www.ilsussidiario.net, 30 marzo 2022
intervista a Mauro Suttora
Conte, riconfermato alla guida del M5s con il 94% dei consensi, promette battaglia. Ma sul no all’aumento delle spese militari non andrà oltre la sceneggiata
“Gli iscritti del MoVimento 5 Stelle mi hanno riconfermato con un’indicazione forte e chiara. Un sostegno così importante è anche una grande responsabilità. Ora testa alta, ancor più coraggio e determinazione nelle nostre battaglie. Abbiamo un Paese da cambiare”. Così Giuseppe Conte ha accolto la sua riconferma alla guida del M5s dopo aver ricevuto 55.618 consensi, pari al 94,19% del totale, al termine della consultazione online sulla piattaforma SkyVote, che ha visto la partecipazione di 59.047 votanti pentastellati su 130.570 iscritti aventi diritto.
E i suoi primi passi sono stati tutti contro: prima contro Di Maio (“Le cose cambieranno, non posso accettare che ci sia chi rema contro”) e il giorno successivo, dopo l’incontro con il premier Draghi, contro il governo (“Il nostro è un no fermo al riarmo: il M5s si opporrà con tutta la sua forza parlamentare all’aumento sconsiderato delle spese militari”). Come sarà questa seconda leadership dell’ex premier? Che clima si respira all’interno del MoVimento? Quanto rischiano Draghi e il suo governo? Ne abbiamo parlato con Mauro Suttora, giornalista e scrittore, opinionista sull’HuffPost, nonché attento osservatore della caotica galassia a 5 Stelle.
“Il problema non è Conte, ma tutti noi che prendiamo ancora sul serio queste farse con candidato unico che loro chiamano votazioni online. Le elezioni per essere democratiche devono offrire una libertà di scelta fra almeno due alternative”.
Altrimenti?
Altrimenti si chiamano ratifiche di personaggi imposti dal vertice, plebisciti. Non certo elezioni. È l’abc. C’è più democrazia in un’assemblea di condominio, o di una società quotata in Borsa, che fra i grillini. Perfino i regimi comunisti permettevano una scelta fra più candidati, anche se gli oppositori erano posticci. Perfino Putin si candida contro concorrenti. Poi magari li incarcera o avvelena, ma almeno la forma è salva.
Rispetto alla prima elezione, però, Conte ha lasciato sul campo 7mila preferenze: ad agosto erano state 62mila, oggi sono diventate 55mila. E rispetto ai 130mila aventi diritto ha espresso il voto meno della metà degli iscritti. Che cosa significano questi numeri?
Intanto mettiamo in chiaro che non si tratta di iscritti. Iscriversi al Movimento 5 Stelle non costa nulla, quindi non vale nulla. Basta mandare per mail una foto della carta d’identità, e dopo sei mesi si può votare. Una farsa anche questa. Cosicché per misurare il vero grado di consenso di questi cosiddetti “capi”, prima Di Maio, ora Conte, i grillologi devono ridursi a contare gli astenuti.
L’ex premier ha subito lanciato il suo avvertimento: “Le cose cambieranno, non posso accettare che ci sia chi rema contro”. Ci sarà la resa dei conti con Di Maio? Chi la spunterà? E i Cinquestelle rischiano davvero la scissione?
Chiaramente Di Maio e Conte sono diventati incompatibili. Il primo è più forte fra i parlamentari, il secondo fra gli iscritti. Ma in realtà sono solo personalismi legati ai sondaggi. Finché Conte godeva di un consenso del 60% fra gli elettori, tutti i grillini gli andavano dietro, sperando che li salvasse dal naufragio, visto che il M5s è invece crollato dal 32 al 14-16%. Ma ora anche Conte è sceso al 40%. Che è comunque tanto. Probabilmente a Di Maio non conviene ancora rompere, anche se è facile prevedere una strage fra i suoi fedelissimi quando Conte compilerà le liste elettorali. Dovrà sfilarsi prima, o trovare un accordo.
In un tuo recente commento sul Movimento hai parlato di “senso putiniano della democrazia” tra candidato unico, intimidazioni e purghe. Che clima si respira in casa M5s?
Il clima all’interno dei grillini è mefitico. Si confrontano i parlamentari alla seconda legislatura, che dopo dieci anni con 12mila euro di stipendio dovrebbero tornarsene a casa, e quelli alla prima che vogliono essere rieletti. Ma se i “vecchi” pretendono di cambiare la regola sul tetto ai mandati occuperanno di nuovo i posti migliori nelle liste. E dato che gli eletti si ridurranno a un quarto, per il dimezzamento dei loro voti e il taglio ai parlamentari, la lotta è al coltello.
E Grillo? Cambierà qualcosa nei rapporti con Conte?
Grillo è la grande incognita. È logorato dal processo al figlio e stanco per le diatribe nel suo Movimento, diventato irriconoscibile rispetto agli esordi. Gli attivisti si sono trasformati in arrivisti, occupati in lotte personali di potere puro, senza più ideali. Lui stesso è indeciso fra movimentismo e governismo. D’istinto è ancora attirato dall’estremismo di un Di Battista, invece deve accontentarsi di due democristiani moderati come Di Maio e Conte.
“Il nostro è un no fermo al riarmo: il M5s si opporrà con tutta la sua forza parlamentare all’aumento sconsiderato delle spese militari”. Quanto i Cinquestelle potrebbero fibrillare la tenuta del governo?
Conte non ha alcuna intenzione di far cadere il governo Draghi. Si rischierebbe il voto anticipato, ma i grillini vogliono conservare lo stipendio fino all’ultimo, ancora per un anno. Il no all’aumento delle spese militari è una mossa intelligente, perché la maggioranza degli italiani è contro il riarmo. E i grillini sono gli unici a opporsi. Ma non andranno oltre le sceneggiate verbali.
Marco Tedesco