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Thursday, December 19, 2019

Meglio lo stop per Mattarella junior

IL NIPOTE DEL PRESIDENTE È AD DI MEDIOCREDITO, CHE DEVE SALVARE LA BANCA POPOLARE DI BARI. MA DAL 2000 AL 2007...

di Mauro Suttora

La Verità, 19 dicembre 2019



Bernardo Mattarella guiderà il carrozzone parastatale che diventerà la sua Banca del Mezzogiorno - Mediocredito Centrale, la quale ha appena ricevuto 900 milioni per salvare la Popolare Bari?

Sarebbe un caso di nepotismo in senso letterale, visto che Mattarella è il nipote del presidente della Repubblica Sergio. Non nella sostanza, poiché la carriera del 53enne Mattarella junior brilla indipendentemente dallo zio. Dopo la laurea in Economia alla Sapienza di Roma si è fatto strada alla Arthur Andersen, colosso internazionale per la revisione dei bilanci. Nel 1997 entra in Mediocredito centrale, e scala tutte le posizioni passando anche per la controllante Invitalia, finché due anni fa è nominato amministratore delegato della Banca del Mezzogiorno.

C’è però un intermezzo di sette anni (2000-2007) che ora potrebbe risultare imbarazzante per lui e per il Quirinale. Mattarella infatti in quel periodo abbandona il settore pubblico e diventa dirigente in varie società finanziarie controllate dalla Banca Popolare di Vicenza: Nuova Merchant, Nem sgr, Fondo Nuove Infrastrutture. E soprattutto Banca Nuova, guidata da un altro ex del Mediocredito: il potente Francesco Maiolini, che ambisce a farla diventare la banca più importante della Sicilia.

Per questo nel 2000 Banca Nuova acquisisce al prezzo di quasi 300 miliardi di lire la Banca del Popolo di Trapani, istituto chiaccherato per trascorsi mafiosi, e per di più oberato da crediti inesigibili. Banca Nuova assume figli e mogli di potenti, magistrati e politici, e per un po’ sembra la perla meridionale della galassia vicentina guidata dall’arrembante Gianni Zonin, alla quale conferisce una dimensione nazionale.

Sappiamo com’è finita: nel 2017 il crac del gruppo Banca Popolare di Vicenza costa ai contribuenti cinque miliardi di euro, più dodici in garanzie. Mattarella se n’era già andato da dieci anni, quindi è estraneo al fallimento. Tuttavia quella sua incursione al Sud, lo stesso Sud che ora dovrebbe salvare, non fu certo fortunata.

C’è abbondanza di Bernardi, nella famiglia Mattarella. In questi giorni non pochi confondono il banchiere, figlio di Antonino, con due suoi cugini: il figlio docente universitario del presidente Sergio, che per evitare confusioni aggiunge Giorgio al suo nome; e il Bernardo 60enne figlio di Piersanti (ucciso dalla mafia), che nel 2008 subentrò come consigliere regionale pd in Sicilia ad Anna Finocchiaro. Tutti chiamati così in onore del patriarca Bernardo, padre del presidente della Repubblica, per vent’anni deputato e ministro dc.

Ora è il turno della terza generazione Mattarella. Ma forse all’ottimo Bernardo banchiere converrebbe aspettare due anni, fino alla fine del mandato dello zio, per evitare qualsiasi maldicenza.
Mauro Suttora

Friday, February 08, 2019

Parla la sovranista che ha sfidato Emma Bonino

PRIMA INTERVISTA A PAOLA RENATA RADAELLI: "MOLTI DI NOI SONO RIMASTI NEL PARTITO +EUROPA ANCHE DOPO LE ESPULSIONI".
E DUE SONO ADDIRITTURA STATI NOMINATI DIRIGENTI DALLA CORRENTE DI TABACCI

di Mauro Suttora

La Verità, 6 febbraio 2019

Pirata o piranha? L’hanno accusata di avere assaltato +Europa, il partitino di Emma Bonino, con centinaia di iscritti all’ultimo minuto per ribaltare i risultati del suo primo congresso.
Una 'scalata ostile sovranista’: così è stata definita la sua candidatura a segretaria con tanto di lista di candidati, tutti sconosciuti ai boniniani, a dirigenti e militanti della formazione europeista.

“Volevamo soltanto portare avanti le nostre idee dentro al partito, che si dichiarava aperto a tutti”, dice ora a La Verità Paola Renata Radaelli, che parla per la prima volta della sua iniziativa.

Una provocazione?
“No. Io e altre persone abbiamo preso sul serio lo statuto di +Europa, che permetteva di iscriversi e candidarsi fino a dieci giorni prima del congresso del 27 gennaio a Milano. E lo abbiamo fatto, pagando online 50 euro a testa”.

Ma signora, come pensavate di essere accettati in un partito dove nessuno vi aveva mai visto? Era uno scherzo?
“No, le ripeto che eravamo in buona fede”.

Però vi siete iscritti in massa, cosa vietata dallo statuto.
“Altre adesioni collettive sono state accettate nelle scorse settimane. Perché loro sì e noi no?”

Perché gli ex democristiani di Bruno Tabacci hanno fondato +Europa un anno fa assieme ai radicali della Bonino. Anzi, se non le avessero offerto il loro simbolo, lei non sarebbe neanche riuscita a raccogliere le firme per le elezioni del 4 marzo, in cui ha preso il 2,6% ed eletto quattro parlamentari in coalizione col Pd. Mentre voi gravitate nel centrodestra.

“Chi l’ha detto?”
Lei si candidò alle amministrative in Liguria. E il suo capolista era nel partito di Gianpiero Samorì, alleato di Berlusconi.

“Anche Della Vedova, segretario di +Europa, è stato nel centrodestra in passato. Io ora sono solo la segretaria dell’Unavi, l’Associazione nazionale vittime di reati che si batte per la loro tutela. Volevo portare le nostre lotte anche in Europa. Per esempio, una petizione con 25mila firme”.

La vostra lista si chiamava ‘In Europa sì, ma non così’. E in una foto lei abbraccia Salvini.

“Unavi è apartitica, e ci sono mie foto con politici di tutti i partiti. Per esempio Orlando, l’ex ministro pd della Giustizia”.

Quindi lei non è sovranista?
“Se sovranismo vuol dire stare dalla parte delle vittime, sì. Ma nel nostro programma c’era scritto chiaro che siamo europeisti. In Europa, per cambiarla”.

Dicono così anche leghisti e grillini, i principali avversari di +Europa.
“Non sono vicina a loro. La foto con Salvini è di prima che diventasse segretario”.

Cos’ha votato alle ultime politiche?
“È un fatto privato”.
Ma come, non voleva buttarsi in politica?
“Io non mi butto da nessuna parte”.

Cosa pensa della Bonino?
“La stimavo per le battaglie su divorzio e aborto”.
E ora?
“Mi ha cacciato senza neanche sentirmi”. Perché non le ha telefonato lei?
“Al congresso avremmo potuto parlarci”.
E di Tabacci che pensa?
“Non lo conosco”.

Fatto sta che vi hanno espulsi in 190, ridandovi i soldi.
“I nostri erano molti meno”.
Ma lei ha parlato con qualche dirigente di +Europa?
“Mi ha telefonato l’amministratrice Silvia Manzi chiedendomi i motivi delle nostre adesioni. Poi ci ha radiato, con la scusa che alcune provenivano dallo stesso indirizzo di posta elettronica”.

Però molti sono riusciti a rimanere. Due sono stati addirittura eletti dirigenti: Roberto Baldi e la lucana Isabella Gentile. Prima erano in lista con lei, ora sono passati nella lista di Tabacci.
Quanti eravate in tutto?
“Non glielo dico”.
E perché?
“…”
Quindi dentro +Europa è rimasta una vostra quinta colonna di ‘dormienti’?
“Se usa questi termini la saluto”.

Chi erano i suoi candidati?
“Amici di tutta Italia”.
Di che tipo?
“Persone incontrate negli anni”.
Ma li conosceva tutti personalmente? “Certo che no, non potevo convincere centinaia di persone a iscriversi. Alcuni amici hanno portato altri amici”.

Come Matteo Riva, il quarto nella sua lista che poi ha avuto un abboccamento anche con la corrente di Della Vedova? Sapeva che era un dirigente tabacciano?
“No”.

Ora i radicali accusano i democristiani di Tabacci di avere ‘cammellato’ iscritti al congresso per vincerlo: decine di persone cui avrebbero pagato tessera e viaggio in pullman, soprattutto dal sud.
“Quindi vede che il vero problema non ero io”.
Mauro Suttora