del just-in-time. Intanto, migliaia di uomini delle squadre di addetti ai padiglioni stanno occupando gli alberghi di Milano e Brianza. I tedeschi hanno requisito un intero hotel verso Varese. Quasi tutti però si sono affidati a imprese di costruzioni e a studi di progettazione e di arredamento italiani: il nostro design, non a caso, domina il mondo. E ce ne accorgeremo ancora una volta in aprile, quando Milano diventerà come ogni anno la capitale del pianeta, invasa dai creativi per il Salone del mobile. Che, per fortuna, non si accavallerà con l’affollamento dei sei mesi dell’Expo.

Intanto la nostra auto procede sul decumano, facendo lo slalom fra furgoni, camion e addetti allo scarico con gru e carrelli.

Arriviamo al centro dell’Expo, dove sorge il padiglione Italia. Maestoso, bianco, bellissimo. Alto quattro piani, struttura in cemento armato, l’unico che resterà anche dopo la chiusura del primo novembre. Per la prima volta lo si vede con una fiancata terminata, e i ghirigori che disegnano le strutture di una pianta.




Dentro, fervono i lavori. Non si capisce ancora bene quale sarà il risultato finale, la distanza fra la realtà e il progetto è troppo forte. Lo si può intuire solo osservando i pezzi che stanno a terra, aspettando di essere montati con le maxigru. «Ma è solo questione di giorni, se tornate fra una settimana non riconoscerete più nulla», ci dice il capocantiere.

Soltanto per visitare la mostra che conterrà il padiglione Italia ci vorranno parecchie ore. E così per ogni altro padiglione. «La verità è che per vedere tutta l’Expo ci vorrebbero parecchi giorni», dice Gallizzi, «ma ovviamente la maggior parte dei turisti non può fermarsi così tanto a Milano».

Ci sarà quindi da fare una scelta, una volta entrati in questa maxiFiera. I visitatori saranno attratti dal padiglione del proprio Paese, oppure dai cosiddetti «cluster» che raggruppano nazioni che si sono coalizzate per svolgere un unico tema. Sempre nell’àmbito cibo e alimentazione, per esempio, i principali Paesi produttori di cacao staranno assieme: Cuba, Costa d’Avorio, Ghana, Camerun, Sao Tomé e Gabon. Il trionfo del cioccolato.

Accanto a palazzo Italia ci sono i padiglioni dell’Unione europea e di Israele. Forse per ordine alfabetico, o forse per caso. Viene subito in mente il problema sicurezza. La tentazione, per qualsiasi malintenzionato, di farsi pubblicità anche solo con la rivendicazione di un petardo, potrebbe essere forte. Per questo l’area Expo è protetta da muri, cancelli e reti invalicabili. Telecamere controllano ogni metro di superficie. Ma l’esperienza di altri grandi eventi, come le Olimpiadi di Londra tre anni fa, è preziosa. 

Fondamentale sarà l’opera di centinaia di volontari che, a Milano città come all’Expo, convoglieranno la marea umana dando informazioni col sorriso. Un calore umano che spesso i visitatori delle Esposizioni del passato (Shanghai, Siviglia, Lisbona) hanno portato a casa come un ricordo ancor più bello delle tante meraviglie esposte negli stand.

Intanto, gli operai lavorano ancora nel fango. Speriamo che la primavera non sia piovosa. Altrimenti l’ultimo asfalto verrà messo col batticuore, poche ore prima dell’inaugurazione.
Mauro Suttora




Wednesday, February 25, 2015

Pansa: «Salvini, volgare furbastro»

MATTEO SALVINI? UN FURBASTRO DI SUCCESSO

«Populista, volgare, sfida il ridicolo per far parlare di sé: è un politico di oggi». Così Giampaolo Pansa descrive il capo leghista. E lo confronta con i grandi conservatori, da Scelba ad Almirante. «Normale che si allei con Marine Le Pen». E Grillo? «Sembra il capo della X Mas»  

di Mauro Suttora

Oggi, 25 febbraio 2015

«Fa sembrare Silvio Berlusconi un matusalemme da ospizio. Ha spedito nel reparto anticaglie il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. Ha annichilito i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Ha messo in guardaroba i vecchi capi leghisti Umberto Bossi e Bobo Maroni. Tutto in pochi mesi, con tanti blitz che ricordano il Berlusconi del 1994».

Giampaolo Pansa, l’ultimo capitolo del suo nuovo libro, La Destra siamo noi (Rizzoli), è tutto dedicato a Matteo Salvini.
«Il capo del Carroccio è davvero un esemplare politico del nostro tempo: furbastro, volgare, pronto a sfidare il ridicolo pur di far parlare di sé. In lui non c’è più nulla della vecchia destra. Che cosa ne avrebbero detto Scelba, Almirante o Montanelli? Ecco una domanda che non inquieta il ragazzone, il quale dalla copertina di Oggi ci ha offerto il capezzolo rosato, l’ascella pelosa e una posa da catalogo per incontri a luci rosse».

Per ora ha incontrato la Le Pen.
«Nella sua deriva populista contro l’euro e a favore di Putin, era fatale che incontrasse la signora con il carisma che ha sedotto la Francia».

E che ha distrutto D’Alema, in un duello tv a Di Martedì di Floris.
«D’Alema è da troppo tempo sulla scena. Come me, anche se io spero di salvarmi non annoiando i lettori».

Certo non con questo libro. Perché l’ha scritto?
«Perché, in un momento come questo in cui in Italia il centrodestra non esiste più e la destra è a pezzi, volevo raccontare la storia di una quarantina di “destri” che invece hanno fatto la storia: Fanfani, Rauti, Guareschi, Romiti, Gelli, Bisaglia, Rumor, Freda...»

Fascisti, dc, industriali, giornalisti.
«Alcuni possono apparire fuori posto. C’è perfino un eroe civile come Giorgio Ambrosoli, l’avvocato che si battè contro Sindona. Tutti accomunati dall’essere di destra, una parola che oggi però non puzza più di fascismo».

Come mai oggi la destra ha l’euro come suo principale bersaglio?
«Tutta l’Europa è minata alle fondamenta dalla crisi economica, che è diventata crisi sociale. Quindi chiunque proponga di fuggire dallo stato attuale  prende voti. C’è da dire che se l’Europa ha la faccia di Draghi, è ottima. Se invece ha quella del presidente della Commissione Juncker, sembra quella di un ubriaco».

Pure Grillo è antieuro. È di destra?
«Inclassificabile. Ma ormai è in curva discendente, i suoi deputati lo mollano. Nel mio libro c’è un personaggio che come lui ce l’aveva con la partitocrazia inefficiente e corrotta: Junio Valerio Borghese, capo della X Mas».

Grillo sta con l’inglese Farage.
«Quello mi sembra un cialtrone, anche se pare andrà bene al voto di maggio».

E il capo di Pegida, i tedeschi anti-Islam, che si è fatto fotografare in posa da Hitler?
«Guardi, l’unica che seguo in Europa  è la Le Pen. Anche perché nel fisico massiccio  mi ricorda mia madre, che faceva la modista».

Dei personaggi di destra che rievoca, chi potrebbe servire oggi?
«Almirante. Intelligente, astuto, forte. Sapeva stare al mondo. Oggi nella politica italiana mancano gli hombre vertical, quelli che rassicurano l’uomo della strada perché incutono rispetto».

E Renzi?
«È solo un bullo, un ganassa convinto di poter fare tutto. Autoritario: neanche lui immagina quanto lo sia, si farà brutte sorprese. Si sente senza limiti perché la destra è scomparsa. Ma non può fare tutte le parti in commedia. Oggi in Italia non c’è opposizione».

C’è Forza Italia.
«È diventata un ricovero per vecchi, guidata da un 78enne che non può competere con Renzi e Salvini. Il proverbio dice che “col sole al tramonto anche l’ombra del nano si allunga”, ma i fedeli di Berlusconi non possono tenerlo in vita politicamente imbalsamandolo come Lenin».

Nel suo libro ci sono molte storie di sesso. Compresi due premier della Dc chiacchierati come gay.
«La Democrazia Cristiana era la fotocopia dell’Italia: c’era dentro tutto. E liberale: si potevano scrivere le peggior cose contro di loro, senza troppe conseguenze. Il Pci, invece, ci avrebbe fucilati. Ma, soprattutto, la Dc è immortale. L’elezione di Mattarella a presidente dimostra che è ancora viva».

Cosa pensa di Mattarella?
«Lo stimo molto. Riuscirà a fare da argine a Renzi».
Mauro Suttora


Wednesday, February 18, 2015

I misteri dei nuovi cardinali

PAPA FRANCESCO NE HA NOMINATI 15, MA ALCUNE SCELTE SONO SINGOLARI. COME QUELLA DEL VESCOVO DI TONGA, CHE HA SOLO 15MILA FEDELI. MENTRE OGNUNO DEI QUATTRO CARDINALI BRASILIANI RAPPRESENTA BEN 41 MILIONI DI CATTOLICI

di Mauro Suttora

Oggi, 21 gennaio 2015

Con tutto il rispetto e la simpatia per monsignor Patita Paini Mafi, vescovo di Tonga, appena annunciato da papa Francesco come uno dei quindici nuovi cardinali che entreranno nel Concistoro del 14 febbraio, nella sua isola i cattolici sono appena 15 mila, su quasi centomila abitanti. In Brasile, invece, ognuno dei quattro cardinali «rappresenta» 41 milioni di fedeli (su un totale di 164 milioni): 2.800 volte più che a Tonga. 

E così nelle Filippine, dove i 70 milioni di cattolici hanno «appena» due cardinali, o in Colombia, Perù e Venezuela, in cui un solo porporato si fa carico di decine di milioni di pecorelle.
     
Per non parlare di interi Paesi senza cardinali, nonostante abbiano milioni di fedeli: 12 in Ecuador, 11 in Uganda, 8 in Angola, 7 in Belgio, 4 in Slovacchia e Ucraina.

Questo avviene perché in realtà il Collegio cardinalizio non funziona come un Parlamento mondiale della Chiesa cattolica. E quindi oltre ai criteri di rappresentanza numerica, il papa tiene conto di altri fattori. Per esempio quello della valorizzazione delle periferie, o di singoli vescovi che vengono premiati per la loro opera pastorale, o apporto intellettuale e di devozione. 

Poi ci sono i retaggi storici,  che ancor oggi fanno avere all’Italia ben 26 cardinali elettori (con meno di 80 anni), ovvero uno ogni due milioni dei nostri 52 milioni di fedeli. E all’Europa 75 porporati, quasi la metà del totale.

Premiata l’Asia
In questa nuova infornata è stata premiata l’Asia. Hanno ottenuto un cardinale la Birmania, nonostante abbia solo mezzo milione di cattolici su 50 milioni di abitanti (l’1 per cento), la Thailandia, con 300 mila fedeli su 60 milioni, e il Vietnam, con otto milioni di cattolici su 80.

Anche sui due nuovi cardinali italiani, comunque, le scelte di papa Francesco sono state singolari. Invece di elevare alla porpora l’arcivescovo di Torino e il patriarca di Venezia, come da tradizione, ha preferito loro i vescovi di Ancona e Agrigento. E senza neppure avvertirli.
Mauro Suttora

Wednesday, February 11, 2015

Rosy Bindi: "Il mio Mattarella"

NOI CATTOLICI DEMOCRATICI, INCOMPRESI ANCHE NELLA CHIESA

di Mauro Suttora

Oggi, 4 febbraio 2015

"Quando sono entrata in Parlamento nel 1992 avevo alla destra del mio seggio Sergio Mattarella, e a sinistra Leopoldo Elia. Ho imparato molto da loro. E' stata una gran scuola: quella di Aldo Moro, Zaccagnini, La Pira, Dossetti. Insomma, i cattolici democratici della sinistra Dc".

Rosy Bindi è considerata la sorella politica del nuovo presidente della Repubblica. Insieme, e con Enrico Letta, Dario Franceschini e Rosa Russo Jervolino, hanno contrastato Rocco Buttiglione che dopo Tangentopoli voleva spostare il partito Popolare (ex Dc) nel centrodestra. E nel '96 hanno fatto nascere l'Ulivo di Romano Prodi, primo abbozzo del partito Democratico con gli ex comunisti.

Ora è seduta nel Transatlantico, la sala di Montecitorio accanto all'aula dove ha appena votato nella seduta che sta mandando Mattarella al Quirinale. È uno dei giorni più felici della sua vita politica. Tutti vengono a congratularsi.

Lei non sta nella pelle, ci dà la sua prima intervista ma avverte: "Appena inizia lo spoglio torno dentro, per sentire i voti uno a uno".

Ma il risultato è sicuro.
"Non si sa mai. Voglio soffrire fino all'ultimo".

È da parecchio che soffre, Rosy Bindi. Prima per Berlusconi, poi per un Matteo Renzi che assomigliava troppo a Berlusconi.
"Quasi tutto perdonato. Vado ad abbracciarlo. L'elezione di Mattarella è un capolavoro".

Quando ha conosciuto il nuovo presidente?
"Mattarella aveva già dieci anni di esperienza parlamentare quando approdai a Roma. Era stato eletto alla Camera nell'83, raccogliendo l'eredità del fratello Piersanti assassinato dalla mafia. Diventammo subito amici".

Anche con la sua famiglia?
"Sì. Sua moglie, scomparsa due anni fa, era una donna straordinaria: l'opposto di lui per temperamento, ma uguale acutezza. Fui ospite da loro a Palermo, loro da me in montagna".

È vero che lo chiamavano 'Martirello' per l'aria lugubre e sofferta?
"E' molto riservato, ma ha un senso spiccato dell'humour".

Com'e' che si dimise da ministro contro Berlusconi?
"Nel 1990 la legge Mammi' salvò le tv Fininvest da una direttiva europea che vietava il possesso di tre canali da parte di un solo privato. Cosi' tutti i ministri della sinistra Dc se ne andarono dal governo Andreotti. Lui lasciò la Pubblica istruzione: una scelta drastica e irrevocabile improbabile per un Dc, ma non per un cattolico democratico".

Lei nel 1980 era accanto al professor Vittorio Bachelet ucciso dai brigatisti rossi. Un mese prima Mattarella vide morire il fratello fra le sue braccia. Vi unisce il dolore?
"Sì, ma anche tante battaglie combattute assieme, come quelle contro il Caf di Craxi, Andreotti, Forlani, e contro Berlusconi. Quando lui era vicepresidente del governo D'Alema nel '99 ebbi un forte appoggio per portare a termine la riforma della Sanità. Siamo cristiani ma pratichiamo la laicità, come ho dimostrato con i Dico, i Diritti dei conviventi. Noi cattolici democratici, prima di papa Francesco, abbiamo attraversato anni difficili anche dentro la Chiesa, con la presidenza Ruini della Cei".

Nel 2008 Mattarella lasciò la politica, non si ricandido'.
"Troppo cinismo e tatticismo nei partiti. Decisione non indolore, per un fondatore del Pd. Ma che si è rivelata provvidenziale, perché essere fuori dai giochi ha favorito questa sua elezione a presidente". 
Mauro Suttora