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Friday, July 22, 2022

Un milione di alberi e pensioni a mille euro. Il ritorno di Cavalier Promessa

Berlusconi riparte con le solite millanterie da campagna elettorale. Piccolo campionario degli impegni strombazzati dal Cav, ricordando lo strabiliante "più dentiere per tutti" del 2014

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 22 Luglio 2022

"I nostri parlamentari andranno a casa dopo due legislature. Dimezzeranno i loro emolumenti. Sarà ridotto della metà anche il loro numero. Non cambieranno partito. Totale trasparenza sui loro redditi e attività. Abolizione finanziamento pubblico ai partiti". 

Chi lo promise, alle elezioni 2013? Grillo? Anche. Ma in realtà questo era il Patto del parlamentare che Berlusconi fece firmare a ogni suo candidato. Silvio faceva il grillino perché aveva fiutato l'andazzo che premiò il Movimento 5 Stelle col 25%, e cinque anni dopo col 32%. Cosicché anche questo sorprendente programma antipolitico rimarrà scolpito nel mirabolante e sterminato elenco delle sue promesse elettorali.

Ora ci risiamo. Al suo quattordicesimo voto nazionale (otto politiche, sei europee) Berlusconi non ha perso l'entusiasmo del 1994, quando al debutto con Forza Italia lanciò un programma di ben 45 punti per la "rivoluzione liberale". I due più memorabili: "Un milione di posti di lavoro, tasse ridotte da 200 a dieci e non oltre il 33%"

Reindossati i panni di Babbo Natale, eccolo annunciare per l'ennesima volta "otto punti fondamentali per far ripartire l'Italia e per alleviare le difficoltà e le sofferenze degli italiani".

Tutti noi stramazzeremmo di noia non solo ad ascoltare, ma anche a pronunciare litanie simili. Lui no, e ci infligge: un milione di alberi all'anno da piantare e le pensioni alzate a 1000 euro al mese. "Meno tasse, meno burocrazia, meno processi, più sicurezza, provvedimenti per i giovani, per gli anziani, per l'ambiente". "È un programma", aggiunge imperterrito, "che si basa sulla nostra tradizionale lotta alle tre oppressioni: quella fiscale, la burocratica e la giudiziaria".

"Il mio cuore gronda sangue", disse nel 2011 quando dovette aumentare le tasse. Ma due anni dopo, cacciato dal governo Monti, tornò alla carica: "Rimborseremo l'Imu 2012". Non sapremo mai se lo avrebbe fatto, perché premier divenne Enrico Letta.

Nel 1999 si impegnò: "Due sole aliquote Irpef". L'apice lo raggiunse nel 2001, quando da Vespa firmò solennemente in tv il famoso Contratto con gli italiani. Scusate se lo riproponiamo, ma dopo 21 anni suona ancora leggendario:

"Tra Silvio Berlusconi nato a Milano il 29 settembre 1936 e i cittadini italiani si conviene e si stipula quanto segue:

Silvio Berlusconi, nel caso di vittoria elettorale della Casa delle Libertà, si impegna, in qualità di presidente del Consiglio, a realizzare nei cinque anni i seguenti obiettivi:

1. Abbattimento della pressione fiscale:

con l'esenzione totale dei redditi fino a 22 milioni di lire annui;

con la riduzione al 23% per i redditi fino a 200 milioni di lire annui;

con la riduzione al 33% per i redditi sopra i 200 milioni di lire annui;

con l'abolizione della tassa di successione e della tassa sulle donazioni.

2. Attuazione del "Piano per la difesa dei cittadini e la prevenzione dei crimini" che prevede tra l'altro l'introduzione dell'istituto del "poliziotto o carabiniere o vigile di quartiere" nelle città, con un risultato di una forte riduzione del numero dei reati rispetto agli attuali 3 milioni.

3. Innalzamento delle pensioni minime ad almeno 1 milione di lire al mese.

4. Dimezzamento dell'attuale tasso di disoccupazione con la creazione di almeno 1 milione e mezzo di posti di lavoro.

5. Apertura dei cantieri per almeno il 40% degli investimenti previsti dal "Piano decennale per le Grandi Opere" considerate di emergenza e comprendente strade, autostrade, metropolitane, ferrovie, reti idriche, e opere idro-geologiche per la difesa dalle alluvioni.

Nel caso che al termine di questi 5 anni di governo almeno 4 su 5 di questi traguardi non fossero stati raggiunti, Silvio Berlusconi si impegna formalmente a non ripresentare la propria candidatura alle successive elezioni politiche. In fede"

Non entreremo certo nel dibattito sulle promesse realizzate o non mantenute. Ci sarà sempre un'università di Siena che sosterrà un 80% di obiettivi centrati, e contemporaneamente un 80% di elettori che non ci crederà, e quindi non rivoterà Berlusconi. Il quale, per la cronaca, nel 2006 fu sconfitto da Prodi.

Ma dopo quella volta di memorabile è  rimasta solo la promessa di "dentiere per tutti gli over 60", lanciata nel 2014. Ormai la stagione dell'assistente dentale Minetti era tramontata, eppure molti anziani ne rimasero attratti. Altri obiettarono: "Ormai ci sono gli impianti fissi, perché aspettare il disastro finale senza denti, interveniamo prima".

Cosa ci riserverà questa volta la generosa cornucopia berlusconiana? Perché, ammettiamolo, anche se non crediamo più in Babbo Natale e neanche alla Befana, è bello poter sognare. I film di Albanese/Cetto La Qualunque ci hanno resi cinici e impermeabili a qualsiasi promessa di politico. Ma non fino al punto di continuare a incuriosirci: "Cosa s'inventerà questa volta il Berlusca?" Lo ha detto anche il suo migliore amico, Confalonieri: "Silvio dice un sacco di balle, ma poi s'impegna per realizzarle".

E comunque Berlusconi potrà sempre scusarsi: "Tremonti non ha voluto. Gli alleati me lo hanno impedito". Almeno ci ha provato. Non come quel tetro Padoa Schioppa che godeva a (farci) pagare le tasse.

Mauro Suttora 

Friday, July 01, 2022

Da Fedez a Elisa Esposito, senza il nozionismo è tornata l'ignoranza

Cosa si insegna nelle scuole se amabilmente una tiktoker può confessare di non conoscere l'autore di "Nel mezzo del cammin di nostra vita?

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 1 Luglio 2022


"Beppe insieme a Gianroberto ci hanno regalato un sogno", ha scritto l'altroieri la vicepresidente grillina del Senato, Paola Taverna. Nulla di grave, anche se la concordanza fra soggetto e verbo sta nel programma di terza elementare. Avevamo concesso la licenza poetica al Jovanotti di "non c'è niente che ho bisogno", quindi possiamo regalare anche una licenza politica alla dolce creatura di Grillo e Casaleggio.


Il problema, però, sono le esondazioni. Perché ormai gli strafalcioni tracimano e ci travolgono, basta accendere la tv e sbirciare i social per essere divertiti o disgustati dall'ignoranza che aumenta quanto l'acqua in Valtellina nel 1987. 

"Nel mezzo del cammin di nostra vita? Non so chi lo ha scritto", ha confessato la influencer Elisa Esposito, nonostante abbia conquistato 830mila follower su Tiktok fregiandosi del titolo di 'Prof del corsivo'. La sventurata è poi precipitata nel girone degli impuniti difendendosi così: "State facendo un dramma sulla Divina Commedia, quando il 90 per cento degli italiani non sa manco fare due per due. Mollatemi, insegno il corsivo, non letteratura". 

Dante Alighieri non è mai stato fortunato in tv. Una ventina d'anni fa fu confuso per assonanza con Santi Licheri, giudice di Forum, da un concorrente della prima edizione del Grande Fratello, Salvo il pizzaiolo. Al quale poi Rocco Casalino impartì lezioni di letteratura. 

Oggi è doloroso il rapporto di rapper e influencer con la cultura, Fedez non sa chi è Strehler e sua moglie ci ammorberà con ulteriori predicozzi a Sanremo dopo quelli di Rula Jebreal et similia.
Io guardo apposta i preserali su Rai1, l'Eredità e ora Reazione a catena, per mettermi di buonumore prima di cena. Gli sfondoni sono assicurati, perché ai concorrenti tocca passare dall'orale allo scritto, dall'orecchiato alla carta che canta. Così l'accozzaglia diventa "la cozzaglia", l'impero romano dura fino al 1400, Einstein e Rubinstein risultano intercambiabili.


Sui social, poi, è l'apoteosi: un putiniano l'altro giorno ha assicurato che la Russia non vuole invadere anche la "Bessarabia Saudita".
Poiché le castronerie aumentano col diminuire dell'età degli autori, la questione è: cosa sta succedendo nelle nostre scuole?
Non è che noi boomers siamo solo barbogi brontoloni, che dimenticano i variegati analfabetismi delle generazioni passate?

"A me m'ha rovinato 'a guera", gemevano Petrolini e Sordi. Questi invece incolpano il virus che li ha costretti in casa per due anni. Come se nelle case non ci fossero libri, giornali o anche solo wikipedia con cui colmare le proprie lacune.

La verità, invece, è che dappertutto (elementari, medie, università) ha vinto la sociologia. E ha perso il nozionismo. Non si insegnano più quelle mille date, nomi e fatti che distinguono l'uomo dalla scimmia, perché sono appigli minimi ai quali aggrapparsi senza dover vagare di liana in liana, privi di punti di riferimento. 

Noi sapevamo a memoria tutte le cento province d'Italia, oggi c'è il navigatore. Per ricordarsi le capitali del mondo basta Google. Nelle aule è tutto un trionfo di "percorsi formativi" all'interno di "progetti educativi", "nella misura in cui si porta avanti un discorso dentro a un quadro organico".


Perfino i testi delle canzonette sono rovinate da sociologismi astratti al posto dei fatti concreti che in tre minuti raccontavano una storia: "Io l'altra notte l'ho tradita", iniziava Celentano, e poi tutti curiosi di sapere come finiva.
Ora invece sono tutti psicologi ai quattro formaggi, si portano dietro le loro paure e i loro traumi. 

Idem con la storia: quelli di sinistra spiegano ogni cosa con la "crisi della borghesia" e il "trionfo del neoliberismo", a destra replicano con "cadute di valori" e "perdita d'identità". Ma indicatemi una data, caspita, una battaglia, un personaggio che ha segnato la svolta fra un prima e un dopo.


Le nostre maestre ci deliziavano con aneddoti, da Muzio Scevola ad Attilio Regolo, da Maramaldo a Garibaldi. Imparavamo così automaticamente, senza sforzo, concetti basilari come l'onore, il rispetto, la parola data, la codardia, l'infingardaggine, l'eroismo. Ci bastava ascoltare a otto anni il discorso ai plebei di Menenio Agrippa per intuire la fregatura eterna che i ricchi tirano ai poveri, senza bisogno di arrivare fino a Marx. E come fa a capire le elementari ragioni degli ucraini chi non conosce Pietro Micca?


Quindi i giovani sono incolpevoli. Quelli di loro che immagazzineranno dati, li useranno e si daranno da fare,  prevarranno. Gli altri, che i dati li snobberanno per rifugiarsi in teorie parareligiose (complottismo, grillismo, leghismo, fascismo, comunismo, sovranismo, novax, sìPutin), combineranno poco come sempre. E alla fine cercheranno di farsi mantenere dai primi col reddito di divananza.

Mauro Suttora

Tuesday, June 21, 2022

Armi all'Ucraina/ “Il governo non rischia, tra Conte e Di Maio è rissa per il centro”

"Conte non ha mai pensato al voto anticipato, e Di Maio è l’ultimo che può rimproverare gli altri di essere filorussi. Oggi il governo non rischia nulla" 

www.ilsussidiario.net, 21 giugno 2022 

intervista a Mauro Suttora

Palazzo Chigi sta limando fino all’ultimo il testo della risoluzione sull’Ucraina che sarà votata oggi in Senato. Un tornante delicato per il governo, che ha visto dividersi i 5 Stelle tra il presidente Giuseppe Conte, restio a ulteriori invii di armi a Kiev, e Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, che ha accusato i parlamentari contiani di mettere a repentaglio la collocazione atlantista dell’Italia e del governo. 

Nelle stanze di Draghi si lavora ad un testo nel quale tutti potranno riconoscersi, per evitare imprevisti e lacerazioni rischiose per l’esecutivo. Ma quelli tra Conte e Di Maio “sono solo personalismi, perché entrambi sono moderati che vogliono occupare uno spazio al centro” dice Mauro Suttora, giornalista e scrittore, opinionista sull’HuffPost.

Più che il governo, che non rischia nulla – spiega Suttora – la spaccatura dei 5 Stelle preoccupa a sinistra: “Letta e il Pd sono disperati per il tracollo dei grillini”, perché con un partito scomparso dovranno rivolgersi al centro. E Di Maio lo ha capito benissimo.

Oggi potrebbero esserci sorprese? Il governo rischia?

Non credo proprio. Ma è sempre stato così. Conte in realtà non ha mai pensato di far cadere il governo, con il rischio di andare al voto anticipato. Così farebbe perdere ai parlamentari grillini gli otto ultimi mesi di stipendio prima del voto regolare del marzo 2023.

Hanno torto i 5 Stelle nel chiedere, nella nota diffusa dal consiglio nazionale, una maggiore centralità del parlamento? 

No, il parlamento è troppo spesso esautorato dai troppi decreti del governo e dai troppi voti di fiducia che strozzano il dibattito e impediscono gli emendamenti. Ma i grillini non possono pretendere che si voti a ogni singolo invio di armi all’Ucraina. Anche perché c’è il segreto sul tipo di armamenti che forniamo, quindi è un dibattito sul nulla.

Di Maio aveva ragione nel dire che la bozza di risoluzione dei 5 Stelle “ci disallinea dall’alleanza della Nato e dell’Ue”, e più in generale nel criticare la direzione travaglio-contiana in politica estera?

È buffo che Di Maio, il quale fino al 2018 criticava la Nato per essere troppo dura con la Russia, e voleva “superarla”, ora si sia trasformato in un falco filoNato. Il suo è il classico caso di “trasformismo”: e poiché sente di avere molto da farsi perdonare e da far dimenticare, allora esibisce lo zelo del neofita, del convertito.

La Nota di M5s dice che il Movimento “mai ha posto in discussione la collocazione del nostro Paese nell’ambito di queste tradizionali alleanze” (Nato, Ue, ndr): che ne pensi?

Fino a pochi anni fa i grillini erano contro l’euro, alleati dell’inglese Farage autore della Brexit, e i suoi parlamentari andavano nella Crimea occupata e a Mosca a baciare la pantofola di Putin. Ottimo che abbiano fatto inversione a U. Speriamo la facciano anche sul reddito di cittadinanza e sui termovalorizzatori, così avranno cambiato idea su tutto.

L’espulsione di Di Maio è stata congelata: cosa prevedi?

Conte è furbo, vuole che sia Di Maio ad andarsene, per non regalargli l’aureola del martire.

Di Maio si farà cacciare o assumerà un’iniziativa in proprio?

Di Maio provoca perché spera di essere espulso. Ma è troppo presto, il suo progetto di nuova lista elettorale di centro col sindaco di Milano Sala e quello di Venezia Brugnaro, le forziste Carfagna e Gelmini, l’ex forzista Toti e il mattarelliano Cottarelli è ancora acerbo.

Fico ha detto che “lo statuto oggi è operativo al 100 per cento perché il tribunale di Napoli ha rigettato la causa degli ex M5s”. Perché lo dice? Si va allo scontro legale?

Al di là delle beghe legali, il problema è che Conte e i contiani non sopportano più Di Maio e i dimaiani. Ma si tratta di personalismi, perché entrambi sono moderati che vogliono occupare uno spazio al centro. Quindi le loro liti hanno il sapore della sceneggiata napoletano-pugliese.

Però in queste ore si parla di “punto di non ritorno”. E se fosse ormai un auspicio? Non è ormai chiaro da tempo che Di Maio ha una sua agenda personale?

Di Maio un anno fa, come tutti i grillini, sperava che Conte trasferisse sul M5s la propria popolarità personale, oltre il 50%. Ma il voto del 12 giugno ha visto i grillini crollare addirittura all’1% in tutte le città del Nord tranne Genova. Il Movimento non esiste più. I sondaggi lo danno ancora al 12%, ma lo stesso Di Maio teme che scenda al 5-8%. Quindi non gli interessa più stare in una nave che affonda. 

Secondo te in caso di rottura quanti parlamentari porterebbe con sé?

Una quarantina.

Pare che Letta stia svolgendo un ruolo. Sicuramente non può permettersi un’alleanza con chi mette in discussione la linea Draghi. Resta solo Di Maio, magari con qualcun altro…

Letta e il Pd sono disperati per il tracollo dei grillini. Sommando al proprio 20% un M5s ridotto al 12% non riescono a competere con un centrodestra attestato al 40-45%. I voti persi dai grillini sono finiti prima a Salvini, ora alla Meloni, e all’astensione. I centristi di Calenda e Bonino valgono al massimo il 4%, l’ultrasinistra ancora meno. Insomma, più che un “campo largo”, l’auspicata alleanza di centrosinistra sembra un camposanto. 

A Roma è atteso Grillo. Quali saranno le sue mosse?

Cercherà di rappattumare i suoi adepti, ma anche lui ha capito che il Movimento si sta sfasciando alla stessa velocità con cui era esploso. E deve ancora scoppiare lo psicodramma degli eletti che hanno esaurito i due mandati, contro quelli che sono al primo e quindi mirano ai pochi posti disponibili prendendo proprio il posto dei veterani. Sarà una strage cannibalesca. Molti pensano addirittura di cambiare simbolo, di rinunciare alle 5 Stelle per disperazione.

Federico Ferraù

Thursday, May 19, 2022

“Conte vuol far cadere il governo per andare subito al voto”

CAOS 5 STELLE 

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 19 maggio 2022

Grillo e Conte sono su posizioni antitetiche sulla guerra in Ucraina. L’ex capo del governo sarebbe tentato di andare subito alle elezioni Ennesima di una serie infinita di spaccature nel Movimento 5 Stelle. Questa volta è la guerra in Ucraina a motivarla. Sul suo blog Beppe Grillo ha ospitato un articolo dell’ex ambasciatore Torquato Cardilli che attacca decisamente Nato e Onu. Ovviamente, essendo il M5s parte di un governo che sostiene apertamente l’Ucraina, questa “bravata” li ha messi in difficoltà: è stato detto che il blog di Grillo è un blog personale che non rispecchia le vedute del Movimento. 

Ciliegina sulla torta è stata l’elezione di Stefania Craxi a nuovo presidente della commissione Esteri di palazzo Madama al posto del grillino Vito Petrocelli: ha ottenuto 12 voti contro i 9 dell’altro cinque stelle Ettore Licheri. Risultato che ha mandato su tutte le furie Giuseppe Conte che ha parlato di “nuova maggioranza di governo” che li ha esclusi. Ne abbiamo parlato con Mauro Suttora, giornalista e scrittore, opinionista sull’HuffPost e profondo conoscitore del M5s. 

Conte continua a dire di no all’invio di nuove armi in Ucraina mentre sul blog di Grillo appare un articolo  contro Nato e Onu. Ma Grillo è il garante del M5s o no? Con Conte si parlano ancora?

Premettiamo che stanno litigando sul nulla. È del tutto irrilevante che noi mandiamo armi in Ucraina, leggere o pesanti che siano. Gli ucraini sono abbondantemente riforniti da Usa e Gran Bretagna, non hanno certo bisogno dei ferrivecchi che gli sbologniamo noi. Quando verrà tolto l’assurdo segreto imposto sul tipo di armamenti inviati ce ne renderemo conto. Gli unici mezzi utili sarebbero i blindati Lince, Centauro e Puma. Ma simbolicamente è importante capire chi sta dalla parte dell’Ucraina e chi strizza l’occhio a Putin. Quanto al blog di Grillo, è coerente con la storia dei 5stelle, che si sono sempre opposti all’Occidente, preferendo semi dittature del Terzo mondo come Venezuela o Iran. È Di Battista, e non Di Maio, quello più in sintonia con la base grillina. 

Conte cosa vuole fare con il governo, rompere sulla questione armi?

Visti i sondaggi, con la maggioranza degli italiani contrari all’aumento delle spese militari, Conte potrebbe essere tentato a far cadere il governo e provocare un voto anticipato in autunno, per incassare i consensi pacifisti. I grillini infatti sono gli unici a dire no all’aumento.

In seguito alla elezione di Stefania Craxi come nuovo presidente della commissione Esteri di palazzo Madama, i cinque stelle hanno indetto un “consiglio nazionale straordinario”: cos’è? Come funziona?

Le invenzioni statutarie grilline non interessano più nessuno. I loro organi vengono sempre annullati da sentenze che danno ragione ai dissidenti di turno. Conte vuole solo drammatizzare la rottura della maggioranza.

Conte non ha torto quando dice che il M5s almeno in parlamento rappresenta la maggioranza degli italiani. Può esserci una maggioranza alternativa? Secondo Conte si sarebbe appunto creata sulla Craxi: “Registriamo che di fatto si è formata una nuova maggioranza da FdI a Iv”, ha detto. Li costringerà a uscire da governo?

Il 32% conquistato dai grillini nel 2018 è preistoria. Quei 300 parlamentari si sono ridotti a 200, ovvero solo il 20% del totale. Altro che maggioranza. Il problema è che i cento grillini fuoriusciti sono quasi tutti all’opposizione di Draghi, quindi se Conte esce dal governo Draghi cade. A meno di sorprese come Di Maio che potrebbe restare al governo trascinando con sé un altro centinaio di parlamentari, rompendo col M5s.

A che percentuale è dato oggi il M5s?

Il 13% mi sembra attendibile.

Stefania Craxi, neopresidente commissione Esteri  ha detto: “La politica estera di un grande Paese come l’Italia, per ragioni valoriali e culturali, ancor prima che storiche e geopolitiche non può non avere chiari connotati atlantici, un atlantismo della ragione che non ammette deroghe ma non accetta subalternità”. Come commenti?

Parole ragionevoli. Ma basta il suo cognome per renderla indigeribile ai grillini.

Finora abbiamo visto i 5 Stelle come dipendenti dalla poltrona. Non è possibile che Conte, alla luce della situazione di difficoltà del governo (stallo di Draghi, energia, imprese, stagflazione, etc.) pensi anche lui che prima si va al voto, meglio è? Dunque prima del ’23?

Sì. Anche per altri tre motivi. Primo, il logoramento del suo gradimento personale, crollato dal 60% di quand’era premier al 30%. Secondo, la sua incapacità di mettere assieme il governismo di Di Maio con il movimentismo di Di Battista. Terzo, l’approssimarsi del voto locale il 12 giugno, e soprattutto delle regionali siciliane in autunno. Per i grillini saranno bagni di sangue, ne usciranno distrutti. Quindi meglio incassare seggi in Parlamento il più presto possibile, prima di affondare sotto il 10%.

Wednesday, March 30, 2022

M5s vs Draghi/ “Conte farà una sceneggiata sul riarmo, ma non può dire no”

www.ilsussidiario.net, 30 marzo 2022 

intervista a Mauro Suttora

Conte, riconfermato alla guida del M5s con il 94% dei consensi, promette battaglia. Ma sul no all’aumento delle spese militari non andrà oltre la sceneggiata 

“Gli iscritti del MoVimento 5 Stelle mi hanno riconfermato con un’indicazione forte e chiara. Un sostegno così importante è anche una grande responsabilità. Ora testa alta, ancor più coraggio e determinazione nelle nostre battaglie. Abbiamo un Paese da cambiare”. Così Giuseppe Conte ha accolto la sua riconferma alla guida del M5s dopo aver ricevuto 55.618 consensi, pari al 94,19% del totale, al termine della consultazione online sulla piattaforma SkyVote, che ha visto la partecipazione di 59.047 votanti pentastellati su 130.570 iscritti aventi diritto.

E i suoi primi passi sono stati tutti contro: prima contro Di Maio (“Le cose cambieranno, non posso accettare che ci sia chi rema contro”) e il giorno successivo, dopo l’incontro con il premier Draghi, contro il governo (“Il nostro è un no fermo al riarmo: il M5s si opporrà con tutta la sua forza parlamentare all’aumento sconsiderato delle spese militari”). Come sarà questa seconda leadership dell’ex premier? Che clima si respira all’interno del MoVimento? Quanto rischiano Draghi e il suo governo? Ne abbiamo parlato con Mauro Suttora, giornalista e scrittore, opinionista sull’HuffPost, nonché attento osservatore della caotica galassia a 5 Stelle. 

“Il problema non è Conte, ma tutti noi che prendiamo ancora sul serio queste farse con candidato unico che loro chiamano votazioni online. Le elezioni per essere democratiche devono offrire una libertà di scelta fra almeno due alternative”.

Altrimenti?

Altrimenti si chiamano ratifiche di personaggi imposti dal vertice, plebisciti. Non certo elezioni. È l’abc. C’è più democrazia in un’assemblea di condominio, o di una società quotata in Borsa, che fra i grillini. Perfino i regimi comunisti permettevano una scelta fra più candidati, anche se gli oppositori erano posticci. Perfino Putin si candida contro concorrenti. Poi magari li incarcera o avvelena, ma almeno la forma è salva.

Rispetto alla prima elezione, però, Conte ha lasciato sul campo 7mila preferenze: ad agosto erano state 62mila, oggi sono diventate 55mila. E rispetto ai 130mila aventi diritto ha espresso il voto meno della metà degli iscritti. Che cosa significano questi numeri?

Intanto mettiamo in chiaro che non si tratta di iscritti. Iscriversi al Movimento 5 Stelle non costa nulla, quindi non vale nulla. Basta mandare per mail una foto della carta d’identità, e dopo sei mesi si può votare. Una farsa anche questa. Cosicché per misurare il vero grado di consenso di questi cosiddetti “capi”, prima Di Maio, ora Conte, i grillologi devono ridursi a contare gli astenuti.

L’ex premier ha subito lanciato il suo avvertimento: “Le cose cambieranno, non posso accettare che ci sia chi rema contro”. Ci sarà la resa dei conti con Di Maio? Chi la spunterà? E i Cinquestelle rischiano davvero la scissione?

Chiaramente Di Maio e Conte sono diventati incompatibili. Il primo è più forte fra i parlamentari, il secondo fra gli iscritti. Ma in realtà sono solo personalismi legati ai sondaggi. Finché Conte godeva di un consenso del 60% fra gli elettori, tutti i grillini gli andavano dietro, sperando che li salvasse dal naufragio, visto che il M5s è invece crollato dal 32 al 14-16%. Ma ora anche Conte è sceso al 40%. Che è comunque tanto. Probabilmente a Di Maio non conviene ancora rompere, anche se è facile prevedere una strage fra i suoi fedelissimi quando Conte compilerà le liste elettorali. Dovrà sfilarsi prima, o trovare un accordo.

In un tuo recente commento sul Movimento hai parlato di “senso putiniano della democrazia” tra candidato unico, intimidazioni e purghe. Che clima si respira in casa M5s?

Il clima all’interno dei grillini è mefitico. Si confrontano i parlamentari alla seconda legislatura, che dopo dieci anni con 12mila euro di stipendio dovrebbero tornarsene a casa, e quelli alla prima che vogliono essere rieletti. Ma se i “vecchi” pretendono di cambiare la regola sul tetto ai mandati occuperanno di nuovo i posti migliori nelle liste. E dato che gli eletti si ridurranno a un quarto, per il dimezzamento dei loro voti e il taglio ai parlamentari, la lotta è al coltello.

E Grillo? Cambierà qualcosa nei rapporti con Conte?

Grillo è la grande incognita. È logorato dal processo al figlio e stanco per le diatribe nel suo Movimento, diventato irriconoscibile rispetto agli esordi. Gli attivisti si sono trasformati in arrivisti, occupati in lotte personali di potere puro, senza più ideali. Lui stesso è indeciso fra movimentismo e governismo. D’istinto è ancora attirato dall’estremismo di un Di Battista, invece deve accontentarsi di due democristiani moderati come Di Maio e Conte.

“Il nostro è un no fermo al riarmo: il M5s si opporrà con tutta la sua forza parlamentare all’aumento sconsiderato delle spese militari”. Quanto i Cinquestelle potrebbero fibrillare la tenuta del governo?

Conte non ha alcuna intenzione di far cadere il governo Draghi. Si rischierebbe il voto anticipato, ma i grillini vogliono conservare lo stipendio fino all’ultimo, ancora per un anno. Il no all’aumento delle spese militari è una mossa intelligente, perché la maggioranza degli italiani è contro il riarmo. E i grillini sono gli unici a opporsi. Ma non andranno oltre le sceneggiate verbali.

Marco Tedesco