Regionali al centrodestra e governo Franceschini
8 febbraio 2020
intervista a Mauro Suttora
Il governo resta dov’è, almeno fino alle regionali. E se nelle urne qualcosa dovesse cambiare, il futuro si chiamerebbe Dario Franceschini, “capo delegazione” Pd al governo, in realtà un perfetto Dc, proprio come Conte, dice al Sussidiario il giornalista Mauro Suttora.
Per M5s, che resisterà fino a che ci saranno eletti e portaborse, si prefigura un duumvirato Di Maio-Taverna. Solo un 6 a 0 alle regionali potrebbe cambiare davvero la partita; in quel caso, anche Mattarella dovrebbe rassegnarsi a sciogliere le Camere.
Dopo Salvini, è toccato alla Meloni andare negli States in cerca di sostegno politico. Le sorti del centrodestra dipendono da una nuova vittoria di Trump?
No, Trump non c’entra nulla. Dipendono purtroppo da Di Maio e Taverna: se i 5 Stelle si spappolano e il governo cade, potrebbe toccare al centrodestra. Ma poi, chi ha detto che si vota?
A fugare ogni dubbio ci ha pensato Repubblica. “Avviso del Quirinale: non ci sono altre maggioranze nella legislatura”.
Il centrosinistra sa di dover tenere in piedi questa maggioranza a qualsiasi costo. Anche Renzi e i 5 Stelle lo sanno. Certo, se alle regionali di maggio e giugno ci fosse una disfatta totale sia di M5s che del Pd, è evidente che l’attuale assetto non terrebbe più.
E se si ripete su scala maggiore il risultato dell’Emilia-Romagna?
Se il Pd tiene, attestandosi al 20%, e M5s crolla dal 32 al 3%, con il centrodestra che perde di misura, a quel punto Conte cade e nasce il governo Franceschini.
Come si mettono le cose in casa 5 Stelle?
Secondo me M5s continuerà ad avere se va bene il 15% nazionale, una media tra il 5% al Nord e al massimo il 20% al Sud. Ma c’è un fatto nuovo, passato quasi del tutto inosservato.
Non il fantasma di una scissione, non il 6% di cui sarebbe accreditato un partito di Paragone e Di Battista?
No. Domenica scorsa all’Hotel Ramada di Napoli si è avuto un colpo di scena, perché la base vera di M5s è stata interpellata per la prima volta. C’erano 400 attivisti e il 90 per cento di loro hanno detto no a un’alleanza con il Pd alle prossime regionali in Campania. Un’assemblea vera, fisica, per nulla virtuale, fatta di persone che prendono lo stipendio grazie ai posti ottenuti da M5s in Comuni, Regioni, Camera e Senato. Senza Rousseau la differenza c’è e si sente.
Dunque si va verso uno scontro aperto tra base e governativi filo-Pd?
Sì, ma in realtà sono tutti governativi, perché sanno che questo governo è la loro ultima occasione per avere uno stipendio. I duecento deputati e i cento senatori hanno tutti uno o due portaborse, è un grande gruppo di pressione che lotta per la propria sopravvivenza. Se arriva Di Battista a dire “Venite con me all’opposizione”, lo spernacchiano come hanno fatto con Grillo a Napoli la settimana scorsa.
Pronti a mandar giù di tutto?
Sì. Accetteranno qualsiasi cosa pur di continuare la legislatura e rimanere al governo. Anche un governo Franceschini a guida Pd, dopo la prevedibile batosta alle prossime regionali.
E accetterebbero di fare i comprimari?
Ciò che possono fare al massimo è indorare la pillola. Questo non esclude che ci saranno regolamenti di conti interni.
Chi vedremo in lizza per la leadership?
L’alternativa sarà tra Di Maio e Taverna. Tutti e due sono furbi e sanno bene che non possono governare il partito contro l’altra parte. Probabilmente faranno un duumvirato.
Renzi, Bonafede, Zingaretti, Conte: chi vince la partita sulla prescrizione?
Quelli che stanno zitti: i veri democristiani come Franceschini. Renzi fa rumore, ma finché i sondaggi lo inchiodano a percentuali irrisorie non può rischiare di andare alle urne perché verrebbe spazzato via. Lo stesso vale per Di Maio e Conte.
Uno dei maggiori pericoli per ciò che resta di M5s non viene proprio da Conte e dal suo progetto di fare un partito di sinistra-centro?
Conte non prenderebbe un voto né dagli attivisti né dagli elettori grillini. Se si presenta da solo fa la fine di Renzi.
Il governo è paralizzato su tutti i dossier, in più sul 5G ha stretto un patto con la Cina che non piace agli Usa. Come può essere ancora in piedi?
Conte è come Franceschini, è un democristiano di quattro cotte, un affabulatore bravissimo a barcamenarsi. Però sul 5G l’Italia deve assolutamente chinare la testa e lo farà. È anche vero che la Cina è in difficoltà e se non riesce rapidamente a trovare una cura per il coronavirus, si aprono scenari da colpo di Stato. A quel punto Huawei e la Via della Seta diventerebbero l’ultimo dei problemi.
Intanto, ammesso che le regionali possano cambiare il quadro politico, nei palazzi ci si attrezza in vista del 2022.
Come andrà a finire?
Non possiamo saperlo. Vista la rapidità con cui cambia oggi la politica, quei calcoli hanno la stessa affidabilità delle previsioni del tempo. Se Liguria e Veneto restano al centrodestra, tutto si gioca sulle restanti 4 Regioni: Marche, Toscana, Puglia e Campania.
E davanti a un 6-0?
Anche Mattarella dovrebbe sciogliere le Camere. La soluzione intermedia, più probabile, è quella del cambio di premier: Franceschini al posto di Conte con un governo più spostato sul Pd e sostenuto dalla stessa maggioranza di adesso.
Federico Ferraù