Parla Ted Neeley, il protagonista del film del 1973 ora in Italia per la versione teatrale del musical
Oggi, 16 aprile 2014
di Mauro Suttora
Tremila volte Gesù Cristo. «Onestamente, non ho contato. Ma, calcolando tutte le repliche teatrali del musical in questi quarant’anni, la cifra potrebbe essere quella, più o meno».
È gentilissimo, Jesus Christ Superstar. Al secolo Ted Neeley, attore e cantante texano, che del Texas conserva l’accanto dolce e cantilenante. Nel 1973 divenne improvvisamente uno degli uomini più famosi e adorati del mondo. Fu quando uscì la versione cinematografica del musical di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, che sbancò dappertutto.
Ora Neeley è in Italia, al teatro Sistina di Roma. Il 18 aprile, venerdì santo, debutta la produzione italiana (ma in inglese) di Jesus Christ Superstar. Che va avanti con successo da vent’anni, con la regia di Massimo Romeo Piparo. Ma che per la prima volta ha come protagonista il Jesus originale.
«Ho accettato con entusiasmo di venire in Italia», ci dice Neeley, che di persona ci appare più piccolo e fragile di come lo ricordavamo sullo schermo, «e dopo Roma gireremo altre città».
Papa Francesco lo vedrà?
Al Sistina almeno fino alla fine di maggio, il Jesus Christ italiano ha una storia collaudata: 11 anni consecutivi in cartellone nei teatri della penisola, oltre un milione di spettatori, cento artisti che si sono alternati nel cast, 19 regioni e più di mille rappresentazioni in 84 città italiane.
Il segreto del successo? «La combinazione perfetta fra il rock, il musical e una grande storia», dice Neeley. Quello che non dice, è la segreta speranza che in qualche modo Papa Francesco possa essere coinvolto: con una rappresentazione extra in Vaticano, o assai più difficilmente avendo il Papa come spettatore in teatro.
«Può fare lei da emissario?», scherza Neeley. Il quale, nella sua lunga carriera di musicista rock iniziata nel 1965, non è rimasto “crocifisso” al ruolo di Jesus. È stato, infatti il protagonista di tutti gli altri musical rock più importanti della storia: Tommy, Hair e Sgt.Pepper. E ha lavorato con una quantità di star, da Ray Charles e Tina Turner. Oltre a cantare e a recitare è anche batterista, compositore e produttore.
Ma, inevitabilmente, le richieste maggiori nei decenni sono state per un ritorno al Jesus di fama planetaria, assieme alle altre superstar del film di Norman Jewison: Yvonne Elliman (Maria Maddalena) e Carl Anderson (il Giuda di colore), purtroppo scomparso dieci anni fa per una leucemia. Nell’anno del Giubileo, il 2000, e l’anno seguente, anche Anderson recitò nella versione italiana.
Questa volta, ad attorniare Neeley, sono stati reclutati personaggi famosi della musica pop-rock italiana: i Negrita suonano assieme all’orchestra, e il loro Pau è Ponzio Pilato; Simona Molinari fa Maddalena, e l’ex-Rokes Shel Shapiro il sommo sacerdote Caifa.
Mister Neeley, eccola qui con i suoi capelli lunghi che fecero impazzire milioni di ragazzine (e non solo): se li è mai tagliati, dal 1973? «Only for business purposes, solo per ragioni di copione, una volta che dovevo interpretare a teatro un personaggio completamente calvo».
E come mai è andato a Verona con sua figlia Tessa? «Ci hanno invitato all’apertura del Vinitaly, poi abbiamo visitato l’Arena dove porteremo il musical, infine il balcone di Romeo e Giulietta. Una giornata stupenda».
Il revival di Jesus Christ ha spinto Neeley a produrre anche un suo nuovo lavoro: Rock Opera, già disponibile su iTunes e in vendita nei negozi dal 22 aprile. Dentro, oltre a una versione della sua canzone preferita del musical (Getsemani), spicca un duetto da brivido con Yvonne Elliman: Up Where We Belong di Joe Cocker. Ci sono anche foto inedite di Ted sul set in Israele durante le riprese nel 1972 di Jesus Christ Superstar.
«Quella è una storia tutta da raccontare», spiega, «perché nel film si vedono aerei e carri armati. Immagini che mescolano il passato di 2 mila anni fa con il presente. Ebbene, nessuno poteva sapere che solo pochi mesi dopo, in quello stesso deserto israeliano del Negev dove girammo molte scene, sarebbe scoppiata una guerra vera, quella del Kippur. Proprio nelle settimane in cui uscì il film».
Neeley ci parla con la sua voce suadente, e non possiamo non comprendere l’illusione di molti cristiani fondamentalisti che, soprattutto nel Sud degli Stati Uniti, quasi lo scambiano per il Gesù reale. Dopo gli spettacoli, racconta, lo vanno a trovare nel camerino. E lui è gentile e disponibile con tutti. Non manda mai via nessuno, neanche i più fanatici.
Quando uscì, Jesus Christ Superstar suscitò polemiche. Combinava, infatti, la filosofia hippy dell’amore libero e della pace universale con la religione cristiana. Il rapporto fra Gesù e Maria Maddalena è al limite dello scandalo: I Don’t Know How To Love Him, non so come amarlo, canta lei, facendo capire che il confine fra amore spirituale e carnale è sottilissimo. Anzi, probabilmente è stato superato.
Giuda, poi, non è soltanto il classico traditore. È anche un critico della religione, in nome dei bisogni concreti: Too Much Heaven On Their Minds, troppo paradiso nelle loro teste, urla contro gli apostoli che rifiutano scelte politiche più radicali. Esattamente il dilemma che attraversava molti cristiani negli anni ’60 e ’70.
«Il messaggio di Jesus Christ Superstar è ancora attualissimo», dice Neeley, «ovunque andiamo suscita discussioni infinite anche fra i giovani di oggi. Per questo, spesso, organizziamo repliche nelle scuole».
Neeley vive in California con la moglie, conosciuta proprio sul set del film, e i figli. Tessa collabora con lui e lo segue dappertutto.
Durante le prove al Sistina, Ted esibisce la sua leggendaria voce baritonale, non scalfita dall’età: nell’urlo di Getsemani riesce a raggiungere la nota Sol un’ottava sopra la mediana.
E pensare che, alle audizioni per il musical, Neeley non mirava alla parte di Gesù. Voleva quella di Giuda, che reputava più interessante musicalmente. Non ce la fece, e finì come riserva per entrambi i ruoli. Poi, dopo un’apparizione positiva, la promozione a titolare. E fu subito Superstar.
Mauro Suttora