PAPA FRANCESCO NE HA NOMINATI 15, MA ALCUNE SCELTE SONO SINGOLARI. COME QUELLA DEL VESCOVO DI TONGA, CHE HA SOLO 15MILA FEDELI. MENTRE OGNUNO DEI QUATTRO CARDINALI BRASILIANI RAPPRESENTA BEN 41 MILIONI DI CATTOLICI
di Mauro Suttora
Oggi, 21 gennaio 2015
Con tutto il rispetto e la simpatia per monsignor Patita Paini Mafi, vescovo di Tonga, appena annunciato da papa Francesco come uno dei quindici nuovi cardinali che entreranno nel Concistoro del 14 febbraio, nella sua isola i cattolici sono appena 15 mila, su quasi centomila abitanti. In Brasile, invece, ognuno dei quattro cardinali «rappresenta» 41 milioni di fedeli (su un totale di 164 milioni): 2.800 volte più che a Tonga.
E così nelle Filippine, dove i 70 milioni di cattolici hanno «appena» due cardinali, o in Colombia, Perù e Venezuela, in cui un solo porporato si fa carico di decine di milioni di pecorelle.
Per non parlare di interi Paesi senza cardinali, nonostante abbiano milioni di fedeli: 12 in Ecuador, 11 in Uganda, 8 in Angola, 7 in Belgio, 4 in Slovacchia e Ucraina.
Questo avviene perché in realtà il Collegio cardinalizio non funziona come un Parlamento mondiale della Chiesa cattolica. E quindi oltre ai criteri di rappresentanza numerica, il papa tiene conto di altri fattori. Per esempio quello della valorizzazione delle periferie, o di singoli vescovi che vengono premiati per la loro opera pastorale, o apporto intellettuale e di devozione.
Poi ci sono i retaggi storici, che ancor oggi fanno avere all’Italia ben 26 cardinali elettori (con meno di 80 anni), ovvero uno ogni due milioni dei nostri 52 milioni di fedeli. E all’Europa 75 porporati, quasi la metà del totale.
Premiata l’Asia
In questa nuova infornata è stata premiata l’Asia. Hanno ottenuto un cardinale la Birmania, nonostante abbia solo mezzo milione di cattolici su 50 milioni di abitanti (l’1 per cento), la Thailandia, con 300 mila fedeli su 60 milioni, e il Vietnam, con otto milioni di cattolici su 80.
Anche sui due nuovi cardinali italiani, comunque, le scelte di papa Francesco sono state singolari. Invece di elevare alla porpora l’arcivescovo di Torino e il patriarca di Venezia, come da tradizione, ha preferito loro i vescovi di Ancona e Agrigento. E senza neppure avvertirli.
Mauro Suttora