Apre a Milano il museo del secolo
Nell'ex arengario arrivano i quadri più belli
Dal Futurismo all' Arte povera. Da Fontana a De Chirico. Tutte le avanguardie italiane nate nella capitale lombarda trovano una nuova casa nel centro della città. E come al Louvre...
di Mauro Suttora
Oggi, 8 dicembre 2010
L'orrendo Arengario di piazza Duomo fu fatto costruire da Benito Mussolini per avere un balcone da cui, appunto, arringare la folla. Il dittatore morì prima di riuscirci. Da allora, nessuno ha mai saputo bene cosa fare di quel tetro palazzo. Finalmente, il 6 dicembre ci nasce il Museo del Novecento.
Tre anni di lavoro e 20 milioni di euro per ospitare 350 quadri: il meglio delle 4 mila opere possedute dal Comune di Milano, e finora sparpagliate nelle raccolte civiche: dalla Gam (Galleria di arte moderna) nella villa Reale di via Palestro a un delizioso e sconosciuto museo, la Fondazione Boschi Di Stefano in una traversa di corso Buenos Aires, via Jan.
Sarà un grande evento, paragonabile all'inaugurazione del romano Maxxi (Museo arte XXI secolo) sei mesi fa. Come al Louvre, si potrà entrare nel museo direttamente dal metrò. «La grande rampa a spirale interna sarà la sua cifra architettonica più significativa, che lo renderà universalmente riconoscibile», dice il sindaco Letizia Moratti. All'ultimo piano, visibile dalla piazza, c'è il neon bianco che Lucio Fontana realizzò per la Triennale del 1951. Sulla terrazza, un ristorante gestito dal rinomato Giacomo e uno spazio aperitivi. E poi un cinema, come al Moma di New York.
«L'arte italiana è conosciuta all'estero per il Rinascimento e, nel Novecento, per due movimenti d'avanguardia: Futurismo e Arte povera», spiega l'assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory. «Il fatto che il museo abbia come "perni" queste due collezioni costituisce perciò un evento di portata internazionale».
Si entra dal metrò
Arrivando dal metrò, il primo incont ro è con il pezzo forte del Museo: il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo (1901), che aprì il secolo con le sue speranze social ste. Poi due sculture di Giorgio De Chirico, anch'esse sempre visibili dal pubblico, senza biglietto da pagare (a proposito: fino a fine febbraio l'ingresso è gratis).
Entrando, un tocco internazionale: Picasso, Braque, Klee, Kandinskij, Modigliani. Quindi la prima sala dedicata al futurismo, con Umberto Boccioni in evidenza. Seguono, in ordine cronologico, le sale De Chirico, Morandi, Martini e Piero Manzoni. Al terzo piano lo spazio dedicato a Burri e agli anni Cinquanta e Sessanta dei maggiori maestri italiani (Vedova, Capogrossi, Novelli).
Passerella sospesa
La sezione conclusiva sta al secondo piano dell'adiacente Palazzo Reale, collegata all Arengario da una passerella sospesa e dedicata agli anni Sessanta: arte cinetica con una serie di ambienti del gruppo T, poi la pop art italiana e infine l'Arte povera del biellese Michelangelo Pistoletto e del milanese Luciano Fabro. La serata di inaugurazione avrà una colonna sonora con i brani che hanno punteggiato il secolo milanese: dal Trio Lescano al Quartetto Cetra, da Enzo Jannacci a Giorgio Gaber, da Mina a Ornella Vanoni. Alcuni «testimonial» hanno «adottato» i loro quadri preferiti, a cominciare dal centenario critico Gillo Dorfles.
Fra le donne, la scrittrice Camilla Baresani spiega a Oggi la sua predilezione per Ottone Rosai: «Veniva denigrato come semplice bozzettista, invece era un intellettuale completo. Fu ottimo scrittore: il suo Diario di un teppista, appena ristampato da Vallecchi, nella prima edizione è una delle rarità più valutate del Novecento. Fu ardito fascista, ma anche omosessuale, e si vergognava di questa sua condizione che ne fece un artista "maledetto"».
Milioni in piazza Duomo
Come sarà accolto questo nuovo museo? «Puntiamo a 250 mila visitatori all' anno», spera Finazzer, «che sommati al milione e 700 mila dell'attiguo Palazzo Reale fanno due milioni. Milano è ormai in grado di offrire a tutti i turisti che arrivano in piazza Duomo attrattive di alto livello. Il museo è stato costruito per rapportarsi con la piazza, la metropolitana, le luci, le vetrate del Duomo. In un momento di crisi finanziaria e di caos politico, Milano dice all'Italia che si può uscirne anche grazie a una grande opera pubblica culturale».
La scrittrice Camilla Baresani, 48 anni, ha un debole per Ottone Rosai (1895-1957): «Questo suo Mulino del ' 38 sembra l'opera di un bozzettista, ma Rosai in realtà fu un grande artista "maledetto"».
Ornella Vanoni, 76, la cantante milanese per antonomasia, sarà presente alla serata inaugurale del 6 dicembre anche con alcune canzoni. «Il mio preferito è Boccioni», dice. Al museo c'è il quadro Quelli che restano, del 1911.
La conduttrice tv Camila Raznovic, 36, ha «adottato» il più celebre dei tre quadri di Amedeo Modigliani esposti nel Museo del Novecento: Ritratto di Paul Guillaume, dipinto nel 1916, solo quattro anni prima di morire.
Marta Marzotto, 79 anni, «adotta» l'opera giovanile del suo amante Renato Guttuso (1911-87): Piccola nuda sdraiata (1940).
Mauro Suttora