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Wednesday, May 13, 2015

I peggiori film della nostra vita

Cinema: sedici personaggi confessano le loro “pellicole-mattone”

Una catena di sale francesi rimborsa il biglietto agli spettatori che escono nella prima mezz’ora. Quanti ne approfitteranno?
FRA REGISTI E ATTORI INSOPPORTABILI, Ecco chi rischia in italia: in testa Lars von Trier, Ben Affleck... e molti mostri sacri

di Mauro Suttora

Oggi, 6 maggio 2015

Quali sono i film da cui siete scappati, nella vostra vita?

Maurizio COSTANZO: «Tutti i kolossal sull’antica Roma».

Paola TAVERNA, senatrice 5 stelle: «Non sopporto i film di Madonna, quelli delle Vacanze di Natale, e comunque ormai non vado più al cinema. Mi rompo le scatole. Mi fece particolarmente schifo Palombella Rossa di Nanni Moretti, un insopportabile radical chic».

Giampiero MUGHINI: «La grande bellezza di Sorrentino».

Massimo FINI: «Uscii dal cinema quando Robert De Niro si arrampicò sulle rocce per venti minuti in Mission, quel film di ormai trent’anni fa dove c’era anche Jeremy Irons, e che vinse la Palma d’Oro a Cannes. Ultimamente ho detestato American Sniper: sembra un western, non un film di guerra. E Bjork che faceva la cieca in Dancer in the dark, il film del 2000 di Lars Von Trier: era insopportabile».

Alba PARIETTI: «The Piano Player, con Christopher Lambert, Dennis Hopper e Diane Kruger (2002). Lo dico con tutto l’affetto che ho per lui». Ma è la vendetta dell’ex? «No, allora ero innamoratissima, stavamo assieme e mi ero messa a vederlo in cassetta. Ma non ce l’ho proprio fatta, stavo per suicidarmi».

Sabina CIUFFINI: «Amore bugiardo, con Ben Affleck (2014). L’ho visto due mesi fa e sono uscita alla fine del primo tempo, cosa molto rara per me. Film fatto bene, ma prevedibile e irritante. Perché l’hanno fatto? Una specie di pozione malefica che ho rifiutato di bere fino in fondo».

Il povero Affleck si prende una segnalazione negativa pure da Michele CUCUZZA per lo stesso film, Amore bugiardo: «Sopravvalutato, scontato».

Martina COLOMBARI: «Le onde del destino, del regista danese Lars Von Trier, 1996. Nonostante avesse vinto il festival di Cannes, e la protagonista Emma Watson fosse stata nominata per un premio Oscar come migliore attrice, lo ricordo soltanto per i suoi interminabili 156 minuti. Fu una prova di forza resistere fino in fondo. E riuscii perfino a trattenere in sala mio marito [l’ex calciatore Billy Costacurta, ndr]».

Beppe SEVERGNINI: «La terra trema di Luchino Visconti mi ha sconfitto: sono uscito a metà, e tremavo più della terra in questione. Il film, mi assicurano, è un capolavoro. Ma forse non era adatto al momento ormonale di un diciottenne. Otto e Mezzo di Fellini è una meraviglia, ma è un film da vietare ai minori di 48 anni: non li riguarda.
Sono rimasto in sala per Allacciate le cinture con Kasia Smutniak di Ferzan Ozpetek, regista di cui ero e rimango un estimatore; e ho fatto male. Coraggio, succede anche ai migliori, caro Fernan».

Elisabetta GARDINI, eurodeputata di Forza Italia: «Non posso vedere gli 007 senza Sean Connery. Mi spiace per i vari Roger Moore o Daniel Craig che gli sono succeduti, ma per me James Bond rimane uno solo. E non c’è la minima possibilità che guardi un film con i supereroi, quelli dei fumetti. Mi sembra di stare in un videogioco».

Luciana LITTIZZETTO: «Paganini, scritto diretto e interpretato da Klaus Kinski (1989). Come film brutti, quello mi basta per l’eternità».

Dalila DI LAZZARO: «L’Imbalsamatore di Matteo Garrone (2002). Film interessante, ma così lugubre che mi ha respinto. Un po’ come l’Urlo di Munch, capisco il genio in quel quadro. Però io al cinema voglio sognare, ho bisogno di allegria, colori».

Antonio POLITO: «The Counselor – Il procuratore di Ridley Scott del 2013, con un cast di star: Michael Fassbender, Brad Pitt, Cameron Diaz, Penelope Cruz, Javier Bardem. Sono scappato, nonostante Ridley Scott sia uno dei miei preferiti».

Giampaolo PANSA: «Ludwig di Luchino Visconti, che pesantezza».

Camilla BARESANI: «Mi irritano i film con pretese intellettuali. Fra i tanti, ricordo Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, Il palloncino bianco di Jafar Panahi, Sotto gli ulivi di Abbas Kiarostami e Ferro 3 del coreano Kim Ki-Duk».

Stefania PRESTIGIACOMO: «Turner di Mike Leigh, sulla vita dell’omonimo pittore inglese. Il protagonista Timothy Spall avrà anche vinto il premio come migliore attore all’ultimo festival di Cannes, io ho resistito fino alla fine ma ho molto sofferto. Pesante, lento, soporifero».
Mauro Suttora

Monday, December 06, 2010

Museo del Novecento

Apre a Milano il museo del secolo

Nell'ex arengario arrivano i quadri più belli

Dal Futurismo all' Arte povera. Da Fontana a De Chirico. Tutte le avanguardie italiane nate nella capitale lombarda trovano una nuova casa nel centro della città. E come al Louvre...

di Mauro Suttora

Oggi, 8 dicembre 2010

L'orrendo Arengario di piazza Duomo fu fatto costruire da Benito Mussolini per avere un balcone da cui, appunto, arringare la folla. Il dittatore morì prima di riuscirci. Da allora, nessuno ha mai saputo bene cosa fare di quel tetro palazzo. Finalmente, il 6 dicembre ci nasce il Museo del Novecento.

Tre anni di lavoro e 20 milioni di euro per ospitare 350 quadri: il meglio delle 4 mila opere possedute dal Comune di Milano, e finora sparpagliate nelle raccolte civiche: dalla Gam (Galleria di arte moderna) nella villa Reale di via Palestro a un delizioso e sconosciuto museo, la Fondazione Boschi Di Stefano in una traversa di corso Buenos Aires, via Jan.

Sarà un grande evento, paragonabile all'inaugurazione del romano Maxxi (Museo arte XXI secolo) sei mesi fa. Come al Louvre, si potrà entrare nel museo direttamente dal metrò. «La grande rampa a spirale interna sarà la sua cifra architettonica più significativa, che lo renderà universalmente riconoscibile», dice il sindaco Letizia Moratti. All'ultimo piano, visibile dalla piazza, c'è il neon bianco che Lucio Fontana realizzò per la Triennale del 1951. Sulla terrazza, un ristorante gestito dal rinomato Giacomo e uno spazio aperitivi. E poi un cinema, come al Moma di New York.

«L'arte italiana è conosciuta all'estero per il Rinascimento e, nel Novecento, per due movimenti d'avanguardia: Futurismo e Arte povera», spiega l'assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory. «Il fatto che il museo abbia come "perni" queste due collezioni costituisce perciò un evento di portata internazionale».

Si entra dal metrò

Arrivando dal metrò, il primo incont ro è con il pezzo forte del Museo: il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo (1901), che aprì il secolo con le sue speranze social ste. Poi due sculture di Giorgio De Chirico, anch'esse sempre visibili dal pubblico, senza biglietto da pagare (a proposito: fino a fine febbraio l'ingresso è gratis).

Entrando, un tocco internazionale: Picasso, Braque, Klee, Kandinskij, Modigliani. Quindi la prima sala dedicata al futurismo, con Umberto Boccioni in evidenza. Seguono, in ordine cronologico, le sale De Chirico, Morandi, Martini e Piero Manzoni. Al terzo piano lo spazio dedicato a Burri e agli anni Cinquanta e Sessanta dei maggiori maestri italiani (Vedova, Capogrossi, Novelli).

Passerella sospesa

La sezione conclusiva sta al secondo piano dell'adiacente Palazzo Reale, collegata all Arengario da una passerella sospesa e dedicata agli anni Sessanta: arte cinetica con una serie di ambienti del gruppo T, poi la pop art italiana e infine l'Arte povera del biellese Michelangelo Pistoletto e del milanese Luciano Fabro. La serata di inaugurazione avrà una colonna sonora con i brani che hanno punteggiato il secolo milanese: dal Trio Lescano al Quartetto Cetra, da Enzo Jannacci a Giorgio Gaber, da Mina a Ornella Vanoni. Alcuni «testimonial» hanno «adottato» i loro quadri preferiti, a cominciare dal centenario critico Gillo Dorfles.

Fra le donne, la scrittrice Camilla Baresani spiega a Oggi la sua predilezione per Ottone Rosai: «Veniva denigrato come semplice bozzettista, invece era un intellettuale completo. Fu ottimo scrittore: il suo Diario di un teppista, appena ristampato da Vallecchi, nella prima edizione è una delle rarità più valutate del Novecento. Fu ardito fascista, ma anche omosessuale, e si vergognava di questa sua condizione che ne fece un artista "maledetto"».

Milioni in piazza Duomo

Come sarà accolto questo nuovo museo? «Puntiamo a 250 mila visitatori all' anno», spera Finazzer, «che sommati al milione e 700 mila dell'attiguo Palazzo Reale fanno due milioni. Milano è ormai in grado di offrire a tutti i turisti che arrivano in piazza Duomo attrattive di alto livello. Il museo è stato costruito per rapportarsi con la piazza, la metropolitana, le luci, le vetrate del Duomo. In un momento di crisi finanziaria e di caos politico, Milano dice all'Italia che si può uscirne anche grazie a una grande opera pubblica culturale».

La scrittrice Camilla Baresani, 48 anni, ha un debole per Ottone Rosai (1895-1957): «Questo suo Mulino del ' 38 sembra l'opera di un bozzettista, ma Rosai in realtà fu un grande artista "maledetto"».

Ornella Vanoni, 76, la cantante milanese per antonomasia, sarà presente alla serata inaugurale del 6 dicembre anche con alcune canzoni. «Il mio preferito è Boccioni», dice. Al museo c'è il quadro Quelli che restano, del 1911.

La conduttrice tv Camila Raznovic, 36, ha «adottato» il più celebre dei tre quadri di Amedeo Modigliani esposti nel Museo del Novecento: Ritratto di Paul Guillaume, dipinto nel 1916, solo quattro anni prima di morire.

Marta Marzotto, 79 anni, «adotta» l'opera giovanile del suo amante Renato Guttuso (1911-87): Piccola nuda sdraiata (1940).

Mauro Suttora