PER QUESTO IL FUHRER RASE AL SUOLO IL SUO PAESE IN AUSTRIA
«A Dollersheim era nato suo padre, ufficialmente figlio di N.N., probabilmente di un ebreo», ci dice Franz Eigl, uno dei 7mila abitanti costretti ad andarsene nel 1938, dopo l'annessione nazista. «Trasformò la regione in una zona militare: lo è ancor oggi». I retroscena di una delle pagine più oscure del nazismo
dal nostro inviato Mauro Suttora
foto di Gianni Gelmi
Oggi, 9 aprile 1999
L'ultimo mistero di Adolf Hitler, a 110 anni dalla nascita, è sepolto qui, sotto le rovine del villaggio fantasma di Dollersheim. Sulle cartine di oggi non esiste, o al massimo è indicato fra parentesi, perché 61 anni fa venne cancellato. Inghiottito dalla furia dei nazisti tedeschi che nel 1938 annessero l'Austria, quattro anni dopo averne assassinato il cancelliere Engelbert Dolfuss.
Una enorme area di 24mila ettari attorno a Dollersheim venne requisita, e settemila contadini austriaci furono costretti ad andarsene. Arrivarono panzer, Ss e bandiere con la svastica. La zona fu trasformata in un immenso poligono di tiro: la più grande area di esercitazioni militari del Terzo Reich. Villaggi e fattorie furono poco a poco distrutti da bombe e granate.
Qualcosa rimase in piedi, ma poi arrivarono i sovietici che occuparono questa parte di Austria 150 km a nordovest di Vienna, vicino al confine boemo. Incredibilmente, però, anche nei decenni seguenti e fino a oggi, l'area è rimasta in mano ai militari austriaci per le loro manovre. Tuttora l'ingresso è vietato, e un grande cartello in quattro lingue ci blocca la strada due chilometri prima delle rovine di Dollersheim.
In una fattoria vicina ci spiegano che l'esercito apre eccezionalmente la strada soltanto durante poche ore per qualche giorno all'anno, nei periodi di calma fra un'esercitazione e l'altra.
Si è fatto tardi, è buio, raggiungiamo la cittadina di Zwettl. Proviamo a entrare nella biblioteca che si trova nella piazza centrale, e alla bibliotecaria domandiamo se si possono consultare libri o documenti su Dollersheim. «Perché?», ci chiede sospettosa.
Lei lo sa il perché. Lo sa benissimo. Nei 50mila libri, saggi e articoli pubblicati su Hitler sta scritto che il padre del dittatore, Alois, nacque proprio in questo villaggio austriaco nel 1837. Forse la signora ci ha preso per nostalgici nazisti. Le spieghiamo che siamo giornalisti e che veniamo apposta da Milano per indagare sull'ultimo mistero di Hitler: suo padre.
La signora si tranquillizza, ma sussurra: «Noi non abbiamo nulla su questo argomento. Provate domani in Comune. Però sappiate che qui la gente non ama parlare di Hitler».
Perché? «È ancora una questione imbarazzante, visto l'entusiasmo con cui molti austriaci accolsero i nazisti dopo l'Anschluss del 1938».
Ancora più imbarazzanti, però, dovevano essere le origini di suo padre per Hitler stesso, che fece evacuare e distruggere la sua "Vatersheimat", il paese paterno, soltanto poche settimane dopo esserne entrato in possesso. E a ragione. Innanzitutto perché il vero cognome di Alois non era Hitler, ma Schicklgruber. Ve li immaginate settanta milioni di tedeschi a gridare «Heil Schicklgruber!»? Ridicolo, peggio del
Grande Dittatore di Charlie Chaplin.
Eppure il padre di Hitler, ciabattino e poi doganiere, cambiò il suo nome da Schicklgruber in Hiedler e poi in Hitler soltanto nel 1877: appena dodici anni prima che venisse al mondo Adolf, nato dal suo terzo matrimonio con l'ex donna di servizio Klara Polzl.
Questa girandola di cognomi nasconde altri motivi di vergogna per Hitler. Suo padre era figlio di N.N. La nonna Maria Anna Schicklgruber, infatti, povera contadina di Dollersheim, iscrisse Alois alla parrocchia del paese, che fungeva da anagrafe, dandogli il proprio cognome.
E su questo particolare gli storici si sono scatenati. Da poco è stato pubblicato in Italia
Il mistero di Hitler (Mondadori) scritto da Ron Rosenbaum, il quale rilancia una sconvolgente ipotesi: il nonno paterno del Furher era ebreo.
L'ormai quarantenne e nubile Maria Anna Schicklgruber, infatti, nel 1836 era a servizio come cuoca presso la ricca famiglia ebrea Frankenberger di Graz. Il figlio 19enne di Frankenberger mise incinta la donna e il padre, per tacitare lo scandalo, accettò di pagare a Maria Anna, tornata al paese natio, un assegno di mantenimento per il piccolo Alois fino al compimento dei 14 anni.
Questa ricostruzione è opera di Hans Frank, avvocato personale di Hitler, poi ministro della Giustizia del Terzo Reich e infine governatore della Polonia occupata, dove sterminò milioni di ebrei. Per questo Frank fu condannato a morte nel 1946 al processo di Norimberga e giustiziato.
Ma, prima di essere impiccato, scrisse un memoriale di mille pagine pubblicato nel 1953 e conservato oggi a Gerusalemme, nel museo dell'Olocausto.
Fu lo stesso Hitler, nel 1930, a ordinare a Frank di indagare sulle proprie origini, perché era vittima di un ricatto da parte del figlio del proprio fratellastro: questi lo minacciava di rivelare che il sangue che aveva nelle vene era per un quarto ebraico. Così Frank spedì dei collaboratori in Austria, e questi scoprirono la verità più scandalosa che si potesse concepire per il campione dell'antisemitismo.
Quando Frank gli riferì il risultato delle ricerche genealogiche, il Fuhrer si mise a strepitare: «Non è vero! Mio padre mi rivelò di essere il frutto della relazione di sua madre con Georg Hiedler, un mugnaio di Dollersheim che lei sposò cinque anni dopo. Sì, Maria Anna Schicklgruber lavorò dai Frankenberger, ma questi la pagarono soltanto perché lei li ricattò, fingendo che il padre fosse il giovane Frankenberger».
In questo labirinto di sordidi ricatti, avvenuti a un secolo di distanza l'uno dall'altro, si inserisce un altro particolare certo: il piccolo Alois Schicklgruber non fu allevato da sua madre e da Hiedler, ma dal fratello di questi, Johann Nepomuk Huttler, un contadino un po' più agiato e già sposato.
La differenza dei cognomi fra i due fratelli non stupisca: le anagrafi di campagna in quell'epoca, in una delle zone più arretrate dell'impero austriaco, non erano un modello di precisione.
Ma perché, se veramente fosse stato il padre di Alois, Georg Hiedler non lo riconobbe quando sposò Maria Anna nel 1842? E perché Alois tornò a Dollersheim solo all'età di 40 anni, quando grazie a due testimoni si fece cambiare il cognome da Schicklgruber in Hiedler e poi, non ritenendolo abbastanza 'marziale', in Hitler? Mistero.
Ricapitolando, finora sono tre i nonni possibili di Adolf Hitler: l'ebreo Frankenberger, Hiedler o lo "zio" Huttler (tutti cognomi comunque sospetti per un antisemita perché derivanti, come il più diffuso Hutter, dalla comune radice ebraica "hut", "cappello").
Ma le supposizioni non finiscono qui. Perché, come in ogni storia di contadine che si rispetti, c'è anche la possibilità che il vero padre di Alois fosse il principe del vicino castello di Ottenstein.
Infine, una vera bomba: secondo l'industriale Fritz Thyssen, il capo del nazismo avrebbe avuto come nonno paterno addirittura un barone Rothschild di Vienna, di cui Anna Maria Schicklgruber fu pure domestica. Lo avrebbe scoperto il cancelliere austriaco Dollfuss, che anche per questo sarebbe stato eliminato da Hitler.
Ma quest'ultima ipotesi è considerata la più romanzesca, anche se è stata avanzata da un professore dell'università di Harvard, Walter Langer, in un rapporto reso pubblico nel 1972.
«In ogni caso Hitler si vergognava di suo padre, di sua nonna e di Dollersheim», ci spiega Franz Eigl, 75 anni, uno dei pochissimi anziani di Zwettl che accetta di parlare di quel periodo. «Non voleva che la sua "patria ancestrale" si trasformasse in luogo di pellegrinaggio. Per questo, poche settimane dopo l'Anschluss, fece evacuare Dollersheim.
«Ufficialmente la scusa fu che c'era bisogno di un campo d'addestramento vicino alla Cecoslovacchia in vista dell'invasione [
che avvenne nell'aprile 1939, ndr], ma sarebbe stata una coincidenza incredibile. Hitler in realtà voleva coscientemente distruggere Dollersheim. Gli abitanti furono indennizzati con buoni del tesoro, che con la guerra diventarono carta straccia. Io c'ero, avevo 13 anni, e ricordo che i nazisti fecero chiudere anche tutte le scuole private della zona».
Nonostante i divieti d'entrata e di foto imposti dai militari, entriamo nella zona proibita di Dollersheim. È rimasta in piedi solo la chiesa, con metà campanile. La vicina dimora del parroco, invece, è completamente sventrata. I registri anagrafici con le vergogne di Hitler erano conservati lì dentro. Fotografiamo anche ciò che rimane dell'ospedale.
Il silenzio è spettrale. Le rovine coperte d'erba sembrano quelle di Roma antica, invece testimoniano una tragedia avvenuta appena 50 anni fa. Entriamo nel cimitero dietro la chiesa, con qualche brivido. A Zwettl, infatti, Rupert Leutgeb, uno studioso della storia locale, ci ha procurato la foto della tomba di Maria Anna Schicklgruber.
Ma sulla croce della tomba della nonna di Hitler i nazisti avevano compiuto un falso storico, indicandola come Maria A. Hitler, cognome di cui lei non sentì mai parlare. Infatti la Schicklgruber (e anche il suo tardivo marito Hiedler) morì molti anni prima del giorno in cui suo figlio Alois ripudiò il cognome materno, scegliendo quello che avrebbe sparso il terrore nel mondo.
Quella croce non è più al suo posto: è stata divelta dalla tomba, privata della scritta e appoggiata a un muro dell'abside. Un estremo insulto ha cancellato per sempre la memoria di quella contadina.
Mauro Suttora