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Saturday, March 12, 2022

Quanto spendiamo per difenderci? Tanto, ma male



Possibile che l'Europa, col suo tesoretto militare quintuplo rispetto al russo, si senta inferiore a Putin?

di Mauro Suttora

HuffPost, 12 Marzo 2022

Sorpresa: l'Europa, la vecchia imbelle Europa accusata di essere un gigante economico, un nano politico e un verme militare, spende per difendersi cinque volte più della Russia. Secondo i dati Sipri 2020, infatti, le spese per la difesa dei 32 Paesi europei (tutti tranne la neutrale Svizzera e le inaffidabili Turchia, Serbia e Bosnia) ammontano a ben 300 miliardi di dollari annui, contro i 62 dell'aggressivo Putin.

Gli Stati Uniti danno al Pentagono l'astronomica cifra di 778 miliardi. Ma, come dicono i generali, hanno una "proiezione globale" con decine di basi sull'intero pianeta e portaerei in perenne movimento su ogni oceano. Seconda è la Cina, con 252 miliardi. Più che la cifra in sé, impressiona il quasi raddoppio dei suoi stanziamenti bellici nell'ultimo decennio: erano 129 miliardi nel 2010. 

In Europa i tre stati più generosi con i propri generali sono il Regno Unito (59 miliardi, ai livelli russi) e, a pari merito, Francia e Germania con 53 miliardi. Seguono Italia (29), Spagna (17) e Olanda (12). I quattordici Paesi europei dell'Est spendono 32 miliardi. In testa la Polonia con 13, seguono Romania (5,7), Cechia (3,5) e Ungheria (2,4). Macedonia del Nord e Montenegro, gli ultimi arrivati nella Nato, se la cavano rispettivamente con 100 e 200 milioni annui.

E allora, possibile che l'Europa, col suo tesoretto difensivo quintuplo rispetto al russo, si senta inferiore a Putin? Il quale con i suoi 62 miliardi non solo deve difendere un territorio immenso, undici fusi orari da Kaliningrad allo stretto di Bering, ma si lancia in guerre (Ucraina, Siria, Georgia) e finanzia mercenari in Libia o Mali. 

Il vero problema delle forze armate europee non sono i soldi, ma lo spezzettamento. Paghiamo 32 eserciti separati, ciascuno con i propri stati maggiori, apparati burocratici e spese fisse, che non si traducono in "operatività". Scarso coordinamento nonostante la Nato, soldati che parlano lingue diverse, sistemi d'arma spesso non integrati.

Da vent'anni gli Usa chiedono agli alleati europei di spendere di più. Quella per il "burden sharing", la suddivisione dei costi, è la principale guerra combattuta nel quartier generale della Nato a Bruxelles. Guardiamo allora alla tanto declamata quota del 2% sul pil, che secondo Washington noi europei dovremmo raggiungere. Sempre secondo l'istituto di Stoccolma, l'Italia non è messa male: siamo già all'1,6. Superano la quota solo Grecia (2,8%, per fronteggiare la Turchia), Francia, Regno Unito, Portogallo. E all'Est, comprensibilmente, i baltici, Polonia e Romania. 

La più pacifista è l'Irlanda: la sua spesa militare nel 2020 è stata di appena lo 0,3% sul suo pil. Dovranno aumentare anche Austria (0,8%) e Slovenia (1,1%). La Germania ha già rimpolpato il bilancio bellico dall'1,1% del 2015 all'attuale 1,4%. I cento miliardi aggiuntivi annunciati dal cancelliere Scholz le faranno raggiungere il 2%. 

Gli Stati Uniti sono al 3,7%, la Russia al 4,3%, la Cina all'1,7%. Una curiosità: il Paese che spende di più al mondo rispetto alla propria ricchezza è l'Oman, con l'11%. E non ha mai fatto guerre. Come la neutrale Svizzera, che però stanzia appena lo 0,8% per le sue forze armate.

Mauro Suttora

Thursday, March 10, 2022

Putin non rade al suolo solo l'Ucraina, ma ogni regola di guerra

Non ha neanche dichiarato guerra. Quindi non si sente tenuto a rispettare i codici bellici. Come il non attaccare i civili in fuga

di Mauro Suttora

HuffPost, 10 Marzo 2022

Come molti milioni di italiani, ho partecipato a vari cortei per la pace nella mia vita. Eravamo un milione a Roma nel 1981 contro gli euromissili atomici, e di nuovo nell'83. Craxi ci rispose cinico: "Bene, vuol dire che gli altri 59 milioni sono favorevoli". Poi bastò il buon senso di un solo uomo, Gorbacev, per smantellarli in dieci minuti e accordarsi con Reagan. 

Noi nonviolenti eravamo gentilissimi. Non urlavamo "Yankee go home!" ai militari delle basi statunitensi in Italia, ma "Cari soldati Usa, lasciate l'esercito e restate con noi". Visitai Gesualdo Bufalino, scrittore di Comiso, il paese siciliano che doveva ospitare i missili Cruise. Gli chiesi di appoggiarci, ma lui mi rispose: "Voi pacifisti dovete andare anche nei Paesi comunisti a protestare contro le loro bombe nucleari".

Detto fatto: nel 1982 aiutai i radicali a volantinare nelle capitali dell'Est, preparai fogli e ciclostili alla loro partenza in treno da Milano. Tutti arrestati ed espulsi dopo venti minuti di dimostrazioni nelle piazze di Mosca, Berlino Est e Praga. Ma avevamo dato la prova di essere equidistanti, non filosovietici. 

Negli anni '90 altre marce antimilitariste, da Perugia ad Assisi, per Sarajevo martoriata dai serbi. Dopo la strage di Srebrenica la Nato bombardò Milosevic anche con i Cruise, e lì mi vennero i primi dubbi. Bastarono due settimane di raid su obiettivi militari per costringere il capo serbo a firmare la pace di Dayton, dopo quattro anni di guerra civile e centomila morti. Certo, ci furono 27 morti civili. Ma non capii le proteste pacifiste contro la Nato 'umanitaria'. "Quanno ce vo', ce vo'", dicono a Roma. Perfino Gandhi approvò gli indiani che si arruolarono contro Hitler.


Neanche oggi capisco i pacifisti. Come nel 1995 con il fasciocomunista Milosevic, è impossibile essere equidistanti. Quindi sarebbe ipocrita non aiutare gli ucraini aggrediti anche rifornendoli di armi. Putin sta violando ogni legge internazionale violabile. Fin dall'inizio: come ha detto il generale Angioni, non ha neanche dichiarato guerra all'Ucraina. Quindi non si sente tenuto a rispettare i codici di guerra. Come il non attaccare i civili in fuga.

Il trolley della famiglia sterminata a Irpin rimarrà il simbolo del suo porsi al di fuori del consorzio civile. Oppure l'ospedale dei bimbi di Mariupol, ieri. Quando è arrivata la notizia del bombardamento, ho pensato: "Ora qualche figlio di Putin in Italia dirà che gli ucraini si sono autocolpiti". Infatti: Facebook e Telegram zeppi di finti video e obiezioni tipo: "Se fosse vero, come mai 'solo' 17 feriti?". 

Questa volta i nostri  filorussi hanno superato perfino i russi: "Indagheremo", aveva infatti promesso in un primo tempo il portavoce Peskov, senza negare il misfatto. Poco dopo tuttavia, smentendo questo lampo di onestà, il ministro Lavrov ha goebbelsizzato: "In quell'ospedale si nascondevano i fascisti ucraini del battaglione Azov".

Sono tante, purtroppo, le stragi e le scuse assurde che ci aspettano nelle prossime settimane. Perché Putin ha deciso di non rispettare alcuna regola. E di negare ogni evidenza, grazie alla sua secolare esperienza Ceka-Kgb. Ormai abbiamo a che fare con un fuorilegge. 

Il problema siamo noi, se abbocchiamo. Perché non si possono mettere sullo stesso piano le inevitabili esagerazioni bellicose del democratico Zelenski e la gelida disinformazia dell'autocrate Putin. Anche cecoslovacchi e polacchi erano fastidiosi e petulanti nel 1938/39, prima di essere inghiottiti dai nazisti. Ma ottant'anni fa i nostri nonni credevano a Radio Londra e non all'Eiar fascista, che dava Mussolini vincente fino al 24 luglio 1943. Anche se ci volle il bombardamento del quartiere San Lorenzo per convincere qualche irriducibile romano che qualcosa non andava. 

A noi non è bastato il 24 febbraio 2022, replica esatta del 1 settembre 1939, per capire che Putin sta imitando Hitler? Lo ha già fatto vent'anni fa a Grozny in Cecenia, peraltro, e poi ad Aleppo in Siria. È questa l'unica autocritica che il mondo libero deve fare, non certo quella dell'allargamento Nato. Perché, obnubilati dal pericolo dei terroristi islamici, abbiamo lasciato Putin sterminare i civili ceceni e siriani. 

Perciò quando il mio amico Mao Valpiana, dirigente del Movimento Nonviolento, dopo l'invasione dell'Ucraina mi ha invitato a manifestare "per la pace e contro tutte le guerre", ho dovuto rispondergli: "Manca il nome del responsabile. E l'indirizzo dell'ambasciata o consolato russo davanti ai quali protestare".

Mauro Suttora

Tuesday, March 01, 2022

Non sarà facile trovare un Garibaldi nelle Brigate internazionali per Kiev

Per noi italiani, dopo 77 anni di pace, la guerra è diventata impensabile, impossibile, troglodita. Figurarsi crepare per patrie altrui

di Mauro Suttora

HuffPost, 1 Marzo 2022

È nobile che venga voglia di andare in Ucraina a combattere per la libertà. Ma non si illudano i ragazzotti vogliosi di imbracciare un kalashnikov: il governo di Kiev arruola volontari, tuttavia le sue ambasciate e consolati rifiutano chi non è già provvisto di una certa esperienza. Che manca alla quasi totalità dei giovani in Italia, dove la leva obbligatoria è stata abolita 17 anni fa. 

Le Brigate internazionali ucraine nasceranno comunque, e migliaia di stranieri si arruoleranno. Andranno a combattere una guerra sporca, perché in mancanza di una tregua già ora lo scenario è da guerriglia urbana. Non esistono fronti: i russi sono in movimento e hanno paracadutato i loro temibili spetsnaz, le forze speciali, anche dietro le linee nemiche.

Peggio ancora se riuscissero a occupare l'Ucraina, parzialmente o totalmente: gli stranieri dovrebbero aggregarsi a gruppi di partigiani clandestini, con problemi pratici terribili. Basti pensare al cirillico, l'alfabeto incomprensibile per cui risulta ostico perfino decifrare i cartelli stradali. O ai tagliagole ceceni, o ai russi travestiti con divise ucraine. 

Ma tutto ciò non bloccherà i nuovi internazionalisti, che già combattono da anni nel Donbass. Compreso qualche italiano, anche se con scelte comiche. I fascisti nostrani, infatti, non sanno bene da che parte stare: quelli di Forza Nuova danno manforte ai separatisti filorussi, mentre Casa Pound ha scelto gli ucraini. L'importante per molti è soltanto  menare le mani, a volte perfino per l'Isis, anche se nel caso dell'Ucraina aggredita l'afflato romantico è rispettabile.

D'altra parte, il poeta Byron andò a morire in Grecia 26enne, e anche il nostro carbonaro Santorre di Santarosa perse la vita per l'indipendenza ellenica. Fino ad allora le guerre le facevano i re, e gli stranieri che combattevano per bandiere non loro lo facevano di professione. Erano i mercenari, spesso inquadrati in compagnie d'arme, altre volte in solitaria, come il Barry Lindon del film di Kubrick. La stessa parola 'soldato', ignota nell'antichità, significa assoldato, al soldo, a pagamento. 

La figura del volontario idealista nasce nell'800, nutrita dalle guerre nazionaliste in Italia, Grecia, Polonia. Il primo internazionalismo fu quello di Mazzini, antecedente a Marx, e se si cantasse l'inno di Mameli fino alla quinta strofa ci si imbatterebbe nel gemellaggio fra "il sangue d'Italia e il sangue polacco" già allora "bevuti" dai perfidi cosacchi (russi) e austriaci.


Garibaldi è celebrato, con Che Guevara, come l'eroe internazionalista più leggendario del mondo. Ambedue con imprese intercontinentali al limite dell'autolesionismo: il capo delle nostre camicie rosse andò a combattere per la Francia a Digione nel 1870 nonostante questa gli avesse rubato la città natale Nizza dieci anni prima.

Ma oggi "Pulchrum est pro patria mori" è un proverbio desueto: per noi italiani, dopo 77 anni di pace, la guerra è diventata impensabile, impossibile, troglodita. Figurarsi crepare per patrie altrui. O per astratti ideali: "Morire per delle idee? Sì, ma di morte lenta", cantavano sarcastici i libertari antimilitaristi Brassens e De André. 

C'è da vergognarsi, pensando ai coraggiosi che andarono in Spagna nel 1936 per combattere il nazifascismo. Trovandosi però inquadrati sotto i comunisti, i quali non esitarono ad ammazzare, assieme ai nemici franchisti, anche i propri alleati anarchici. 

Insomma, è sempre complicato scegliere la parte giusta. Ancor più quando ci si avventura all'estero: si rischia di bombardare i vietnamiti per conto degli Usa, come fecero i piloti di vari Paesi Nato (Italia compresa) in missioni ancora coperte dal top secret dopo 60 anni. O di essere ammazzati in Mozambico, come capitò al povero giornalista militante Almerigo Grilz nel 1987.

Quindi, ai giovani in cerca di adrenalina non possiamo impedire di partire allo scopo di ottenere emozioni forti in Ucraina. Ma se torneranno mutilati o in bara diano un po' di colpa anche alla propria generosa avventatezza, oltre che a Putin.

Mauro Suttora 

Sunday, February 27, 2022

Ho acceso la tv e ho trovato i figli di Putin sulla Rai

Ho visto un incredibile programma di Rai2 in cui un (finora ottimo) corrispondente da Mosca giustificava Putin, accusando il mondo libero di avere umiliato la Russia dopo il crollo del comunismo

di Mauro Suttora

HuffPost, 27 Febbraio 2022

Ieri sera ho visto un incredibile programma di Rai2 in cui un (finora ottimo) corrispondente da Mosca giustificava Vladimir Putin, accusando il mondo libero di avere umiliato la Russia dopo il crollo del comunismo, e perciò di avergli provocato la frustrazione che ora gli ha fatto invadere l'Ucraina.

Pure io a questo punto sono frustrato: davvero dobbiamo pagare il servizio pubblico per ricevere propaganda putiniana? Inconsapevole, probabilmente. Perché se a un giornalista si chiede non cronaca ma analisi, e poiché ogni misfatto ha il suo antefatto, è possibile che egli si sbizzarrisca andando a ritroso di trent'anni per "capire" e "spiegare" l'invasione dell'Ucraina (anzi dell'Ucrania, secondo la senatrice ex grillina Nugnes).

Un po' come certi ineffabili sociologi tv che commentano i crimini dando la colpa alla società o alla opprimente architettura del Corviale, invece che ai criminali. Lo speciale Tg2 ha illustrato la versione di Putin, accusando gli Usa di avere depredato la Russia negli anni '90.

Abbiamo altri ricordi. Se  gli oligarchi (vero nome: mafiosi) russi hanno approfittato delle privatizzazioni, che c'entrano gli Stati Uniti? Sono stati i vari Berezovsky e Abramovich ad arricchirsi, non miliardari o  società americane. I dirigenti di Mosca si sono fatti corrompere da loro concittadini. 

In ogni caso, è arduo trovare un rapporto causa-effetto fra accadimenti di un terzo di secolo fa e l'aggressione dell'Ucraina, se non nelle personali paranoie di Putin. Che si comporta da psicolabile fuori controllo: il botulino gli avrà dato alla testa. Insulta perfino il capo dei suoi servizi segreti in diretta tv, una scena da Fantozzi. Dà dei "tossicodipendenti" e "nazisti" ai dirigenti ucraini liberamente eletti (diversamente da lui, che incarcera o avvelena i suoi avversari). 

Sono tanti i figli di Putin in Italia: oltre al corrispondente Rai di ieri sera si stanno esprimendo al meglio Travaglio, Salvini, Lerner, Meloni, Grillo, populisti, complottisti, nostalgici fascisti e comunisti. Tutti quelli che "sì, però anche gli Usa, l'Europa, la Nato". Immagino che nel settembre 1939, dopo che Hitler e Stalin invasero la Polonia, avrebbero opinato "sì, però anche Francia e Inghilterra". Insomma: se un bandito internazionale invade l'Ucraina, è pure colpa nostra. 

Lo storico inglese A.J.P. Taylor fece risalire le cause della Seconda guerra mondiale alle angherie subìte dalla Germania col trattato di Versailles. Ma il suo libro uscì nel 1961. Se lo avesse pubblicato nel 1940, mentre le famiglie della Londra bombardata si rifugiavano in metrò così come oggi quelle di Kiev, sarebbe finito linciato dai suoi connazionali. Cari analisti, l'unico Master of war dylaniano in azione adesso è il Ras Putin. Non cercate peli nell'uovo.

Mauro Suttora

 

Tuesday, February 15, 2022

Anche noi garantisti ci arrendiamo, il romanzo di Renzi prevale sul diritto

Tanto inutile a livello processuale, quanto succulento come commedia umana, una mail spiega più della disquisizione di un politologo la politica italiana del terzo millennio

di Mauro Suttora

HuffPost, 15 febbraio 2022

Quanto ci metterà ora un pm qualsiasi ad aprire un nuovo fascicolo contro il giglio magico di Renzi? La notizia di reato c'è: babbo Renzi accusa Boschi, Bonifazi e Bianchi di essere una banda Bassotti (e complimenti per la poetica allitterazione). Al magistrato non resta che ordinare una perquisizione nella sua soffitta per trovare le relative prove sulle annate di Topolino.

Confesso che noi garantisti siamo esausti. Mica vorrete subirvi l'ennesimo predicozzo contro i magistrati che infilano fra gli atti di un'incriminazione l'e-mail privata di un padre al figlio, spacciata per indizio a carico (o a discarico, visto che Renzi senior scrive a Matteo di essersi fatto turlupinare dai soci). 

Dobbiamo invece ringraziare la procura di Firenze, perché essa conferma la superiorità della narrativa sulla saggistica. Un romanzo di Balzac o Dostoevskj vale più di dieci libri di storia su Francia o Russia. E una mail renziana senior spiega più della disquisizione di un politologo la politica italiana del terzo millennio. 

Ringraziamo come giornalisti: ci regalate titoli e copie. E siamo lieti come lettori: le vostre perquisizioni, intercettazioni e intromissioni nel privato dei potenti (come la insuperabile "sguattera guatemalteca" detta dal fidanzato di una ministra poi archiviata) risultano tanto inutili a livello processuale, quanto succulente come commedia umana.

Infatti l'altro passaggio saliente della mail senior-junior è il lamento del padre settantenne: "Quando devo pensionarmi lo decide il buon Dio, non tu". Ecco un doppio dramma: quello del padre ancora pimpante che il crudele figlio vorrebbe ridurre a umarell, a faccendiere sfaccendato. E quello del junior diventato presidente del Consiglio, ma danneggiato dalle imprese del padre.

Mai eleggere governanti troppo giovani. Finora erano i figli a danneggiare i politici: Piccioni, Leone, Donat-Cattin, Bossi, Lupi. Ora invece sono i genitori iperattivi a creare imbarazzo. L'anziano Tiziano Renzi, non contento di essere indagato per la bancarotta della sua ditta, nel 2014 si era messo a scorrazzare per tutta l'Italia, da Sanremo a Fasano in Puglia, allo scopo di propagandare progetti di outlet. Ovvio che il figlio, da palazzo Chigi, gli avesse chiesto di calmarsi: l'accusa impalpabile ma onnicomprensiva di "traffico d'influenze" era dietro l'angolo.

E adesso babbo Tiziano glielo rinfaccia: chi è stato il fesso? Io, o te che ti sei fatto incantare dal bel faccino di Maria Elena? 
Tutte questioni con scarsa o nulla rilevanza giudiziaria. Come il milione elargito dal satrapo saudita a Renzi, d'altronde. Al massimo ci sarà qualche fratello del satrapo assai irritato per codesta dilapidazione delle finanze del regno. Invece di inutili consulenze, si comprasse la Fiorentina. Allora sì che Renzi si solleverebbe dal suo attuale deprimente due per cento, e verrebbe rieletto con trionfi superiori a quelli di dieci anni fa.

Mauro Suttora 

Tuesday, February 08, 2022

Caos M5s, Conte decaduto/ “Un danno anche per il Pd, alle Comunali sarà scontro con Di Maio”

L’elezione di Conte alla guida di M5s è illegittima: lo ha detto ieri un’ordinanza del Tribunale di Napoli. Lo scenario 

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 8 febbraio 2022

È un fulmine a ciel sereno. L’elezione di Conte alla guida del Movimento 5 Stelle del 3 (modifica dello statuto) e 5 agosto 2021 (nomina del presidente) è illegittima. Lo ha detto ieri un’ordinanza della settima sezione civile del Tribunale di Napoli, che ha dato ragione a tre attivisti, Liliana Coppola, Renato Delle Donne e Steven Hutchinson, assistiti dall’avvocato Lorenzo Borrè.

I tre avevano impugnato la decisione di estromettere dal voto gli iscritti da meno di 6 mesi, circa 81mila persone, nella votazione che aveva eletto Conte leader dei 5 Stelle. In violazione dello statuto: “l’assemblea dell’Associazione Movimento 5 Stelle che ha deliberato il 3 agosto del 2021 non era correttamente costituita perché risulta che vi hanno partecipato un numero di iscritti inferiore a quello richiesto in prima convocazione. I 60.940 iscritti che vi hanno partecipato erano di numero inferiore alla metà più uno del totale degli iscritti all’associazione (che come visto era 195.387)” si legge nell’ordinanza. 

Insomma, tutto da rifare. E adesso il reggente è di nuovo Vito Crimi. Un duro colpo per la creatura di Grillo, già provata da rivalità interne, espulsioni, consensi in calo. Il punto di Mauro Suttora, giornalista e scrittore, opinionista sull’HuffPost, attento osservatore della caotica galassia a 5 Stelle.

Oltre ai ricorrenti e all’avvocato Borrè, oggi chi ride in M5s?

Nel M5s nessuno ride. Al massimo i dimaiani possono sghignazzare sulla scarsa abilità di Giuseppe Conte nello scrivere statuti inattaccabili, che non possano essere impugnati e dichiarati nulli. Eppure Casaleggio junior, che Conte e Di Maio avevano appena estromesso dal Movimento 5 Stelle, creatura di suo padre, li aveva avvertiti: quelle votazioni erano irregolari. Anche l’avvocato Borrè ha subito fatto ricorso. Ma Conte aveva sprezzantemente risposto: “Fatelo pure”. 

Si legge sui siti che alla guida di M5s, per effetto dell’ordinanza, tornano Crimi e Grillo. Perché?

Perché tutto torna a luglio 2021. Erano Crimi e Grillo il reggente e il garante dei grillini con la versione precedente dello statuto. E dovranno indire il voto per eleggere un nuovo direttorio, come previsto dal vecchio statuto. Soltanto in seguito, con un’ulteriore votazione, i capi del M5s potranno essere ridotti da cinque a uno, tornando a Conte.

La decisone del Tribunale chi avvantaggia politicamente? Di Maio? Altri con lui?

È un colpo a Conte. Quindi Di Maio e i suoi – Spadafora, Castelli, Di Stefano, Fraccaro – godono.

Però le lancette dell’orologio politico non tornano mai indietro. Si può mettere da parte la leadership contiana come se non ci fosse mai stata?

No. È quasi sicuro che Conte verrà riconfermato capo unico. Però in quest’anno fuori dal potere la sua popolarità si è già dimezzata, nei sondaggi, dal 60 al 30%. Non c’è stato bisogno di Di Maio per logorarlo.

Chi darà la linea politica e con quali iniziative?

Conte continuerà a essere il capo de facto, anche se formalmente verrà riesumato il reggente Vito Crimi.

Cosa puoi dirci dei ricorrenti?

Conosco l’avvocato Borrè dal 2015, cioè da quando fu espulso dal Movimento. Da allora ha giurato di vendicarsi, e ha fatto causa per conto di tutti i dissidenti espulsi che si sono rivolti a lui. È figlio di un romano e di una tedesca, quindi unisce il brio del legale italiano alla metodicità di quello teutonico. È la bestia nera di Grillo.

In tanti hanno scommesso su Conte. Poteri dello Stato, parlamentari, giornali. Cosa faranno i contiani?

I più danneggiati sono i dirigenti piddini, alcuni dei quali – Zingaretti, Bettini – si erano avventatamente spinti a considerare Conte come il prossimo candidato premier del centrosinistra. Invece si tratta di un trasformista che è stato capace di passare da un giorno all’altro dalla Lega al Pd, pur di conservare la poltrona da premier.

Anche Letta ha basato molti calcoli sull’interlocuzione con Conte. Cosa succederà nel centrosinistra?

Il Pd di Letta non si schioda dal 20%. I grillini scivolano verso il 10%. L’estrema sinistra resta al 2-3%. Ci vorrà tutto il centro per eguagliare il centrodestra.

Adesso che cosa accadrà in M5s? Faide interne, repulisti, espulsioni? O una convivenza forzata?

Ne vedremo di tutti i colori. Ormai contiani e dimaiani si odiano. Prossima puntata della faida, le candidature alle amministrative di primavera a Genova, Palermo e in un’altra ventina di capoluoghi di provincia. Un test importante.

I contiani hanno delle contromosse, magari in tribunale?

Dovranno semplicemente ottemperare alle regole sulle votazioni online che conoscevano ma hanno violato lo scorso agosto. Tutte le associazioni devono rispettare i propri statuti, ancora di più se si tratta di partiti che determinano la politica nazionale.

E Grillo? Cosa farà?

Grillo, poverino, ha ben altre gatte da pelare. Il processo per stupro di suo figlio, le accuse di aver preso soldi da Moby Lines. Ha già disdetto la puntata a Roma prevista questa settimana per sedare la faida Conte-Di Maio. Ma, quanto a finanziamenti, non sottovaluterei neanche i 150mila euro dell’Acqua Marcia di Caltagirone incassati da Conte.

Federico Ferraù

Monday, February 07, 2022

Il tribunale ha deciso che i grillini non esistono



Il paradosso di uno statuto scritto e riscritto dall'avvocato del popolo e bloccato da un giudice

di  Mauro Suttora

HuffPost, 7 febbraio 2022

I grillini si confermano inesauribile fonte di buonumore. Il tribunale di Napoli oggi ha addirittura deciso che non esistono. Ne era già convinto Vittorio Sgarbi, per la verità, ma limitatamente a Giuseppe Conte: "È un ologramma", ripete beffardo da tre anni in tv. 

Ma adesso il certificato di non esistenza in vita si estende all'intero Movimento 5 stelle. Irregolarità statutarie rendono nulli i voti online che la scorsa estate promossero Conte re dei grillini. 

"Siamo all'anno zero, il M5s è decapitato", esulta Lorenzo Borrè, l'avvocato che da anni, metodicamente, sta distruggendo la creatura di Beppe Grillo. Causa dopo causa, ha annullato ogni espulsione decretata con metodo stalinista dai capi del movimento. Fra questi a lungo anche Di Maio, che ora se ne dice pentito. Finché era Casaleggio senior a gestire i grillini come proprietà privata, poco male: cosa aspettarsi da uno che si ispirava a Gengis Khan?

Ma che adesso anche l'ennesima versione dello statuto più truffaldino nella storia dei partiti italiani venga giudicata illegittima, è sorprendente: Conte, fine giurista, aveva impiegato mesi ad apparecchiarla. 
E invece, zac. Come nel gioco dell'oca, tutti tornano al punto di partenza. Un tuffo nel passato: ai grillini toccherà riesumare Vito Crimi, loro penultimo capo, la testa più lucida della politica italiana? E come faranno a incassare il 2 per mille del finanziamento ai partiti, visto che non esistono più? 

I giudici napoletani concedono qualche mese di tempo al M5s per rifare tutto, statuto, elezioni, per riagguantare una democrazia interna sempre proclamata e mai attuata. Ma in autunno scatterà la ghigliottina. La quale, peraltro, è in funzione da dieci anni contro ogni dissidente: risale al 2012 la decapitazione a Bologna di Giovanni Favia, primo consigliere regionale grillino, e di Federica Salsi, accusata da Grillo di avere un "punto G" troppo pronunciato solo perché osò farsi intervistare in tv.

Da allora le purghe contro i dissidenti hanno provocato dissenterie continue, centinaia di militanti espulsi. Solo che nelle vere rivoluzioni le vittime si chiamano Marat, Danton, Robespierre. Invece nelle spensierate crociate dei bambini, come quella inventata da Grillo, gli eliminati fanno di nome Pizzarotti, Di Battista, Casaleggio junior. E ora in rampa di lancio c'è perfino Di Maio. Ogni volta, contro di loro, viene usato un garbuglio, un cavillo. Ed è quindi una vendetta del destino che proprio da sentenze azzeccagarbugli arrivi la fine per quel che rimane dei grillini. I quali sbeffeggiavano le burocrazie di partito adottando surreali "non-statuti". Poi, al contatto con la realtà, i loro statuti si sono liquefatti. Rimangono solo i soldi di Moby Lines, Philip Morris, Acqua Marcia. 

Non che gli altri partiti possano festeggiare troppo. Neanche loro sono sicuri di esistere. Dopo il voto per il Quirinale i dubbi sono aumentati. E non hanno neppure un Grillo che cerchi di risolvere tutto con una battuta: "Siamo in crisi di crescita, stiamo diventando adulti". Per carità non fatelo, cari pentastellati. Eravate meglio da giovani, almeno ci allietavate col vostro cabaret.

Mauro Suttora

Friday, February 04, 2022

È razzismo o no? Chi è la vera Lorena Cesarini?

Sei giorni prima della sua partecipazione commossa al Festival aveva dichiarato l'esatto contrario al settimanale Oggi: "Una montatura.. Non sono mai stata vittima di razzismo"

di Mauro Suttora

HuffPost, 4 febbraio 2022 

Sorpresa: Lorena Cesarini, la presentatrice che ha movimentato la seconda serata di Sanremo lamentandosi in diretta per alcuni messaggi razzisti ricevuti, aveva dichiarato l'esatto contrario al settimanale Oggi pubblicato il 27 gennaio: "Parlare di odio razziale per un paio di post mi sembra una montatura. (...) Non sono mai stata vittima di razzismo". 

Cos'è successo nei sei giorni fra la sua intervista e il comizio tv antirazzista? Gli autori dei testi di Sanremo le hanno messo in bocca parole che non le appartengono? Oltretutto l'attrice 34enne, nata a Dakar da un italiano e una senegalese ma cresciuta a Roma dall'età di tre mesi, dopo la sua esternazione davanti a undici milioni di telespettatori è stata presa di mira dal tritacarne social, questa volta per alcuni suoi accenti ritenuti troppo vittimisti. 

Perché Cesarini è stata obbligata a recitare una parte? Forse in nome di un piagnonismo di sistema, quasi ufficiale, per guadagnare audience?

Eppure all'inizio del suo intervento era stata sincera: "In 34 anni non mi sono mai accorta del colore della mia pelle". Peccato che poi il copione sia stato ribaltato, e Lorena abbia mostrato i post di insulti ricevuti dopo l'annuncio, un mese fa, della sua conduzione al festival. Deliranti, ma non più di quelli che a migliaia infestano ogni giorno i social, e soprattutto le pagine di personaggi famosi. A cominciare da Ornella Muti, che ha presentato Sanremo la sera precedente. Cesarini lo sa, perciò non aveva bisogno di una denuncia creata a tavolino dalla Rai.

Mauro Suttora

Tuesday, February 01, 2022

Fratelli contro spinelli. Per loro Muti deve restare muta

L'unica libertà gradita dai nostalgici di Salò è quella di non vaccinarsi

di Mauro Suttora

HuffPost, 1 Febbraio 2022

Fratelli contro spinelli. Per recuperare un po' di buonumore dopo la noiosa settimana di voti a vuoto quirinalizi, ecco la prima polemica della seconda era Mattarella. 

Ornella Muti, sempre splendida a 66 anni, si mostra su Facebook indossando un ciondolo a forma di foglia di marijuana. Accanto a lei l'altrettanto incantevole figlia Naike con un altro ninnolo e ben tre foglie. Totale, quattro foglie. Al di sotto della soglia massima consentita per uso personale, se ci fosse un limite per le foto sui social. E comunque, per parafrasare lo spot Chlorodont di Virna Lisi, Ornella "con quel sorriso può dire di tutto".

Ma i Fratelli d'Italia si sono desti, e due loro parlamentari hanno protestato per lo spinello virtuale della Muti: "Non può fare propaganda per la cannabis!"

Poi è riapparso l'ex senatore Giovanardi, e naturalmente ha ripetuto: "Non si può promuovere la cultura della morte!".

Il problema è che fra poche ore la Muti presenterà con Amadeus la prima serata del Festival di Sanremo. Il quale avrà cinque o sei volte più telespettatori del Parlamento che votava il presidente. Quindi ogni parola lì pronunciata pesa tantissimo. Soprattutto perché, se la Corte costituzionale non lo bloccherà, fra quattro mesi si voterà per il referendum che vuole legalizzare l'erba.

L'accorta Ornella ha precisato: "Sono favorevole alla cannabis terapeutica". Poi ha aggiunto un carico da novanta familiarpopolare perfetto per Sanremo: "È appena morta mia madre, avrei tanto voluto curarla con la cannabis come antidolorifico, invece l'hanno imbottita di psicofarmaci e non mi riconosceva più".

Niente da fare. A giugno vedremo quanti italiani sono favorevoli alla legalizzazione delle droghe leggere. La maggioranza, dicono i sondaggi. Ma i Fratelli, perfidissimi, ricordano che la sorella di Ornella tre mesi fa è stata arrestata per spaccio. Perciò la attenzionavano da tempo. Anche perché lei ha addirittura fondato un'associazione per la cannabis terapeutica. E ora non arretra: "Il vino è legale, perché non l'erba?"

Mezzo secolo dopo il clamoroso errore giudiziario dell'arresto di Lelio Luttazzi e quello di Walter Chiari, proprio ora, nei mesi in cui il proibizionismo sta crollando in tutto il mondo, ecco un dilemma decisivo. E Ornella trasformata in testimonial di sesso, droga e rock and roll (dopo che i Maneskin hanno rockizzato Sanremo).

I Fratelli ex fascisti si adontano se qualcuno ricorda le loro radici, e la fiamma Msi che arde ancora nel loro simbolo. Ma poi sono loro a scivolare, ogni volta che si parla di libertà. L'unica che gradiscono è quella di non vaccinarsi. La Muti deve restare muta. Eppure, con quel cognome lì, per i nostalgici di Salò potrebbe dire di tutto.

Mauro Suttora 

Thursday, January 27, 2022

L'astio dei peggiori da sempre fa fuori i migliori. Stavolta ci prova con Draghi

Che buffi questi nanerottoli che si agitano e rifiutano l'unico gigante. Da Alcibiade a Churchill, da Giolitti a De Gaulle: la politica è piena di personaggi oversize eliminati proprio per la loro eccellenza

di Mauro Suttora

HuffPost, 27 gennaio 2022

Che buffi questi nanerottoli che si agitano e rifiutano l'unico gigante. Ma a pensarci bene è da sempre, da 2.500 anni, che in democrazia vincono i lillipuziani, invidiosi di Gulliver. Lo legano, perché capiscono che è superiore. Poi vorrebbero farsi governare da lui, ma alla fine lo condannano a morte e lo fanno scappare. Da Alcibiade a Churchill, da Giolitti a De Gaulle: la politica è piena di personaggi oversize eliminati proprio per la loro eccellenza. E ora è il turno di Draghi.

Sicuramente Alcibiade fu figlio di buona donna, più spregiudicato di un Renzi. Ma era chiaramente il più intelligente fra tutti gli ateniesi, oltre che facondo, ricco e bello. Quindi, come dicono qui in Lombardia, "dagadóss!", dategli addosso. D'altra parte, cosa aspettarsi da quelli che misero a morte Socrate? Perfino Pericle, il più grande di loro, passò i suoi guai per l'amante Aspasia.

Atene imputò ad Alcibiade la sconfitta a Siracusa, anche se non era lui a comandare la spedizione. Così gli inventori della democrazia finirono per ostracizzarlo: esilio perpetuo. Come Dante. E in fondo come Draghi, che per dimostrare la propria eccellenza è dovuto emigrare otto anni a Francoforte. Ora gli dicono "Vai a Bruxelles quando scade la Von der Leyen, vattene a guidare il Fondo monetario internazionale a Washington". Ma non azzardarti a voler salire sul Colle più alto della nostra Roma.

Anche la repubblica romana mortificava l'eccellenza. Peggio dei grillini: la loro regola era "uno vale mezzo", perché i consoli erano due, duravano un solo anno e non erano rieleggibili. Giulio Cesare pagò con la vita la sua legittima ambizione, e dopotutto anche Napoleone dovette accomodarsi come imperatore per superare le ristrettezze e miserie della prima république rivoluzionaria.

Il più grande politico mondiale del secolo scorso, Churchill, fu tenuto fuori dal governo per tutti gli anni 30 dai suoi acrimoniosi avversari. Risultato: arrivò Hitler. Il tempo di vincere una guerra mondiale, e nell'estate 1945 gli ingrati britannici lo cacciarono di nuovo. Democraticamente. Ci mise sei anni l'indomito sir Winston a ottenere la sua rivincita, tornando a Downing street nel '51.

Idem per De Gaulle, che riuscì a riagguantare il governo solo perché c'era la guerra algerina da risolvere.

Perfino Bismarck, creatore della Germania moderna, dovette più alla nomina imperiale che alla fiducia delle diete elettive il suo trentennio di potere a Berlino. 

E in Italia? Giolitti dovette passare la mano a 'personaggetti' dimenticati come Tittoni, Fortis, Saracco, o non indimenticabili come Sonnino, Salandra, Orlando, Facta. Per i tre cavalli di razza dc (Fanfani, Moro, Andreotti) il Quirinale è rimasto un sogno proibito, e figurarsi Craxi.

Tutto sommato, lo Spirito Santo effettua scelte più meritocratiche degli eletti dal popolo: il cardinale Martini, papa in pectore per vent'anni, nel 2005 invitò il conclave a votare Ratzinger riconoscendone la grandezza, nonostante fossero agli antipodi.

Insomma, l'astio dei mediocri ha rovinato più d'una splendida carriera. Tanto che Aristotele riteneva preferibile la monarchia (se non diventa tirannia) o l'aristocrazia (se non degrada in oligarchia) alla democrazia, quando in questa prevalgono i demagoghi.

Quindi ora non ci resta che contemplare lo spettacolo di Giggino e Matteo non laureati che spiegano a Draghi, master al Mit, qual è il posto che gli compete.

Mauro Suttora

Thursday, January 20, 2022

Guarda un po', Beppe Grillo è diventato una sguattera guatemalteca



Giustizia a orologeria: l’autodifesa dell’Elevato sembra più un’autocaricatura

di Mauro Suttora

HuffPost, 20 gennaio 2022

Beppe, ci deludi. Un tempo avresti inventato qualcosa, qualsiasi cosa, uno sketch, un video per sdrammatizzare. Invece all'avviso di garanzia per i 240mila euro incassati da Vincenzo Onorato, il padrone dei traghetti Moby, hai risposto come tutti i politici: "Sono amareggiato per i tempi dell'inchiesta".

Giustizia ad orologeria, macchina del fango, circo mediatico giudiziario: tutte le frasi fatte con cui i tapini sospettati di dita nella marmellata reagiscono inserendo il pilota automatico mentale. Da 15 anni dall'altra parte della barricata c'eri tu con i tuoi baldanzosi ragazzi, a infierire contro i malcapitati, lucrando i voti che vi issarono al 32% . E ora che i ruoli si sono capovolti, riesci a esprimere solo banalità?

Quali sarebbero i "tempi" sospetti dell'inchiesta? Non c'è alcun voto all'orizzonte, i grillini non rischiano di perdere ulteriori consensi per la notizia delle indagini.

"Sono fiducioso che le verifiche dimostreranno la legittimità del suo operato": così fa finta di appoggiarti, gelido, Giuseppe Conte. Peggio Di Battista: "Gli auguro di uscire pulito da questa inchiesta, per me è sempre stata una brava persona". "Per me".

Certo, con difese d'ufficio così, viene tristezza.

Ma di fronte alle avversità una volta ti saresti divincolato brillantemente. Come nel 2014, quando Renzi prese il doppio dei tuoi voti, 40% a 20, e tu apparisti con un flacone di Maalox. E perfino quando inscenasti un delirio per il tuo figlio accusato di stupro: isterico, ma intanto la palla era finita in calcio d'angolo.

Ora no. Sembri paralizzato dal tuo ruolo, perfino più imbalsamato della Paola Taverna così buffa nella sua nuova autorappresentazione di vicepresidente del Senato, "donna delle istituzioni", un misto incongruo di Tina Anselmi e Nilde Iotti.

Capisco il tuo spaesamento. Ti ritrovi circondato da soavi e perfidi democristiani come Spadafora, Di Maio, Conte, e ti chiedi chi abbia partorito simili creature: lo stesso fiammeggiante comico del Vaffa?

Assaggi l'assurdità del nuovo reato "traffico d'influenze", impalpabile, praticamente indimostrabile: verrai sicuramente assolto, fra dieci anni in appello o in terzo grado. Ma intanto, per colpa del Bonafede giustizialista ai quattro formaggi, vieni pure tu "graticolato" come i candidati grillini alle famose primarie online. Ti senti come una "sguattera guatemalteca", quella ministra renziana che facesti cacciare per il fidanzato "trafficante d'influenze" subito archiviato.

"Com'è che non riesci più a volare?", cantavano De André e De Gregori. Perché ormai ti superano in comicità i seniores di Forza Italia, i quali comprano pagine di giornale magnificando Berlusconi: "Il presidente che ha vinto di più nella storia del calcio mondiale", che per sovrammercato nei ritagli di tempo "mise fine alla guerra fredda a Pratica di Mare", laggiù fra Pomezia e Torvaianica.

Torna, Grillo. Torna in te, abbandona la politica, molla i ragazzi ingrati, disinnamorati di Draghi: non lo vedi che in fondo è solo un rettiliano, di nome e di lineamenti?

Mauro Suttora 

Sunday, January 16, 2022

È morta l’ultima figlia (naturale) di Mussolini

Elena Curti si è spenta a quasi cent’anni nella sua casa di Acquapendente

di 

Mauro Suttora

HuffPost, 16 gennaio 2021

È morta l’ultima figlia (naturale) di Mussolini. Elena Curti si è spenta a quasi cent’anni nella sua casa di Acquapendente (Viterbo): ha fatto in tempo ad arrivare al 2022, centenario della marcia su Roma, ma non al proprio compleanno del 19 ottobre, nove giorni prima dell’impresa fascista.

Era figlia della bellissima Angela Cucciati, una sarta milanese con cui Mussolini ebbe un’avventura alla fine del 1921. Si conobbero perché la donna andò a chiedergli di far uscire di prigione il marito squadrista Bruno Curti.

Elena Curti seppe dalla madre di essere una figlia segreta di Benito solo quando compì 18 anni. Mussolini la volle conoscere, e durante la Repubblica Sociale la riceveva ogni giovedì a Salò. Elena lavorava nella segreteria di Pavolini.

Claretta Petacci, l’amante del Duce, si insospettì: pensava che quella bella ragazza bionda fosse una sua ennesima avventura, e gli ordinò di allontanarla. Ma il 27 aprile 1945, durante la fuga di Dongo, c’era Elena e non Claretta accanto a Mussolini sulla autoblindo nella prima parte del viaggio.

Poi, quando il duce fu invitato dai tedeschi a montare su un loro camion travestito da soldato, sopraggiunse Claretta, che seguiva la colonna dei gerarchi fascisti in auto col fratello Marcello, la cognata e i nipotini. Vide Elena e cominciò a inveire. Si calmò solo quando le spiegarono chi fosse veramente la ragazza. La scena è stata immortalata da Pasquale Squitieri nel suo film ‘Claretta’ (1984).

Dopo cinque mesi di carcere Elena Curti fu liberata. Si sposò, emigrò in Spagna ed ebbe fortuna con un’azienda che produceva mobili. Una ventina d’anni fa tornò in Italia e scrisse le sue memorie: ‘Il chiodo a tre punte’ (2003).

Mauro Suttora

Wednesday, January 05, 2022

Scenario Colle/ “Draghi in pole ma gli ex M5s parlano con Berlusconi. E Casellati…”

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 5 gennaio 2022

Draghi “è sempre il candidato di gran lunga con più titoli, ma anche i lillipuziani legarono Gulliver”. Gli stessi piccoli che aiuteranno Berlusconi 

C’è una data per l’inizio delle votazioni, lunedì 24 gennaio, e ancora tanti giorni nel mezzo. Berlusconi appare il più determinato ed è convinto di fare il capo dello Stato. Il Pd non vuole sentirne parlare: se resta candidato, niente confronto. Vista da Salvini e Meloni, l’operazione ha un suo perché:  usare Berlusconi per tenere tutto fermo. Dalle parti dei 5 Stelle viene un’idea strampalata: il bis di Mattarella. Cioè uno sgambetto a Conte, che annaspa e ora deve vedersela pure con i capigruppo di Camera e Senato (vogliono affiancarlo).

Per Mauro Suttora, giornalista, già a Oggi e L’Europeo, inviato, opinionista sull’HuffPost e scrittore, Draghi “è sempre il candidato di gran lunga con più titoli, ma anche i lillipuziani legarono il gigante Gulliver”. E attenzione a Berlusconi: può farcela.

I 5 Stelle sono diventati mattarelliani? Dopo che Conte ha caldeggiato un tris di donne? Che succede?

Ormai chiunque si sente autorizzato a dire la sua. Aspettiamo l’opinione dei baristi della buvette. I senatori grillini hanno subito smentito Conte il ginofilo (amante delle donne, ndr) con l’originale trovata di chiedere una proroga a Mattarella. Come se il pover’uomo non avesse detto in tutte le salse che a 80 anni non ha più voglia di fare il presidente. Mi sembra di cattivo gusto insistere, a questo punto.

E la trovata dei capigruppo M5s di Camera e Senato che affiancheranno l’ex premier nella partita del Colle? Chi ha avuto l’idea?

Mi sembra giusto che gli eletti grillini, molti dei quali hanno una quindicina di anni di militanza alle spalle, desiderino dire la loro senza delegare tutto a Conte. Il quale fino al 2018 i grillini non li aveva mai frequentati, e probabilmente neanche votati.

È Patuanelli il nuovo leader dei 5 Stelle?

Assolutamente no. Ha il carisma di un ingegnere edile, qual è. Però è una persona seria, affidabile, lontana dalle sparate del grillino medio e dalla vuota logorrea contiana. Ma soprattutto è al suo primo mandato parlamentare, quindi non dovrà brigare per essere rieletto contro il divieto M5s del terzo mandato. 

Hai movimenti da segnalare? Non nei 5 Stelle, ma nei “grandi elettori” fuoriusciti da M5s?

I fuoriusciti grillini sono ormai un centinaio, ma non riescono a mantenere un’identità unitaria di ex. Proprio come i tanti espulsi della scorsa legislatura, vagano disperati fra il gruppo misto e i partiti che hanno accolto qualche profugo. Si offrono al miglior offerente. Non hanno alcun peso politico, perché sono troppo sparpagliati.

Finché Berlusconi resta candidato, niente tavolo, niente confronto, insiste Letta. Ovviamente Salvini e Meloni lo sanno bene. È un escamotage, quello di usare Berlusconi per tenere tutto fermo?

Non ne ho la minima idea. Come il 95 per cento degli italiani sono annoiato da queste manovre di palazzo, che ricordano tanto i bizantinismi dell’impero d’oriente. Quelli avevano gli arabi e poi i turchi alle porte, ma perdevano tempo a disquisire sulla natura della Trinità. Noi abbiamo pandemia e crisi economica, ma i politici e i commentatori politici da mesi ci sfrantumano con “retroscena” sul voto per il Quirinale spesso inventati di sana pianta.

Toti, sul Corriere di ieri: “Non vorrei mai vedere Berlusconi fare la fine di Prodi”. Quando accadrà, e per mano di chi?

Il voto segreto crea un paradiso per i franchi tiratori. Ricordo esattamente mezzo secolo fa, nel dicembre 1971, i candidati ufficiali di Dc e Psi, Fanfani e Nenni, impallinati per giorni. Alla fine fu eletto Leone. Ma confesso che anch’io, se fossi un parlamentare peone, sfogherei sadicamente la mia frustrazione sui preferiti della nomenklatura. Una vigliaccata, ma che goduria umiliare tanti palloni gonfiati.

D’Alema e Bersani attaccano Letta che è pro Draghi. Favoriscono Berlusconi?

È incredibile che D’Alema e Bersani, dopo la trombatura patita alle ultime elezioni, quando raccattarono solo il 3 per cento con Leu, abbiano ancora voce in capitolo.

Berlusconi potrebbe davvero venire eletto?

Sì. Al centrodestra possono aggiungersi di nascosto tanti grillini ed ex grillini, che proprio in questi giorni vengono “lavorati” dai berlusconiani con promesse varie.

Ipotizziamo che Berlusconi venga silurato o ripieghi. A quel punto chi sosterrà? Casellati? Amato?

La Casellati, è già la numero due della Repubblica, e soprattutto è donna.

E Casini? Come lo vedi?

Troppo giovane.

Tu avevi detto – prima della conferenza prenatalizia – “Draghi, puntata secca”. Però i partiti sembrano volerlo al governo. Adesso cosa diresti?

È sempre il candidato di gran lunga con più titoli. Appartiene a un’altra categoria rispetto a tutti gli altri candidati. Ma anche i lillipuziani legarono il gigante Gulliver.

È possibile salvare questo governo? Qual è il suo destino?

Il suo destino è segnato. Draghi o va al Quirinale, o si dimette. Maschererà il dispetto col rispetto: se non lo eleggeranno dirà che per galateo istituzionale rimette il mandato nelle mani del nuovo presidente.

Si comincia il 24 gennaio. Grillo per dire la sua aspetterà il 23?

In tanti speriamo sempre che i comici non parlino più di politica. Ma visto che molti politici sono buffoni, il risultato non cambia.

Federico Ferraù 

Friday, May 14, 2021

Israele - Hamas: Onu, il gigante di superpagati che se la prende comoda















Lenta risposta alla crisi di Gaza: riunione domenica, con calma, dove si dirà di far la pace

di Mauro Suttora



HuffPost, 14 maggio 2021 

Con comodo. Per affrontare l’ennesima guerra Israele-palestinese, il consiglio di sicurezza dell’Onu si riunirà “d’urgenza”. Cioè domenica: quando la guerra magari sarà già finita, con centinaia o migliaia di morti.

A che servono le Nazioni Unite? A poco. Forse a nulla, anche se è bello che nel grattacielo di Le Corbusier e Niemeyer a New York si faccia finta che ci sia un ‘governo mondiale’. 

Nessuna delle crisi e guerre degli ultimi decenni è stata risolta dall’Onu: Birmania, Siria, Libia, Somalia. Per non parlare dei bubboni fissi: Iraq, Afghanistan, Kosovo, Bosnia, Palestina. 

Uno stato pirata e assassino, quello dell’Isis, ha potuto prosperare addirittura per quattro anni senza che le Nazioni Unite riuscissero a coordinare la reazione di Russia, Siria e dei poveri curdi, spazzati via dalla Turchia dopo averci liberati dal flagello islamista.

Ma cos’è l’Onu, in realtà? Un gigante gogoliano con 115mila dipendenti e un bilancio annuo astronomico di 17 miliardi, pieno di burocrati pigri, incompetenti e superpagati, posseduti dall’irresistibile tendenza a perpetuare i problemi invece di risolverli.

Intendiamoci, la sua inefficienza non è maggiore di quella di apparati pubblici a qualsiasi livello: statale, regionale, comunale. Solo che i nostri inutili consiglieri di zona ci costano appena qualche gettone di presenza, mentre i funzionari onusiani incassano stipendi anche da 200mila dollari nelle loro comode sedi di Manhattan, Ginevra o Vienna (diverso è il discorso degli inviati sul campo di agenzie come il Pam, Programma alimentare mondiale, fondamentale per alleviare le carestie).

A volte poi i dirigenti Onu non sono inutili, ma dannosi: come quello dell’Oms che ha censurato un rapporto sul covid perché poteva “rovinare i rapporti” col nostro governo.

Ecco, sono i governi nazionali la rovina delle Nazioni Unite (così come dell’Unione europea, peraltro). Quelli di dittature come la Cina che bloccano ogni risoluzione contro regimi loro alleati (Birmania, Corea del Nord). 

Ma anche quelli corrotti di Paesi in via di sviluppo, che mandano a New York ambasciatori inetti, spesso amici o parenti del dittatorello locale, per fare la bella vita con le loro mogli: quella poltrona in alcuni stati è più ambita perfino di quella di ministro degli Esteri o premier.

Sono stato quattro anni corrispondente a New York, giornalista accreditato al Palazzo di Vetro. Ne ho viste di tutti i colori, da Powell che giurava sull’atomica di Saddam ai diplomatici Onu che parcheggiano ovunque in divieto di sosta perché la loro immunità li esenta dalle multe

Ma è nel Terzo mondo che le Nazioni Unite combinano i guai peggiori. Tiziano Terzani si scagliò contro le tangenti della missione in Cambogia. E negli interventi di peacekeeping e nation building bisogna pregare che i caschi blu non rimangano coinvolti in traffici sessuali, o non si voltino dall’altra parte come nelle stragi di Srebrenica e Ruanda.

Perché in realtà la maggioranza del personale Onu lavora nelle numerose sedi in giro per il mondo: Ginevra (con i palazzi in stile anni Venti della sfortunata Società delle Nazioni), Vienna (Aiea, e l’Ufficio antidroga che vorrebbe comicamente estirpare i papaveri afghani), Roma (Fao), Parigi (Unesco), l’Aia (Corte internazionale di giustizia), Nairobi (Unep, United Nations Environmental program).

Ogni problema ha la sua bella agenzia Onu, cosicché a Santo Domingo c’è l’Instraw (Institute for training and advancement of women), a Berna l’Upu (Unione postale universale), a Londra l’Imo (International Maritime Organization) e a Montreal l’Icao (International Civil Aviation Organization).


Tutte queste simpatiche organizzazioni, prima della pandemia, passavano il tempo soprattutto apparecchiando conferenze leggendarie per spreco di risorse: si è sviluppata una vera e propria microeconomia dei congressi Onu, occasioni di svago e turismo per funzionari governativi di mezzo mondo.

E’ normale che i dirigenti pubblici, anche quelli internazionali, pensino soprattutto alla conservazione del proprio posto di lavoro. All’Unesco, dove i costi fissi di struttura per alcuni programmi raggiungevano l′80% del bilancio, i dipendenti si misero in sciopero della fame contro il nuovo segretario che voleva tagliare gli sprechi.


Ma i più abili, visto che stiamo parlando di Palestina, sono i dirigenti dell’Unrwa (United Nations Relief and Work Agency), l’Agenzia che da ben 72 anni assiste i profughi palestinesi. Erano poche centinaia di migliaia nel 1948, oggi sono oltre cinque milioni. 

Quasi contemporaneamente al loro esodo, nel 1947 anche 300 mila profughi istriani e dalmati (fra i quali mio padre) dovettero abbandonare le proprie terre alla Jugoslavia. Gli esuli italiani affollarono i campi dei rifugiati per qualche mese, al massimo pochissimi anni, e poi trovarono casa e lavoro, oppure emigrarono. Senza alcuna assistenza Onu. 

Quattro generazioni dopo, invece, i palestinesi sono sempre lì, moltiplicati e coccolati con l’assegno giornaliero delle Nazioni Unite. Tutta l’economia della striscia di Gaza è mantenuta in piedi dall’Agenzia per i profughi, che è diventata il maggior datore di lavoro per i palestinesi (ha 30mila dipendenti).

Cosicché domenica, quando con calma si riunirà il Consiglio di sicurezza, come sempre l’Onu farà finta che i suoi 50 eterni campi profughi non siano caduti in mano da decenni a Hamas ed Hezbollah, che predicano la distruzione di Israele, e inviterà entrambe le parti a deporre le armi. Salomonicamente. Anzi no: Salomone era ebreo, quindi innominabile come Israele sulle cartine geografiche arabe.

Mauro Suttora