Il grande progetto medico-scientifico di Umberto Veronesi rischia di nascondere anche qualche speculazione edilizia per cementificare il Parco Sud, ultimo polmone verde di Milano?
Milano, 30 dicembre 2010 (Agenzia Radiocor) - Salvatore Ligresti scommette sul Cerba (Centro europeo ricerca biomedica avanzata), ma punta a ottenere ulteriori volumetrie nelle aree circostanti il nuovo centro milanese di biomedica avanzata, e a edificare, in particolare, sui 60mila metri quadrati di Macconago, adiacenti all'istituto progettato da Stefano Boeri.
Queste strategie emergono da alcuni documenti riservati, consultati da Radiocor, che l'Ingegnere ha inviato, tramite le holding di famiglia, in particolare Immobiliare Costruzioni (Imco) e Altair, ai vertici del Comune di Milano per chiedere modifiche al nuovo Piano di Governo del territorio (Pgt) su terreni di loro pertinenza.
Le richieste di Ligresti sono attualmente al vaglio degli esperti comunali ma, a prescindere dalla risposta, rivelano l'assoluta centralita' degli esiti del Pgt nelle strategie di sviluppo delle holding dell'Ingegnere. Attualmente le aree del Cerba sono in pegno alle banche come garanzia per il rifinanziamento di Sinergia, la principale cassaforte dei Ligresti.
INVECE, 10 MESI FA, QUESTO ARTICOLO SU LIBERO:
Ligresti: "Su Cerba non facciamo speculazione edilizia"
Milano, 11 feb. 2010 (Adnkronos) - "Bisogna evitare di dire che si fa speculazione edilizia, perche' le aziende per sopravvivere devono guadagnare, altrimenti muoiono. Non siamo la Banca d'Italia, che stampa i soldi". Salvatore Ligresti, membro del Cda della Fondazione Cerba (Centro di ricerca biomedica avanzata), non usa mezzi termini nel difendere la gestione del progetto per la nascita del polo di ricerca che sorgera' a Milano, nei pressi dell'Ieo (Istituto europeo di oncologia) diretto da Umberto Veronesi.
A margine di un incontro all'Ieo 2 con il cardinale Dionigi Tettamanzi, in visita pastorale nella struttura di via Ripamonti, Ligresti sottolinea: "Questi sono interventi di grande interesse, dove sono previste anche le residenze per i ricercatori. E se ci danno i permessi per edificare, in due anni saremo in grado di completare buona parte del Cerba". Il programma e' di partire entro quest'anno. "I fondi - prosegue - li stiamo trovando. Ci sara' anche un grande parco che sara' gestito per trent'anni dall'Ieo".
Ligresti lancia infine un appello rivolto a tutte le amministrazioni: "L'iter burocratico e' lungo. Certo, se snellissero le procedure, specie per questo tipo di opere, sarebbe meglio". Il completamento del Cerba, che costera' centinaia di milioni di euro, "non dipende solo da noi - avverte il presidente onorario di Fondiaria Sai - Crediamo che le amministrazioni dovrebbero creare una piccola struttura ad hoc, che segua l'iter, semplifichi le procedure e si occupi delle collaborazioni con il privato. Dovrebbe succedere anche per CityLife e per la Citta' della moda, grandi opere che cambiano il volto di Milano". Lavori, conclude il costruttore, "che hanno bisogno di collaborazione ed e' tutto alla luce del sole".
PER SAPERNE DI PIU':
questo articolo di Stefano Rossi del 2008 su Repubblica.
E questo capitolo del libro 'La Colata' (ed. Chiare lettere, 2010) di Andrea Garibaldi, Ferruccio Sansa e altri
Thursday, December 30, 2010
Wednesday, December 29, 2010
La pagella di Severgnini
LO SCRITTORE DA' I VOTI AI POLITICI
Oggi, 29 dicembre 2010
Il Parlamento di Severgnini
Berlusconi: 6. Si applica da 16 anni, qualche risultato in più dovrebbe ottenerlo.
Carfagna: 5. Studia ma è umorale, spesso si distrae. E distrae tutti i compagni seduti nei banchi vicini.
Gelmini: 5 . Grande senso del dovere. Ma la grinta bresciana non le basta.
Santanchè: 4. È omonima di quella che accusava Berlusconi di «vedere le donne solo in posizione orizzontale»?
Letta: 6. Capoclasse coscienzioso, ormai ha l'espressione del protomartire.
Tremonti: 6. Con pochi soldi, fa quel che può. Però deve rispondere più spesso alle interrogazioni.
Bondi: 5. Si applica, ma non basta. La cultura è la nostra industria.
Fini: 5. Se vuole cambiar classe, vada. Non può stare tutto il giorno sulla porta.
Bocchino: 5. Sulla porta c'è spazio per uno, non per due.
Polidori, Siliquini & c.: 4. Bocciati.
Napolitano: 8. Il preside è paziente.
Bersani: 5. Deve diventare capoclasse, invece continua a giocare nascondendosi nei banchi in fondo.
Renzi: 7. volenteroso, fantasioso. Ma i rottami non si possono buttare dalla finestra della classe.
Bindi: 6. Avrebbe l'autorità e la forza per strapazzare i propri compagni.
Franceschini: 5. Era andato in bagno, perché non torna in classe?
Di Pietro: 4. Quando urla contro il maestro Silvio, ce lo rende simpatico.
Casini: 5. Non può rimandare all'infinito la consegna del compito in classe. Che si spicci a decidersi.
Rutelli: 5. Idem.
Guzzanti: 6. Sprecato in questa classe. Meglio come giornalista.
Calearo: 3. Sospeso.
D'Alema: 4. Ha già preso la maturità quattro volte: che lasci la classe e proceda negli studi.
Vendola: 6. È l'anima della classe, ma non sarà mai capoclasse.
Pannella: 6. Dà il meglio di sè nelle gite scolastiche.
Veltroni: 6. È uscito dall' aula piangendo. Il problema è che non l'aveva mandato via nessuno.
Maroni: 6. I compiti li fa bene, ma i suoi amici lasciano a desiderare.
Bossi: 6. Annata difficile.
La Russa: 6 agli orali, 4 negli scritti. Ma è interista, quindi gli do la sufficienza.
a cura di Mauro Suttora
Oggi, 29 dicembre 2010
Il Parlamento di Severgnini
Berlusconi: 6. Si applica da 16 anni, qualche risultato in più dovrebbe ottenerlo.
Carfagna: 5. Studia ma è umorale, spesso si distrae. E distrae tutti i compagni seduti nei banchi vicini.
Gelmini: 5 . Grande senso del dovere. Ma la grinta bresciana non le basta.
Santanchè: 4. È omonima di quella che accusava Berlusconi di «vedere le donne solo in posizione orizzontale»?
Letta: 6. Capoclasse coscienzioso, ormai ha l'espressione del protomartire.
Tremonti: 6. Con pochi soldi, fa quel che può. Però deve rispondere più spesso alle interrogazioni.
Bondi: 5. Si applica, ma non basta. La cultura è la nostra industria.
Fini: 5. Se vuole cambiar classe, vada. Non può stare tutto il giorno sulla porta.
Bocchino: 5. Sulla porta c'è spazio per uno, non per due.
Polidori, Siliquini & c.: 4. Bocciati.
Napolitano: 8. Il preside è paziente.
Bersani: 5. Deve diventare capoclasse, invece continua a giocare nascondendosi nei banchi in fondo.
Renzi: 7. volenteroso, fantasioso. Ma i rottami non si possono buttare dalla finestra della classe.
Bindi: 6. Avrebbe l'autorità e la forza per strapazzare i propri compagni.
Franceschini: 5. Era andato in bagno, perché non torna in classe?
Di Pietro: 4. Quando urla contro il maestro Silvio, ce lo rende simpatico.
Casini: 5. Non può rimandare all'infinito la consegna del compito in classe. Che si spicci a decidersi.
Rutelli: 5. Idem.
Guzzanti: 6. Sprecato in questa classe. Meglio come giornalista.
Calearo: 3. Sospeso.
D'Alema: 4. Ha già preso la maturità quattro volte: che lasci la classe e proceda negli studi.
Vendola: 6. È l'anima della classe, ma non sarà mai capoclasse.
Pannella: 6. Dà il meglio di sè nelle gite scolastiche.
Veltroni: 6. È uscito dall' aula piangendo. Il problema è che non l'aveva mandato via nessuno.
Maroni: 6. I compiti li fa bene, ma i suoi amici lasciano a desiderare.
Bossi: 6. Annata difficile.
La Russa: 6 agli orali, 4 negli scritti. Ma è interista, quindi gli do la sufficienza.
a cura di Mauro Suttora
Monday, December 27, 2010
E l'«amico» Putin?
Russia: Germania contro condanna Khodorkovsky
Berlino, 27 dic. (Adnkronos/Dpa) - La Germania critica la nuova condanna ai danni dell'ex magnate del petrolio russo Mikhail Khodorkovsky. Il commissario per i diritti umani del governo federale tedesco, Markus Loening, ha definito il verdetto con cui oggi il fondatore di Yukos e' stato dichiarato colpevole di appropriazione indebita e furto di petrolio, "un esempio di giustizia arbitraria e politicizzata" che non "mette in buona luce la situazione in Germania".
Il verdetto mostra che "la retorica del presidente Medvedev sulla stato di diritto e' appunto semplice retorica", ha poi aggiunto il commissario che ha assistito ad alcune udienze del processo nelle scorse settimane. Udienze in cui, ha aggiunto Loening, e' apparso chiaro come le testimonianze non sostenevano le accuse contro Khodorkovsky. "Al contrario le testimonianze dell'ex primo ministro russo, Mikhail Kasyanov, dell'ex ministro dell'economia, German Gref, hanno dimostrato l'infondatezza di queste accuse", ha concluso.
(caro Silvio, 70 anni fa l'«amico» Adolfo, oggi Vladimiro - fatte le ovvie differenze?)
Berlino, 27 dic. (Adnkronos/Dpa) - La Germania critica la nuova condanna ai danni dell'ex magnate del petrolio russo Mikhail Khodorkovsky. Il commissario per i diritti umani del governo federale tedesco, Markus Loening, ha definito il verdetto con cui oggi il fondatore di Yukos e' stato dichiarato colpevole di appropriazione indebita e furto di petrolio, "un esempio di giustizia arbitraria e politicizzata" che non "mette in buona luce la situazione in Germania".
Il verdetto mostra che "la retorica del presidente Medvedev sulla stato di diritto e' appunto semplice retorica", ha poi aggiunto il commissario che ha assistito ad alcune udienze del processo nelle scorse settimane. Udienze in cui, ha aggiunto Loening, e' apparso chiaro come le testimonianze non sostenevano le accuse contro Khodorkovsky. "Al contrario le testimonianze dell'ex primo ministro russo, Mikhail Kasyanov, dell'ex ministro dell'economia, German Gref, hanno dimostrato l'infondatezza di queste accuse", ha concluso.
(caro Silvio, 70 anni fa l'«amico» Adolfo, oggi Vladimiro - fatte le ovvie differenze?)
Bielorussia. E l'Italia?
editoriale sul New York Times dei ministri degli Esteri Carl Bildt (Svezia), Guido Westerwelle (Germania), Radek Sikorski (Polonia), Karel Schwarzenberg (Rep.Ceca)
Wednesday, December 22, 2010
La guerra mondiale di Wikileaks
Ecco perché i corsari informatici sono forti e imprendibili
di Mauro Suttora
Oggi, 15 dicembre
È scoppiata la terza guerra mondiale e non ce ne siamo accorti? Da quando, il 28 novembre, Wikileaks ha cominciato a svelare i 251 mila cablogrammi segreti inviati negli ultimi anni dai diplomatici degli Stati Uniti in tutto il mondo, ogni giorno scoppia un putiferio. Perché, molto furbamente, i seguaci di Julian Assange hanno deciso di centellinare le rivelazioni. L’ultima, che ha provocato grande costernazione in Vaticano, riguarda il segretario di Stato Tarcisio Bertone, numero due del Papa, definito «inadeguato» dai diplomatici americani. Ma molti altri imbarazzanti segreti verranno alla luce nelle prossime settimane: basti dire che finora sono stati pubblicati appena 1.340 documenti sul quarto di milione in possesso dei pirati informatici.
“Pericolosi come Osama”
Ma come funziona Wikileaks? E chi c’è dietro a questi «guerrieri della trasparenza» che il ministro degli Esteri Franco Frattini ha definito «pericolosi quanto Osama Bin Laden»? Diciamo subito che, proprio come Al Qaeda, la struttura di Wikileaks è decentrata. Si illudono, quindi, coloro che pensano di bloccarla incarcerando il capo, Assange, o chiudendo fisicamente i computer. I due server ospitati a Stoccolma nel bunker antiatomico della società Prq, infatti, sono solo una goccia nel mare di internet.
Qualche nostro tg li ha mostrati, spacciandoli per il «cervello» di Wikileaks. Ma è solo sensazionalismo. Quella stessa società, infatti, ospita altri 8mila server. E Wikileaks può contare su centinaia di «siti-specchio» che entrano automaticamente in funzione appena ne viene disattivato uno. Lo stesso Assange ha avvertito: «Altre centinaia di militanti, oltre a me, posseggono l’intero file di 251 mila documenti, e lo rilasceranno se dovesse capitarmi qualcosa».
“Contenuto esplosivo“
Ma qual è il vero valore di questi documenti segreti? È vero che riscrivono la storia contemporanea, o sono soltanto una rimasticazione di articoli di giornale copiati da pigri incaricati di affari nelle ambasciate? In alcuni casi il contenuto è esplosivo, e quindi e' giusto il paragone con una guerra mondiale. Non però la terza: quella è già stata vinta dall’Occidente contro il comunismo nel 1989. E neanche la quarta, cominciata nel 2001 con l’attacco alle Torri gemelle da parte dei fanatici islamici, e ancora in corso. È la quinta o sesta, assieme all’altro grande conflitto dei nostri giorni: quello fra mondo libero e Cina.
Però i ragazzi di Wikileaks sono occidentali, quindi la definirei una guerra civile, anche se nonviolenta. È un conflitto interno alle democrazie, fra chi pensa che anche i nostri stati debbano conservare segreti, e chi invece vuole esporre tutto.
Non dimentichiamo però che fra i fondatori di Wikileaks, nell’ottobre 2006, ci sono anche importanti dissidenti cinesi: Wang Dan, leader degli studenti di Pechino massacrati in piazza Tian an men nell’89, e Xiao Qiang. Inizialmente, quindi, l’intento di Assange e soci era quello di smascherare i segreti di tutti i governi. Ed è ovvio che le dittature ne hanno molti di più, e più sanguinosi, dei regimi democratici.
Perché, allora, quasi tutte le rivelazioni finora riguardano gli Stati Uniti? Prima ci fu il filmato in cui si vedono le truppe Nato uccidere un giornalista in Afghanistan. Poi, l’estate scorsa, i documenti del Pentagono con l’ammissione ufficiale di avere ammazzato 60 mila civili innocenti nella guerra d’Iraq. E se dietro Wikileaks ci fosse la Cina o la Russia, o qualche altro avversario degli Usa?
Non credo che gli hackers di Wikileaks siano manipolati. Politicamente sono anarchici che si battono contro il potere a 360 gradi. Hanno già preannunciato rivelazioni sulle grandi banche. E se avessero documenti segreti cinesi sulla repressione in Tibet o contro Falun Gong, non esiterebbero a divulgarli. Il problema è che finora non c’è stato nessun funzionario pentito di Pechino che gliel’ha passati.
Sì, perché in realtà Wikileaks non ha mai rubato alcun documento. Si limita, come da statuto, a pubblicare, dopo averli verificati, quelli in arrivo (gratis) da persone che per un qualsiasi motivo decidono di tradire il vincolo di segretezza che li lega all’organizzazione per cui lavorano. Quindi, il vero colpevole dell’attuale terremoto è il soldato americano 22enne che ha passato i files ad Assange, e che è in carcere per spionaggio.
Giuridicamente, Wikileaks è colpevole di un unico reato: ricettazione. Magari di ricettazione attiva, o di istigazione al furto e allo spionaggio, perché invita pubblicamente i dipendenti pentiti a rivelare le magagne della propria azienda, o ministero. E si può immaginare quanti siano coloro disposti a farlo, magari per vendicarsi di essere stati licenziati, o frustrati per una mancata promozione o aumento di stipendio... E sapere che c’è lì Wikileaks pronta a fare giustizia rappresenta un incentivo formidabile.
Coinvolgere i principali giornali mondiali è stata la mossa più intelligente di Assange. Li ha coinvolti - ed è preoccupante che ce ne sia uno spagnolo, El Pais, ma nessuno italiano - ottenendo così una patente di veridicità che non avrebbe avuto da solo. Li ha anche messi uno contro l’altro, suddividendo equamente il materiale. Cosicché, per la legge della concorrenza, nessuno si è sognato di censurare parzialmente o di non pubblicare: lo avrebbe fatto qualcun altro.
Il direttore del New York Times Bill Keller ha fatto vedere i documenti al governo Usa prima di pubblicarli, e ha cancellato alcuni nomi. Il NY Times è il più esposto, perché è l’unico giornale americano. Ma, a proposito di mandanti, non mi meraviglierei se dietro alla fuga di notizie più imponente della storia ci fosse qualche repubblicano che vuole danneggiare il presidente Obama e Hillary Clinton.
Mauro Suttora
di Mauro Suttora
Oggi, 15 dicembre
È scoppiata la terza guerra mondiale e non ce ne siamo accorti? Da quando, il 28 novembre, Wikileaks ha cominciato a svelare i 251 mila cablogrammi segreti inviati negli ultimi anni dai diplomatici degli Stati Uniti in tutto il mondo, ogni giorno scoppia un putiferio. Perché, molto furbamente, i seguaci di Julian Assange hanno deciso di centellinare le rivelazioni. L’ultima, che ha provocato grande costernazione in Vaticano, riguarda il segretario di Stato Tarcisio Bertone, numero due del Papa, definito «inadeguato» dai diplomatici americani. Ma molti altri imbarazzanti segreti verranno alla luce nelle prossime settimane: basti dire che finora sono stati pubblicati appena 1.340 documenti sul quarto di milione in possesso dei pirati informatici.
“Pericolosi come Osama”
Ma come funziona Wikileaks? E chi c’è dietro a questi «guerrieri della trasparenza» che il ministro degli Esteri Franco Frattini ha definito «pericolosi quanto Osama Bin Laden»? Diciamo subito che, proprio come Al Qaeda, la struttura di Wikileaks è decentrata. Si illudono, quindi, coloro che pensano di bloccarla incarcerando il capo, Assange, o chiudendo fisicamente i computer. I due server ospitati a Stoccolma nel bunker antiatomico della società Prq, infatti, sono solo una goccia nel mare di internet.
Qualche nostro tg li ha mostrati, spacciandoli per il «cervello» di Wikileaks. Ma è solo sensazionalismo. Quella stessa società, infatti, ospita altri 8mila server. E Wikileaks può contare su centinaia di «siti-specchio» che entrano automaticamente in funzione appena ne viene disattivato uno. Lo stesso Assange ha avvertito: «Altre centinaia di militanti, oltre a me, posseggono l’intero file di 251 mila documenti, e lo rilasceranno se dovesse capitarmi qualcosa».
“Contenuto esplosivo“
Ma qual è il vero valore di questi documenti segreti? È vero che riscrivono la storia contemporanea, o sono soltanto una rimasticazione di articoli di giornale copiati da pigri incaricati di affari nelle ambasciate? In alcuni casi il contenuto è esplosivo, e quindi e' giusto il paragone con una guerra mondiale. Non però la terza: quella è già stata vinta dall’Occidente contro il comunismo nel 1989. E neanche la quarta, cominciata nel 2001 con l’attacco alle Torri gemelle da parte dei fanatici islamici, e ancora in corso. È la quinta o sesta, assieme all’altro grande conflitto dei nostri giorni: quello fra mondo libero e Cina.
Però i ragazzi di Wikileaks sono occidentali, quindi la definirei una guerra civile, anche se nonviolenta. È un conflitto interno alle democrazie, fra chi pensa che anche i nostri stati debbano conservare segreti, e chi invece vuole esporre tutto.
Non dimentichiamo però che fra i fondatori di Wikileaks, nell’ottobre 2006, ci sono anche importanti dissidenti cinesi: Wang Dan, leader degli studenti di Pechino massacrati in piazza Tian an men nell’89, e Xiao Qiang. Inizialmente, quindi, l’intento di Assange e soci era quello di smascherare i segreti di tutti i governi. Ed è ovvio che le dittature ne hanno molti di più, e più sanguinosi, dei regimi democratici.
Perché, allora, quasi tutte le rivelazioni finora riguardano gli Stati Uniti? Prima ci fu il filmato in cui si vedono le truppe Nato uccidere un giornalista in Afghanistan. Poi, l’estate scorsa, i documenti del Pentagono con l’ammissione ufficiale di avere ammazzato 60 mila civili innocenti nella guerra d’Iraq. E se dietro Wikileaks ci fosse la Cina o la Russia, o qualche altro avversario degli Usa?
Non credo che gli hackers di Wikileaks siano manipolati. Politicamente sono anarchici che si battono contro il potere a 360 gradi. Hanno già preannunciato rivelazioni sulle grandi banche. E se avessero documenti segreti cinesi sulla repressione in Tibet o contro Falun Gong, non esiterebbero a divulgarli. Il problema è che finora non c’è stato nessun funzionario pentito di Pechino che gliel’ha passati.
Sì, perché in realtà Wikileaks non ha mai rubato alcun documento. Si limita, come da statuto, a pubblicare, dopo averli verificati, quelli in arrivo (gratis) da persone che per un qualsiasi motivo decidono di tradire il vincolo di segretezza che li lega all’organizzazione per cui lavorano. Quindi, il vero colpevole dell’attuale terremoto è il soldato americano 22enne che ha passato i files ad Assange, e che è in carcere per spionaggio.
Giuridicamente, Wikileaks è colpevole di un unico reato: ricettazione. Magari di ricettazione attiva, o di istigazione al furto e allo spionaggio, perché invita pubblicamente i dipendenti pentiti a rivelare le magagne della propria azienda, o ministero. E si può immaginare quanti siano coloro disposti a farlo, magari per vendicarsi di essere stati licenziati, o frustrati per una mancata promozione o aumento di stipendio... E sapere che c’è lì Wikileaks pronta a fare giustizia rappresenta un incentivo formidabile.
Coinvolgere i principali giornali mondiali è stata la mossa più intelligente di Assange. Li ha coinvolti - ed è preoccupante che ce ne sia uno spagnolo, El Pais, ma nessuno italiano - ottenendo così una patente di veridicità che non avrebbe avuto da solo. Li ha anche messi uno contro l’altro, suddividendo equamente il materiale. Cosicché, per la legge della concorrenza, nessuno si è sognato di censurare parzialmente o di non pubblicare: lo avrebbe fatto qualcun altro.
Il direttore del New York Times Bill Keller ha fatto vedere i documenti al governo Usa prima di pubblicarli, e ha cancellato alcuni nomi. Il NY Times è il più esposto, perché è l’unico giornale americano. Ma, a proposito di mandanti, non mi meraviglierei se dietro alla fuga di notizie più imponente della storia ci fosse qualche repubblicano che vuole danneggiare il presidente Obama e Hillary Clinton.
Mauro Suttora
Monday, December 20, 2010
Politici promossi e bocciati
Chi esce vittorioso dall' ultima crisi?
Il palazzo delle liti. Diamo i voti ai politici italiani
Berlusconi ha respinto per soli tre voti l'assalto dell'ex alleato Fini. Ma gli basterà? E come si sono comportati gli altri leader di partito? Lo abbiamo chiesto ad alcuni grandi esperti. Ecco le loro pagelle
di Marianna Aprile, Gino Gullace Raugei, Mauro Suttora
Oggi, 29 dicembre 2010
Sembrava che le sorti dell'Italia intera dovessero decidersi il 14 dicembre: dopo mesi di liti sempre più aspre, la rottura fra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e quello della Camera è approdata in Parlamento. Il voto di fiducia al governo era appeso a un filo, perché i deputati ex Pdl che hanno seguito Fini erano quasi 40.
Alla fine ha vinto Berlusconi, e il governo è rimasto in carica. Ma per soli tre voti. Il margine in suo favore è stato ottenuto grazie a transfughi dal Pd (Massimo Calearo e Bruno Cesario), dall'Italia dei Valori (Antonio Razzi, Domenico Scilipoti), e dai voti di due finiane pentite, Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini.
Ma come si sono comportati i principali politici italiani in questa crisi e, più in generale, nel 2010? Oggi, con l'aiuto di prestigiosi esperti, ha dato loro le pagelle. E ora, cari lettori, tocca a voi: andate a votare sul nostro sito www.oggi.it.
Silvio Berlusconi: 7. «È inossidabile», dice Stefano Folli, editorialista del Sole 24 Ore, «ha dimostrato di saper riemergere con abilità e spregiudicatezza da una grave difficoltà». «Gli do 10 per la gestione della crisi, 1 per come governa», specifica Piero Ignazi, commentatore dell'Espresso. «Nell' ultimo mese è stato molto abile», aggiunge Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera: «Si è nascosto e ha fatto fare ai suoi reclutamento di deputati disposti a tradire il loro mandato: essere alternativi a Berlusconi. Tattica ineccepibile, unita alla capacità di approfittare dei catastrofici errori altrui».
Giorgio Napolitano: 8. «Istituzionale», lo loda Battista. Concorda Ignazi: «La sua è stata una gestione imparziale negli interessi del Paese».
Antonio Di Pietro: 5. Folli: «Superficiale. Dall'Idv sono venute le defezioni decisive. È responsabile di una cattiva scelta dei suoi parlamentari». Ignazi: «Tira troppo la corda, è volgare. Est modus in rebus. Fa il gioco dei Cicchitti. E nel suo partito ha mele marce». Battista: «Nessun Robespierre si sarebbe mai contornato di Scilipotii...» Marco Travaglio (Il Fatto): «Merita 8 per l'opposizione, è l'unico che la fa seriamente, ma 4 per la parte propositiva. Il suo eterno tallone di Achille è l'incapacità di scegliersi collaboratori all'altezza. In certi casi privilegia oscuri traffichini di periferia, che millantano pacchetti di voti».
Gianfranco Fini: 5. Folli: «Precipitoso. Ha avuto il merito di imporsi come alternativa a Berlusconi, ma poi ha sbagliato strategia». Ignazi: «Alla fine ha fallito. E il risultato è quel che conta, in politica». Marcello Sorgi, editorialista de La Stampa : «È lui il vero sconfitto, perché aveva impegnato tutte le sue forze sull'obiettivo mancato dell' abbattimento di Berlusconi, e poi ha dovuto riparare sotto l'ala protettrice di Casini». Battista: «Meritava 10 per la capacità di resistenza alla campagna di annientamento dei berlusconiani. Ma avrebbe dovuto logorare Berlusconi, non cercare la frattura. È una disfatta politica, non numerica, la sua».
Roberto Maroni: 5,5. Battista: «La Lega Nord ha rafforzato l'asse con Berlusconi, ma non ha avuto quel che voleva: le elezioni. Almeno non per ora». Ignazi: «Ha confuso i ruoli di ministro dell'Interno (bravo) e capo della Lega, pretendendo la replica nel programma tv di Fazio e Saviano».
Sandro Bondi: 4. Battista: «Assente, perché in visita a Pompei...»
Paolo Guzzanti: 5. Battista: «Non poteva che votare contro Berlusconi, dopo aver firmato la mozione di sfiducia e scritto il libro Mignottocrazia».
Gianni Letta: 8. Come sempre, ha sapientemente trattato e ricucito nell'ombra. «Ma questa volta non ha ben messo a fuoco l'oggetto della mediazione», dice Battista. «Troppo defilato per giudicarlo», aggiunge Ignazi.
Umberto Bossi: 7. «Bravo e sornione», lo loda Ignazi.
Pier Ferdinando Casini: 7. Sorgi: «Casini aveva chiesto la sfiducia contro Berlusconi, quindi è tra gli sconfitti. Tuttavia Berlusconi gli riserva la possibilità di fare il partner per rafforzare l' indebolita maggioranza». Folli: «Si è ricollocato come interlocutore privilegiato del centrodestra». Battista: «Ha riconquistato il centro del centro».
Italo Bocchino: 4. Folli: «Avventuroso. Il suo discorso finale alla Camera ha danneggiato molto Fini». Non concorda Ignazi: «È stato bravo a fare quel che voleva il suo capo». Battista: «Dò 9 a Bocchino, ma solo in audience. Prima nessuno sapeva chi fosse».
Daniela Santanchè: 5. Ignazi: «No comment. Ma stiamo parlando di politica?» Battista: «Dovrebbe smettere di imitare la Cortellesi che imita lei. Il ruolo di supercattiva ha stancato».
Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini: 4. Le due deputate finiane tornate all'ovile berlusconiano non riscuotono grande simpatia. Battista scherza: «Soddisfatte e rimborsate».
Pier Luigi Bersani: 5,5. Folli: «Poco rilevante. Non è riuscito a rendere chiara la proposta dell'opposizione. Governo di transizione e di responsabilità nazionale: le due forme non sono mai state chiarite». Ignazi: «Fa i discorsi leggendo i fogliettini, come i burocrati Pci di provincia». Travaglio: «Linea ondivaga, ai limiti dell'incomprensibilità». «Invece secondo me si è comportato bene», dice Concita De Gregorio, direttrice de L'Unità. «Più di quel che ha fatto non poteva fare. C'è chi fa opposizione urlando e chi, come Bersani, dimostra con i fatti che Berlusconi non è in grado di far progredire il Paese». Roberto Bernabò, direttore del Tirreno : «Bersani esce dall' ultima crisi un po' più leader rispetto ai big storici del suo partito. Ma la vittoria di Berlusconi prova che non bastano operazioni di Palazzo per rovesciare il Pdl».
Massimo D' Alema: 5. Ironizza Battista: «È stato il grande stratega della sconfitta. Quindi ha vinto».
Mariastella Gelmini: 5. Ignazi: «Tutte le cose che fa sono pessime». Battista: «La sua riforma dell' università non è male, nell' impianto meritocratico. Ma è stato rischioso esporne l' esito agli equilibri politici e alla crisi, spostando la discussione al Senato al dopo sfiducia».
Antonio Razzi e Domenico Scilipoti: 4. I dipietristi che hanno salvato Berlusconi sono bocciati. Battista: «Scilipoti è l'archetipo, il modello. Quando ha spiegato i motivi della sua scelta sembrava Brèton, era surreale, al di là della comprensione».
Silvano Moffa: 4. Ha tradito due volte: prima Berlusconi andando con Fini, poi Fini tornando da Berlusconi.
Massimo Calearo: 2. «Il suo caso è molto più grave di quello dei dipietristi voltagabbana», dice Travaglio, «perché l'ex presidente di Federmeccanica era addirittura capolista del Pd veltroniano in Veneto e già nel 2008 era chiaro che era un pesce fuor d'acqua: un industriale "falco" di Confindustria in un partito di centrosinistra non poteva essere che un infiltrato berlusconiano, quale poi si è rivelato appena agguantata la poltrona a Montecitorio».
Walter Veltroni: 5. Ignazi: «Ha fatto eleggere Calearo». Ironizza Battista: «Dovrebbe riscrivere il capitolo finale del suo libro Noi, titolandolo Loro ».
Matteo Renzi: 5 . Ignazi: «Il sindaco di Firenze mi sembra un narcisista debordante, tanto da confondersi con Berlusconi».
Rosi Bindi: 6. Ignazi: «Unica a sinistra con le idee chiare. E non usa il politichese per esprimerle».
Marco Pannella: 5. Ignazi: «La sua "trattativa" con Berlusconi è stata una provocazione mal riuscita».
Ignazio La Russa: 5. «Però come ministro della Difesa è accettabile», dice Ignazi.
Francesco Rutelli: 5. Sorgi: «Il Terzo polo con Casini, Fini e Rutelli vuole fermare l'emorragia di parlamentari di centrodestra verso Berlusconi. Rutelli spera inoltre che lo raggiungano dal Pd gli ex dc insoddisfatti dell'alleanza con gli ex comunist».
I nostri esperti hanno dato 7 a Nichi Vendola. «È bravo, capace, seducente, innovativo», sostiene Piero Ignazi. E dice Bernabò, direttore del Tirreno : «Ha molte possibilità di vincere le primarie del centrosinistra, se ci saranno. Altra cosa poi vincere le elezioni, nelle quali serve anche il voto moderato».
Mara Carfagna, 35 anni, ministro per le Pari opportunità, merita 5,5. Piero Ignazi: «Non ci si aspettava molto da lei, ma risulta dignitosa in un panorama di desolazione devastante». Pierluigi Battista scherza, alludendo ai suoi tira e molla fra Berlusconi e Bocchino: «Merita dieci in volteggio».
Il ministro del Tesoro Giulio Tremonti è rimasto silenzioso. «Non ha fatto nulla», dice Piero Ignazi. «Si sta costruendo un' immagine politica che prelude a un futuro ruolo». E Battista: «Era assente perché impegnato a custodire la cassa».
Il palazzo delle liti. Diamo i voti ai politici italiani
Berlusconi ha respinto per soli tre voti l'assalto dell'ex alleato Fini. Ma gli basterà? E come si sono comportati gli altri leader di partito? Lo abbiamo chiesto ad alcuni grandi esperti. Ecco le loro pagelle
di Marianna Aprile, Gino Gullace Raugei, Mauro Suttora
Oggi, 29 dicembre 2010
Sembrava che le sorti dell'Italia intera dovessero decidersi il 14 dicembre: dopo mesi di liti sempre più aspre, la rottura fra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e quello della Camera è approdata in Parlamento. Il voto di fiducia al governo era appeso a un filo, perché i deputati ex Pdl che hanno seguito Fini erano quasi 40.
Alla fine ha vinto Berlusconi, e il governo è rimasto in carica. Ma per soli tre voti. Il margine in suo favore è stato ottenuto grazie a transfughi dal Pd (Massimo Calearo e Bruno Cesario), dall'Italia dei Valori (Antonio Razzi, Domenico Scilipoti), e dai voti di due finiane pentite, Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini.
Ma come si sono comportati i principali politici italiani in questa crisi e, più in generale, nel 2010? Oggi, con l'aiuto di prestigiosi esperti, ha dato loro le pagelle. E ora, cari lettori, tocca a voi: andate a votare sul nostro sito www.oggi.it.
Silvio Berlusconi: 7. «È inossidabile», dice Stefano Folli, editorialista del Sole 24 Ore, «ha dimostrato di saper riemergere con abilità e spregiudicatezza da una grave difficoltà». «Gli do 10 per la gestione della crisi, 1 per come governa», specifica Piero Ignazi, commentatore dell'Espresso. «Nell' ultimo mese è stato molto abile», aggiunge Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera: «Si è nascosto e ha fatto fare ai suoi reclutamento di deputati disposti a tradire il loro mandato: essere alternativi a Berlusconi. Tattica ineccepibile, unita alla capacità di approfittare dei catastrofici errori altrui».
Giorgio Napolitano: 8. «Istituzionale», lo loda Battista. Concorda Ignazi: «La sua è stata una gestione imparziale negli interessi del Paese».
Antonio Di Pietro: 5. Folli: «Superficiale. Dall'Idv sono venute le defezioni decisive. È responsabile di una cattiva scelta dei suoi parlamentari». Ignazi: «Tira troppo la corda, è volgare. Est modus in rebus. Fa il gioco dei Cicchitti. E nel suo partito ha mele marce». Battista: «Nessun Robespierre si sarebbe mai contornato di Scilipotii...» Marco Travaglio (Il Fatto): «Merita 8 per l'opposizione, è l'unico che la fa seriamente, ma 4 per la parte propositiva. Il suo eterno tallone di Achille è l'incapacità di scegliersi collaboratori all'altezza. In certi casi privilegia oscuri traffichini di periferia, che millantano pacchetti di voti».
Gianfranco Fini: 5. Folli: «Precipitoso. Ha avuto il merito di imporsi come alternativa a Berlusconi, ma poi ha sbagliato strategia». Ignazi: «Alla fine ha fallito. E il risultato è quel che conta, in politica». Marcello Sorgi, editorialista de La Stampa : «È lui il vero sconfitto, perché aveva impegnato tutte le sue forze sull'obiettivo mancato dell' abbattimento di Berlusconi, e poi ha dovuto riparare sotto l'ala protettrice di Casini». Battista: «Meritava 10 per la capacità di resistenza alla campagna di annientamento dei berlusconiani. Ma avrebbe dovuto logorare Berlusconi, non cercare la frattura. È una disfatta politica, non numerica, la sua».
Roberto Maroni: 5,5. Battista: «La Lega Nord ha rafforzato l'asse con Berlusconi, ma non ha avuto quel che voleva: le elezioni. Almeno non per ora». Ignazi: «Ha confuso i ruoli di ministro dell'Interno (bravo) e capo della Lega, pretendendo la replica nel programma tv di Fazio e Saviano».
Sandro Bondi: 4. Battista: «Assente, perché in visita a Pompei...»
Paolo Guzzanti: 5. Battista: «Non poteva che votare contro Berlusconi, dopo aver firmato la mozione di sfiducia e scritto il libro Mignottocrazia».
Gianni Letta: 8. Come sempre, ha sapientemente trattato e ricucito nell'ombra. «Ma questa volta non ha ben messo a fuoco l'oggetto della mediazione», dice Battista. «Troppo defilato per giudicarlo», aggiunge Ignazi.
Umberto Bossi: 7. «Bravo e sornione», lo loda Ignazi.
Pier Ferdinando Casini: 7. Sorgi: «Casini aveva chiesto la sfiducia contro Berlusconi, quindi è tra gli sconfitti. Tuttavia Berlusconi gli riserva la possibilità di fare il partner per rafforzare l' indebolita maggioranza». Folli: «Si è ricollocato come interlocutore privilegiato del centrodestra». Battista: «Ha riconquistato il centro del centro».
Italo Bocchino: 4. Folli: «Avventuroso. Il suo discorso finale alla Camera ha danneggiato molto Fini». Non concorda Ignazi: «È stato bravo a fare quel che voleva il suo capo». Battista: «Dò 9 a Bocchino, ma solo in audience. Prima nessuno sapeva chi fosse».
Daniela Santanchè: 5. Ignazi: «No comment. Ma stiamo parlando di politica?» Battista: «Dovrebbe smettere di imitare la Cortellesi che imita lei. Il ruolo di supercattiva ha stancato».
Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini: 4. Le due deputate finiane tornate all'ovile berlusconiano non riscuotono grande simpatia. Battista scherza: «Soddisfatte e rimborsate».
Pier Luigi Bersani: 5,5. Folli: «Poco rilevante. Non è riuscito a rendere chiara la proposta dell'opposizione. Governo di transizione e di responsabilità nazionale: le due forme non sono mai state chiarite». Ignazi: «Fa i discorsi leggendo i fogliettini, come i burocrati Pci di provincia». Travaglio: «Linea ondivaga, ai limiti dell'incomprensibilità». «Invece secondo me si è comportato bene», dice Concita De Gregorio, direttrice de L'Unità. «Più di quel che ha fatto non poteva fare. C'è chi fa opposizione urlando e chi, come Bersani, dimostra con i fatti che Berlusconi non è in grado di far progredire il Paese». Roberto Bernabò, direttore del Tirreno : «Bersani esce dall' ultima crisi un po' più leader rispetto ai big storici del suo partito. Ma la vittoria di Berlusconi prova che non bastano operazioni di Palazzo per rovesciare il Pdl».
Massimo D' Alema: 5. Ironizza Battista: «È stato il grande stratega della sconfitta. Quindi ha vinto».
Mariastella Gelmini: 5. Ignazi: «Tutte le cose che fa sono pessime». Battista: «La sua riforma dell' università non è male, nell' impianto meritocratico. Ma è stato rischioso esporne l' esito agli equilibri politici e alla crisi, spostando la discussione al Senato al dopo sfiducia».
Antonio Razzi e Domenico Scilipoti: 4. I dipietristi che hanno salvato Berlusconi sono bocciati. Battista: «Scilipoti è l'archetipo, il modello. Quando ha spiegato i motivi della sua scelta sembrava Brèton, era surreale, al di là della comprensione».
Silvano Moffa: 4. Ha tradito due volte: prima Berlusconi andando con Fini, poi Fini tornando da Berlusconi.
Massimo Calearo: 2. «Il suo caso è molto più grave di quello dei dipietristi voltagabbana», dice Travaglio, «perché l'ex presidente di Federmeccanica era addirittura capolista del Pd veltroniano in Veneto e già nel 2008 era chiaro che era un pesce fuor d'acqua: un industriale "falco" di Confindustria in un partito di centrosinistra non poteva essere che un infiltrato berlusconiano, quale poi si è rivelato appena agguantata la poltrona a Montecitorio».
Walter Veltroni: 5. Ignazi: «Ha fatto eleggere Calearo». Ironizza Battista: «Dovrebbe riscrivere il capitolo finale del suo libro Noi, titolandolo Loro ».
Matteo Renzi: 5 . Ignazi: «Il sindaco di Firenze mi sembra un narcisista debordante, tanto da confondersi con Berlusconi».
Rosi Bindi: 6. Ignazi: «Unica a sinistra con le idee chiare. E non usa il politichese per esprimerle».
Marco Pannella: 5. Ignazi: «La sua "trattativa" con Berlusconi è stata una provocazione mal riuscita».
Ignazio La Russa: 5. «Però come ministro della Difesa è accettabile», dice Ignazi.
Francesco Rutelli: 5. Sorgi: «Il Terzo polo con Casini, Fini e Rutelli vuole fermare l'emorragia di parlamentari di centrodestra verso Berlusconi. Rutelli spera inoltre che lo raggiungano dal Pd gli ex dc insoddisfatti dell'alleanza con gli ex comunist».
I nostri esperti hanno dato 7 a Nichi Vendola. «È bravo, capace, seducente, innovativo», sostiene Piero Ignazi. E dice Bernabò, direttore del Tirreno : «Ha molte possibilità di vincere le primarie del centrosinistra, se ci saranno. Altra cosa poi vincere le elezioni, nelle quali serve anche il voto moderato».
Mara Carfagna, 35 anni, ministro per le Pari opportunità, merita 5,5. Piero Ignazi: «Non ci si aspettava molto da lei, ma risulta dignitosa in un panorama di desolazione devastante». Pierluigi Battista scherza, alludendo ai suoi tira e molla fra Berlusconi e Bocchino: «Merita dieci in volteggio».
Il ministro del Tesoro Giulio Tremonti è rimasto silenzioso. «Non ha fatto nulla», dice Piero Ignazi. «Si sta costruendo un' immagine politica che prelude a un futuro ruolo». E Battista: «Era assente perché impegnato a custodire la cassa».
Wednesday, December 15, 2010
L'ultima lettera di Benito
MA CHE COSA SI SCRIVEVANO CLARA E IL DITTATORE?
Un libro di Pasquale Chessa e Barbara Raggi
di Mauro Suttora
Oggi, 8 dicembre 2010
È un grande colpo storiografico quello messo a segno da Pasquale Chessa e Barbara Raggi con il libro L’ultima lettera di Benito (ed. Mondadori, € 19,50). A distanza di 65 anni, infatti, vengono pubblicate le 318 lettere che Mussolini scrisse a Clara Petacci fra l’autunno 1943 e l’aprile ‘45, quando entrambi vivevano sul lago di Garda a pochi chilometri l’uno dall’altra: il dittatore a Gargnano (Brescia) nella villa Feltrinelli (oggi hotel posseduto da russi), l’amante a Gardone nella villa Fiordaliso (anch’essa ora albergo di lusso).
Sono i 600 lugubri giorni della repubblica di Salò. Mussolini è in pratica prigioniero dei nazisti e Clara, dopo essere finita in prigione nel ‘43, assurge al rango di sua consigliera anche politica: capeggia una delle fazioni che si fronteggiano fra i collaborazionisti dei tedeschi, e spinge il duce a negare la grazia al genero Galeazzo Ciano: «Per rifare l’Italia ci vuole il sangue dei traditori», gli scrive. Quanto a Edda Mussolini, la definisce «degna compagna delle azioni del marito». I due nutrono ancora la speranza di vincere la guerra grazie alle «armi segrete» di Hitler: lo scrive Benito a Clara nel giugno ‘44, dopo la liberazione di Roma da parte degli alleati.
Quando la fine si avvicina, ecco i progetti (finora sconosciuti) di fuggire all’estero: in Ungheria con l’aiuto del fratello Marcello Petacci, in Svizzera, in Giappone. Nella sua ultima lettera del 18 aprile ‘45 Mussolini scrive a Clara che l’ingrato Francisco Franco rifiuta di ospitarlo in Spagna, dove avrebbe voluto costituire un governo in esilio.
In quello stesso giorno il duce scappa a Milano, e Clara invece di prendere l’ultimo aereo per Barcellona con la famiglia lo segue. Prima, però, fa seppellire i propri diari (pubblicati nel libro Mussolini segreto, ed. Bur Rizzoli, 2010) con il carteggio nel giardino di un’amica. Disobbedisce così a Benito, che voleva distruggere le lettere. Tutto è stato poi trovato nel ‘50 e conservato dall’Archivio centrale dello Stato, garante dell’autenticità.
Mauro Suttora
Un libro di Pasquale Chessa e Barbara Raggi
di Mauro Suttora
Oggi, 8 dicembre 2010
È un grande colpo storiografico quello messo a segno da Pasquale Chessa e Barbara Raggi con il libro L’ultima lettera di Benito (ed. Mondadori, € 19,50). A distanza di 65 anni, infatti, vengono pubblicate le 318 lettere che Mussolini scrisse a Clara Petacci fra l’autunno 1943 e l’aprile ‘45, quando entrambi vivevano sul lago di Garda a pochi chilometri l’uno dall’altra: il dittatore a Gargnano (Brescia) nella villa Feltrinelli (oggi hotel posseduto da russi), l’amante a Gardone nella villa Fiordaliso (anch’essa ora albergo di lusso).
Sono i 600 lugubri giorni della repubblica di Salò. Mussolini è in pratica prigioniero dei nazisti e Clara, dopo essere finita in prigione nel ‘43, assurge al rango di sua consigliera anche politica: capeggia una delle fazioni che si fronteggiano fra i collaborazionisti dei tedeschi, e spinge il duce a negare la grazia al genero Galeazzo Ciano: «Per rifare l’Italia ci vuole il sangue dei traditori», gli scrive. Quanto a Edda Mussolini, la definisce «degna compagna delle azioni del marito». I due nutrono ancora la speranza di vincere la guerra grazie alle «armi segrete» di Hitler: lo scrive Benito a Clara nel giugno ‘44, dopo la liberazione di Roma da parte degli alleati.
Quando la fine si avvicina, ecco i progetti (finora sconosciuti) di fuggire all’estero: in Ungheria con l’aiuto del fratello Marcello Petacci, in Svizzera, in Giappone. Nella sua ultima lettera del 18 aprile ‘45 Mussolini scrive a Clara che l’ingrato Francisco Franco rifiuta di ospitarlo in Spagna, dove avrebbe voluto costituire un governo in esilio.
In quello stesso giorno il duce scappa a Milano, e Clara invece di prendere l’ultimo aereo per Barcellona con la famiglia lo segue. Prima, però, fa seppellire i propri diari (pubblicati nel libro Mussolini segreto, ed. Bur Rizzoli, 2010) con il carteggio nel giardino di un’amica. Disobbedisce così a Benito, che voleva distruggere le lettere. Tutto è stato poi trovato nel ‘50 e conservato dall’Archivio centrale dello Stato, garante dell’autenticità.
Mauro Suttora
Monicelli ed eutanasia
Il suicidio del regista riapre il dibattito sulla "dolce morte"
Oggi, 8 dicembre 2010
di Mauro Suttora
«Se fosse legale l’eutanasia, Monicelli sarebbe morto in modo più dignitoso», ha commentato l’oncologo Umberto Veronesi. «Ha scelto il suicidio, ha scelto di buttarsi dal balcone», ha detto la deputata radicale Rita Bernardini, «e dovremmo riflettere su come alcune persone che non ce la fanno più sono costrette a lasciare la vita, anziché poter morire, magari con i propri cari accanto, con il metodo della “dolce morte”».
Le ha replicato Paola Binetti (Udc): «Basta con gli spot pro-eutanasia partendo da episodi di uomini disperati. Monicelli era stato lasciato solo da famiglia e amici. Il suo è un gesto tremendo di solitudine, non di libertà». Walter Veltroni: «Mario ha vissuto e non si è lasciato vivere. Ha deciso di andarsene». E il presidente Giorgio Napolitano: «Rispettiamo l’ultima manifestazione della sua forte personalità, un estremo scatto di volontà».
Il dibattito sull’eutanasia era già ripreso dopo i discorsi della vedova di Piergiorgio Welby e del padre di Eluana Englaro nel programma tv di Roberto Saviano e Fabio Fazio, i quali poi non hanno accettato le repliche richieste dai gruppi cattolici «pro-vita» sostenendo: «Noi non siamo pro-morte».
I fautori dell’eutanasia (dal greco eu, dolce, e tanatos, morte) preferiscono definirsi, come negli Stati Uniti, «pro-scelta»: il diritto individuale di scegliere, in caso di malattie terminali (il cancro del 95enne Monicelli), paralisi fisica totale (Welby) o coma profondo (Englaro), se anticipare la propria morte evitando inutili sofferenze.
In teoria sul rifiuto dell’accanimento terapeutico sono d’accordo anche i cattolici. Ma la legge che introduce il «testamento biologico» (con cui ciascuno di noi potrebbe decidere in anticipo che fare nel caso finisse in coma irreversibile) è bloccata da mesi in Parlamento. I cattolici, infatti, non ritengono che l’alimentazione e la ventilazione forzata siano forme di accanimento.
Così, non resta che la soluzione praticata da un dolente Clint Eastwood nel suo film Million Dollar Baby, quando stacca la spina (il tubo) alla giovane pugile. Di notte, di nascosto: si fa ma non si dice.
Oggi, 8 dicembre 2010
di Mauro Suttora
«Se fosse legale l’eutanasia, Monicelli sarebbe morto in modo più dignitoso», ha commentato l’oncologo Umberto Veronesi. «Ha scelto il suicidio, ha scelto di buttarsi dal balcone», ha detto la deputata radicale Rita Bernardini, «e dovremmo riflettere su come alcune persone che non ce la fanno più sono costrette a lasciare la vita, anziché poter morire, magari con i propri cari accanto, con il metodo della “dolce morte”».
Le ha replicato Paola Binetti (Udc): «Basta con gli spot pro-eutanasia partendo da episodi di uomini disperati. Monicelli era stato lasciato solo da famiglia e amici. Il suo è un gesto tremendo di solitudine, non di libertà». Walter Veltroni: «Mario ha vissuto e non si è lasciato vivere. Ha deciso di andarsene». E il presidente Giorgio Napolitano: «Rispettiamo l’ultima manifestazione della sua forte personalità, un estremo scatto di volontà».
Il dibattito sull’eutanasia era già ripreso dopo i discorsi della vedova di Piergiorgio Welby e del padre di Eluana Englaro nel programma tv di Roberto Saviano e Fabio Fazio, i quali poi non hanno accettato le repliche richieste dai gruppi cattolici «pro-vita» sostenendo: «Noi non siamo pro-morte».
I fautori dell’eutanasia (dal greco eu, dolce, e tanatos, morte) preferiscono definirsi, come negli Stati Uniti, «pro-scelta»: il diritto individuale di scegliere, in caso di malattie terminali (il cancro del 95enne Monicelli), paralisi fisica totale (Welby) o coma profondo (Englaro), se anticipare la propria morte evitando inutili sofferenze.
In teoria sul rifiuto dell’accanimento terapeutico sono d’accordo anche i cattolici. Ma la legge che introduce il «testamento biologico» (con cui ciascuno di noi potrebbe decidere in anticipo che fare nel caso finisse in coma irreversibile) è bloccata da mesi in Parlamento. I cattolici, infatti, non ritengono che l’alimentazione e la ventilazione forzata siano forme di accanimento.
Così, non resta che la soluzione praticata da un dolente Clint Eastwood nel suo film Million Dollar Baby, quando stacca la spina (il tubo) alla giovane pugile. Di notte, di nascosto: si fa ma non si dice.
Wednesday, December 08, 2010
Berlusconi troppo amico di Putin
IL MEGLIO E IL PEGGIO DI WIKILEAKS
Rivelazioni: un sito pubblica 250 mila documenti segreti dei diplomatici Usa
Gli Stati Uniti criticano il nostro premier per i rapporti con Russia e Gheddafi, le feste sfrenate e la vanità: «Che dorma di più»
di Mauro Suttora
Oggi, 8 dicembre 2010
«Silvio Berlusconi è fisicamente e politicamente d debole. Inetto, vanitoso e inefficace come leader europeo moderno». Perché? «Le sue frequenti lunghe nottate e l'inclinazione ai party selvaggi significano che non riposa a sufficienza». Insomma, secondo l'incaricata d'affari americana a Roma Elisabeth Dibble il nostro nostro premier dovrebbe dormire di più. È questa la rivelazione più imbarazzante per l'Italia contenuta nei 250 mila rapporti segreti dei diplomatici statunitensi resi pubblici dal sito Wikileaks.
La Dibble ha retto l'ambasciata Usa in Italia per quasi due anni, nel lungo interregno fra l'ambasciatore di George Bush e l'attuale, David Thorne, nominato dal presidente Barack Obama nel giugno 2009. Diplomatica di carriera, è stata richiamata a Washington pochi mesi fa. E questo salva dal disagio lei e il governo americano per quei suoi giudizi su Berlusconi. oscuro intermediario Washington è preoccupata anche per il rapporto «straordinariamente stretto» fra il nostro premier e quello russo Vladimir Putin, con «regali generosi» e contratti energetici redditizi: Berlusconi «sembra essere il portavoce di Putin» in Europa. E c'è un «oscuro intermediario italiano che parla russo»: probabilmente il per nulla oscuro Valentino Valentini, 48 anni, l'ex interprete simultaneo dell'Europarlamento che ha organizzato tutti i contatti fra Berlusconi e la Russia, e che è diventato deputato nel 2008.
Gli Stati Uniti sanno bene che la politica russa è nelle mani di Putin (soprannominato nei rapporti «maschio alfa, lupo capobranco, Batman ») e non in quelle del presidente Dimitri Medvedev («Robin»). Putin è giudicato un politico autoritario, il cui stile maschilista gli consente di intendersi con Berlusconi. Gli Usa sono preoccupati per l'intesa Eni-Gazprom su Southstream, il mega-gasdotto che collegherà Russia e Ue in alternativa al Nabucco che taglia fuori Mosca.
Berlusconi si può però consolare leggendo i giudizi sferzanti dei diplomatici americani su altri presidenti. L'argentina Cristina Kirchner, per esempio, desta tali sospetti a Washington che la Segreteria di stato (guidata da Hillary Clinton) arriva a «chiedere informazioni sul suo stato di salute mentale». La tedesca Angela Merkel «evita i rischi ed è raramente creativa».
Frattini contro Turchia
Tra le rivelazioni c' è un telegramma inviato da Roma lo scorso 8 febbraio, dopo un incontro del nostro ministro degli Esteri Franco Frattini con il segretario della Difesa degli Stati Uniti Robert Gates. Frattini «ha espresso particolare frustrazione per il doppio gioco di espansione verso l' Europa e l' Iran da parte della Turchia». La «sfida, secondo Frattini, è portare la Cina al tavolo» dei colloqui sulla questione iraniana. Cina e India secondo Frattini sono «Paesi critici per adottare misure» contro «il governo iraniano senza ferire la popolazione ».
Il problema dell'Italia, come rivela un altro telex dell' ambasciata del 22 gennaio 2010, è che l'Eni ha molti interessi in Iran, ai quali non intende rinunciare: ha investito nel Paese degli ayatollah tre miliardi di dollari, e finora ne ha recuperati solo la metà sotto forma di petrolio e gas. Il resto lo incasserà entro il 2013, ma fino ad allora l'Italia non vuole/non può aderire all'embargo completo contro l'Iran.
La rivelazione più imbarazzante per gli Stati Uniti è quella sull'ordine ai propri diplomatici di spiare i colleghi all'Onu. L'operazione nei confronti delle Nazioni Unite avrebbe riguardato non solo il segretario generale coreano Ban Ki Moon, ma anche i membri permanenti cinese, russo, francese e inglese del Consiglio di sicurezza. Nel 2009, sotto il nome di Hillary Clinton, sarebbe stata inviata ai diplomatici americani una direttiva - a metà tra diplomazia e spionaggio - in cui si chiedevano dati tecnici e password sui sistemi di comunicazione usati dai funzionari Onu, dettagliate informazioni biometriche su uomini chiave come sottosegretari o capi di agenzie speciali, oltre a numeri di carte di credito, indirizzi email e numeri di telefono.
Mandela: "Bush razzista"
I file contengono anche critiche mosse dai diplomatici statunitensi a Nelson Mandela e Hamid Karzai. Il presidente sudafricano sarebbe finito nel mirino dei diplomatici per il suo scontro con George Bush quando questi decise di invadere l'Iraq. Mandela lo accusò di essere razzista, dichiarando che il presidente Usa aveva ignorato le richieste delle Nazioni Unite perché il suo segretario generale all'epoca, Kofi Annan, era nero. Mandela all'epoca aveva anche attaccato l'allora premier britannico Tony Blair, definendolo «il ministro degli Esteri degli Usa».
Per quanto riguarda la Corea, gli Stati Uniti hanno discusso con i funzionari di Seul la possibilità di una Corea unificata, nel caso la Corea del Nord dovesse «implodere» per i suoi problemi economici e per problemi di transizione del leader. Le discussioni segrete si sarebbero estese a come convincere la Cina ad accettare la situazione di una Corea unificata.
Vicepresidente corrotto
Con Ahmed Wali Karzai, il fratellastro del presidente afgano, «dobbiamo avere a che fare in quanto numero uno del Provincial Council. Ma è sottointeso che è uno corrotto e un trafficante di stupefacenti». Questa la descrizione di Ahmed Wali Karzai fornita dai diplomatici americani secondo Wikileaks. «Sembra non capire il livello di conoscenza che abbiamo delle sue attività. Dobbiamo monitorarlo attentamente, inviandogli un messaggio chiaro».
Quando lo scorso anno il vice presidente dell' Afghanistan Ahmed Zia Massoud visitò gli Emirati Arabi Uni ti le autorità locali, in collaborazione con la Dea (Drug enforcement administration) americana, avevano scoperto che trasportava con sé 52 milioni di dollari in contanti. L'ambasciata americana di Kabul inviò a Washington un documento con il quale specificò che si trattava di una «somma significativa », e che Massoud «aveva il diritto di averla con sé e di non rivelare l'origine e la destinazione del denaro». Massoud ha negato di aver portato denaro fuori dall'Afghanistan.
Guantanamo
Un file racconta le conversazioni dei diplomatici sui tentativi degli Usa di convincere i governi di alcuni Paesi ad ospitare detenuti islamici di Guantanamo. Alla Slovenia è stato chiesto di accettare un prigioniero in cambio di un incontro diretto del loro presidente con Barack Obama (capirai che onore). Alle isole Kiribati nell'Oceano Pacifico sono stati offerti milioni di dollari per accettare un gruppo di detenuti. Al Belgio si suggerisce che accettare prigionieri garantirebbe «visibilità» in Europa.
L'infermiera ucraina
Con Muammar Gheddafi, come sempre, si scivola nel grottesco. Di rado si muove senza la sua «infermiera ucraina», una «voluttuosa bionda». Così i diplomatici americani descrivono il dittatore libico, che sarebbe stato infastidito da come venne ricevuto a New York per l'assemblea generale dell'Onu lo scorso anno. L'ambasciatore americano a Tripoli racconta che «Gheddafi usa il botox ed è un vero ipocondriaco: fa filmare tutti i suoi controlli medici per analizzarli dopo con i suoi dottori».
Mauro Suttora
Rivelazioni: un sito pubblica 250 mila documenti segreti dei diplomatici Usa
Gli Stati Uniti criticano il nostro premier per i rapporti con Russia e Gheddafi, le feste sfrenate e la vanità: «Che dorma di più»
di Mauro Suttora
Oggi, 8 dicembre 2010
«Silvio Berlusconi è fisicamente e politicamente d debole. Inetto, vanitoso e inefficace come leader europeo moderno». Perché? «Le sue frequenti lunghe nottate e l'inclinazione ai party selvaggi significano che non riposa a sufficienza». Insomma, secondo l'incaricata d'affari americana a Roma Elisabeth Dibble il nostro nostro premier dovrebbe dormire di più. È questa la rivelazione più imbarazzante per l'Italia contenuta nei 250 mila rapporti segreti dei diplomatici statunitensi resi pubblici dal sito Wikileaks.
La Dibble ha retto l'ambasciata Usa in Italia per quasi due anni, nel lungo interregno fra l'ambasciatore di George Bush e l'attuale, David Thorne, nominato dal presidente Barack Obama nel giugno 2009. Diplomatica di carriera, è stata richiamata a Washington pochi mesi fa. E questo salva dal disagio lei e il governo americano per quei suoi giudizi su Berlusconi. oscuro intermediario Washington è preoccupata anche per il rapporto «straordinariamente stretto» fra il nostro premier e quello russo Vladimir Putin, con «regali generosi» e contratti energetici redditizi: Berlusconi «sembra essere il portavoce di Putin» in Europa. E c'è un «oscuro intermediario italiano che parla russo»: probabilmente il per nulla oscuro Valentino Valentini, 48 anni, l'ex interprete simultaneo dell'Europarlamento che ha organizzato tutti i contatti fra Berlusconi e la Russia, e che è diventato deputato nel 2008.
Gli Stati Uniti sanno bene che la politica russa è nelle mani di Putin (soprannominato nei rapporti «maschio alfa, lupo capobranco, Batman ») e non in quelle del presidente Dimitri Medvedev («Robin»). Putin è giudicato un politico autoritario, il cui stile maschilista gli consente di intendersi con Berlusconi. Gli Usa sono preoccupati per l'intesa Eni-Gazprom su Southstream, il mega-gasdotto che collegherà Russia e Ue in alternativa al Nabucco che taglia fuori Mosca.
Berlusconi si può però consolare leggendo i giudizi sferzanti dei diplomatici americani su altri presidenti. L'argentina Cristina Kirchner, per esempio, desta tali sospetti a Washington che la Segreteria di stato (guidata da Hillary Clinton) arriva a «chiedere informazioni sul suo stato di salute mentale». La tedesca Angela Merkel «evita i rischi ed è raramente creativa».
Frattini contro Turchia
Tra le rivelazioni c' è un telegramma inviato da Roma lo scorso 8 febbraio, dopo un incontro del nostro ministro degli Esteri Franco Frattini con il segretario della Difesa degli Stati Uniti Robert Gates. Frattini «ha espresso particolare frustrazione per il doppio gioco di espansione verso l' Europa e l' Iran da parte della Turchia». La «sfida, secondo Frattini, è portare la Cina al tavolo» dei colloqui sulla questione iraniana. Cina e India secondo Frattini sono «Paesi critici per adottare misure» contro «il governo iraniano senza ferire la popolazione ».
Il problema dell'Italia, come rivela un altro telex dell' ambasciata del 22 gennaio 2010, è che l'Eni ha molti interessi in Iran, ai quali non intende rinunciare: ha investito nel Paese degli ayatollah tre miliardi di dollari, e finora ne ha recuperati solo la metà sotto forma di petrolio e gas. Il resto lo incasserà entro il 2013, ma fino ad allora l'Italia non vuole/non può aderire all'embargo completo contro l'Iran.
La rivelazione più imbarazzante per gli Stati Uniti è quella sull'ordine ai propri diplomatici di spiare i colleghi all'Onu. L'operazione nei confronti delle Nazioni Unite avrebbe riguardato non solo il segretario generale coreano Ban Ki Moon, ma anche i membri permanenti cinese, russo, francese e inglese del Consiglio di sicurezza. Nel 2009, sotto il nome di Hillary Clinton, sarebbe stata inviata ai diplomatici americani una direttiva - a metà tra diplomazia e spionaggio - in cui si chiedevano dati tecnici e password sui sistemi di comunicazione usati dai funzionari Onu, dettagliate informazioni biometriche su uomini chiave come sottosegretari o capi di agenzie speciali, oltre a numeri di carte di credito, indirizzi email e numeri di telefono.
Mandela: "Bush razzista"
I file contengono anche critiche mosse dai diplomatici statunitensi a Nelson Mandela e Hamid Karzai. Il presidente sudafricano sarebbe finito nel mirino dei diplomatici per il suo scontro con George Bush quando questi decise di invadere l'Iraq. Mandela lo accusò di essere razzista, dichiarando che il presidente Usa aveva ignorato le richieste delle Nazioni Unite perché il suo segretario generale all'epoca, Kofi Annan, era nero. Mandela all'epoca aveva anche attaccato l'allora premier britannico Tony Blair, definendolo «il ministro degli Esteri degli Usa».
Per quanto riguarda la Corea, gli Stati Uniti hanno discusso con i funzionari di Seul la possibilità di una Corea unificata, nel caso la Corea del Nord dovesse «implodere» per i suoi problemi economici e per problemi di transizione del leader. Le discussioni segrete si sarebbero estese a come convincere la Cina ad accettare la situazione di una Corea unificata.
Vicepresidente corrotto
Con Ahmed Wali Karzai, il fratellastro del presidente afgano, «dobbiamo avere a che fare in quanto numero uno del Provincial Council. Ma è sottointeso che è uno corrotto e un trafficante di stupefacenti». Questa la descrizione di Ahmed Wali Karzai fornita dai diplomatici americani secondo Wikileaks. «Sembra non capire il livello di conoscenza che abbiamo delle sue attività. Dobbiamo monitorarlo attentamente, inviandogli un messaggio chiaro».
Quando lo scorso anno il vice presidente dell' Afghanistan Ahmed Zia Massoud visitò gli Emirati Arabi Uni ti le autorità locali, in collaborazione con la Dea (Drug enforcement administration) americana, avevano scoperto che trasportava con sé 52 milioni di dollari in contanti. L'ambasciata americana di Kabul inviò a Washington un documento con il quale specificò che si trattava di una «somma significativa », e che Massoud «aveva il diritto di averla con sé e di non rivelare l'origine e la destinazione del denaro». Massoud ha negato di aver portato denaro fuori dall'Afghanistan.
Guantanamo
Un file racconta le conversazioni dei diplomatici sui tentativi degli Usa di convincere i governi di alcuni Paesi ad ospitare detenuti islamici di Guantanamo. Alla Slovenia è stato chiesto di accettare un prigioniero in cambio di un incontro diretto del loro presidente con Barack Obama (capirai che onore). Alle isole Kiribati nell'Oceano Pacifico sono stati offerti milioni di dollari per accettare un gruppo di detenuti. Al Belgio si suggerisce che accettare prigionieri garantirebbe «visibilità» in Europa.
L'infermiera ucraina
Con Muammar Gheddafi, come sempre, si scivola nel grottesco. Di rado si muove senza la sua «infermiera ucraina», una «voluttuosa bionda». Così i diplomatici americani descrivono il dittatore libico, che sarebbe stato infastidito da come venne ricevuto a New York per l'assemblea generale dell'Onu lo scorso anno. L'ambasciatore americano a Tripoli racconta che «Gheddafi usa il botox ed è un vero ipocondriaco: fa filmare tutti i suoi controlli medici per analizzarli dopo con i suoi dottori».
Mauro Suttora
Monday, December 06, 2010
Museo del Novecento
Apre a Milano il museo del secolo
Nell'ex arengario arrivano i quadri più belli
Dal Futurismo all' Arte povera. Da Fontana a De Chirico. Tutte le avanguardie italiane nate nella capitale lombarda trovano una nuova casa nel centro della città. E come al Louvre...
di Mauro Suttora
Oggi, 8 dicembre 2010
L'orrendo Arengario di piazza Duomo fu fatto costruire da Benito Mussolini per avere un balcone da cui, appunto, arringare la folla. Il dittatore morì prima di riuscirci. Da allora, nessuno ha mai saputo bene cosa fare di quel tetro palazzo. Finalmente, il 6 dicembre ci nasce il Museo del Novecento.
Tre anni di lavoro e 20 milioni di euro per ospitare 350 quadri: il meglio delle 4 mila opere possedute dal Comune di Milano, e finora sparpagliate nelle raccolte civiche: dalla Gam (Galleria di arte moderna) nella villa Reale di via Palestro a un delizioso e sconosciuto museo, la Fondazione Boschi Di Stefano in una traversa di corso Buenos Aires, via Jan.
Sarà un grande evento, paragonabile all'inaugurazione del romano Maxxi (Museo arte XXI secolo) sei mesi fa. Come al Louvre, si potrà entrare nel museo direttamente dal metrò. «La grande rampa a spirale interna sarà la sua cifra architettonica più significativa, che lo renderà universalmente riconoscibile», dice il sindaco Letizia Moratti. All'ultimo piano, visibile dalla piazza, c'è il neon bianco che Lucio Fontana realizzò per la Triennale del 1951. Sulla terrazza, un ristorante gestito dal rinomato Giacomo e uno spazio aperitivi. E poi un cinema, come al Moma di New York.
«L'arte italiana è conosciuta all'estero per il Rinascimento e, nel Novecento, per due movimenti d'avanguardia: Futurismo e Arte povera», spiega l'assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory. «Il fatto che il museo abbia come "perni" queste due collezioni costituisce perciò un evento di portata internazionale».
Si entra dal metrò
Arrivando dal metrò, il primo incont ro è con il pezzo forte del Museo: il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo (1901), che aprì il secolo con le sue speranze social ste. Poi due sculture di Giorgio De Chirico, anch'esse sempre visibili dal pubblico, senza biglietto da pagare (a proposito: fino a fine febbraio l'ingresso è gratis).
Entrando, un tocco internazionale: Picasso, Braque, Klee, Kandinskij, Modigliani. Quindi la prima sala dedicata al futurismo, con Umberto Boccioni in evidenza. Seguono, in ordine cronologico, le sale De Chirico, Morandi, Martini e Piero Manzoni. Al terzo piano lo spazio dedicato a Burri e agli anni Cinquanta e Sessanta dei maggiori maestri italiani (Vedova, Capogrossi, Novelli).
Passerella sospesa
La sezione conclusiva sta al secondo piano dell'adiacente Palazzo Reale, collegata all Arengario da una passerella sospesa e dedicata agli anni Sessanta: arte cinetica con una serie di ambienti del gruppo T, poi la pop art italiana e infine l'Arte povera del biellese Michelangelo Pistoletto e del milanese Luciano Fabro. La serata di inaugurazione avrà una colonna sonora con i brani che hanno punteggiato il secolo milanese: dal Trio Lescano al Quartetto Cetra, da Enzo Jannacci a Giorgio Gaber, da Mina a Ornella Vanoni. Alcuni «testimonial» hanno «adottato» i loro quadri preferiti, a cominciare dal centenario critico Gillo Dorfles.
Fra le donne, la scrittrice Camilla Baresani spiega a Oggi la sua predilezione per Ottone Rosai: «Veniva denigrato come semplice bozzettista, invece era un intellettuale completo. Fu ottimo scrittore: il suo Diario di un teppista, appena ristampato da Vallecchi, nella prima edizione è una delle rarità più valutate del Novecento. Fu ardito fascista, ma anche omosessuale, e si vergognava di questa sua condizione che ne fece un artista "maledetto"».
Milioni in piazza Duomo
Come sarà accolto questo nuovo museo? «Puntiamo a 250 mila visitatori all' anno», spera Finazzer, «che sommati al milione e 700 mila dell'attiguo Palazzo Reale fanno due milioni. Milano è ormai in grado di offrire a tutti i turisti che arrivano in piazza Duomo attrattive di alto livello. Il museo è stato costruito per rapportarsi con la piazza, la metropolitana, le luci, le vetrate del Duomo. In un momento di crisi finanziaria e di caos politico, Milano dice all'Italia che si può uscirne anche grazie a una grande opera pubblica culturale».
La scrittrice Camilla Baresani, 48 anni, ha un debole per Ottone Rosai (1895-1957): «Questo suo Mulino del ' 38 sembra l'opera di un bozzettista, ma Rosai in realtà fu un grande artista "maledetto"».
Ornella Vanoni, 76, la cantante milanese per antonomasia, sarà presente alla serata inaugurale del 6 dicembre anche con alcune canzoni. «Il mio preferito è Boccioni», dice. Al museo c'è il quadro Quelli che restano, del 1911.
La conduttrice tv Camila Raznovic, 36, ha «adottato» il più celebre dei tre quadri di Amedeo Modigliani esposti nel Museo del Novecento: Ritratto di Paul Guillaume, dipinto nel 1916, solo quattro anni prima di morire.
Marta Marzotto, 79 anni, «adotta» l'opera giovanile del suo amante Renato Guttuso (1911-87): Piccola nuda sdraiata (1940).
Mauro Suttora
Nell'ex arengario arrivano i quadri più belli
Dal Futurismo all' Arte povera. Da Fontana a De Chirico. Tutte le avanguardie italiane nate nella capitale lombarda trovano una nuova casa nel centro della città. E come al Louvre...
di Mauro Suttora
Oggi, 8 dicembre 2010
L'orrendo Arengario di piazza Duomo fu fatto costruire da Benito Mussolini per avere un balcone da cui, appunto, arringare la folla. Il dittatore morì prima di riuscirci. Da allora, nessuno ha mai saputo bene cosa fare di quel tetro palazzo. Finalmente, il 6 dicembre ci nasce il Museo del Novecento.
Tre anni di lavoro e 20 milioni di euro per ospitare 350 quadri: il meglio delle 4 mila opere possedute dal Comune di Milano, e finora sparpagliate nelle raccolte civiche: dalla Gam (Galleria di arte moderna) nella villa Reale di via Palestro a un delizioso e sconosciuto museo, la Fondazione Boschi Di Stefano in una traversa di corso Buenos Aires, via Jan.
Sarà un grande evento, paragonabile all'inaugurazione del romano Maxxi (Museo arte XXI secolo) sei mesi fa. Come al Louvre, si potrà entrare nel museo direttamente dal metrò. «La grande rampa a spirale interna sarà la sua cifra architettonica più significativa, che lo renderà universalmente riconoscibile», dice il sindaco Letizia Moratti. All'ultimo piano, visibile dalla piazza, c'è il neon bianco che Lucio Fontana realizzò per la Triennale del 1951. Sulla terrazza, un ristorante gestito dal rinomato Giacomo e uno spazio aperitivi. E poi un cinema, come al Moma di New York.
«L'arte italiana è conosciuta all'estero per il Rinascimento e, nel Novecento, per due movimenti d'avanguardia: Futurismo e Arte povera», spiega l'assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory. «Il fatto che il museo abbia come "perni" queste due collezioni costituisce perciò un evento di portata internazionale».
Si entra dal metrò
Arrivando dal metrò, il primo incont ro è con il pezzo forte del Museo: il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo (1901), che aprì il secolo con le sue speranze social ste. Poi due sculture di Giorgio De Chirico, anch'esse sempre visibili dal pubblico, senza biglietto da pagare (a proposito: fino a fine febbraio l'ingresso è gratis).
Entrando, un tocco internazionale: Picasso, Braque, Klee, Kandinskij, Modigliani. Quindi la prima sala dedicata al futurismo, con Umberto Boccioni in evidenza. Seguono, in ordine cronologico, le sale De Chirico, Morandi, Martini e Piero Manzoni. Al terzo piano lo spazio dedicato a Burri e agli anni Cinquanta e Sessanta dei maggiori maestri italiani (Vedova, Capogrossi, Novelli).
Passerella sospesa
La sezione conclusiva sta al secondo piano dell'adiacente Palazzo Reale, collegata all Arengario da una passerella sospesa e dedicata agli anni Sessanta: arte cinetica con una serie di ambienti del gruppo T, poi la pop art italiana e infine l'Arte povera del biellese Michelangelo Pistoletto e del milanese Luciano Fabro. La serata di inaugurazione avrà una colonna sonora con i brani che hanno punteggiato il secolo milanese: dal Trio Lescano al Quartetto Cetra, da Enzo Jannacci a Giorgio Gaber, da Mina a Ornella Vanoni. Alcuni «testimonial» hanno «adottato» i loro quadri preferiti, a cominciare dal centenario critico Gillo Dorfles.
Fra le donne, la scrittrice Camilla Baresani spiega a Oggi la sua predilezione per Ottone Rosai: «Veniva denigrato come semplice bozzettista, invece era un intellettuale completo. Fu ottimo scrittore: il suo Diario di un teppista, appena ristampato da Vallecchi, nella prima edizione è una delle rarità più valutate del Novecento. Fu ardito fascista, ma anche omosessuale, e si vergognava di questa sua condizione che ne fece un artista "maledetto"».
Milioni in piazza Duomo
Come sarà accolto questo nuovo museo? «Puntiamo a 250 mila visitatori all' anno», spera Finazzer, «che sommati al milione e 700 mila dell'attiguo Palazzo Reale fanno due milioni. Milano è ormai in grado di offrire a tutti i turisti che arrivano in piazza Duomo attrattive di alto livello. Il museo è stato costruito per rapportarsi con la piazza, la metropolitana, le luci, le vetrate del Duomo. In un momento di crisi finanziaria e di caos politico, Milano dice all'Italia che si può uscirne anche grazie a una grande opera pubblica culturale».
La scrittrice Camilla Baresani, 48 anni, ha un debole per Ottone Rosai (1895-1957): «Questo suo Mulino del ' 38 sembra l'opera di un bozzettista, ma Rosai in realtà fu un grande artista "maledetto"».
Ornella Vanoni, 76, la cantante milanese per antonomasia, sarà presente alla serata inaugurale del 6 dicembre anche con alcune canzoni. «Il mio preferito è Boccioni», dice. Al museo c'è il quadro Quelli che restano, del 1911.
La conduttrice tv Camila Raznovic, 36, ha «adottato» il più celebre dei tre quadri di Amedeo Modigliani esposti nel Museo del Novecento: Ritratto di Paul Guillaume, dipinto nel 1916, solo quattro anni prima di morire.
Marta Marzotto, 79 anni, «adotta» l'opera giovanile del suo amante Renato Guttuso (1911-87): Piccola nuda sdraiata (1940).
Mauro Suttora
Wednesday, December 01, 2010
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