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Saturday, March 12, 2022

Quanto spendiamo per difenderci? Tanto, ma male



Possibile che l'Europa, col suo tesoretto militare quintuplo rispetto al russo, si senta inferiore a Putin?

di Mauro Suttora

HuffPost, 12 Marzo 2022

Sorpresa: l'Europa, la vecchia imbelle Europa accusata di essere un gigante economico, un nano politico e un verme militare, spende per difendersi cinque volte più della Russia. Secondo i dati Sipri 2020, infatti, le spese per la difesa dei 32 Paesi europei (tutti tranne la neutrale Svizzera e le inaffidabili Turchia, Serbia e Bosnia) ammontano a ben 300 miliardi di dollari annui, contro i 62 dell'aggressivo Putin.

Gli Stati Uniti danno al Pentagono l'astronomica cifra di 778 miliardi. Ma, come dicono i generali, hanno una "proiezione globale" con decine di basi sull'intero pianeta e portaerei in perenne movimento su ogni oceano. Seconda è la Cina, con 252 miliardi. Più che la cifra in sé, impressiona il quasi raddoppio dei suoi stanziamenti bellici nell'ultimo decennio: erano 129 miliardi nel 2010. 

In Europa i tre stati più generosi con i propri generali sono il Regno Unito (59 miliardi, ai livelli russi) e, a pari merito, Francia e Germania con 53 miliardi. Seguono Italia (29), Spagna (17) e Olanda (12). I quattordici Paesi europei dell'Est spendono 32 miliardi. In testa la Polonia con 13, seguono Romania (5,7), Cechia (3,5) e Ungheria (2,4). Macedonia del Nord e Montenegro, gli ultimi arrivati nella Nato, se la cavano rispettivamente con 100 e 200 milioni annui.

E allora, possibile che l'Europa, col suo tesoretto difensivo quintuplo rispetto al russo, si senta inferiore a Putin? Il quale con i suoi 62 miliardi non solo deve difendere un territorio immenso, undici fusi orari da Kaliningrad allo stretto di Bering, ma si lancia in guerre (Ucraina, Siria, Georgia) e finanzia mercenari in Libia o Mali. 

Il vero problema delle forze armate europee non sono i soldi, ma lo spezzettamento. Paghiamo 32 eserciti separati, ciascuno con i propri stati maggiori, apparati burocratici e spese fisse, che non si traducono in "operatività". Scarso coordinamento nonostante la Nato, soldati che parlano lingue diverse, sistemi d'arma spesso non integrati.

Da vent'anni gli Usa chiedono agli alleati europei di spendere di più. Quella per il "burden sharing", la suddivisione dei costi, è la principale guerra combattuta nel quartier generale della Nato a Bruxelles. Guardiamo allora alla tanto declamata quota del 2% sul pil, che secondo Washington noi europei dovremmo raggiungere. Sempre secondo l'istituto di Stoccolma, l'Italia non è messa male: siamo già all'1,6. Superano la quota solo Grecia (2,8%, per fronteggiare la Turchia), Francia, Regno Unito, Portogallo. E all'Est, comprensibilmente, i baltici, Polonia e Romania. 

La più pacifista è l'Irlanda: la sua spesa militare nel 2020 è stata di appena lo 0,3% sul suo pil. Dovranno aumentare anche Austria (0,8%) e Slovenia (1,1%). La Germania ha già rimpolpato il bilancio bellico dall'1,1% del 2015 all'attuale 1,4%. I cento miliardi aggiuntivi annunciati dal cancelliere Scholz le faranno raggiungere il 2%. 

Gli Stati Uniti sono al 3,7%, la Russia al 4,3%, la Cina all'1,7%. Una curiosità: il Paese che spende di più al mondo rispetto alla propria ricchezza è l'Oman, con l'11%. E non ha mai fatto guerre. Come la neutrale Svizzera, che però stanzia appena lo 0,8% per le sue forze armate.

Mauro Suttora