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Tuesday, March 01, 2022

Non sarà facile trovare un Garibaldi nelle Brigate internazionali per Kiev

Per noi italiani, dopo 77 anni di pace, la guerra è diventata impensabile, impossibile, troglodita. Figurarsi crepare per patrie altrui

di Mauro Suttora

HuffPost, 1 Marzo 2022

È nobile che venga voglia di andare in Ucraina a combattere per la libertà. Ma non si illudano i ragazzotti vogliosi di imbracciare un kalashnikov: il governo di Kiev arruola volontari, tuttavia le sue ambasciate e consolati rifiutano chi non è già provvisto di una certa esperienza. Che manca alla quasi totalità dei giovani in Italia, dove la leva obbligatoria è stata abolita 17 anni fa. 

Le Brigate internazionali ucraine nasceranno comunque, e migliaia di stranieri si arruoleranno. Andranno a combattere una guerra sporca, perché in mancanza di una tregua già ora lo scenario è da guerriglia urbana. Non esistono fronti: i russi sono in movimento e hanno paracadutato i loro temibili spetsnaz, le forze speciali, anche dietro le linee nemiche.

Peggio ancora se riuscissero a occupare l'Ucraina, parzialmente o totalmente: gli stranieri dovrebbero aggregarsi a gruppi di partigiani clandestini, con problemi pratici terribili. Basti pensare al cirillico, l'alfabeto incomprensibile per cui risulta ostico perfino decifrare i cartelli stradali. O ai tagliagole ceceni, o ai russi travestiti con divise ucraine. 

Ma tutto ciò non bloccherà i nuovi internazionalisti, che già combattono da anni nel Donbass. Compreso qualche italiano, anche se con scelte comiche. I fascisti nostrani, infatti, non sanno bene da che parte stare: quelli di Forza Nuova danno manforte ai separatisti filorussi, mentre Casa Pound ha scelto gli ucraini. L'importante per molti è soltanto  menare le mani, a volte perfino per l'Isis, anche se nel caso dell'Ucraina aggredita l'afflato romantico è rispettabile.

D'altra parte, il poeta Byron andò a morire in Grecia 26enne, e anche il nostro carbonaro Santorre di Santarosa perse la vita per l'indipendenza ellenica. Fino ad allora le guerre le facevano i re, e gli stranieri che combattevano per bandiere non loro lo facevano di professione. Erano i mercenari, spesso inquadrati in compagnie d'arme, altre volte in solitaria, come il Barry Lindon del film di Kubrick. La stessa parola 'soldato', ignota nell'antichità, significa assoldato, al soldo, a pagamento. 

La figura del volontario idealista nasce nell'800, nutrita dalle guerre nazionaliste in Italia, Grecia, Polonia. Il primo internazionalismo fu quello di Mazzini, antecedente a Marx, e se si cantasse l'inno di Mameli fino alla quinta strofa ci si imbatterebbe nel gemellaggio fra "il sangue d'Italia e il sangue polacco" già allora "bevuti" dai perfidi cosacchi (russi) e austriaci.


Garibaldi è celebrato, con Che Guevara, come l'eroe internazionalista più leggendario del mondo. Ambedue con imprese intercontinentali al limite dell'autolesionismo: il capo delle nostre camicie rosse andò a combattere per la Francia a Digione nel 1870 nonostante questa gli avesse rubato la città natale Nizza dieci anni prima.

Ma oggi "Pulchrum est pro patria mori" è un proverbio desueto: per noi italiani, dopo 77 anni di pace, la guerra è diventata impensabile, impossibile, troglodita. Figurarsi crepare per patrie altrui. O per astratti ideali: "Morire per delle idee? Sì, ma di morte lenta", cantavano sarcastici i libertari antimilitaristi Brassens e De André. 

C'è da vergognarsi, pensando ai coraggiosi che andarono in Spagna nel 1936 per combattere il nazifascismo. Trovandosi però inquadrati sotto i comunisti, i quali non esitarono ad ammazzare, assieme ai nemici franchisti, anche i propri alleati anarchici. 

Insomma, è sempre complicato scegliere la parte giusta. Ancor più quando ci si avventura all'estero: si rischia di bombardare i vietnamiti per conto degli Usa, come fecero i piloti di vari Paesi Nato (Italia compresa) in missioni ancora coperte dal top secret dopo 60 anni. O di essere ammazzati in Mozambico, come capitò al povero giornalista militante Almerigo Grilz nel 1987.

Quindi, ai giovani in cerca di adrenalina non possiamo impedire di partire allo scopo di ottenere emozioni forti in Ucraina. Ma se torneranno mutilati o in bara diano un po' di colpa anche alla propria generosa avventatezza, oltre che a Putin.

Mauro Suttora