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Monday, December 20, 2010

Politici promossi e bocciati

Chi esce vittorioso dall' ultima crisi?

Il palazzo delle liti. Diamo i voti ai politici italiani

Berlusconi ha respinto per soli tre voti l'assalto dell'ex alleato Fini. Ma gli basterà? E come si sono comportati gli altri leader di partito? Lo abbiamo chiesto ad alcuni grandi esperti. Ecco le loro pagelle

di Marianna Aprile, Gino Gullace Raugei, Mauro Suttora

Oggi, 29 dicembre 2010

Sembrava che le sorti dell'Italia intera dovessero decidersi il 14 dicembre: dopo mesi di liti sempre più aspre, la rottura fra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e quello della Camera è approdata in Parlamento. Il voto di fiducia al governo era appeso a un filo, perché i deputati ex Pdl che hanno seguito Fini erano quasi 40.

Alla fine ha vinto Berlusconi, e il governo è rimasto in carica. Ma per soli tre voti. Il margine in suo favore è stato ottenuto grazie a transfughi dal Pd (Massimo Calearo e Bruno Cesario), dall'Italia dei Valori (Antonio Razzi, Domenico Scilipoti), e dai voti di due finiane pentite, Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini.

Ma come si sono comportati i principali politici italiani in questa crisi e, più in generale, nel 2010? Oggi, con l'aiuto di prestigiosi esperti, ha dato loro le pagelle. E ora, cari lettori, tocca a voi: andate a votare sul nostro sito www.oggi.it.

Silvio Berlusconi: 7. «È inossidabile», dice Stefano Folli, editorialista del Sole 24 Ore, «ha dimostrato di saper riemergere con abilità e spregiudicatezza da una grave difficoltà». «Gli do 10 per la gestione della crisi, 1 per come governa», specifica Piero Ignazi, commentatore dell'Espresso. «Nell' ultimo mese è stato molto abile», aggiunge Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera: «Si è nascosto e ha fatto fare ai suoi reclutamento di deputati disposti a tradire il loro mandato: essere alternativi a Berlusconi. Tattica ineccepibile, unita alla capacità di approfittare dei catastrofici errori altrui».

Giorgio Napolitano: 8. «Istituzionale», lo loda Battista. Concorda Ignazi: «La sua è stata una gestione imparziale negli interessi del Paese».

Antonio Di Pietro: 5. Folli: «Superficiale. Dall'Idv sono venute le defezioni decisive. È responsabile di una cattiva scelta dei suoi parlamentari». Ignazi: «Tira troppo la corda, è volgare. Est modus in rebus. Fa il gioco dei Cicchitti. E nel suo partito ha mele marce». Battista: «Nessun Robespierre si sarebbe mai contornato di Scilipotii...» Marco Travaglio (Il Fatto): «Merita 8 per l'opposizione, è l'unico che la fa seriamente, ma 4 per la parte propositiva. Il suo eterno tallone di Achille è l'incapacità di scegliersi collaboratori all'altezza. In certi casi privilegia oscuri traffichini di periferia, che millantano pacchetti di voti».

Gianfranco Fini: 5. Folli: «Precipitoso. Ha avuto il merito di imporsi come alternativa a Berlusconi, ma poi ha sbagliato strategia». Ignazi: «Alla fine ha fallito. E il risultato è quel che conta, in politica». Marcello Sorgi, editorialista de La Stampa : «È lui il vero sconfitto, perché aveva impegnato tutte le sue forze sull'obiettivo mancato dell' abbattimento di Berlusconi, e poi ha dovuto riparare sotto l'ala protettrice di Casini». Battista: «Meritava 10 per la capacità di resistenza alla campagna di annientamento dei berlusconiani. Ma avrebbe dovuto logorare Berlusconi, non cercare la frattura. È una disfatta politica, non numerica, la sua».

Roberto Maroni: 5,5. Battista: «La Lega Nord ha rafforzato l'asse con Berlusconi, ma non ha avuto quel che voleva: le elezioni. Almeno non per ora». Ignazi: «Ha confuso i ruoli di ministro dell'Interno (bravo) e capo della Lega, pretendendo la replica nel programma tv di Fazio e Saviano».

Sandro Bondi: 4. Battista: «Assente, perché in visita a Pompei...»

Paolo Guzzanti: 5. Battista: «Non poteva che votare contro Berlusconi, dopo aver firmato la mozione di sfiducia e scritto il libro Mignottocrazia».

Gianni Letta: 8. Come sempre, ha sapientemente trattato e ricucito nell'ombra. «Ma questa volta non ha ben messo a fuoco l'oggetto della mediazione», dice Battista. «Troppo defilato per giudicarlo», aggiunge Ignazi.

Umberto Bossi: 7. «Bravo e sornione», lo loda Ignazi.

Pier Ferdinando Casini: 7. Sorgi: «Casini aveva chiesto la sfiducia contro Berlusconi, quindi è tra gli sconfitti. Tuttavia Berlusconi gli riserva la possibilità di fare il partner per rafforzare l' indebolita maggioranza». Folli: «Si è ricollocato come interlocutore privilegiato del centrodestra». Battista: «Ha riconquistato il centro del centro».

Italo Bocchino: 4. Folli: «Avventuroso. Il suo discorso finale alla Camera ha danneggiato molto Fini». Non concorda Ignazi: «È stato bravo a fare quel che voleva il suo capo». Battista: «Dò 9 a Bocchino, ma solo in audience. Prima nessuno sapeva chi fosse».

Daniela Santanchè: 5. Ignazi: «No comment. Ma stiamo parlando di politica?» Battista: «Dovrebbe smettere di imitare la Cortellesi che imita lei. Il ruolo di supercattiva ha stancato».

Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini: 4. Le due deputate finiane tornate all'ovile berlusconiano non riscuotono grande simpatia. Battista scherza: «Soddisfatte e rimborsate».

Pier Luigi Bersani: 5,5. Folli: «Poco rilevante. Non è riuscito a rendere chiara la proposta dell'opposizione. Governo di transizione e di responsabilità nazionale: le due forme non sono mai state chiarite». Ignazi: «Fa i discorsi leggendo i fogliettini, come i burocrati Pci di provincia». Travaglio: «Linea ondivaga, ai limiti dell'incomprensibilità». «Invece secondo me si è comportato bene», dice Concita De Gregorio, direttrice de L'Unità. «Più di quel che ha fatto non poteva fare. C'è chi fa opposizione urlando e chi, come Bersani, dimostra con i fatti che Berlusconi non è in grado di far progredire il Paese». Roberto Bernabò, direttore del Tirreno : «Bersani esce dall' ultima crisi un po' più leader rispetto ai big storici del suo partito. Ma la vittoria di Berlusconi prova che non bastano operazioni di Palazzo per rovesciare il Pdl».

Massimo D' Alema: 5. Ironizza Battista: «È stato il grande stratega della sconfitta. Quindi ha vinto».

Mariastella Gelmini: 5. Ignazi: «Tutte le cose che fa sono pessime». Battista: «La sua riforma dell' università non è male, nell' impianto meritocratico. Ma è stato rischioso esporne l' esito agli equilibri politici e alla crisi, spostando la discussione al Senato al dopo sfiducia».

Antonio Razzi e Domenico Scilipoti: 4. I dipietristi che hanno salvato Berlusconi sono bocciati. Battista: «Scilipoti è l'archetipo, il modello. Quando ha spiegato i motivi della sua scelta sembrava Brèton, era surreale, al di là della comprensione».

Silvano Moffa: 4. Ha tradito due volte: prima Berlusconi andando con Fini, poi Fini tornando da Berlusconi.

Massimo Calearo: 2. «Il suo caso è molto più grave di quello dei dipietristi voltagabbana», dice Travaglio, «perché l'ex presidente di Federmeccanica era addirittura capolista del Pd veltroniano in Veneto e già nel 2008 era chiaro che era un pesce fuor d'acqua: un industriale "falco" di Confindustria in un partito di centrosinistra non poteva essere che un infiltrato berlusconiano, quale poi si è rivelato appena agguantata la poltrona a Montecitorio».

Walter Veltroni: 5. Ignazi: «Ha fatto eleggere Calearo». Ironizza Battista: «Dovrebbe riscrivere il capitolo finale del suo libro Noi, titolandolo Loro ».

Matteo Renzi: 5 . Ignazi: «Il sindaco di Firenze mi sembra un narcisista debordante, tanto da confondersi con Berlusconi».

Rosi Bindi: 6. Ignazi: «Unica a sinistra con le idee chiare. E non usa il politichese per esprimerle».

Marco Pannella: 5. Ignazi: «La sua "trattativa" con Berlusconi è stata una provocazione mal riuscita».

Ignazio La Russa: 5. «Però come ministro della Difesa è accettabile», dice Ignazi.

Francesco Rutelli: 5. Sorgi: «Il Terzo polo con Casini, Fini e Rutelli vuole fermare l'emorragia di parlamentari di centrodestra verso Berlusconi. Rutelli spera inoltre che lo raggiungano dal Pd gli ex dc insoddisfatti dell'alleanza con gli ex comunist».

I nostri esperti hanno dato 7 a Nichi Vendola. «È bravo, capace, seducente, innovativo», sostiene Piero Ignazi. E dice Bernabò, direttore del Tirreno : «Ha molte possibilità di vincere le primarie del centrosinistra, se ci saranno. Altra cosa poi vincere le elezioni, nelle quali serve anche il voto moderato».

Mara Carfagna, 35 anni, ministro per le Pari opportunità, merita 5,5. Piero Ignazi: «Non ci si aspettava molto da lei, ma risulta dignitosa in un panorama di desolazione devastante». Pierluigi Battista scherza, alludendo ai suoi tira e molla fra Berlusconi e Bocchino: «Merita dieci in volteggio».

Il ministro del Tesoro Giulio Tremonti è rimasto silenzioso. «Non ha fatto nulla», dice Piero Ignazi. «Si sta costruendo un' immagine politica che prelude a un futuro ruolo». E Battista: «Era assente perché impegnato a custodire la cassa».

Monday, May 03, 2010

Ingrid Bergman, Anna Magnani, Renzo Rossellini

IL TRIANGOLO

Anna, Ingrid e Rossellini: la passione che li incendiò

"LE AMANTI DEL VULCANO" RIEVOCA UN GRANDE SCANDALO

È il 1949: la diva svedese e la regina del nostro cinema si contendono il maestro del neorealismo. Un amore da film che Marcello Sorgi ricostruisce in un libro. E tutto nacque da un'incredibile lettera...

di Mauro Suttora

Oggi, 28 aprile 2010

«Mister Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà, e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla molto bene l'inglese, non ha dimenticato il tedesco, non riesce a farsi capire bene in francese e in italiano sa dire soltanto "ti amo", sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei». Firmato: Ingrid Bergman.

Questa è l'incredibile lettera che l'allora più famosa attrice del mondo (Casablanca, Per chi suona la campana, Notorious e quattro nomination all'Oscar) scrisse al più famoso regista italiano, inventore del neorealismo. Rossellini la ricevette a Roma il 7 maggio 1948, il giorno prima del suo quarantaduesimo compleanno, e in quel preciso momento per la sua compagna Anna Magnani (la più famosa attrice italiana) fu la fine.

La tempesta personale e professionale che travolse il trio viene oggi magistralmente raccontata da Marcello Sorgi nel libro Le amanti del vulcano: un triangolo di passioni nell' Italia del dopoguerra (Rizzoli). «Rossellini era il tipico italiano, prima fascista, poi comunista», spiega l' ex direttore del Tg1, reduce dal successo di un' altra rievocazione siciliana di quell'epoca: Edda Ciano e il comunista, che descrive l'amore proibito tra la figlia di Mussolini al confino a Lipari nel '45 e un partigiano comunista. Ma soprattutto, Rossellini era un grande tombeur de femmes. E abboccò immediatamente all'«amo» lanciato abbastanza sfrontatamente dalla splendida star svedese.

Andò a Londra, dove la Bergman stava gira ndo un film di Hitchcock. Lì incontrò anche il marito svedese di Ingrid, che però era in crisi coniugale. Poi un weekend a Parigi, infine altri incontri a New York e a Los Angeles, dove l'acclamatissimo regista era andato a ritirare dei premi. Fra loro, i due parlavano francese. E Rossellini le propose subito di recitare nel suo nuovo film, Stromboli, senza dirle che la parte era già prevista per la Magnani. La Bergman, alla quale era bastato vedere i due film del regista italiano in una saletta d'essai per infatuarsene, lo invitò come ospite d'onore a un party nella sua villa californiana, in Benedict Canyon.

Racconta Sorgi: «C'era il meglio di Hollywood: Gary Cooper, Bette Davis, Frank Capra, l'unico con cui quella sera Roberto riuscì a scambiare qualche parola, tra dialetto romanesco e siciliano. Rossellini non sapeva l' inglese, ma questo non gli creava alcun imbarazzo. Il suo obiettivo era Ingrid. E sapientemente, alla sua maniera, era riuscito a raggiungerla in cucina per potere restare un momento da solo con lei». Molti anni dopo la Bergman raccontò a Renzo Rossellini, primo figlio di Roberto, che «forse lì, in cucina, era stato concepito Robertino», il bambino che nacque l'anno dopo. E Renzo si era divertito a insistere sui dettagli, domandandole: «In piedi?». «Quasi!», aveva chiuso il discorso lei, con un sorriso arrossito.

"LA GUERRA DELLE ISOLE"
Il problema era che Rossellini si trovava già impegnato a girare Stromboli con un giovane produttore siciliano, il principe Francesco Alliata (oggi novantenne), e il socio Pietro Moncada di Paternò. Quando ci fu la rottura con la Magnan i, Alliata non ri nu nciò al progetto: scritturò un regista tedesco (William Dieterle, soprannominato Dhitler per la precisione teutonica), e fece interpretare egualmente il film alla Magnani (con Rossano Brazzi), cambiando il titolo in Vulcano e girandolo nell' isola eoliana adiacente. Così per tutta la calda estate del 1949 si svolse la «guerra delle isole»: a Stromboli la troupe di Rossellini con la Bergman, a Vulcano quella della Magnani. Con una gara a chi finiva prima, ovviamente vinta dal tedesco cui bastarono sette settimane di riprese, contro le quindici (rispetto alle otto preventivate) del disordinato Rossellini. Il quale peraltro era anche immerso nella focosa passione con Ingrid.

Tutti i giornali del mondo seguirono la sfida privata e pubblica. Per l'opinione pubblica americana fu uno scandalo enorme: la Bergman, fino ad allora considerata una santa, divenne subito un'adultera da lapidare. Fu accusata di essere «l'apostolo della depravazione di Hollywood», subendo una campagna denigratoria senza eguali. Suo marito chiese il divorzio e ottenne l'affidamento della figlia Pia, la quale dichiarò: «Non ho mai voluto bene a mia madre».

L'AMERICA LI CONDANNÒ
Solo il grande scrittore Ernest Hemingway difese la star svedese, diventata sua amica dopo aver interpretato Maria in Per chi suona la campana. «Il caso arrivò addirittura al Senato americano», racconta Sorgi, «dove il senatore Edwin Johnson del Colorado la definì "potente distillatrice del male e cultrice del libero amore"».

Johnson se la prese anche con Rossellini, reo di avere sottratto agli Stati Uniti la star più preziosa: «I suoi trascorsi come membro del partito fascista italiano e attivo collaborazionista durante la guerra mondiale sono ben noti ai nostri servizi di controspionaggio. Rossellini aveva come amante una tedesca, nota attrice di sentimenti nazisti. È stato due volte in manicomio e fa abitualmente uso di stupefacenti». E si spinse a chiedere la censura sui suoi film: «La sua posizione di zelante fautore di Mussolini e aperto adulatore del fascismo rende passibile di molte obiezioni la distribuzione nei circuiti americani delle sue pellicole».

«In realtà», obietta Sorgi, «Rossellini non era mai stato un fascista militante. Frequentatore della Roma mondana e viziosa dei primi anni del fascismo, sì. Amico per ragioni di convenienza del figlio del duce, Vittorio, e autore grazie a lui di una trilogia di film di propaganda ispirati dal regime. Ma era stato emarginato dal fascismo per il suo carattere e l'indolenza lavorativa. La storia con la ballerina tedesca Roswita non aveva alcun fondamento politico. E la droga era stata un incidente di gioventù, curato in clinica e non in manicomio».

Al botteghino Stromboli stracciò Vulcano. Anche perché proprio nel giorno della prima di quest'ultimo, il 2 febbraio '50, nacque Robertino, figlio di Rossellini e di Ingrid, che rubò tutto lo spazio sui giornali. Nel '55 però la Magnani si prese tutte le rivincite, professionali e private, con Rossellini: mentre lei vinceva l'Oscar con La Rosa Tatuata, il matrimonio con la Bergman crollava.

Simili anche le morti di Anna e Ingrid: entrambe per tumore, nel' 73 a 65 anni la prima e nell'82 a 67 la seconda. Quanto a Rossellini, dopo aver dichiarato morto il cinema ed essersi dato ai documentari, scomparve per infarto nel '77, appena tornato dal festival di Cannes dove aveva presieduto la giuria. «Roberto è morto rapidamente, com' era vissuto», fu l'estremo commiato di Ingrid, con cui termina il libro di Sorgi.

Mauro Suttora